CASS. III Civ.,
C. Genovese c/ Enel Spa, 27/7/2000, ud. 9/12/1999 n. 1636/99
"La
tutela giudiziaria del diritto alla salute in confronto della pubblica
amministrazione può essere preventiva e dare luogo a pronunce inibitorie, se,
prima ancora che l’opera pubblica sia messa in esercizio nei modi previsti,
sia possibile accertare, considerando la situazione che si avrà una volta
iniziato l’esercizio, che nella medesima situazione è insito un pericolo di
compromissione per la salute di chi agisce in giudizio
(fattispecie
in tema di costruzione di un elettrodotto 380.000 V.)".
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE
TERZA CIVILE
Cron. 22702
Rep. 3268
Ud. 9/12/1999
Composta
dagli Ill.ini Sign.ri Magistrati:
Dott.
Vittorio
DUVA
Dott. Ugo
FAVARA
Dott. Paolo
VITTORIA
Rel. Consigliere -
Dott. Ernesto
LUPO
-
Consigliere -
Dott. Giovanni Battista
PETTI
-
Consigliere -
ha pronunciato la seguente
Sul
ricorso proposto da:
___
GENOVESE
CELESTINO, elettivamente domiciliato in ROMA,VIA G G
PORRO 8, presso lo studio dell’avvocato ABBAMONTE Orazio,
che lo difende, giusta delega in atti;
ricorrente
contro
ENEL SPA, in persona dell’ing. Salvatore Machì, nella qualità di institore della
società, elettivamente domiciliato in ROMA VLE REGINA MARGHERITA 125, presso lo
studio dell’avvocato PASSEGGIO FILOMENA, che lo difende unitamente agli
avvocati PATERNO’ GIOVANNI, BRUNO GIANCARLO, CARBONE MAURIZIO,
giusta delega in atrti;
controricorrente
avverso la sentenza n. 930/98 della Corte
d’Appello di NAPOLI, emessa il 25/3/1998, depositata il 23/04/98; R.G.
2346/97;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblicaudienza del 09/12/99 dal Consigliere Dott. Paolo VITTORIA;
udito l’Avvocato
ORAZIO ABBAMONTE;
udito l’Avvocato MAURIZIO
CARBONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Fulvio UCCELLA che ha concluso per il rigetto
del ricorso.
1. Celestino Genovese conveniva in giudizio l’Enel S.p.a.
con la citazione a comparire davanti al tribunale di Napoli, notificata il
25.5.1995.
L’attore
si dichiarava proprietario di un’abitazione nel comune di Lapio. Esponeva che
il Ministro dei lavori pubblici, con decreto del 6.11.1992, aveva autorizzato
1’ Enel a costruire e mantenere in esercizio un elettrodotto inamovibile con
tensione superiore a 220 Kv. Il progetto prevedeva il passaggio di un tratto
dell’elettrodotto per il comune di Lapio e prefigurava che la linea elettrica
sarebbe stata collocata a distanza non superiore a 28-30 metri dal piano di
campagna del giardino e della via di accesso ed a circa 31 metri dalla casa.
Sosteneva
che le conoscenze acquisite sugli effetti delle radiazioni generate da
elettrodotti a tensione compresa tra i 220 ed i 380 Kv. avevano consentito di
dimostrare che tali radiazioni presentano un’incidenza sul manifestarsi di
patologie oncogene nelle persone che vi sono esposte. Si configurava perciò una
situazione di pericolo grave ed irreparabile per la salute sua e del suo nucleo
familiare.
Concludeva
chiedendo fossero accertati e dichiarati la pericolosità e quindi il danno
derivante alla salute sua e del suo nucleo familiare per l’esposizione ai
campi elettromagnetici generati dall’elettrodotto; chiedeva che l’Enel fosse
pure condannato a risarcire il danno costituito dalla diminuita abitabilità
dell’immobile ed a rimuovere le opere.
2.
L’Enel
si costituiva
in giudizio,
resisteva all’accoglimento della domanda, proponeva dal canto suo una
domanda chiedendo fosse pronunciata una sentenza di costituzione dì servitù
coattiva di elettrodotto.
