La storia Egizia - Terzo Periodo Intermedio

Alla morte di Ramses XI, l'Egitto era nuovamente diviso in due: al nord il visir Smendes, a cui la moglie, probabilmente, aveva portato in dote il diritto al trono, al sud l'anziano Hrihor. I due poteri non erano ostili, sembra anzi che Hrihor si dichiarasse vassallo di Smendes. Ma è un vassallaggio a parole, visto che, come re dell'Alto Egitto e soprattutto in quanto vero capo del clero di Amon (alla cui testa aveva messo suo figlio Piankhi) Hrihor era il padrone assoluto della Tebaide e del sud del paese.

Hrihor era già anziano quando prese il potere nel sud, perciò,  se anche avesse avuto l'intenzione di occupare il nord, non ne ebbe il tempo. Alla sua morte, il paese risultava diviso tra un potere di fatto in Alto Egitto con a capo Piankhi, il figlio di Hrihor, e un re legittimo al nord, Smendes, capostipite della XXI dinastia, con capitale a Tanis, nel delta orientale del Nilo. Anche alla morte di Smendes, come a quella di Hrihor, nulla cambiò in Egitto; egli lasciò il suo potere a Psusennes I, il quale, non avendo figli, diede in sposa sua figlia Makare, che, secondo l'uso egiziano, deteneva il diritto al trono, al figlio di Piankhi, che era sempre grande sacerdote di Amon e manteneva il potere in Alto Egitto. Il figlio di Piankhi, Pinegem I, ereditò dunque il potere al sud grazie a suo padre, e al nord grazie a sua moglie e, quando salì al trono, sembrò che l'unità egiziana potesse essere nuovamente assicurata: le forze disgregatrici però, erano troppo potenti per essere contrastate così facilmente. Pinegem tentò, resistendo al nord, di mantenere la sua autorità al sud nominando il suo figlio maggiore grande sacerdote di Amon ma, alla morte del figlio, scoppiò la rivolta a Tebe. Il faraone nominò allora il suo secondo figlio alla testa del clero a Tebe, ma questi, Menkheperra, si impadronì del potere per i suoi fini, facendo cosi naufragare una volta per tutte i sogni paterni. Menkheperra, grande sacerdote di Amon, diventò re e così malgrado gli sforzi di Pinegem, l'Egitto fu di nuovo diviso, e questo andò a discapito di tutto il paese, poiché anche il clero di Amon non ebbe più il potere che aveva sotto la XVIII-XIX dinastia. Il tesoro si era impoverito, non potendo più disporre dei tributi stranieri che le guerre incessanti dei grandi faraoni dell'antichità, in altri tempi, portavano ai suoi magazzini, e quindi si dovette far conto solo sulle rendite dei terreni del tempio, che erano in gran parte assorbiti dallo stesso clero,

Dopo la morte di Pinegem, la dinastia continuò ad essere divisa; mentre a Tanis, nel nord, regnò prima Amenemope e poi i suoi successori Siamon e Psusennes II, a Tebe succedettero a Menkheperra i suoi figli. Essi portarono gli stessi nomi dei re che regnarono nel nord, e si conosce, a sud, un Psusennes con un regno molto breve e un Pinegem contemporaneo di Siamon. Una particolarità dominò durante tutta la XXI dinastia: la divisione dell'Egitto, che esisteva di fatto, non fu mai dichiarata ufficialmente. I re taniti furono i sovrani legittimi dell'Egitto mentre, a Tebe, i discendenti di Menkheperra, a differenza del padre, non si fregiarono del titolo reale. La scissione virtuale tra nord e sud non fu la sola crepa nell'edificio politico: nel Medio Egitto, a Eracleopoli, una famiglia libica prese il potere localmente e acquistò sempre più importanza fino a soppiantare i re taniti e a instaurare la XXII dinastia.

