I Beatles
Il giovane Alan Parsons non avrebbe mai immaginato che da grande
avrebbe intrapreso una carriera di compositore di musiche e canzoni,
oltre che di produttore di dischi. In effetti aveva tutte le carte in regola
per pensarci: aveva studiato pianoforte e flauto a scuola, suonava
discretamente la chitarra con una blues band locale e si interessava
di elettronica, ma i tempi erano ancora prematuri per mettere tutto insieme.
Terminata la scuola andò in un laboratorio di ricerche che
si occupava dello sviluppo di telecamere (alla EMI, Hayes, Middlesex),
quindi si spostò in un reparto per la produzione di nastri magnetici.
Fu così che iniziò il suo interesse verso l'alta fedeltà,
anche perchè era la prima volta in cui era a contatto con sistemi
sonori ad alta qualità. Uno dei primi album che sentì
in quel periodo fu "Sgt. Pepper": AP rimase folgorato da quell'album -
era comunque un fan dei Beatles anche da prima - e decise di capire
come facevano gli "scarafaggi" a trovare dei suoni simili. C'era
un problema: trovare lavoro presso gli studi ad Abbey Road era molto difficile.
AP, allora diciannovenne, scrisse una lettera al responsabile degli
studi e, in maniera abbastanza sorprendente, appena dieci giorni
dopo già lavorava ad Abbey Road! L'inizio non fu brillantissimo:
il primo lavoro che gli affidarono fu di fare il fattorino e dare
una mano con i nastri, però ebbe l'opportunità di conoscere
i Beatles. Poco dopo AP fu mandato proprio agli studi Apple di Savil
Row, dove i Beatles stavano lavorando a "Let it be" (Ben Johns era
il tecnico del suono), perchè c'era qualche problema con le apparecchiature
che non funzionavano come invece pretendevano i Fab Four. AP doveva
solo controllare che tutto andasse liscio, e continuare ad aiutare con
i nastri, oppure fare del tè di quando in quando. Beh, in
effetti non è che conoscesse bene nessuno di loro, anche perchè
AP aveva un certo timore reverenziale nei loro confronti, ma era comunque
contento di potergli girare attorno e vedere come lavorassero. Per
AP fu una grandissima esperienza vedere come le loro idee venissero fuse insieme e, soprattutto, l'ultimo spettacolo dei Beatles in pubblico,
sul terrazzo dell'Apple Building.
Sebbene "Let it be" fosse l'ultimo album dei Beatles (come gruppo)
ad uscire, fu "Abbey Road" l'ultimo ad essere registrato, ed il
primo ad essere interamente ad 8 tracce. Durante il coinvolgimento di AP
nella realizzazione di quest'album (come operatore ai nastri/assistente
tecnico del suono/factotum) la situazione tra i Beatles si era già deteriorata: non c'erano mai tutti e quattro contemporaneamente nella
sala di registrazione, spesso c'erano Paul con George Martin, o
George Harrison (con cui farà "All things must pass") con George
Martin - in pratica registravano singolarmente. AP però rimase
più che altro sorpreso dal fatto che i quattro non usassero strumenti musicali "convenzionali" per il disco, ma avessero delle idee particolari.
Ad esempio, AP fu colpito dall'idea di Ringo Starr per creare gli
effetti "sottomarini" in "Octopus's garden" - soffiava attraverso una cannuccia
in un bicchiere d'acqua - o, nel caso di "Maxwell's Silver Hammer"
il colpo di un incudine per l'effetto "martello". Per inciso, "Abbey
Road" vinse un Grammy come "Best Engineered Recording".
Molti altri artisti in quel periodo registravano i loro dischi usando
metodi molto più convenzionali. Con i Beatles una sessione
di registrazione durava circa tre ore, praticamente agli orari più
disparati, e spesso non si sapeva che cosa si sarebbe fatto l'indomani:
la mattina si poteva registrare una sessione di orchestra classica, e il
pomeriggio si registrava un musical, e il giorno successivo
si poteva lavorare su delle sonorità da blues band progressiva...