Il
convenuto esponeva che la linea elettrica di cui erano stati autorizzati
costruzione ed esercizio rientrava nel piano di potenziamento degli impianti di
produzione e trasporto nell’ Italia meridionale. Il decreto del Ministro dei
lavori pubblici era stato emanato a conclusione di un procedimento in cui
l’ente, insieme alle altre numerose amministrazioni interessate dal passaggio
della linea, aveva ricercato una soluzione di tracciato che contemperasse le
esigenze della pubblica utilità dell’opera con gli interferenti interessi
pubblici e privati, sì che il percorso prescelto poteva essere considerato il
più idoneo. Sulla base del decreto ministeriale, essendo state le opere
dichiarate di pubblica utilità, urgenti ed indifferibili, con decreto 16.1.1995
del prefetto di Avellino era stata autorizzata l’occupazione di urgenza dei
suoli interessati dalla costruzione della linea e l’occupazione era stata
attuata il 23.3.1995.
Sosteneva
poi che fosse da escludersi una concreta situazione di pericolo per la salute,
così dell’attore come in generale delle popolazioni interessate dal passaggio
della linea elettrica, perché, del resto in conformità di precisa disposizione
contenuta al riguardo nel decreto ministeriale di autorizzazione, l’esercizio
ne sarebbe avvenuto nel rispetto delle norme contenute nel DPCM 23 aprile 1992,
che, nell’ordinamento italiano, rappresenta l’unica fonte da cui risultano
stabilite le soglie di sicurezza e le distanze dei conduttori dagli edifici. Nel
caso, le distanze dall’edificio dell’attore era previsto fossero anche
superiori.
Sulla
base di questa esposizione dei fatti, l’Enel concludeva chiedendo che la
domanda fosse rigettata nel merito; aggiungeva che in ogni caso il giudice
ordinario non avrebbe potuto ordinare la rimozione delle opere, a ciò ostando
il divieto fatto dall’ari. 4 della L. 20 marzo 1865, n. 2248 All. E, perché
un tale ordine avrebbe importato la modificazione dei provvedimenti
amministrativi adottati dal ministro e dal prefetto.
3.
Il tribunale di Napoli, con sentenza del 4.3.1997, dichiarava inammissibile per
difetto di giurisdizione la domanda di condanna alla rimozione delle opere e
rigettava nel merito la domanda di risarcimento del danno.
4.
La
corte d’appello di Napoli, con sentenza del 23.4.1998, è anch’essa
pervenuta, con motivazione in parte diversa, al rigetto della domanda.
Ha
svolto i seguenti argomenti.
Il
giudice ordinario ha giurisdizione su domande proposte per far accertare che da
una condotta altrui è per derivare pericolo
al suo diritto alla salute o ad un diritto di proprietà.
Ma
la domanda è, allo stato dei fatti, infondata.
L’attività
di costruzione dell’elettrodotto si viene svolgendo sulla base di
provvedimenti non impugnati e legittimi sotto il profilo del rispetto dei limiti
di esposizione a campi elettromagnetici.
Per
converso, siccome l’elettrodotto non è ancora entrato in funzione, non si può
accertare se, quando lo sarà, da esso si genererà una situazione di pericolo
per la salute.
Ciò
esclude che possano ritenersi provati la messa in pericolo del diritto alla
salute e quindi anche il danno al diritto di proprietà.
5.
Celestino
Genovese ha proposto ricorso per cassazione. L’Enel ha resistito con
controricorso ed ha poi depositato una memoria.
1.
Il
ricorso contiene due motivi.
2.
Il primo denunzia la
violazione di norme di diritto e di
norme
sul procedimento (art. 360, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., in relazione all’art.
32 Cost., agli artt. 1171 e 2043 cod. civ., all’art. 100 cod. proc. civ.).
Il
ricorrente considera che il nostro sistema giuridico non tutela solo il
danno patito, ma riconosce forme di tutela preventiva del diritto, che possono
essere esperite in presenza di un ragionevole pericolo che il danno si verifichi
e sono volte ad ottenere che il giudice inibisca che la condotta da cui deriva
il pericolo sia portata a compimento e produca danno.
