Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte ( Parco
Capodimonte )
Comprende una stupenda galleria nazionale costituita dalla collezione
Farnese ereditata dai Borboni, La galleria dell’ottocento, l’appartamento
storico, la collezione di porcellane l’armeria. L’edificio e' circondato
da un vastissimo parco.
Castel Sant’Elmo ( Largo San Martino Vomero )
In parte scavato nel tufo, le sue poderose cortine svettano sul colle
chiamato anticamente Paturcium, dominando la città Il suo primo
nucleo fu costruito nel 1329, sotto Roberto d'Angiò. A pianta di
stella allungata a sei punte, è circondato da bastioni e fortini
di forma ed epoca d1verse. In esso ha sede il museo Nazionale di San Martino.
Posizionato nell’omonima Certosa, antico convento di origine angioina,
con giardini dai quali si ammirano straordinari scorci panoramici. Comprende
le sezioni presepiali, scultura, quadreria del Quarto del Priore, vetri.
Collezione del ‘800 Napoletano
Castelcapuano
Da secoli sede dei Tribunali, prese il nome dalla vicina Porta Capuana.
Fondato nella seconda metà del dodicesimo secolo da Guglielmo I
detto il Malo, fu ampliato da Federico II di Svevia e restaurato e fortificato
da Carlo I d'Angiò
Museo di Palazzo Reale ( Piazza Plebiscito )
In sale e saloni splendidamente decorati, mobili dipinti, sculture
e porcellane di casa Borbone: Nella cappella esposizione permanente “Arte
Sacra a Palazzo”.
Museo Principe di Aragona Cortes ( Riviera di Chiaia
)
Mobili dell’800 collezione di porcellane, arredamenti; in apposito
salone museo delle carrozze con eseplari Inglesi e Francesi.
Museo Duca di Martina ( Vomero Villa Floridiana
)
Ricca collezione di porcellane e di maioliche cinesi giapponesi ed
europee. Raccolte di smalti ed avori.
Museo civico di Castel Nuovo, o Maschio Angioino
(1279-1282) –( Piazza Municipio )
Eretto da Carlo d'Angiò e ricostruito da Alfonso I d'Aragona,
è stato restaurato più volte per recuperare e salvaguardare
le strutture originarie. L'Arco di Trionfo, che celebra l'ingresso a Napoli
di Alfonso I nel 1443, è opera insigne di diversi scultori del Rinascimento.
Importanti la Cappella Palatina e la Sala dei baroni (dove si svolgono
i lavori del Consiglio Comunale) Sculture ed affresci del trecento e quattrocento
( Cappella Palatina ). Opere di pittura dal quattrocento al Novecento argenti
e bronzi collocati nei tre piani dell’area Sud
Museo Civico Filangieri ( Via Duomo 288 )
Pitture, armeria, collezione di mobili e porcellane costumi e sede
dell’archivio Filangieri
Cappella Sansevero ( Via De Sanctis 19 Piazza San
Domenico Maggiore )
A questo Sito verrà dedicata particolare attenzione in
quanto è stata oggetto di una particolare reinterpretazione artistica,
(consolidata in 25 opere realizzate in quattro anni di lavoro di cui di
seguito verranno presentate solo alcune) ad opera del maestro
Giovanni Leuci da Capua, verra' definita
con particolare attenzione l’impianto storico, artistico e culturale. L’atmosfera
della Cappella Sansevero la si può paragonare ad un X-Files
ante-litteram infatti detta cappella è legata al nome di
Raimondo de' Sangro, principe di Sansevero e duca di Torremaggiore, e ai
suoi interessi per la scienza e l'alchimia, la Cappella Sansevero sembra
realizzare un felice connubio tra impegno artistico, che trova espressione
negli orientamenti figurativi inediti nel '700 napoletano, ed il fascino
misterioso del tempio iniziatico; occupa un suo posto storico-geografico
nella diffusione della cultura alchemica accanto a Notre-Dame de Paris,
alla cattedrale di Amiens e alle altre non numerose testimonianze
delle arcane conoscenze. Singolarmente, per, le forme culturali evocate
attraverso i repertori propri dell'esoterismo si fondono strettamente all'intuizione
estetica del Principe-Alchimista. Le immagini della Cappella in molti casi
esprimono l'autentico sentimento lirico di un uomo che volle consegnare
il proprio messaggio culturale e umano alla trasparenza della fiaba, ad
un linguaggio di suggestioni che ha fatto tenace presa nella fantasia popolare.
Il principe Raimondo di Sangro ( nato in Torre Maggiore (Foggia) il
30 gennaio 1710 ) fra i massimi scienziati napoletani indagatore,
ostinato ed elegante, dei più diversi segreti della natura. Le sue
scoperte spaziano dalla tipografia simultanea a più colori (irrealizzabili
con le cognizioni dell’epoca) alla balistica, alle propietà dei
metalli, alla decifrazione dei messaggi esoterici usati dagli Indios del
Perù, a preparati che indurivano materie molli metallizzandole e
pietrificandole, o rendevano “a freddo “ plastico il ferro o altri metalli.
Grande Anatomista, operò una ricostruzione delle reti venose del
corpo umano con l’aiuto del suo allievo Salerno. Ispiratore delle sculture
esoteriche della cappella Sansevero fu Gran Maestro “pentito” della massoneria
napoletana e celò sotto l’aspetto chimico-filosofico la sua vera
entità di iniziato ed alchimista.
All'impegno intellettuale, testimoniato, tra l'altro, dal suo riconoscimento
di accademico della Crusca (per aver pubblicato il Gran Vocabolario dell'
Arte della Terra), il Principe aggiunse prove esemplari di uomo d'armi
combattendo nel 1744 a Velletri nel ruolo di Colonnello Comandante del
reggimento Capitanata contro gli austriaci comandati dal Principe Lobkowitz
e facendo tesoro, poi, di queste sue esperienze per la stesura di veri
trattati di esercitazione militare (Pratica di esercizi militari per la
Fanteria) per i quali ebbe riconoscimento da Federico II di Prussia.
