IL LUNGO VIAGGIO DEI MAGI

Attorno alle figure dei Re Magi, sin dai tempi più lontani, si sono diffuse storie e leggende che, ancora oggi, continuano ad affascinare. Questi re stranieri che venivano dal lontano Oriente, colpiscono l'immaginazione dei bambini che, impazienti, attendono il giorno dell'Epifania per collocare finalmente le statuine dei tre saggi nel presepe. Arrivano con animali sconosciuti, indossano abiti di foggia inconsueta, portano doni misteriosi, hanno la pelle scura. Non conosciamo con precisione la loro storia eppure sono presenze familiari e rassicuranti che ci riportano all'infanzia. Forse per questo persino la pubblicità li ha scelti come testimonial.

Nella scena del Presepe, nelle raffigurazioni pittoriche che impreziosiscono numerose chiese del nostro territorio, i Magi sono immobili davanti alla Madonna ed al Bambino, in atto di adorazione. Sono finalmente arrivati alla meta ma il loro viaggio è stato lungo.

Pellegrini per eccellenza, simbolo dell'incontro tra Oriente ed Occidente, sono una presenza lungo le vie di pellegrinaggio. Le loro immagini dipinte o scolpite nelle chiese sono state un segnale importante per i pellegrini. Lungo le strade molte locande ancora oggi si chiamano "Tre Re".

Anche dopo la loro morte, avvenuta in Oriente, i Magi continuarono a viaggiare. Le loro spoglie mortali, vere o presunte che fossero, compirono un viaggio ben più lungo e misterioso di quello che li aveva condotti a Betlemme.

Non sappiamo con precisione quanti furono i saggi che fecero visita a Gesù; dodici secondo una Cronaca orientale del 774-775, in numero maggiore o talvolta minore di tre nelle antiche raffigurazioni di alcune catacombe. La tradizione cristiana ne riconobbe tre a cui corrispondevano i nomi latini di Caspar, Balthasar, Melchior.

Nel VIII secolo il Venerabile Beda descriveva Melchiorre come "un vecchio dai capelli bianchi, con una folta barba e lunghe chiome ricciute", Gasparre " un giovane imberbe" e Baldassarre "di carnagione olivastra e con una barba considerevole".

L'appellativo Magi, letteralmente "ingannatori, stregoni, sapienti", indicava in essi la saggezza, la sapienza. Jacopo da Varazze nella Legenda Aurea, testo assai diffuso nel Medioevo, ne precisa in tal senso il significato facendo derivare il termine "magi" da "magni", cioè grandi, nella sapienza.

Incerta è la loro provenienza. La nozione di Oriente si sfuma, a seconda delle diverse fonti considerate, in un territorio non ben definito: la Persia o la Caldea, la Sabea (regione attraversata dal fiume Sabe) piuttosto che l'Arabia o l'india.

I Magi partirono dalla loro terra in gran fretta quando, secondo il racconto di Giovanni Crisostomo, in cima al Monte Vittoria apparve loro una stella in forma di bimbo bellissimo con una croce sul capo. Ciò poté avvenire poiché ogni anno, dodici uomini salivano sul Monte Vittoria e vi restavano in abluzioni e preghiera in attesa dell'apparizione della stella annunciata dal profeta Balaam. Partirono con i dromedari, animali velocissimi che in un giorno percorrevano quanto un cavallo in tre. Arrivarono dall'Oriente a Gerusalemme in tredici giorni. Qui chiesero ai Giudei il luogo della nascita di Gesù poiché secondo la profezia "essi conoscevano il tempo ma non il luogo".

Secondo un altro racconto il viaggio dei Magi durò due anni durante i quali però, non ebbero bisogno di viveri, le montagne si spianavano, i fiumi non ponevano ostacoli.

Finalmente giunti a Betlemme offrirono al Salvatore oro , incenso e mirra, doni che Persiani e Caldei usavano portare ad un re e simboli di maestà divina, regale potestà ed umana mortalità.

Avvertiti in sogno di non far ritorno da Erode, raggiunsero le loro terre d'origine dove, secondo le leggende orientali, riportarono il dono che essi ricevettero dalle mani del Bambino o della Vergine. Una pietra staccata dalla mangiatoia, un pane rotondo, una fascia in cui era stato avvolto il bambino, a seconda delle diverse versioni, tutte accomunate dalla nascita del culto del fuoco. In ciascuno dei tre casi, infatti, dall'oggetto regalato si sprigionò un fuoco sacro, degno di venerazione.