Obietta
l’Enel nel controricorso che l’attore ha proposto una domanda fondata su un
diritto relativo alla persona e non su un diritto relativo a cose e che
l’azione di danno temuto può essere esperita solo nel secondo caso e non
anche nel primo.
Il
secondo motivo denuncia sotto altro aspetto gli stessi vizi (art. 360, nn. 3 e
4, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 1171 e 2043 cod. civ. e 115, secondo
comma, cod. proc. civ.).
Vi
si osserva che il giudice ordinario può inibire alla pubblica amministrazione
l’esecuzione cli provvedimenti dalla cui attuazione derivi danno per la salute
e che, peraltro, secondo la comune esperienza, il valore di un immobile subisce
un decremento in una situazione in cui al suo godimento viene ad accompagnarsi
l’esposizione ad una situazione di pericolo.
L’Enel
obietta che la domanda è stata rigettata perché il giudice ha ritenuto che il
pericolo dedotto dall’attore non era stato provato e non se ne poteva
acquisire la prova prima che la condotta si fosse manifestata nella sua
concretezza.
I
due motivi, per le ragioni di séguito esposte, sono fondati.
3.
La situazione di fatto da cui
ha preso avvio la causa è incontroversa. E’ stata autorizzata la costruzione
e messa in esercizio di una linea di trasmissione di energia elettrica avente
tensione compresa tra i 220 ed 350 Kv e sono state dichiarate di pubblica utilità,
urgenti ed indifferibili, le opere occorrenti.
Su
tale base, essendo prevista l’imposizione di una servitù di elettrodotto, è
stata autorizzata l’occupazione in via di urgenza dei terreni su cui dovranno
essere realizzate le opere che costituiscono l’elettrodotto.
L’attore,
temendo che l’esercizio dell’elettrodotto, per la distanza tra la linea
elettrica e la sua abitazione, dia luogo ad un’esposizione al campo
elettromagnetico generato dal passaggio dell’energia, capace di creare
pregiudizio per la sua salute, oltre che per la salute del suo nucleo familiare,
ha proposto una domanda per far accertare che, alla distanza indicata,
l’esposizione al campo elettromagnetico è fonte di pericolo per la salute. Ha
chiesto che a tale accertamento facciano seguito provvedimenti del giudice, di
inibitoria alla messa in esercizio dell’elettrodotto e di condanna al
risarcimento del danno, per il pregiudizio che alla sua proprietà ha già
arrecato la preventivata messa in esercizio dell’elettrodotto, in conseguenza
del diminuito valore di godimento del bene conseguente al pericolo di danno per
la salute cui potrebbero essere esposte le persone che in concreto vi
abitassero.
4.
La
corte d’appello ha affermato che rientra nella giurisdizione del giudice
ordinario conoscere di tale domanda e sulla questione si è formato il
giudicato.
La
ragione dell’affermazione
fatta
dalla corte d’appello va non di meno resa esplicita: essa sta nella
natura del diritto di cui si è chiesta tutela.
Il
diritto alla salute, posto a base della domanda, è infatti un diritto
fondamentale dell’individuo, che l’art.32 Cost. protegge direttamente (Corte
cost. 26 luglio 1979 n.88; 14 luglio 1986 n. 184; 18 dicembre 1987 n. 559;
27ottobre 1988 n. 992; 22 giugno 1990 n. 307; 18 aprile 1996 n.
118).
La
Corte costituzionale, nella sentenza 22 giugno 1990 n. 307, ha in particolare
considerato che un trattamento sanitario può essere imposto solo nella
previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che
vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro
temporaneità e scarsa entità, appaiono normali in ogni intervento sanitario, e
pertanto tollerabili. Ha aggiunto, con riferimento all’ipotesi di ulteriore
danno alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio, compresa
la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica, che a
giustificare la misura sanitaria non è da solo sufficiente il rilievo
costituzionale della salute come interesse della collettività, perché tale
rilievo
Da
ciò è conseguita l’affermazione che la legge deve prevedere un equo ristoro
del danno alla salute subito dal singolo in conseguenza dell’essersi dovuto
sottoporre ad un trattamento obbligatorio.