Questa grande varietà di stili musicali era tutta esperienza
valida per il giovane Parsons, un costante processo di apprendimento
vedere come lavorassero persone diverse, e come lavorassero produttori
e tecnici diversissimi.
Paul McCartney
La maggior parte del lavoro del primo album solista di Paul McCartney
fu registrata in vari studi - compresa la sua casa e la sua fattoria
in Scozia - ma si recò ad Abbey Road per un paio di canzoni. Una
di queste era "Every night" e l'altra era la classica "Maybe I'm
amazed". L'album "McCartney" fu seguito poco tempo dopo da "Ram", e poi dal LP "Wildlife" dei Wings, anche questo realizzato ad Abbey Road.
Così iniziò la carriera di tecnico del suono per AP,
diversissima dal lavoro di assistente, anche perchè ogni volta che
Paul McCartney spariva con la band, e chiedeva a Tony Clark o allo
stesso AP di fare dei nastri per poterli poi ascoltare con calma il giorno
dopo e decidere il da farsi. AP fece allora un nastro con un mix
un po' grezzo, proprio per questi scopi, in modo che McCartney potesse
decidere cosa farne. E da questo mix venne fuori "I'm your singer".
Forse AP aveva fatto una buona impressione a McCartney con quel
lavoro su "Wildlife": Paul gli chiese di fare alcune tracce per
il nuovo album, "Red rose speedway". Questo nuovo lavoro era molto diverso
da quello del ragazzo che raccoglieva i nastri per poi farli andare
avanti. Come produttore, Paul era dubbioso sul tipo di suoni che dovevano
venir fuori; diceva: "migliora questi suoni di chitarra" o "migliora i
suoni della batteria", ma non riusciva a descrivere in termini tecnici
che cosa volesse, il che naturalmente rendeva il lavoro del tecnico molto
difficile. Ma al termine della giornata i risultati si vedevano.
Gli Hollies
Sebbene vi fossero numerosi lavori di produzioni indipendenti che
lavoravano ad Abbey Road, la maggior parte delle sessioni di registrazione
erano produzioni "fatte in casa". Anche i Beatles erano "prodotti in casa",
in quanto George Martin era lo staff producer dell'EMI. C'erano
anche altri produttori a tempo pieno come Peter Sullivan, John Burgess
e Ron Richards che ebbero un successo con gli Hollies per un certo tempo.
AP conobbe gli Hollies più o meno nel periodo in cui Graham
Nash lasciò il gruppo e vi entrò invece Terry Sylvester.
Tra i dischi che AP realizzò con loro c'è naturalmente la
classica "He ain't heavy, he's my brother", ma anche forse il loro
miglior lavoro, "The air that I breathe". Registrare era quasi un gioco:
una volta era mono, un'altra stereo, una volta a 4 tracce, poi a
8 tracce, quindi a 16 tracce... e finalmente arrivarono le 24 tracce. Non era interessante solo il vedere come evolvevano gli studi, ma anche
come i musicisti evolvessero con i cambiamenti, ed infatti uno dei
gruppi che fecero una grande impressione su AP in questo senso erano i
Pink Floyd.
I Pink Floyd
Il primo incontro con i Pink Floyd fu con l'album "Atom heart mother":
venne chiesto proprio ad AP di mixarlo per loro. L'album era registrato
su 8 tracce, ma il numero di effetti speciali e macchinari che giravano
era incredibile, ed infatti veniva usato praticamente ogni effetto
sonoro concepibile. E, contemporaneamente, era probabilmente la più
grande sfida con cui AP si confrontava: mixare quell'album, un album dei
Pink Floyd.