La stessa impronta culturale della sua visione dell'arte fu senza precedenti.
Nella cappella di famiglia egli realizzò un'autentica rivoluzione
della scultura del 1700 a Napoli velandola di un magico alone di ispirazione
massonica ed ermetica.
In effetti Raimondo di Sangro sembrò voler dare alla Cappella
di Famiglia il significato di una sintesi di elementi, oltre che artistici,
ermetici; come i diciotto monumenti che essa contiene, tra i quali vi sono
notevoli sculture note in tutto il modo quali la statua del "Cristo
Velato", opera di G. Sammartino e che, secondo la leggenda, sarebbe
stata eseguita sotto ipnosi ( praticata dallo stesso Principe ). Vi sono
poi opere simboliche intitolate "Il Disinganno"
(opera dello scultore F. Queirolo) e la "Pudicizia" ( dello scultore
A. Corradini). Qualche autore ha anche attribuito alle statue della cappella
Sansevero dei significati presi dalle figure dei "Grandi Arcani"
dei Tarocchi, cioè quelle carte "da gioco" che sarebbero
invece l'espressione del Grande Libro attraverso le cui figure,
rituali e simboliche, si può "leggere" il futuro.
Per ognuna delle opere presenti nella cappella, non si limitò
ad assistere ai lavori, ma ne suggerì i temi, le misure, i disegni
ed il corredo di simboli, permeando indelebilmente tutto il complesso monumentale
della propria personalità.
Le conoscenze del Principe di Sansevero dovettero sicuramente sconfinare
nei domini della occulta pratica della grande opera degli alchimisti, dal
momento che le cronache dell'epoca ci testimoniano delle sue tecniche di
trasmutazione delle pietre grezze in pietre preziose.
In conclusione, l'attività di Raimondo de' Sangro spaziò
nei vari domini dello scibile, dalla letteratura all'alchimia e alla meccanica
(sua è, anche,l'invenzione di una carrozza dai cavalli di legno
che viaggiava e navigava nel golfo con una propulsione rimasta ignota).
Purtroppo del suo sapere e delle sue "esplorazioni" nulla ci è pervenuto.
Morì (forse) il 22 marzo del 1771 e non è noto dove si trovino le sue spoglie (!!??).
Il tempio dei Sangro
La Pietà dei Sangro di Sansevero è un capolavoro
dell’ultimo barocco napoletano, voluta dal principe che rinnovò
una precedente cappella come tempio di famiglia (trattasi di una realizzazione
religioso-artistico-iniziatica unica nel suo genere, vanto della città
di Napoli, oggetto di studi continui che spaziano dall’arte, alla conoscenza
esoterica, alla storia sacra).
Per la sua realizzazione il Principe si avvalse dell'opera di scultori
quali il Queirolo e Corradini accanto ai napoletani Sammartino, Celebrano,
Persico e i pittori F.M. Russo e C. Amalfi. Artisti che si limitarono ad
“eseguire” la particolare iconografia ideata dal principe, che fornì
anche i marmi ed i colori “alchemici”.
Le bellissime sculture della cappella Sansevero, che ornano i sepolcri
degli antenati, sopratutto dei genitori del principe, sono perfette espressioni
di una simbologia massonica-templare-rosacruciana. L' impatto visivo
è di una tale forza tale da provocare strane sensazioni come se
"qualcosa" di arcano e difficilmente decifrabile aleggiasse tra
i marme e fra le strutture architettoniche.
Quale visitatore, pur ignorando la simbologia della Libera Muratoria,
non si è profondamente commosso dinanzi allo stupefacente Cristo
velato del Sammartino (che il principe aveva
previsto collocato nella cripta ovale “al di sotto” della cappella, ed
oggi “erroneamente” al centro del tempio)? Chi non si è incantato,
e forse turbato, di fronte al possente nudo femminile della Pudicizia “velata”
che orna la tomba della madre del principe, quasi una dea segreta più
che una simbologia “pudica”, prepotentemente femmina e sensuale com’è’?
Quanti accorti osservatori si saranno chiesti come mai il principe, così
rigoroso nello scegliere le simbologie, abbia ecceduto in questa dedicata,
peraltro, alla madre, Donna Cecilia Gaetani dell’Aquila d’Aragona, morta
in giovane età (come la lapide dedicatoria “spezzata” sottolinea)?
La chiave di lettura può essere data ricordando alcune cose
dell' esoterismo napoletano. La zona sulla quale sorge il tempio della
Pietà dei Sangro (Templari e Iniziati) faceva parte del quartiere
Nilense, abitato dagli Alessandrini d’Egitto dove, nel tempio, si venerava
la statua “velata” della dea Iside.
Gia' dal Capasso della celebre Napoli Greco-Romana si trovano riferimenti
di un tempio Alessandrino dedicato alla dea ISIDE e di una "Vasca Sacra"
servita da un fiume, tempio e fiume collocati dove oggi si trova
il Tempio dei Sangro, e dove il fiume ancora oggi scorre sotto la
Cappella.
La cappella, questo fondamentale “Libro di Pietra” della conoscenza,
sorge quindi su un “luogo di forze” scelto dai primi sacerdoti alessandrini
custodi della tradizione egizia di Neapolis. Nel suo palazzo “legato” da
un passaggio aereo (oggi purtroppo distrutto e dal quale si scendeva nella
cappella) il principe volle la sua officina di alchimista-scienziato, dove
sperimentò dall’impermeabilizzazione dei tessuti a quel Lume Eterno
che avrebbe dovuto per sempre rifulgere nella cripta sotterranea ai piedi
del Cristo morto.
Troviamo così a Napoli un vero “centro cosmico” che opera attraverso
la cappella Sansevero un legame fra Cielo e Terra. Tutta la simbologia
del tempio desangriano si ispira a quella antica del Ripa (uno studioso
che aveva fissato i canoni simbolici della Fortuna, Fortezza, Sapienza,
Fede, Astronomia, Matematica ecc. Quasi sempre figure femminili con “oggetti”
simbolici come: caducei, cornucopie, fiori, cuori, fiammelle, libri, compassi,
genietti, il tutto rigorosamente spiegato nel suo testo usato per secoli
dagli illustratori e dagli artisti in genere) con “innovazioni” che l’antico
testo iconografico non contemplava come nel caso del Cristo
Velato.
