Rifugio Mantova al VIOZ m. 3555
Il rifugio Mantova al VIOZ è situato nel gruppo Ortles-Cevedale nei pressi della Cima Vioz a metri 3535.
Originariamente il rifugio fu costruito dalle truppe austriache nella
guerra del '15-'18 e subì un piccolo ampliamento nel 1962.
Nel 1987 la SAT di Trento iniziò a pensare al suo completo rifacimento dandoci l'incarico di sviluppare una proposta progettuale che prevedesse circa 45 posti letto e 70 posti a sedere per il pranzo.
I principali aspetti tenuti in considerazione in fase progettuale sono stati la necessità di accorciare i tempi lavorativi a causa delle particolari condizioni meteorologiche che permettono l'operatività solo nei mesi di luglio, agosto e metà settembre , le pesanti azioni di vento e neve, i costi di costruzione, l'inserimento paesaggistico del nuovo edificio e l'adozione di tutti quegli accorgimenti di carattere impiantistico che rispettassero il più possibile l'ambiente circostante.
Lo studio architettonico del nuovo rifugio è stato impostato sulla necessità di minimizzare l'impatto del nuovo edificio con l'ambiente circostante, cercando un inserimento di forma e di cromaticità tale da mascherarne il più possibile la vista.
La zona di costruzione è costituita da un piccolo slargo del crinale sud della Cima Vioz ampio una trentina di metri e strapiombante sui nevai posti ai fianchi dello spigolo. La forma geometrica prescelta, il portale Gambrel americano, rende la forma della costruzione una "naturale" continuazione dei fianchi della montagna che si incontrano visivamente sul colmo del nuovo manufatto.
I materiali utilizzati mirano ad un mascheramento con l'ambiente estivo ben riuscito grazie alle tonalità del rame ossidato, che assume una tonalità marrone scuro simile ai massi circostanti, e del rivestimento esterno delle murature di base realizzato con sassi locali.
L'edificio è stato previsto con tre piani fuori terra:
- un piano seminterrato destinato ad accogliere la sala, il bar, la cucina, i depositi delle provviste ed i locali tecnologici destinati ad accogliere gli accumuli d'acqua, il depuratore biologico, ed i generatori di energia termico-elettrica;
- un piano rialzato con stanza, locali per il gestore e servizi igienici;
- un piano primo con stanzone e locale invernale.
La struttura dell'edificio è stata realizzata in tradizionale sino al piano seminterrato ed in archi in legno lamellare per gli ultimi due piani.
Inizialmente sono state realizzate delle fondazioni alte cm. 50 con larghezza di circa un metro per evitare slittamenti della struttura sulla roccia sottostante e sopra queste è stata posta in opera una platea in cemento avente spessore di cm. 30 sviluppantesi su tutta la superficie dell'edificio.
Sopra la platea, perimetralmente all'edificio, sono stati costruiti dei muretti in calcestruzzo armato alti cm. 50 con spessore di cm. 25 in modo da costituire una vasca che è stata riempita con sassi locali per creare una resistenza al ribaltamento dell'edificio. Sulla quota superiore di tali muri sono impostati i pilastri di sostegno degli archi in lamellare. Lo spazio perimetrale tra un pilastro e l'altro è stato riempito con blocchi in silicato di calce tipo "Ytong" e sulla sommità i pilastri sono stati collegati tra loro da un cordolo con altezza di cm. 40 avente funzione di ancoraggio per le piastre degli archi in legno e di distribuzione per eventuali azioni trasversali.
Esternamente le murature del piano terra sono state rivestite con sassi del luogo previa stesura sulla superficie esterna dei blocchi di tamponamento, di rivestimento liquido elastico ed impermeabile, tale da assicurare l'aderenza dei sassi con i blocchi in silicato, garantendo la tenuta ad eventuali infiltrazioni di umidità. Tale prodotto ci è stato fornito dalla MAC (Master Building Concret) del gruppo Svizzero Sandoz che ha fornito anche i superfluidificanti per i getti in cemento tali da permettere un minimo uso d'acqua e resistenze del calcestruzzo che in taluni casi hanno superato i 500 Kg/cmq.