Se
ne trae, logicamente, la conclusione, che siano da considerare prive cli
efficacia giuridica le determinazioni contenute nei provvedimenti della pubblica
amministrazione, per la parte in cui possano risultare lesive della
conservazione dello stato di salute, anche quando i provvedimenti adottati
costituiscano in sé manifestazione di un p9tere ad altri finì previsto dalla
legge (Sez. Un. 6 ottobre 1979 n. 5172).
Ciò
significa, riferendosi al caso in esame, che il provvedimento di autorizzazione
all’impianto e messa in esercizio della nuova linea elettrica ed il
conseguente provvedimento di imposizione della servitù di elettrodotto,
producono effetti ablativi in rapporto al diritto reale di proprietà, perché
il proprietario, oltre a dover tollerare la presenza od il passaggio sul suo
fondo degli impianti di cui consta l’elettrodotto, è impedito dall’eseguire
sul fondo costruzioni od in genere dallo svolgere attività che possano
determinare l’insorgere di situazioni di pericolo.
Ciò
non significa, per contro, che il provvedimento di autorizzazione all’impianto
e messa in esercizio della linea elettrica ed il conseguente provvedimento di
imposizione della servitù possano produrre l’effetto giuridico che, come
risultato della prefigurata utilizzazione della linea per la trasmissione
dell’energia alla potenza prevista, debba essere subito dalle persone che
hanno diritto di godere dell’immobile un pregiudizio del loro stato di salute.
4.1.
Come
si è visto, l’Enel oppone al ricorso due obiezioni.
L’ordinamento
non consentirebbe di agire per far accertare che immissioni non attuali, ma
future potrebbero risultare di pregiudizio per la salute.
La
corte d’appello avrebbe comunque escluso che sia stata data la prova della
pericolosità delle radiazioni suscettibili d’essere generate dall’esercizio
dell’ elettrodotto.
Questa
seconda obiezione non ha però riscontro nella decisione del giudice di merito.
La
corte d’appello non ha detto, dopo aver esaminato la documentazione prodotta
dall’attore, che essa non era idonea a dimostrare l’assunto, ovverosia che
l’esposizione alle radiazioni in futuro generate dall’elettrodotto potevano
risultare nocive per la salute, nè ha detto che una tale prova non avrebbe
potuto essere acquisita affidando a tecnici indagini dello stesso tipo di quelle
sulla cui base erano stati elaborati i documenti prodotti dall’attore.
Ha
detto bensì che, sino a quando l’elettrodotto non fosse entrato in funzione,
non sarebbe stato possibile accertare la concreta pericolosità dell’impianto.
Dunque,
secondo la corte d’appello, prima deve essere posta in essere la situazione in
cui è insita la esposizione della salute a pericolo, poi l’ordinamento
consentirebbe di accertare che il pericolo c’è e permetterebbe di mettere in
atto le misure idonee ad impedire che la salute resti menomata.
Si
è quindi ricondotti alla prima obiezione.
4.2.
L’attore ha agito per far accertare e dichiarare che l’entrata in
funzione dell’elettrodotto, per il fatto che l’Enel ha stabilito di farvi
passare energia ad una determinata potenza, non mancherà di esporre a pericolo
la conservazione dello stato di salute suo e dei suoi familiari, in quanto in
concreto godono del fondo come proprietari.
Ha
agito per ottenere che, sulla base di tale accertamento, sia dichiarato il suo
diritto a non subire l’esposizione a tale pericolo e sia inibito al convenuto
cli tenere il comportamento in vista del quale i provvedimenti prima richiamati
sono stati adottati
La
domanda, per le ragioni su cui si fonda, perché si afferma che il comportamento
in parte già tenuto, preordinato com’è alla messa in esercizio di un
elettrodotto, una volta che questo inizierà a funzionare, metterà in pericolo
la salute dell’attore e va quindi impedito, è una domanda con cui è fatta
valere una responsabilità da illecito (art. 2043 cod. civ.), perché è in
contrasto con la protezione costituzionale del diritto alla salute un
comportamento preordinato a determinarne la messa in pericolo.