Inizialmente la porta (l’accesso ai Misteri ) era quella laterale e
solo in un secondo tempo venne riaperta quella architettonicamente principale.
La Porta dalla quale l’apprendista doveva entrare, era pertanto, al nord
(precisa simbologia delle porte delle Logge massoniche) ed ancora conserva
parte dell’originale pavimento a mosaico voluto, ed alchemicamente creato,
dal principe in ossequio alla regola “muratoria”, che voleva esemplificato
sul pavimento dei templi (molte cattedrali gotiche ne presentano esempi
più o meno ben conservati) quel labirinto che l’adepto doveva affrontare
per trovare la vera “uscita” dalla vita profana. Caro agli alchimisti
il simbolo del “labirinto” era già ricco di implicazioni esoteriche
nell’epoca classica.
Le figure geometriche rappresentate dal principe nel suo labirinto
differiscono secondo il “luogo” che segna, all’interno, il “cammino iniziatico”.
In questo primo tratto si evidenzia il “cubo” base di partenza del Libero
Muratore che si svilupperà nel segno solare e di “fuoco” della “svastica”
(croce dei quattro elementi) in punti “più evoluti” della cappella.
Accanto al Cristo Velato e alla Pudicizia,
la terza scultura più nota è quel Disinganno
del Queirolo, che profuse tutta la sua maestria di “cesellatore”, più
orafo che scultore, nella rete di corda che avvolge “senza toccarla” la
figura di uomo nudo che tenta di uscire dall’intricato viluppo di nodi.
Quella rete che ha fatto chiamare la statua, popolarmente, il Pescatore,
è dedicata al padre del principe che si trovò legato da un
“viluppo di passioni” dalle quali seppe uscire spezzando la rete malefica
con l’aiuto dell’intelletto (il genietto alato che reca il simbolo dell’intelligenza
- una fiammella sulla fronte - poggiato sul globo terracqueo).
Di notevole interesse la figura dell’”androgino” nel Decoro (tomba
delle due mogli di Giovan Francesco di Sangro) cinto da una pelle di leone
e poggiato ad una maschera leonina posta sul tronco di una colonna. Immediata
la simbologia del Leone (verde o rosso - segna due momenti della trasmutazione
alchemica) e del Rebis, il “doppio”, l’androgino che fonde i caratteri
maschili dell’Ermes a quelli femminili di Afrodite. L’ermafrodito che "con-tiene"
i due principi fecondi della natura. Nell’uomo che si libera dalla rete
il Queirolo ha lasciato anche un intenso autoritratto, che testimonia la
sua personale partecipazione emotiva al modello suggerito.
Un riferimento a quanto era contenuto originariamente nella casa del
principe di Sansevero è ritrovabile in "Breve Nota
di quel che si vede in casa del Principe di Sansevero D. Raimondo di Sangro
nella citta di Napoli" conservate nella Biblioteca Nazionale
di Napoli; molta altra documentazione non è reperibile in quanto,
quando il Principe nel 1750 entra nella setta di Liberi Muratori, o Massoneria
di rito egiziano antico rischia la scomunica papale quando divenne
Gran Maestro dell'Ordine per il regno di Napoli, a sua difesa infatti addusse
di aver confuso tale setta, che era stata condannata dalla Chiesa Cattolica,
con la Massoneria Operativa di origine alchemica, coerente con gli interessi
e studi condotti dal Principe alchimista.
In buona sostanza si può dire che il principe si dedicasse molto
alla Grande Opera, non solo in senso materiale (trasmutazione dei
metalli) ma sopratutto in senso spirituale. In quest'ottica la cappella
Sansevero e da leggersi come Tempio dell'ordine Massonico, in senso
alchemico.
Il principe sfuggi quindi a stento alla scomunica di Papa Benedetto
XIV, grazie anche all'appoggio del Re Carlo di Borbone, e quindi trionfò
su tutti coloro, nel clero napoletano, gli erano nemici e l'accusavano
di stregoneria.
Venne quindi distrututto tutto quanto potesse collegare la memoria
di Raimondo al mondo occulto; ne fecero, pertanto, le spese tutte quelle
realizzazioni scientifiche che avrebbero potuto affrettare la scoperta
di molti ritrovati odierni già ottenuti alchemicamente dal Sansevero.
Resta l'inquietante testimonianza delle sue “macchine” anatomiche conservate
dal principe in una apposita stanza del suo palazzo dall’indicativo nome
di “appartamento della fenice” ed oggi in quella cripta ovale, che Don
Raimondo aveva prevista imitante una grotta naturale, necessaria per la
“meditazione” degli apprendisti e poggiante su terra battuta - senza pavimentazione
- per non impedire quelle vibrazioni naturali provenienti dal “luogo” isiaco
sottostante e sorretta da otto (numero fondamentale della ritualità
templare che si ripete spesso nell’armonia “numerica“ della cappella stessa)
pilastri che dovevano definire il posto delle sepolture degli avi intorno
al “Mistero Magistrale” del Cristo velato .
Le due macchine anatomiche sono un vero e proprio “testo” medico-anatomico,
costruite su due scheletri (maschile e femminile) strutturando organi “induriti”
da preparati distillati dal Maestro con “ricostruzioni” di sostegno ottenute
e colorate con materiali “alchemici “ sempre provenienti dalla officina
del Sansevero.
Generazioni di visitatori italiani e stranieri si sono esaltati o atterriti
(a seconda del “grado” di cultura) di fronte a quelle notevoli testimonianze
del genio scientifico del Raimondo di Sangro mentre la fantasia
popolare si sbizzarriva sul metodo usato dal “Prencepe riàvulo”
per iniettare nelle vene “...dei due poveri schiavi...” la sostanza indurente
che avrebbe poi permesso la rimozione delle “parti molli” con acidi appositi.
