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NOTA SUL LAVORO RELATIVO ALLE CASE Il senso di questo lavoro ha una origine simile a quella dei sogni: nel sogno ognuno di noi elabora il materiale che vede e sente nella veglia trasformandolo in metafora di bisogni interiori che in quel momento urgono alla coscienza. Le case rosse, di confine o di frontiera, "vestono" con quelle metafore i loro contenuti ineffabili, ovvero fine della città quale limite della ragione; ponte tra entità separate mediato da un segno archetipico: l'elemento orizzontale sostenuto da quello verticale (la croce). Definisco questo sistema -archetipico- perchè, nonostante sia strutturalmente arcaico, è tutt'ora funzionante e funzionale e quindi può essere assunto come originario. Le Case di confine sono travi sostenute da pilastri. Lo sviluppo della trave come 'abitazione' si estende alle Case limite insieme ad una forma neoclassica di rappresentazione. Chiamo questa forma "casa" per via della sua funzione analogica, fonte del suo significato onirico. Nel linguaggio dei sogni "casa" è sinonimo di mente, di io: un mezzo di identificazione essenziale, ovvero casa è sinonimo di 'forma essenziale'. Ed è proprio la ricerca della forma essenziale che motiva questo lavoro. Nella "Casa limite" la ricerca del segno archetipico si evidenzia nella sua sezione/fronte. Vedo in essa il formarsi di immagini che ricordano certi lavori sui simboli della Tradizione con i quali ho lavorato negli anni 87/91 e che ho chiamato "Ermetica memoria". Ciò che attraverso l'analisi e la combinazione dei simboli cosiddetti 'esoterici' (appartenenti comunque alla cultura dell'uomo) cercavo 'scientificamente' era un rapporto col mio "volto originario" non mediato, apparentemente, da nessun abito culturale: il simbolo doveva 'agire' direttamente e contemporaneamente sul cuore e sulla mente. Ed è questo il percorso che oggi effettuo mediante l'uso del paradigma -casa- perchè è attraverso questo concetto che inconsciamente mi esprimo e oniricamente mi leggo. E questa modalità di lettura la espongo mediante una varietà di tipologie, di grammatiche, pari alla diversità delle parti con cui il mio io si fà conoscere. (gennaio 1995) |
CONSIDERAZIONI SUL PRESENTE Esistono parole chiave che ben si prestano a definire simbolicamente periodi della nostra storia. Cos'è l'ambiente?: scultura!, architettura!, decorazione! Il progetto architettonico, in quanto progetto, può essere considerato arte concettuale? L'installazione è scultura o arte del paesaggio? O scenografia? E' disegno anche il dischetto del computer che memorizza un progetto? E il plastico, la maquette, può equipararsi ad un oggetto artistico autonomo, al di là del suo significato di modello in scala?. Come si può parlare ancora di rapporto tra scultura e architettura quando la scultura può essere una camera vuota e l'architettura un megabinocolo? E' sempre più arduo pensare a categorie "espressive" identificanti modalità e funzioni (così come è difficile pensare a ideologie identificanti partiti politici o partiti esprimenti ideologie o progetti sociali unificanti e totalizzanti). E ciò comporta anche una difficoltà nell'individuare ruoli precisi specialmente nell'ambito dell'arte visiva; ruoli e funzioni non espressi dalle cosiddette arti applicate; probabilmente questo dipende anche dal fatto che l'attuale società non si autorappresenta mediante l'arte bensì mediante la tecnologia. Forse un momento della nostra storia culturale che più si avvicina all'oggi, almeno sul piano delle intenzioni, può essere trovato nel periodo molto caotico del post-rivoluzione sovietica: nel lavoro dei costruttivisti, di Malevic, Tatlin, Leonidov, Vesnin, Lisickij e altri (nel loro modo di pensare la forma per esempio). Credo sia comunque arduo ma indispensabile cercare all'interno delle suddette interferenze, spazi definibili e intenzioni più rispondenti alle questioni della contemporaneità multivisiva e multisignificante. (febbraio 1995) |