CASAmenti


CARLO MERELLO

testi


NOTA SUL LAVORO RELATIVO ALLE CASE

Il senso di questo lavoro ha una origine simile a quella dei sogni: nel sogno ognuno di noi elabora il materiale che vede e sente nella veglia trasformandolo in metafora di bisogni interiori che in quel momento urgono alla coscienza.
Così le Case si evidenziano come forme simboliche significanti una mia (o La Mia) necessità interiore, che è poi quella della cerca di un archetipo di riferimento che dia senso e scopo alla mia esistenza, e quindi al mio lavoro (o/e viceversa).
La configurazione di cui parlo mediante i miei lavori ripete in sequenze visive la forma-idea della Casa. Ho iniziato con le case di confine: immagini con una forte valenza pittorica registrata mediante timbri violenti di rossi e azzurri sotto i quali traspare il segno della matita, del progetto, dell'idea della mente fredda che controlla il gesto colorato (la passione).
Nel Settembre del 1992 feci un viaggio nell'Umbria; visitai Urbino, Assisi, Gubbio e altre splendide città del centro Italia. La rossa compattezza di Urbino e la monumentalità della Basilica di San Francesco vista dalla campagna di Assisi furono i segni che formarono il materiale onirico metafora delle mie visioni.

Le case rosse, di confine o di frontiera, "vestono" con quelle metafore i loro contenuti ineffabili, ovvero fine della città quale limite della ragione; ponte tra entità separate mediato da un segno archetipico: l'elemento orizzontale sostenuto da quello verticale (la croce).

Definisco questo sistema -archetipico- perchè, nonostante sia strutturalmente arcaico, è tutt'ora funzionante e funzionale e quindi può essere assunto come originario.

Le Case di confine sono travi sostenute da pilastri. Lo sviluppo della trave come 'abitazione' si estende alle Case limite insieme ad una forma neoclassica di rappresentazione. Chiamo questa forma "casa" per via della sua funzione analogica, fonte del suo significato onirico.

Nel linguaggio dei sogni "casa" è sinonimo di mente, di io: un mezzo di identificazione essenziale, ovvero casa è sinonimo di 'forma essenziale'. Ed è proprio la ricerca della forma essenziale che motiva questo lavoro.

Nella "Casa limite" la ricerca del segno archetipico si evidenzia nella sua sezione/fronte. Vedo in essa il formarsi di immagini che ricordano certi lavori sui simboli della Tradizione con i quali ho lavorato negli anni 87/91 e che ho chiamato "Ermetica memoria".

Ciò che attraverso l'analisi e la combinazione dei simboli cosiddetti 'esoterici' (appartenenti comunque alla cultura dell'uomo) cercavo 'scientificamente' era un rapporto col mio "volto originario" non mediato, apparentemente, da nessun abito culturale: il simbolo doveva 'agire' direttamente e contemporaneamente sul cuore e sulla mente.
In effetti la pseudoarchitettura che appare nei vari tipi di case che ho prodotto in questi ultimi due anni è soltanto una "pelle" che veste o vela un segno o forma necessaria (o essenziale), che ho chiamato 'volto originario'.

Ed è questo il percorso che oggi effettuo mediante l'uso del paradigma -casa- perchè è attraverso questo concetto che inconsciamente mi esprimo e oniricamente mi leggo. E questa modalità di lettura la espongo mediante una varietà di tipologie, di grammatiche, pari alla diversità delle parti con cui il mio io si fà conoscere.

(gennaio 1995)

 

 


CONSIDERAZIONI SUL PRESENTE

Esistono parole chiave che ben si prestano a definire simbolicamente periodi della nostra storia.
Oggi la parola che meglio sintetizza la situazione corrente è 'complessità' (caos permettendo). Il nostro mondo, i suoi sistemi di funzionalità e autorappresentazione sono "complessi" e altrettanto appare la fenomenologia del progetto in architettura.
Voglio dire che oggi, a me sembra che, nonostante la informatizzazione sempre più accentuata del processo progettuale, (il che significa velocità, omologazione dei modelli e dei sistemi, economicità e ottimizzazione ecc..) si aprano spazi, al suo interno, alla creatività "a-funzionale" e di conseguenza intenzioni "artistiche" tendenti a rapportarsi operativamente alla produzione delle arti visive contemporanee. Può essere che il fenomeno avvenga in senso opposto, ovvero che il panorama delle arti visive sia talmente vasto e "onnicomprensivo" da comprendere (fagocitare?) certi aspetti della "visività" del prodotto architettonico: ma il risultato non cambia.
Per certi aspetti ciò è avvenuto anche in passato: sappiamo che influenze trasversali (interdisciplinari si diceva) sono sempre esistite, ma oggi credo ci siano condizioni diverse, diciamo complicanze, che portano ad una lettura meno automatica del fatto. Se noi analizziamo gli aspetti significativi delle interferenze tra arti visive, architettura, scultura, musica ecc... nella storia recente, evidenziamo aspetti della contaminazione scontati, anche perché la definizione di queste discipline è obsoleta; ma se pensiamo ad ogni singolo argomento come a qualcosa di meno determinato, di anomalo o corrotto da aspetti non codificati, allora le interferenze diventano complessità non definibili secondo i parametri consueti.

Cos'è l'ambiente?: scultura!, architettura!, decorazione! Il progetto architettonico, in quanto progetto, può essere considerato arte concettuale? L'installazione è scultura o arte del paesaggio? O scenografia? E' disegno anche il dischetto del computer che memorizza un progetto? E il plastico, la maquette, può equipararsi ad un oggetto artistico autonomo, al di là del suo significato di modello in scala?. Come si può parlare ancora di rapporto tra scultura e architettura quando la scultura può essere una camera vuota e l'architettura un megabinocolo?

E' sempre più arduo pensare a categorie "espressive" identificanti modalità e funzioni (così come è difficile pensare a ideologie identificanti partiti politici o partiti esprimenti ideologie o progetti sociali unificanti e totalizzanti). E ciò comporta anche una difficoltà nell'individuare ruoli precisi specialmente nell'ambito dell'arte visiva; ruoli e funzioni non espressi dalle cosiddette arti applicate; probabilmente questo dipende anche dal fatto che l'attuale società non si autorappresenta mediante l'arte bensì mediante la tecnologia. Forse un momento della nostra storia culturale che più si avvicina all'oggi, almeno sul piano delle intenzioni, può essere trovato nel periodo molto caotico del post-rivoluzione sovietica: nel lavoro dei costruttivisti, di Malevic, Tatlin, Leonidov, Vesnin, Lisickij e altri (nel loro modo di pensare la forma per esempio). Credo sia comunque arduo ma indispensabile cercare all'interno delle suddette interferenze, spazi definibili e intenzioni più rispondenti alle questioni della contemporaneità multivisiva e multisignificante.

(febbraio 1995)


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