Preoccupati “scienziati” sottolinearono il fatto che per far scorrere il
liquido nella rete venosa, il misfatto doveva per forza essere stato consumato
su vittime “vive” e che il braccio ancora alzato di una delle due dimostrava
come era stato legato il malcapitato; mentre oggi è chiaro che trattasi
di pezzi ricostruiti "ex-novo" con delle sostanze molto simili ai polimeri
plastici ed alle fibre sintetiche dei nostri giorni.
Di seguito vengono illustrate le caratterizzazioni delle Opere dalle quali il Maestro G. Leuci ha tratto le riproduzioni.
IL DISINGANNO
La scena magistralmente interpretata dallo scultore Francesco Queirolo
allude ad un episodio cruciale della vita del padre di Raimondo, Antonio
de' Sangro (1685–1757), cui è dedicato il monumento. Nell'uomo che
si divincola dalla rete si allegorizza la riconquistata libertà
spirituale che illuminò gli ultimi anni di contrizione e ravvedimento
del vecchio, trascinato in una vita caotica e dissoluta dal drammatico
evento della morte prematura di Cecilia, sua consorte, accecato dalla perdita
irreparabile dell'amore di lei. La rivelatrice illuminazione del proprio
ingegno è efficaciemente rappresentata dal genietto alato, tradizionalmente
metafora dell'”umano Intelletto” dispensatore dei raggi di beatificante
sapienza “la fiammella in testa” su questo mondo (il
globo che sormonta). Forse Raimondo de' Sangro, seguendo una consuetudine
cara ad altri alchimisti, intese rappresentare in chiave di rebus "RAI,
MONDO" sè stesso nell'atto di riscattare al giudizio del mondo la
figura dello sfortunato genitore, illuminandone la memoria. In chiara corrispondenza
allegorica, si pone la scena evangelica del Cristo che ridona la vista
al cieco, scolpita in bassorilievo, sul davanti del basamento monumentale.
LA SINCERITA’
Opera di Francesco Queirolo, dedicata dal principe don Raimondo alla
moglie, ancora in vita, Carlotta Caetani. Il monumento simboleggia una
donna, col capo leggermente protratto in avanti sulla gamba destra, che
tiene nella mano sinistra un cuore in segno di grandissimo affetto, e,
nella destra il simbolo nunziale del caduceo, simbolo di concordia. Al
lato della donna è posto un putto,
che abbraccia una colomba, sul cui capo, a poca distanza se ne scorge un’altra:
quasi a simboleggiare la candidezza di costumi e la fecondità dell’amorosa
inclinazione degli sposi, segno di pace e di tranquillità, ci tramanda
il ricordo di un rapporto di amore armonioso. Le due colombe, dalla significazione
trasparente, si riconcorrono corteggiandosi. I risultati estetici raggiunti
nel riuscitissimo putto hanno fatto supporre l'intervento dello scultore
Paolo Persico.
LA DEPOSIZIONE
Il complesso, dello scultore Francesco Celebrano, rappresenta la deposizione
di Cristo, fu eseguito nei primi anni della seconda metà del ’700.
La tematica sacra è resa in modo esemplare, gravida di patetici
virtuosismi, sia pure conformi ad un linguaggio di stile barocco. L’evidenza
prospettica del gruppo, costituito dalla Madonna, dal figlio Gesù,
da S. Giovanni e dalle due Marie amplifica l'effetto scenografico delle
superfici. Al centro dell'altare in basso, un putto sorregge un sudario
di metallo con il Volto di Cristo, affisso, che funge da sportello dello
stesso ciborio. Sotto la Sacra Mensa, collegato narrativamente, è
il bassorilievo, scolpito dallo stesso Celebrano, raffigurante parte di
un avello con due angioletti, l'uno dei quali solleva il coperchio, mentre
l'altro avanza curioso il capo, per osservarne l'interno.
LO ZELO DELLA RELIGIONE Monumento eretto da Raimondo alla memoria della prima e della seconda moglie di Giovanfrancesco de' Sangro, Ippolita del Carretto ed Adriana Carafa De Spina, fu attribuito ora ad Antonio Corradini, ora a Francesco Queirolo. Nel 1975, però Eduardo Nappi, alla luce di inoppugnabili documenti archivistici, definitivamente assegnò l’Opera ad un mediocre scultore, Fortunato Onelli, più tardi sostituito da altri operatori, sotto la supervisione di Francesco Celebrano, allora direttore dei lavori del Palazzo e della Cappella Sansevero. Esso consta di un vecchio, venerabile per aspetto, che regge nella mano sinistra una lucerna (quasi ad illuminare), e nella destra un flagello (quasi a correggere). Una serpe, che esce da un libro, è schiacciata dal suo piede; mentre un altro volume, con identico contenuto, è afferrato da un genietto (in ginocchio) ehe stringe in mano una fiaccola ed e colto nell'atto di incenerirlo. Al di sopra, sull'ara. due puttini sorreggono un medaglione nel quale sono effgiate, insieme, Ippolita del Carretto e Adriana Carafa.
ANGELO (Monumento funebre a Giovan Francesco
Paolo de' Sangro)
Opera dello scultore Antonio Corradini, fu posto da Raimondo nel 1752
in commemorazione dell’antenato – figlio di Paolo, duca di Torremaggiore
– morto durante una sua spedizione militare in Africa nel 1627. Dietro
la pietra sepolcrale , ove l’iscrizione ricorda le glorie africane del
defunto e la pietà di don Raimondo, sporge un angelo con il capo
coperto che, in posizione obliqua e con triste espressione, si appoggia
col braccio destro sull’orlo della lapide, mentre con la mano sinistra
tiene stretta una piega della veste. Sterpi e sassi non lontani da un’acquasantiera
completano la rappresentazione: probabilmente l’artefice volle significare
l’aspra natura del luogo ove perì, di insanabile morbo, il valoroso
ascendente di don Raimondo che, nella spedizione africana di Filippo IV
, condusse un manipolo di nobili a proprie spese.