Circa l'origine di tale culto nel "Milione" di Marco Polo troviamo il racconto della leggenda che egli raccolse in Persia, a Cala Ataperistan. Ai Magi il bambino avrebbe donato un cofanetto chiuso, ed essi, tornati nella loro terra "apersono lo bossolo, e quivi trovarono una pietra...e gittarono questa pietra in un pozzo. Gittata la pietra nel pozzo, un fuoco discese dal cielo ardendo e gittossi in quel pozzo. Quando i re viddono questa meraviglia, penteronsi di ciò ch'avevano fatto. E presono di quello foco, e portaronno in loro contrada, e puoserlo in una loro chiesa; e tuttavolta lo fanno ardere, e adorano quello fuoco come Iddio".

I Magi morirono nelle terre d'Oriente. Lì i loro corpi furono rinvenuti da Elena, madre dell'imperatore Costantino che ne ordinò il trasferimento a Costantinopoli, nella chiesa di S. Sofia. Il vescovo milanese Eustorgio, ottenne dall'imperatore d'Oriente la possibilità di traslare le spoglie dei Magi a Milano. La tradizione vuole che Eustorgio le avesse trasportate all'interno di un colossale sarcofago di età romana ancor oggi presente nella Cappella dei Magi nella Basilica milanese di Sant'Eustorgio.

Non è certa l'epoca di tale trasferimento né se il personaggio di cui si parla fosse Eustorgio vissuto nel IV secolo, al tempo di Sant'Ambrogio o Eustorgio II, vescovo milanese nel VI secolo.

Sappiamo per certo che le reliquie rimasero a Milano fino al 1164 quando Federico Barbarossa sconfisse i Milanesi. Fu allora che l'imperatore esaudì la richiesta del suo cappellano e consigliere Romualdo da Colonia di trasportare nella sua città natale i resti mortali dei Magi insieme a quelle dei Santi Felice e Nabore. Il 23 luglio 1164 le reliquie arrivarono a Colonia. Ma come fu possibile il trasferimento? Attorno a questo viaggio aleggia il mistero.

Una volta ottenute le reliquie pare che Romualdo parti' il 10 giugno 1164 dall'accampamento imperiale di Pavia e, seguendo un itinerario che passava per Vercelli, Torino, il Moncenisio, la Borgogna, la Lorena e il Reno arrivò a Colonia il 23 luglio preceduto da un messaggio inviato il 12 giugno da Vercelli che annunziava il suo arrivo con le preziose reliquie. I corpi furono deposti nella cattedrale di S. Pietro.

Sul reale percorso effettuato non vi sono certezze; la traslazione potrebbe essere stata effettuata segretamente secondo un itinerario sconosciuto per evitare che la popolazione del Milanese si opponesse al trasferimento. In una Cronaca del carmelitano Giovanni di Leida si legge che Rainaldo ricorse ad un lugubre espediente: per condurre a Colonia i tre corpi simulò di trasportare nella loro patria le salme di tre congiunti morti per la peste.

La presenza a Colonia delle reliquie dei Magi dava lustro e legittimazione religiosa al regno di Federico Barbarossa. Col passare dei secoli esse continuarono a costituire un richiamo per numerosi fedeli che ancora oggi venerano il prezioso reliquario d'oro del XIII secolo in cui sono conservate. Le reliquie sono collocate dietro l'altare maggiore della cattedrale di Colonia, città che più di ogni altra in Occidente, si gloria delle sue innumerevoli reliquie custodite in dodici chiese romaniche e nella grandiosa cattedrale sul Reno.

I religiosi, grazie ad un pannello mobile, possono toccare le ossa dei Magi poste all'interno della teca mentre i devoti ne godono la vista.

Durante la seconda guerra mondiale il reliquiario fu danneggiato e quindi restaurato nel 1973. Fu in quell'anno che l'arcivescovo di Colonia restituì un frammento dei tre saggi alla chiesa di Sant'Eustorgio di Milano dove il loro culto resta ancora oggi vivo.

Rosalba Franchi

Per il piacere della lettura

Massimo Centini: La vera storia dei Re Magi - Piemme, 1997

Giovanni da Hildesheim: Storia dei Re Magi - Newton Compton,1980

James Bentley: Ossa senza pace - Sugarco,1985

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