Questa dinastia, d'origine libica, costituì una sorta di dittatura militare. Essendosi sempre più ridotto il numero di soldati egiziani, i mercenari libici, i mashauash, formarono, da soli, l'esercito egiziano e i loro capi disposero di un potere sempre più grande dato che il paese, diviso, era sempre più debole; rappresentavano la forza armata e ne approfittarono per usurpare l'autorità suprema. Ci si poteva attendere, durante il loro governo, una restaurazione dell'unità politica, come succede generalmente quando una minoranza armata prende il potere, ma cosi non fu. La XXII dinastia era divisa e debole come la XXI, e ciò per diverse ragioni; tanto per cominciare i libici si erano installati in Egitto sin dalla XX dinastia e, nel corso dei secoli, si erano assimilati, perdendo cosi, attraverso i ripetuti matrimoni misti, i caratteri razziali che costituivano parte della loro forza. In seguito, meno evoluti degli egiziani, adottarono la loro civiltà, e quindi non ebbero più quelle tradizioni proprie che, distinguendoli e isolandoli dai locali, gli avrebbero permesso di dominarli: erano egiziani di origine straniera, non stranieri. Inoltre la rottura fra nord e sud aveva cause troppo profonde perché vi potesse porre rimedio un potere usurpato come quello della XXII dinastia. La famiglia dei Sheshonq, alla quale appartenevano i re di questa dinastia, fornisce un eccellente esempio di questo processo di assimilazione. Stabilitisi nella regione di Eracleopoli, da sempre zona libica per eccellenza, i Sheshonq, il cui nome non è egiziano, dovevano essere, all'origine, puramente libici, ma diventarono egiziani ancora prima di salire al potere. Dopo essere stati capi militari, divennero sacerdoti e, a questo titolo, pretesero di essere sepolti a Abido come gli egiziani. Il potere della famiglia si estese fino a Bubastis, nel delta. Alla morte di Psusennes II, Sheshonq I diventò re e, per legittimare la sua dinastia, fece sposare suo figlio Osorkon con la figlia di Psusennes. La dittatura militare libica fu anche causa di disordini nel paese, soprattutto nella zona di Tebe, ed è persino possibile, anche se non se ne hanno le prove, che parte del clero di Amon si sia volontariamente esiliato nel Sudan.

Inevitabilmente attirati verso il nord, vero centro di gravità dell'Egitto, i libici abbandonarono Eracleopoli e si installarono nel delta, da lì Sheshonq I organizzò una spedizione in Palestina e prese Gerusalemme, saccheggiandone il tempio. In questo modo ristabilì momentaneamente un certo prestigio egiziano in Asia, ma non si trattò di una conquista vera e propria, e il solo risultato pratico furono i proventi di un ricco bottino per i templi egiziani. La successione di Sheshonq I fu una faccenda molto ingarbugliata; la presa di potere dei libici non aveva cambiato in nulla la divisione virtuale del paese tra nord e sud e Sheshonq I, riprendendo la politica dei suoi predecessori, tentò soltanto di usare a suo favore l'influenza del clero di Amon, alla cui testa mise suo figlio. Anche i suoi successori tentarono di imitarlo ma, come per i re della XXI dinastia, i loro sforzi furono vani, e i figli che essi nominarono alla testa del clero di Tebe costituirono sempre delle dinastie parallele al sud. Per contrastare questa tendenza, i faraoni cercarono di diminuire l'influenza della casta sacerdotale di Amon, creando un nuovo titolo religioso, quello di «Sposa del dio» o di «Divina adoratrice di Amon», che veniva dato sempre e soltanto alle principesse; il risultato però, fu che esse acquisirono altrettanto potere di quello dei grandi sacerdoti, senza peraltro essere più fedeli al re. L'Egitto quindi restò diviso e, alla fine della XXII dinastia, Tebe si ribellò apertamente per ben due volte al re del nord: questo fatto fa supporre una crescente indipendenza dei re tebani nei riguardi della regalità.