IL DOMINIO DI SE’ STESSO
Realizzato nel 1767 dallo scultore Francesco Celebrano, il monumento
sorse alla memoria della nonna di Raimondo, Geronima Loffredo, moglie di
Paolo de’ Sangro, Un putto, collocato prospetticamente, sorregge il medaglione
, mentre, alla base, un massiccio leone stringe tra le fauci una catena,
la cui altra estremità è tenuta da un soldato, in costume
romano, che s’adagia fiaccamente sul sarcofago, quasi a simboleggiare il
dominio sull’ira e sulla carne.
IL CRISTO VELATO
Opera realizzata nel 1753 da un giovane scultore napoletano, Giuseppe
Sammartino. Indubbiamente tra le sculture della Cappella è quella
che maggiormente affascina per lo strabiliante effetto di trasparenza reso
dall'autore sui più minuti dettagli delle membra del Cristo. Il
capo dolcemente reclinato sul cuscino, la vena che sembra ancora pulsare
sulla fronte, le mani dalle sottili dita raccolte sul corpo, i solchi delle
stimmate sono tangibilmente percepibili come attraverso la sindone della
sua deposizione. La resa espressiva è stata raggiunta dall'autore
non solamente attraverso una prodigiosa tecnica scultorea ma, soprattutto,
per “un grandissimo sentimento lirico” (M. Picone) ed un'elevata emozionalità
nell'interpretare questo tema sacro. L'effetto illusionistico del velo,
che rende fluido il movimento del corpo in tutta la sua anatomia, non ha
lo scopo di un consumato virtuosismo come apparentemente può sembrare;
ma, piuttosto, quello di rianimare le membra rilassate nell'abbandono della
morte, rendendoci, per effetto di un'intensa suggestione, partecipi spettatori
del sacrificio della Croce. La critica è unanime nel riconoscere
l'universale pregio artistico dell'opera, al di là del suo tempo
e di ogni condizionamento stilistico. Analogo apprezzamento si riscontra
anche nel giudizio di artisti di conclamata fama, tra i quali il Canova
che nell'800 ebbe a definirla: " Opera Immensa. Seconda forse, soltanto
alla Pieta' di Michelangelo".
Santa Chiara ( Via Benedetto Croce )
Ricostruisce con suggestive testimonianze la storia del trecentesco
complesso conventuale. E’ una delle opere più importanti volute
a Napoli dai sovrani angioini. Costruita nei primi anni del '300, fu rinnovata
all'interno, nel '700, in stile barocco; danneggiata nel 1943 da un'incursione
aerea, è stata ricostruita e riportata al suo stile originario,
il gotico provenzale. Fu la chiesa della regalità e nobiltà
napoletana. Dietro l'altare maggiore la tomba di Roberto I d'Angiò,
grandioso monumento trecentesco. Nell'annesso convento visitare il coro,
con antichi affreschi, e il chiostro maiolicato, restaurato nel '700 da
Domenico Vaccaro.
Quadreria dei Girolamini ( Via Duomo )
1429 Opere dal ‘500 al ‘700
Museo Artistico Industriale ( Piazza Salazar )
Museo della Fondazione Pagliara ( Corso Vittorio Emanuele 292 )
Villa Livia ( Parco Grifeo 13 )
Musei di Antropologia Mineralogia Zoologia e Paleontologia dell ‘Università
Federico II
(Via Mezzocannone 8 e Largo San Marcellino 10 )
Osservatorio di Capodimonte ( Salita Moriello 16
)
In splendida posizione sul colle Miradois, nella zona di Capodimonte,
a poco più di 150 metri sul livello del mare, cronologicamente è
il primo osservatorio d'Italia. Fu fondato nel 1819 per munificenza di
Ferdinando I di Borbone su disegni degli astronomi Giuseppe Piazzi e Federico
Zuccari. Dalla terrazza superiore, dove sono poste tre cupole con gli strumenti
di osservazione, e' visibile un suggestivo panorama della città
e del golfo. Ad esso è associato un museo che raccoglie strumenti
astronomici utilizzati dalla fondazione dell’osservatorio (1819) ai primi
decenni del novecento.
Museo Ferroviario Nazionale ( Corso san Giovanni
a Teduccio )
Ha sede nei capannoni delle officine meccaniche di pietrarsa volute
da Ferdidando II di Borbone. La vaporiera è la grande protagonista
del Museo, che ospita anche una vasta documentazione sulle antiche officine
chiuse nel 1975.
Castell dell’Ovo (sec. XII)
Domina con la sua mole imponente il Borgo Marinaro sul lungomare di
S. Lucia. Torri e bastioni hanno ingrandito, nel tempo, la primitiva rocca
sorta in epoca normanna sui resti di una villa del patrizio romano Lucio
Licino Lucullo alla fine del quinto secolo vi si formo' un cenobio di monaci
basiliani. Nel dodicesimo secolo vi sorse una rocca poi ampliata dai Normanni
e dagli Angioini; in esso è collocato il Museo di Etnopreistoria
Duomo ( Via Duomo )
Inaugurato nel 1315 alla presenza di Roberto D’Angio e della Regina
Sancia. Di grande importanza storico ed artistica la cappella del tesoro
di San Gennaro in cui sono custodite le ampolle con il sangue miracoloso
del santo patrono. Il sangue si scioglie due volte all’anno, in maggio
ed in settembre, rinnovando un prodigio di cui si sono occupati scienziati
di tutto il mondo. Di notevole importanza anche la cappella di santa Restituta
che fu la prima basilica napoletana incorporata poi nel duomo. Da questa
cappella si accede alla zona archeologica posizionata sotto la Cattedrale
con strutture che vanno dall’età greca all’alto medioevo.
San Lorenzo Maggiore (Piazza San Gaetano)
In questo tempio si incontrarono nel 1334 Giovanni Boccaccio e Fiammetta,
qui si rifugio in preghiera, durante una furiosa tempesta accompagnata
da maremoto, Francesco Petrarca ( che abitava nell’annesso convento ).