Contrariamente
a quanto ha affermato la corte d’appello, non è necessario che il danno si
sia verificato, perché il titolare del diritto possa reagire contro la condotta
altrui, se essa si manifesta in atti suscettibili di provocarlo.
In
termini generali, può dirsi che la protezione apprestata dall’ordinamento al
titolare di un diritto si estrinseca prima nel vietare agli altri consociati di
tenere comportamenti che contraddicano il diritto e poi nel sanzionare gli
effetti lesivi della condotta illecita obbligando il responsabile al
risarcimento del danno.
Con
specifico riferimento al diritto alla salute, sarebbe contraddittorio affermare
che esso non tollera interferenze esterne che ne mettano in discussione
l’integrità e ammettere che alla persona sia data la sola tutela del
risarcimento del danno e non anche quella preventiva.
La
Corte costituzionale, nella sentenza 30 dicembre 1987 n. 641, ha espressamente
affermato che, in tema di lesione della salute umana, è possibile il ricorso
all’art. 2043 cod. civ. e che si è così in grado di provvedere non solo alla
reintegrazione del patrimonio del danneggiato, ma anche di prevenire e
sanzionare l’illecito.
D’altro
canto, dalla premessa che l’attribuzione di poteri ablatori ordinati a
procurare alla pubblica amministrazione la disponibilità di beni, non può
derivare l’effetto che ne risulti compromesso il diritto alla salute, questa
Corte ha già in altre occasioni tratto l’enunciazione del principio per cui
il privato può chiedere al giudice ordinario provvedimenti non di sola condanna
al risarcimento del danno (Sez. Un. 16 luglio 1983 n. 4889; 10 dicembre 1984 n.
6476), ma anche di condanna ad un fare (Sez. Un. 20 febbraio 1992 n. 2092), in
confronto della pubblica amministrazione o di concessionari di pubblici servizi.
E
perciò può essere chiesto al giudice di inibire all’amministrazione il
comportamento costituito dal porre in esercizio un impianto che, iniziando a
funzionare con le modalità previste, è accertato possa determinare una
situazione di messa in pericolo della salute.
L’inibitoria,
d’altro canto, può tradurre in comando un accertamento dal quale risulti in
quali condizioni e con quali accorgimenti l’opera può essere posta in
esercizio ed il pericolo per la salute può essere evitato.
4.3.
Sono
necessarie alcune altre considerazioni.
L’ordinamento
non manca di una disciplina specifica circa i limiti massimi di esposizione ai
campi elettrici e magnetici generati dagli elettrodotti: essa è stata dettata
con il D.P.C.M. 23 aprile 1992, emanato in base all’art. 4, secondo comma,
della L. 23 dicembre 1978, n. 833.
Che
una disciplina di questo tipo ci sia mostra che, allo stato delle conoscenze
scientifiche, l’esposizione ai campi elettrici e magnetici generati da
elettrodotti, se siano superati determinati limiti massimi, è considerata fonte
di possibili effetti negativi sulla conservazione dello stato di salute.
Essa
costituisce d’altro canto espressione di uno degli obiettivi del sistema
sanitario, la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di
vita, oltre che di lavoro (art. 2 della legge 833 del 1978) .
Dato
il presupposto che è alla loro base, e data la natura di normazione secondaria
che è loro propria, discipline di questo tipo hanno il valore di impedire che
possa essere tenuta una condotta che vi contrasti.
Non
hanno quello di rendere per sé lecita la condotta che vi si uniformi.
Queste
discipline ritraggono il fondamento della loro legittimità dall’essere
adeguate allo stato delle conoscenze circa i possibili effetti negativi dei
fenomeni presi in considerazione ed è la stessa legge primaria a prevedere
che
debbano
periodica revisione.