Sotto gli ultimi re della XXII dinastia, Sheshonq III, Pami e Sheshonq IV, l'anarchia continuò a crescere e l'Egitto mostrò una tendenza sempre maggiore al frazionamento, soprattutto nella zona del delta. La XXIII dinastia venne fondata prima che la XXII si fosse estinta, e le due dinastie furono in parte parallele. È possibile anche, a giudicare dai nomi portati dai faraoni della XXIII dinastia (Pedubast, Sheshonq V, Osorkon III, Takelot III) che fossero imparentati con quelli della XXII. La capitale della nuova dinastia fu Bubastis, dove la famiglia dei Sheshonq si era installata molto prima di prendere il potere, e così la divisione nord-sud si complicò ulteriormente, creando una nuova frammentazione est-ovest nel delta. Ma le divisioni non finirono lì; a fianco delle due dinastie parallele, sembra che le dinastie locali si siano moltiplicate, al nord, fino all'avvento della XXIV. Anche se questi piccoli re non erano ostili gli uni agli altri, il frazionamento del potere era pericoloso per l'Egitto, che si trovava nell'impossibilità di creare un esercito potente, e di assicurare i contributi economici e i lavori di manutenzione generale indispensabili alla prosperità del paese. Verso il 730 a.C., la situazione era molto confusa: nel delta il potere era diviso, da una parte tra i faraoni della XXII e quelli della XXIII dinastia, e dall'altra fra usurpatori per lo più libici che avevano preso il potere localmente. Nel Medio Egitto è praticamente impossibile capire chi faceva capo ai faraoni della XXII e chi a quelli della XXIII dinastia, e comunque, tra le due fazioni, non c'era nessuna ostilità. In Alto Egitto, infine, il grande sacerdote e la divina adoratrice di Amon, parenti dei faraoni del nord, regnavano autonomamente a Tebe, mentre si suppone che, in Sudan, i componenti del clero di Amon che si erano rifugiati lì, si fossero costituiti in principato autonomo con capitale a Napata, anche se è più verosimile che i sovrani di questo nuovo regno fossero sudanesi. L'Egitto era quindi più diviso che mai, ma presto si farà sentire una forte (e duplice) tendenza alla centralizzazione. Nel 751 circa Piankhy, un re dal nome egiziano (il che non vuol dire che avesse origini egiziane) salì al trono a Napata, in Sudan. Gli egiziani non erano mai stati molto numerosi in Nubia, e si erano completamente mescolati alla popolazione locale, per cui Piankhy governava un popolo di sudanesi, e sembrava non dovere nulla all'Egitto (da cui il nome di «etiope» dato alla sua dinastia). Mentre lui cercò di unificare l'Egitto partendo da sud, a Sais, nel delta, il re locale, Tefnakht, cominciò a ricostruire intorno a sé l'unità del paese. Sembra che abbia proceduto con la persuasione, più che con la conquista armata: fece riconoscere la sua autorità ai governanti locali e li confermò nei propri poteri come vassalli. Una volta unificato il nord, Tefnakht penetrò in Medio Egitto, dove si scontrò con Piankhy che era partito dal sud. Si conoscono le vicende di questa lotta tramite un solo documento, la stele di Piankhy, che dà una visione «sudista» dell'avvenimento, ed è una fonte molto partigiana. In questo documento il re si vantò di aver completamente sconfitto Tefnakht e di aver conquistato l'Egitto fino ai confini marittimi del delta. In effetti, se è possibile che abbia respinto Tefnakht e i suoi vassalli del Medio Egitto, è piuttosto improbabile che sia andato più lontano poiché, subito dopo la sua pretesa vittoria, non solo Piankhy tornò a Napata, ma esiste anche la prova che Tefnakht governò il delta ancora per qualche anno dopo la tanto vantata conquista etiope. Comunque sia, Tefnakht fu il fondatore della XXIV dinastia, che fu formata da due soli re: Tefnakht e Boccoris. Questa dinastia regnò nel nord mentre Piankhy, con la XXV dinastia etiope governò parallelamente al sud, estendendo forse il suo potere fino a Menti: l'unificazione era fallita.

Nel nord, Boccoris succedette a suo padre Tefnakht. Egli passò per essere stato un legislatore, ma si sa ben poco su di lui, se non che sollevò una rivolta in Palestina contro gli assiri, che l'appoggiò con un distaccamento egiziano, e che fu sconfitto. Morì durante i combattimenti per la conquista del delta da parte di Shabaka. Nel sud, Shabaka, successore di Piankhy, governava fino a Tebe, e, forse, fino a Menfi. Egli abbandonò Napata per stabilirsi a Menfi, dove la sacerdotessa divina adoratrice di Amon era ormai di discendenza sudanese. Da lì partì alla conquista del Basso Egitto, a cui il padre Piankhy aveva rinunciato, e sembra che quest'impresa gli riescì, anche se non si ha nessun dettaglio circa questa conquista, nel corso della quale fu ucciso Boccoris. Shabaka si trasferì poi al nord e, al contrario di Tefnakht e Boccoris, non si oppose agli assiri. Scomparsa la XXIV dinastia, la XXV regnò in Egitto solo nominalmente, perché sembra che il paese non sia mai stato, in realtà, totalmente pacificato. I successori di Shabaka furono Shebitku e Taharqa. I due intrapresero una politica attiva in Asia e favorirono le rivolte palestinesi contro gli assiri, ma non furono più fortunati di Boccoris, e fu per pura fortuna che l'esercito assiro, vinta la coalizione palestinese, non distrusse Gerusalemme e l'esercito egiziano (sembra che un'epidemia di peste abbia dissuaso gli assiri dal combattere). Per poter sorvegliare la situazione nel Mediterraneo, Taharqa fu obbligato, come i suoi predecessori, a installarsi nel Basso Egitto, e risiedette a Tanis. Era perciò troppo lontano dall'Alto Egitto per poterlo governare efficacemente, ma fece uno sforzo per assicurarsene almeno la fedeltà. Rompendo con la tradizione non lasciò più tutti i poteri al clero di Amon, ma ne conferì una parte al «governatore del sud», Montuemhat; cosi separò deliberatamente il potere spirituale da quello temporale, per motivi politici.


Torna indietro Elenco Dinastie Vai a "Storia"

Webmaster: Maurizio Lira - mlira@libero.it
Graphics & design: Maurizio Lira   Text & lettering: Simonetta Albericci
Tutte le fotografie pubblicate in questo sito sono di proprietà privata ed è vietato farne uso a fini commerciali.

Torna alla home page
Torna alla Home Page