La grandiosa costruzione e della fine del 1200 e fu trasformata nel 1600;
ivi sono collocati i sepolcri di Caterina D’Austria, Carlo Durazzo, Roberto
d’Artois. Sotto la chiesa ( fra le più antiche della citta' ) i
resti di una complessa stratificazione, con strutture dell’epoca greco-romana
ed alto-medioevali. La Chiesa fu edificata nella seconda metà del
sec. Xlll sul luogo dove sorgeva la Basilica paleocristiana del Vl secolo.
L'interno è a croce latina, ad unica navata, con cappelle laterali
e soffitto a capriate lignee. L'abside, progettata da architetti francesi,
presenta uno splendido deambulatorio, delimitato da una serie di cappelle
disposte a raggiera. Tra queste si segnala la Cappella Barrile con Scene
della vita della Vergine di ignoto napoletano di scuola giottesca. Monumento
funerario di particolare rilievo nella zona absidale, è quello
dedicato a Caterina d'Austria, opera dello scultore Tino di Camaino. Affreschi
del XIV secolo, di Montano d'Arezzo, adornano alcune pareti del transetto
destro. Testimonianze di ulteriori integrazioni avvenute nei sec. XVII
e XVIII si evidenziano nella terza Cappella a destra della navata con marmi
policromi di Cosimo Fanzago e nella facciata esterna opera di Ferdinando
Sanfelice. Nell'area sottostante la Basilica di San Lorenzo Maggiore sono
presenti i resti degli edifici pubblici della città greco-romana,il
cui centro corrisponde all'attuale piazza San Gaetano. Oltre alla Chiesa
Paleocristiana del Vl secolo d.C. sono state messe in luce tracce di preesistenti
strutture del IV secolo a.C. tra cui il "macellum" antico mercato alimentare.
Vari altri edifici, tra cui l'erario, disseminati lungo un considerevole
tratto di strada, testimoniano la complessa stratificazione avvenuta attraverso
numerose trasformazioni dell'impianto urbano nel corso dei secoli.
Catacombe di San Gennaro
Vi si accede dalla via di Capodimonte, per un viale adiacente alla
grandiosa chiesa Madre del Buon Consiglio, tale costruzione è un’imitazione
di recente costruzione di San Pietro in Vaticano. Le catacombe risalgono
al II secolo, di grande importanza storica ed artistica per le pitture
paleocristiane che le decorano. Le sue origini sembrano essere quelle di
una tomba gentilizia ceduta ad una comunità cristiana divenuta poi
cimitero ufficiale e centro religioso. Le catacombe si articolano su due
piani.
Catacombe di San Gaudioso (Piazza Sanità)
Si sviluppano sotto la chiesa di Santa Maria della Sanità (
detta anche di San Vincenzo) eretta nel 1600; la cui origini è legata
alla venerazione di San Gaudioso morto tra il 451 ed il 452. Secondo tradizione
Gaudioso, vescovo di Abitania in Africa, giunse a Napoli dopo che il re
Genserio, privatolo di tutto lo aveva fatto salire su una nave abbandonata
poi in balia del mare.
Catacombe di San Severo ( Piazzetta San Severo a Capodimonte )
Chiesa S. MARIA MAGGIORE (detta della PIETRASANTA)
Edificata nella prima metà del sec. VI nell'area più
antica della città, fu la prima basilica dedicata alla Vergine.
Nella metà del sec. XVII fu rifatta a pianta centrale su progettodi
Cosimo Fanzago. La presenza di un'antica pietra santa con una croce incisa,
ha dato origine alla più comune denominazione della Chiesa. L'interno
conserva una pregevole pavimentazione settecentesca in cotto e maiolica.
Nella cripta vi sono testimonianze della primitiva basilica paleocristiana
e resti di un mosaico d'epoca romana. Nell’atrio antistante si innalza
il campanile medievale, sec. XI, dell’originaria Chiesa.
Ai lati della facciata vi è la cappella del Salvatore, della
II metà del XVIII sec. con un pregevole altare in marmi policromi
e pavimentazione maiolicata.
Purgatorio ad Arco
Annessa all'omonima Congregazione fondata nel sec. XVII per le celebrazionl
in suffragio delle anime del Purgatorio, presenta un'unica navata con cappelle
laterali. Nella zona absidale, riccamente decorata con marmi policromi,
un altorilievo con teschio alato di Cosimo Fanzago evidenzia, unitamente
ad analoghe testimonianze artistiche poste all'esterno della struttura,
il tema della morte profondamente sentito nella tradizione popolare napoletana.
Dipinti di Masslmo Stanzione, di Andrea Vaccaro e Giordano adornano rispettivamente
l'altare maggiore,cappella a destra e a sinistra della navata. Nell'ipogeo
vi è l'antico luogo di sepoltura.
San PAOLO Maggiore
Fu costruita nell'VIII sec. nell'area del foro della città greco-romana
sulle rovlne del tempio dei Dioscuri . A decorrere dal XVI secolo la chiesa
paleocristiana venne notevolmente ristrutturata ad opera degli architetti
Francesco Grimaldi e G. B.Cavagna. L'interno a croce latina è a
tre navate con cappelle lateralo. Nella volta, divisa a vari scompartl,
si ammirano affreschi di Massimo Stanzione, raffiguranti le gesta degli
apostoli Pietro e Paolo. Mirabili sono gli affreschi del Solimena nella
sacrestia, con scene della conversione di S. Paolo, la Caduta di Simon
Mago e le Virtù.
Nel 1671, su progetto di Dionisio Lazzari, fu ampliato ll prospetto
della Basilica che racchiude due delle originarie colonne di ordine corinzio
che adornavano il pronao dell'antica struttura pagana.
Pio Monte Della Misericordia (Via Tribunali
253)
La pia istituzione fu fondata nel 1601 ad opera di nobili napoletani
dediti all'assistenza degli ammalati e degli emarginati. Nel 1604 l'architetto
G. G. Di Conforto realizzò la sede e la chiesa dell'opera pia. Per
far fronte alle maggiori esigenze operative dell'ente, il complesso monumentale
fu ricostruito a decorrere dal 1658 su progetto di F. Picchiatti. L'attuale
struttura propone una facciata articolata in tre ordini con un porticato
a 5 arcate in cui sono collocate sculture di Andrea Falcone. La chiesa
è a pianta ottagonale con 6 cappelle più l’altare Maggiore.