Dunque,
la presenza di tali discipline costituisce conferma del fatto che alla
protezione costituzionale del diritto alla salute inerisce sul piano sostanziale
il diritto dell’individuo a che sia impedito agli altri consociati, ma anche
alla pubblica amministrazione, di tenere condotte, che possono ingenerare il
sorgere di patologie, come risultato dell’immissione nell’ambiente di
fattori inquinanti.
E
perciò rientra nei poteri del giudice ordinario, in un processo iniziato sulla
base di una domanda quale quella proposta dall’attore, accertare se, sulla
base delle conoscenze scientifiche acquisite nel momento in cui si tratta di
decidere sulla domanda, avuto riguardo anche alla situazione del caso concreto,
vi sia pericolo per la conservazione dello stato di salute nella esposizione al
fattore inquinante di cui si tratta, ancorché tale esposizione si determini nel
rispetto dei limiti massimi stabiliti dalla disciplina di rango secondario
vigente al momento della decisione.
Momento
essenziale di tale accertamento, perché se positivo ad esso consegue che la
condotta debba essere inibita, è che la condotta contraria, se lasciata
svolgere, determinerà una situazione di esposizione al fattore essere
oggetto
di inquinante suscettibile di compromettere la conservazione dello stato
di salute.
Che
la situazione di esposizione al fattore inquinante contenga in sé tale
potenzialità costituisce anch’esso un tratto essenziale del fatto da
accertare e la potenzialità, come in ogni caso in cui si tratta di stabilire se
in futuro potrà determinarsi un evento come conseguenza di un fatto presente,
deve essere accertata considerando se sia da considerare dimostrato un numero di
casi in cui l’evento si è prodotto, sufficiente ad autorizzare, in un
giudizio che fosse compiuto ad evento avvenuto, la conclusione che il fatto
costituisce la causa dell’evento.
4.4.
Concludendo, la domanda
proposta dall’attore non avrebbe potuto essere rigettata in base
all’argomento che sino a quando l’elettrodotto non fosse entrato in funzione
non poteva stabilirsi se avrebbe arrecato danno.
Questo
equivale a dire che il dirit:o alla salute deve prima essere esposto a
compromissione e poi può trovare tutela, ma solo in forma repressiva, mediante
condanna al risarcimento del danno, anche in forma specifica.
Si
è visto invece che la tutela può essere preventiva e sostanziarsi in una
inibitoria.
Perciò,
il giudice di merito non avrebbe potuto rifiutarsi di accertare se il diritto
alla salute di quanti si fossero trovati ad abitare sul fondo dell’attore
sarebbe risultato esposto al pericolo di rimanere compromesso dall’esposizione
ai campi elettromagnetici generati dall’ elettrodotto, una volta che fosse
entrato in funzione e per come ne era preventivato l’esercizio.
Questo
accertamento, naturalmente, avrebbe dovuto essere condotto valutando gli
elementi di prova prodotti in giudi~zio dalla parte (artt. 115 e 116 cod. proc.
civ.), salvo a far ricorso ad indagini tecniche, se il giudice l’avesse
ritenuto necessario (art. 61 cod. proc. civ.).
5.
Il
ricorso è accolto.
La
sentenza impugnata è cassata e le parti sono rimesse davanti al giudice di
rinvio, che si indica in diversa sezione della corte d’appello di Napoli.
Il
giudice di rinvio, si uniformerà al seguente principio di diritto: <
Il
giudice di rinvio provvederà anche sulle spese di questo grado del giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia anche
per le spese, ad altra sezione della corte d’appello di Napoli.
Così
deciso il giorno 9 dicembre 1999, in Roma, nella camera di consiglio della terza
sezione civile della Corte suprema di cassazione.
Il
relatore ed estensore
Il
Presidente
F.to
P. VITTORIA
F.to V. DUVA
DEPOSITATO
IN CANCELLERIA IL 27/7/2000
Il
Collaboratore di Cancelleria
F.to
C. Ammendola