Tuttavia l'album che diede un'impulso maggiore alla carriera di
AP fu "Dark side of the Moon" (all'interno di quest'album ci sono
molte idee tipicamente parsonsiane: come tecnico AP considerava suo dovere
creare idee). I PF avevano già suonato più volte questo
pezzo durante i concerti prima della registrazione in studio, ma - ovviamente - c'erano dei cambiamenti da fare in studio. Si iniziava
con basso e batteria per poi aggiungere chitarre, voci eccetera,
che è proprio ciò per cui i PF sono divenuti famosi. Forse
una ragione per cui l'album impiegò tanto tempo per uscire
(un anno intero) fu che si passavano ore ed ore per avere esattamente un
particolare effetto sonoro. Ad esempio, con "Money" si usò
un righello per misurare i segmenti di nastro, ognuno dei quali conteneva un particolare effetto (un registratore di cassa, un sacchetto di monete,
un foglio di carta appallottolato). Questi effetti vennero poi messi
insieme, creando un ciclo continuo che serviva da base per il sottofondo
del brano.
Quando i PF suonavano "Time" in concerto si partiva semplicemente
con Roger Waters che suonava il basso, e sembrava che la stessa
cosa dovesse avvenire nella registrazione dell'album. AP - all'epoca ventiduenne
- fu folgorato da un'idea: mettere insieme anche un bel po' di orologi
(la registrazione degli orologi avvenne presso il negozio di un
orologiaio poco distante) che ticchettassero tutti insieme. La cosa poteva
sembrare difficile, ma con un nastro multitraccia AP riuscì
a sincronizzare il tutto: quegli orologi ticchettavano all'unisono e le
sveglie suonavano contemporaneamente; poi iniziava il basso e partiva
il brano vero e proprio. Per la realizzazione dell'album lo stipendio
base di AP era di 35 sterline a settimana.
Sembrò strano che all'epoca, dopo il fenomenale successo
di "Dark side of the Moon", i PF facessero un album completamente
diverso. Dapprima si era pensato di realizzare un album completamente privo
di strumenti musicali - o strumenti musicali convenzionali, e si
suonava con elastici, lattine, soffiando dentro bottiglie di vetro e roba
del genere; ma dopo un mese di simili registrazioni in studio si
avevano solo due minuti di musica, e così quest'idea fu abbandonata
(poteva essere una grandiosa rivoluzione nel campo musicale), ma gli sforzi
profusi per realizzarla erano comunque stati straordinari. Purtroppo
fu l'ultima volta in cui AP lavorò con i Floyd, che realizzarono
"Wish you were here" e "Animals" altrove. Beh, in effetti gli chiesero
di lavorare anche per "Wish you were here" sempre per 35 sterline
a settimana, ma il nuovo manager di AP, Eric Woolfson, chiese di poter
avere anche una percentuale sulle entrate, e così non se
ne fece nulla; tra l'altro AP aveva registrato alcuni rumori con dei bicchieri di cristallo per poterli inserire successivamente in "Dark side of the
Moon", e invece quegli effetti sonori furono poi inseriti in "Shine
on you crazy diamond".
Steve Harley, Pilot, John Miles, Ambrosia, Al Stewart
C'era però altra gente che voleva lavorare con AP, sia nelle
vesti di tecnico del suono che di produttore; uno dei primi a chiedere
l'aiuto di AP come produttore fu Steve Harley. Harley aveva avuto un discreto
successo con il suo primo album, ma fu con "Psychomodo" che sfondò
in Inghilterra: il single "Judy Teen" - praticamente la prima cosa
prodotta da AP - raggiunse i Top 20 nelle classifiche inglesi.
Poco tempo dopo la EMI chiese ad AP di produrre qualcos'altro per
loro: c'erano tre ragazzi scozzesi che si chiamavano David Paton,
Stuart Tosh e Billy Lyall. Il loro gruppo, cui si aggiungeva un altro scozzese
di nome Ian Bairnson, si chiamava "Pilot". Venne così prodotto
un album ("From the album of the same name") dal quale fu realizzato
anche un singolo, che ebbe un successo strepitoso in America raggiungendo
il secondo posto. Quella canzone si chiamava "Magic". In seguito
AP produrrà altri due album dei Pilot, "January" (o "Second flight")
e "Two's a crowd".