Nella zona absidale vi è il celebre dipinto "Le sette opere della
misericordia” del Caravagglo, sugli altari laterali quadri dl F. Santafede,
B. Caracciolo, A. Vaccaro, G. B. Azzolino. Pregevole, inoltre, è
la pinacoteca ubicata al I piano del complesso monumentale
Gesù Nuovo - Piazza del Gesù
Sorse alla fine del '500 sull'area del palazzo Sanseverino, principe
di Salerno (il bugnato della facciata, quattrocentesco, era quello destinato
al palazzo). L'interno della chiesa è maestoso. Splendido il pavimento
e il rivestimento delle pareti, in marmi policromi. Sontuosa la decorazione
di altari e cappelle. Contiene pregevoli opere di pittura e scultura.
San Domenico Maggiore - Piazza San Domenico
Edificata in forme gotiche alla fine del Duecento, ha subito profonde
trasformazioni nel corso dei secoli, divenendo barocca nel '600 e tornando
allo stile originario con i restauri dell'800. Al suo interno i resti di
una chiesa romanica (navata a destra). Splendidi il Cappellone del Crocifisso
e la sagrestia. Nell'annesso convento visse e insegnò San Tommaso
d'Aquino.
San Giovanni a Carbonara - Via Carbonara
Iniziata nel 1343 e completata nel '400, fu poi ampliata e rimaneggiata
(la scenografica scalinata di accesso è del '700, su disegno del
Sanfelice). Di grande interesse tre opere di sculltura: il monumento di
re Ladislao, il sepolcro di ser Gianni Caracciolo e il monumento dei Miroballo.
Sant'Anna dei Lombardi - Via Monteoliveto
Fu eretta nel 1411 e subi profonde trasformazioni nel '600. Qualcuno
l'ha definita un museo del Rinascimento, per il numero e le bellezze delle
sue sculture. Di particolare interesse un gruppo di otto figure in terracotta,
in origine policrome, rappresentanti la Pietà (opera di Guido Mazzoni,
1492).
Santa Maria Donnaregina – Vico Donnaregina
Sorge a breve distanza da una chiesa barocca dallo stesso titolo, ed
è uno dei monumenti medioevali più interessanti di Napoli.
Sorta nel Trecento, fu restaurata nelle originarie forme gotiche nei primi
decenni di questo secolo. Su un lato dell'abside il sepolcro della regina
Maria d'Ungheria, di Tino da Camaino e Gagliardo Primario. Nel soprastante
coro delle monache, celebri affreschi della prima metà del Trecento.
Santa Maria del Carmine - Piazza del Carmine
Domina la zona che fu teatro della rivoluzione di Masaniello (1647).
Esisteva già nel XII secolo, ma fu rifatta tra il 1283 e il 1300,
ingrandendo una chiesetta con un'immagine della Madonna detta “La Bruna
“. A destra della facciata un agile campanile con una singolare cuspide
a mattonelle maiolicate, di Fra' Nuvolo (prima metà del Seicento).
Ogni anno, il 15 luglio, ricorrenza della Madonna del Carmine, spettacolare
“ incendio “ del campanile con fuochi pirotecnici.
San Francesco di Paola - Piazza Plebiscito
A imitazione del Pantheon di Roma, fu fatta erigere da Ferdinando I
di Borbone per celebrare il recupero del regno. La sua costruzione ebbe
inizio nel 1817. La facciata è preceduta da un pronao su sei colonne
e due pilastri ionici.
Biblioteca nazionale - Palazzo Reale (ingresso
da piazza Plebiscito)
Per dimensione ed importanza è la terza d’Italia dopo Roma e
Firenze. Si è costituita intorno al primo fondo della raccolta farnesiana,
che Carlo di Borbone trasferì a Napoli quando prese possesso del
regno. Gli altri fondi via via aggiuntisi sono l'Officina dei papiri ercolanesi
(circa duemila papiri trovati negli scavi di Ercolano), la biblioteca Lucchesi
Palli che ha un'impostazione teatrale e musicale, la biblioteca San Giacomo
di carattere prevalentemente storico e letterario, la biblioteca di Maria
Carolina d'Austria, la Brancacciana con opere di storia locale, manoscritti
e incunaboli (quest'ultima è distaccata in via Donnaromita 15, nel
Centro antico). Tra i manoscritti più importanti della Nazonale,
frammenti Bibliaci in dialetto copto del V secolo, due Evangelieri purpurei,
uno del V e l'altro del IV secolo. Tra gli incunaboli, circa cinquemila,
il Chatolicon di Giovanni Balbi impresso a Magonza.
S. Antonio delle Monache a Port'Alba
E’ annessa all'omonimo convento delle suore francescane, fondato nella
II metà del sec. XVI. Con l'ampliamento del complesso monumentale,
i cul lavori iniziarono nel 1637, la chiesa fu relizzata secondo i canoni
dell'architettura barocca napoletana. L'interno presenta una vistosa decorazione
in stucco, marmi commessi con intarsi di madreperla adornano l'altare maggiore.
Sul secondo altare laterale a sinistra, si ammira la tela di A. Sarnelli
con il transito di S. Giuseppe (sec. XVIII). Nel soffltto collocato il
dipinto raffigurante S. Antonio di ignoto manierista del sec. XVII.
S. Pietro a Majella
Fondata agli inizi del sec. XIV, per volontà di Pipino da Barletta,
fu dedicata a Pietro da Morrone, il frate elevato al pontificato con il
nome di Celestino V. Ristrutturata a decorrere dagll inizi del XV sec.,
fu ulteriormente rimaneggiata nella metà del seicento. L'interno
a tre navate con cappelle laterali, presenta un soffitto ligneo in cui
figurano tele di Mattia Preti con episodi della vita di Celestino V (sec.