I getti in calcestruzzo sono stati effettuati utilizzando cemento di classe R425 ed acqua calda (30-40°C) per preriscaldare gli inerti.
La struttura in lamellare, realizzata dalla Ditta francese Euro Lamelle di Annecy e montata dalla ditta Dunoyaer sempre di Annecy, è costituita da otto portali in abete lamellare con profilo richiamante il Gambrel Roof americano. La stessa è stata calcolata come arco a tre cerniere, è provvista di doppia catena inferiore e di doppia catena intermedia necessarie per la realizzazione degli appoggi dei due solai di piano anch'essi realizzati in legno. Gli ultimi due portali, in corrispondenza del locale invernale, sono più alti di circa un metro rispetto agli altri sei. L'interasse tra i portali è di ml. 2.60.
Esternamente i portali sono stati rivestiti con assi da 35 mm. incastrate tra loro sia sui lati che in estremità e posate a 45° per funzioni di controvento. Su tutta la superficie esterna è stata posata poi una guaina bituminosa adesiva da 2 mm. fornita dalla Ditta Index di Verona e sopra questa è stato realizzato il manto di copertura in lastre di lamiera di rame da 6/10 di mm. di spessore e larghe 60 cm..
Internamente la struttura lignea è stata isolata con lastre in polistirene estruso Styrodur BASF da cm 5+5 inserite negli spazi liberi dei legni di collegamento delle principali.
Le pareti perimetrali del piano terra verranno invece rivestite con lastre in silicato di calce da 10 mm. previa posa di di isolante da 3 cm. La scelta delle lastre è stata effettuata per ridurre al minimo i tempi di posa e di asciugatura degli intonaci tradizionali.
I trasporti sono stati completamente realizzati con elicottero Lama SB-315 della Soc. Elicampiglio
Per il dimensionamento della struttura è stato ipotizzato un carico di neve pari a 1000 Kg/mq, ed un carico di vento di 150 Kg/cmq. pari a circa 170 Km/h.
I calcoli strutturali sono stati realizzati utilizzando software della Concrete di Padova.
Per il rifugio Vioz è stata prevista l'installazione di impianto di cogenerazione funzionante a GPL costituito da due motori a ciclo OTTO da 1000 cmc. in grado di erogare 15.000 Kcal/h di acqua a 80°C e 7,5 Kw di corrente a 220 V. I due gruppi possono lavorare sia singolarmente che in coppia. L'energia elettrica in esubero verrà utilizzata per caricare delle batterie a 24 V quotidianamente alimentate da 30 pannelli fotovoltaici installati sul versante sud-ovest dell'edificio la cui ipotesi di fattibilità è stata studiata prima dal progettista ed in seguito confermata dal Servizio Energia della P.A.T. che ha effettuato un'articolato studio per diversi rifugi del Trentino.
Tutta l'illuminazione dell'edificio sarà a 24V mentre i 220V verranno utilizzati per far funzionare le macchine di cucina, le autoclavi che distribuiscono l'acqua ai servizi, la pompa che preleva l'acqua dal vicino ghiacciaio e riempie 4 serbatoi di accumulo da 1.200 lt. ognuno e l'impianto di depurazione biologica.
Nell'ottica del rispetto dell'ambiente gli scarichi dei servizi igienici vengono fatti confluire in una vasca interrata ad una profondità di cm. 160 e successivamente trattati da un depuratore biologico che grazie ad insufflazione d'aria, ed a resistenze elettriche che ne mantengono la temperatura dei fanghi a 25-30°C, riesce a depurare l'acqua rendendola riutilizzabile per i servizi igienici. La scelta, di indubbia importanza ove l'acqua risulta un bene preziosissimo da gestire con estrema attenzione, è già stata sperimentata sia sulla Marmolada che al passo Pordoi ed ha dato risultati buoni per la semplicità di funzionamento e per la facilità di gestione.
L'energia termica proveniente dai due gruppi di cogenerazione sarà utilizzata per riscaldare i locali attraverso una batteria termoventilante.
Il rifugio nel luglio '96
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