Veniva l'estate e, quasi per un ancestrale istinto, ci trovavamo, tutti nello stesso giorno, nella piazzetta antistante il Sociale (1). Sentivamo nell'aria calda il frinire delle cicale, che faceva piu' solenne il silenzio di verde e di sole.
Avevamo lasciato le giacchette che erano sempre troppo strette, mettendo in mostra quelle canottiere colorate che allora si usavano e che oggi sarebbero la vergogna dei nostri figli.
In quell'aria ardente gonfiavamo il torace ed i muscoli e ci scambiavamo spintoni e minacce e qualche pugno maldestro, tanto per ristabilire le gerarchie.
Poi, esauriti i convenevoli d'obbligo, i piu' "dritti" facevano combutta ed iniziava l'operazione "vitamina d'estate".
Le prime volte si andava in perlustrazione a vedere i posti, a studiare i passaggi, a controllare il grado di maturazione.
Era tutta nostra la bella collina e nessun sentiero, o rete metallica o albero da frutta sfuggiva al nostro spavaldo imperio. Da Virgo Potens a Lovazzano, da Santa Lucia alla Crociera di Vho (2) una rete di alberi e tralci, di sentieri e filo di ferro formavano la fantasiosa mappa di un tesoro dal valore immenso: "la nostra eta'".
E le operazioni iniziavano implacabili, determinate spesse volte, dalla cattiveria dei poveri cristi che, di una propria privazione, facevano diritto sull' altrui abbondanza. A man bassa ciliegie, susine piu' o meno acerbe, pesche e tutto quello che la fertile campagna ci offriva, venivano da noi " prelevati" e divorati con estasianti colpi di mandibola e con voluttuosa salivazione. Le mele no: erano sonante moneta, la sera da Sarina (3), ed i figli dei ricchi di allora, per levarsi la voglia del frutto acerbo e rubato, le pagavano con monete di rame e di nichel.
Spesso, per farsi il bottino, qualcuno di noi ci lasciava i calzoni col "sette" di dietro , o prendeva la "grana " di sale sparata a bruciapelo e per un po’ non poteva sedersi. Qualcun altro, piu' audace, per fregare il rosato o il moscatello piu' vicini alla casa, aveva creato congegni di strappo e raccolta su lunghi bastoni. Altri ci han lasciato il ginocchio su punte aguzze e ci han dato i primi terrori del sangue sprizzante, a Villa Cintius.
Ma quel che contava era il sole scottante, la polvere delle strade, il verde d'intorno e la vita che scorreva giovane in noi eccitata dall'avventura e dal rischio.
Abbiamo avuto, anche noi, le " vergogne" che non si dimenticano.
Abbiamo segato, per vandalica vendetta, piante di amarene con sataniche risate nella notte, al tonfo sul tetto del cascinotto e con il vecchio che ci sparava col sale e che bestemmiava ed urlava.
Eppure, se passo per queste colline, di istinto, guardo ancora con l'occhio del ladro, calcolo l'altezza della rete, individuo punti di scavo sotto dove tocca per terra e rimiro le toppie (4) con l'uva pregiata.
Poi ci sospiro ed avvio il motore con un senso di vuoto e d'angoscia, che mi fanno smarrire nell'onda di irrangiungibili ricordi. Dove siete ragazzi? Vediamoci, un giorno, in piazzetta, con le canottiere colorate.
Ora guardo i nostri figli a tavola. Mangiano arance e mandarini, mandarance per giunta, e l'ananasso ed i datteri con le banane. Senza battere ciglio, senza l'acquolina in bocca che a Natale o a Pasqua ci veniva per i fichi secchi e l'arancia. Mangiano, seri, con indifferenza.
Poveri ragazzi! Voi non saprete mai cosa significhi mordere una mela acerba seduti su una panca di legno ai burattini, pulendola lentamente sul petto, sulla canottiera colorata!