XVII). Nella zona absidale, si ammirano gli splendidi stalli intarsiati
del coro e affreschi dei sec. XlV e XVII. Nel presbiterio vi è l'altare
maggiore di Pietro e Bartolomeo Ghetti e la balaustra di Cosimo Fanzago
(sec. XVII). La struttura dopo le integrazioni barocche, è stata
riportata agli inizi dl questo secolo alla originaria linearità
gotica.
Croce di Lucca
Fondata agli inizi del sec. XVII, è sopravvissuta all'intervento
di demolizione del complesso monumentale delle Carmelitane, a cui era annessa,
avvenuto agli inizi di questo secolo per l'edificazione delle cliniche
universitarie. L'interno è ad unica navata con cappelle laterali,
nel soffitto cassettonato è collocato il dipinto raffigurante Carmine
e Santi (sec. XVII). Pregevoli decorazioni marmoree adornano la navata
e la tribuna.
Cappella Pontano
Fu fatta costruire da Giovanni Pontano nel 1492 per il culto e la memoria
della consorte Adriana Sassone. La struttura, d'ispirazione classica a
forma rettangolare, su di un alto basamento ed e inquadrata da lesene di
ordine composito che sorreggono una sobria trabeazione. L'esterno presenta
due portali di marmo, entrambi sovrastati da epigrafi con stemmi della
Famiglia e piccole finestre, con ai lati lastre marmoree riportanti iscrizioni
latine. Nella parte retrostante l'altare, è affrescato un trittico
raffigurante la Madonna con I Santi Giovanni Battista Evangelista (fine
sec. XV). Di pregevolissima fattura la pavimentazione di mattonelle invetriate
delle fine del sec. XV, raffiguranti gli stemmi del Pontano e della moglie
nonchè motivi geometricl, vegetali e animali.
Porta Capuana
Eretta nel 1484, su disegno di Giuliano da Maiano, tra due torri cilindriche,
dette Onore e Virtù Splendida la decorazione marmorea. In alto stemma
di CarloV, murato nel 1535 dopo aver eliminato una scena dedicata all'incoronazione
di Ferdinando I. E nelle immediate vicinanze di Castelcapuano.
Porta Nolana
Come la precedente, è del quindicesimo secolo e si sviluppa
tra due torri cilindriche, denominate Fede e Speranza. Un bassorilievo
sistemato sull'arco mostra Ferdinando I d'Aragona a cavallo. E nei pressi
della stazione della Circumvesuviana.
Port'Alba
Fu innalzata nel 1625, al tempo del vicerè Antonio Alvarez de
Toledo, duca d'Alba, e rifatta negli ultimi anni del 1700. Sulla sommità
statua bronzea di San Gaetano. E’in piazza Dante.
Porta San Gennaro
Ricostruita alla metà del '400 in seguito allo spostamento delle
mura. Nel nicchione i resti di un affresco di Mattia Preti (17 secolo).
E’ in via Foria.
Tombe di Virgilio e Leopardi – Salita della Grotta
La tomba di Virgilio, a pochi passi da quella di Giacomo Leopardi,
si trova in un'area di intensa suggestione, sulle pendici della collina
che separa Mergellina da Fuorigrotta, accanto ad antiche cave di tufo e
alla grotta poi abbandonata, che una volta consentiva il collegamento.
con la zona puteolana. La tomba di Virgilio è in un colombario romano
di epoca augustea; nel 1939 furono traslati lì accanto, dalla chiesa
di San Vitale a Fuorigrotta, i resti del Leopardi.
Stazione Zoologica - Villa comunale
Tra via Caracciolo e la riviera di Chiaia, c'è un istituto di
fama mondiale. Fondato nella seconda metà dell'Ottocento dal naturalista
tedesco Antonio Dohrn, è stato successivamente potenziato e ingrandito.
Il vasto edificio contiene l'Acquario, che costituisce l'attrazione principale
per il turista, ampi laboratori per ricerche di zoologia, botanica e fisiologia
marina e bibioteca. L'Acquario, il più antico d'Europa, ha una trentina
di vasche con circa duecento specie animali e vegetali marine, tutte del
golfo di Napoli.
Orto botanico - Via Foria 223
Nelle immediate vicinanze di piazza Carlo III, si alza il muro monumentale
ad ampie bugne rettangolari che delimita l'Orto botanico. Istituito nel
1807 con decreto di Giusuppe Bonaparte, è annesso alla facoltà
di scienze dell'Università ed ha splendide collezioni di piante,
anche acquatiche.
Mostra d'Oltremare - Piazzale Tecchio
Vasto quartiere fieristico sorto negli anni 1939-40 a Fuorigrotta.
Si snoda per oltre dieci chilometri di strade e viali ed ospita annualmente,
la Fiera internazionale della casa (arredamento, abbigliamento, alimentazione)
e, inoltre, numerosi saloni specializzati (attrezzature alberghiere e turistiche,
vini e liquori, nautica ecc.). Un notevole complesso ricreativo e sportivo
arricchisce il quartiere fieristico.
Terme di Agnano - Via delle Terme
Una moderna stazione termale sorge al limite meridionale del bacino
di Agnano, un cratere vulcanico dei Campi Flegrei che fino al 1870 era
un lago, e a pochi passi dai ruderi delle Terme romane sul pendio del Monte
Spina. E’ per bagni in vasca, applicazioni di fango, cure sudatorie, terapie
inalatorie e ginecologiche, massaggi e trattamenti di estetica.
Scavi di Pompei Scavi di Ercolano
Museo dell’energia solare ( Torre Annunziata )
Museo del Corallo e dei Cammei Basilio Livio ( Torre del Greco Via
Montedoro 61 )
Vengono conservate opere di Cinque secoli
Antiquarium di Boscoreale ( Boscoreale Via Settembrini 15 )
Museo Archologico dei Campi Flegrei ( Baia )
Anfiteatro Flavio a Pozzuoli
Vulcano Solfatara
Parco Archeologico di Cuma
Parco Archeologico di Baia