E a questo punto, dopo due dischi di successo, iniziano ad arrivare
le prime offerte di lavoro al di fuori dell'EMI. La decisione non
era facile: sette-otto anni di lavoro all'EMI rendevano difficile la decisione
di andare a produrre per un'altra compagnia. Tuttavia AP prese la
decisione di lasciare l'EMI a causa di un cantante di nome John Miles con una grande voce professionale, un grande timbro vocale e bravo anche
come chitarrista (anche se sottostimato). L'album che fecero insieme
si chiamava "Rebel"; poi uscì "Music" come singolo - durava oltre cinque minuti - e che servì ad imporre il nome di John Miles
in molte parti d'Europa.
Nel frattempo giunse la nomination ai Grammy Awards 1973
per "Dark side of the Moon" (quella volta il Grammy lo vinse Stevie Wonder
per "Innervision"; complessivamente, nella sua carriera, AP ha ricevuto
undici nominations). Mentre AP si trovava a Los Angeles incontrò
il gruppo "Ambrosia" che gli fece sentire qualcosa del proprio materiale.
AP ne rimase impressionato: soprattutto non riusciva a credere che fossero
americani dato che il tipo della loro musica era assolutamente di
stampo britannico. Ovviamente AP iniziò subito a lavorare sul loro primo album ("Ambrosia") che - neanche a dirlo - fu un successo, ed
in particolar modo per il singolo "Holding on to yesterday", passando
subito a realizzare il secondo album, "Somewhere I've never travelled".
L'artista che però ebbe il maggiore successo con AP nelle
vesti di produttore fu Al Stewart.
Al Stewart, che era già conosciuto in America per il suo
"Modern Times", tendeva a basare la propria musica su strumenti
acustici, principalmente a causa delle sue origini folk, anche se
c'erano rari assoli con la chitarra elettrica. Durante la produzione
del nuovo album di Stewart, AP suggerì che un suo vecchio amico,
Phil Kenzie, suonasse un assolo di sassofono nel brano principale
dell'LP. Al Stewart ribattè che non c'era mai stato un sax nella
sua musica prima di allora, ma accettò l'idea. E il risultato fu
una canzone che sfondò praticamente ovunque: "The year of
the cat", che portò Al Stewart a lungo in America per concerti.
Inoltre, grazie a quel brano, Phil Kenzie, il sassofonista, diventò
membro permanente della band, realizzando anche "Song on the radio" e "Time passages" (per inciso Phil Kenzie compare anche in "Pyramid").
Poi, un bel giorno, Alan Parsons incontrò Eric Woolfson:
il "Progetto" aveva inizio.
Altre notizie
Come si sa, oltre ai dischi del "Progetto", AP ha prodotto la colonna
sonora del film Ladyhawke, ed ha prodotto anche il musical teatrale
e l'album di Freudiana. Nel 1993 AP ha prodotto l'album orchestrale "Symphonic
music of Yes": quest'album è partito immediatamente dalla prima
posizione nelle classifiche Billboard Classical e Billboard Crossover.
AP ha poi trascorso oltre sei mesi come direttore musicale al "World
Liberty Concert", un evento internazionale su larga scala per il 50°
anniversario della liberazione dell'Olanda (il WLC si è svolto ad
Arnhem nel 1995). Al WLC hanno partecipato artisti come Joe Cocker, Cyndi
Lauper, UB40, Wet Wet Wet, Candy Dulfer, ed Art Garfunkel, per un'audience
dal vivo di oltre centomila persone, e diversi milioni grazie alle televisioni
di tutto il mondo (il commento italiano, curato da TMC, è stato
purtroppo bruttissimo).