Mappa dell'elettrosmog
Sono fuorilegge
151 «antenne selvagge»
Al Lazio la maglia nera, seguito da Emilia-Romagna e
Piemonte. Si
salvano solo Trento e Bolzano. Ecco la mappa italiana
delle antenne
selvagge con 151 impianti che superano i limiti previsti
di emissione di
elettrosmog.
I ripetitori individuati potrebbero però aumentare e le
procedure per il
risanamento dovranno essere adottate da
regioni e sindaci.
Notizia tratta dal "il Resto del Carlino" 27 Lug 2000
pag. 1
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Dove inquina antenna selvaggia
ROMA — La regione più fuorilegge è il Lazio, e non per via della
criminalità organizzata, di mafia o camorra, ma per le onde «anomale»
emesse da ripetitori radio-tv e stazioni radio base. In altre parole il
Lazio è la patria di «antenna selvaggia».
Un triste primato che comunque non toglie nulla alle altre aree
geografiche del paese che devono fare i conti con un totale di 151
impianti non a norma, che cioè superano i limiti previsti dal decreto del
'98 che fissa i livelli di emissione.
Ma se antenna selvaggia regna nel Lazio con 25 siti fuorilegge, in
Emilia Romagna e Piemonte la situazione non è migliore, con 21 siti
fuori dalle regole. Uniche province a chiamarsi fuori dalla lista nera
dell'elettrosmog, sono Trento e Bolzano, dove non è stato rilevato
alcuno sforamento.
Il dato emerge dalla prima mappa dei siti a rischio elettrosmog,
predisposta dal ministero per l'Ambiente. Le informazioni sul pericolo
onda di ripetitori radio e Tv erano state richieste dal gruppo di
lavoro interministeriale per la tutela dall'inquinamento elettromagnetico
che ha anche approvato le linee guida per il risanamento.
«I siti individuati — ha spiegato il sottosegretario all'Ambiente, Valerio
Calzolaio — sono i risultati di una prima verifica, che dovrà ora essere
potenziata e allargata». Le procedure per il risanamento dei siti,
secondo le linee guida già stabilite, devono essere adottate dalle
regioni e dai sindaci. Nei casi in cui, in seguito agli interventi di
risanamento, si dovessero verificare significative riduzioni delle aree
servite dagli impianti in questione, vanno adottate caso per caso
adeguate soluzioni per la corretta fruizione dei servizi da parte
dell'utenza. In questi casi si possono ipotizzare siti aggiuntivi o
trasferimento di impianti.
«Non spettava alle amministrazioni centrali raccogliere lo stato di
attuazione del decreto — ha aggiunto Calzolaio — ma abbiamo voluto
farlo per dimostrare che ci sono siti non idonei dove è urgente
intervenire per risanare».
La mappa dei siti caldi, secondo il sottosegretario all'Ambiente, non è
ancora totalmente completa, ma è «abbastanza seria».
Tanto, almeno, da dimostrare che non si può parlare di un allarme
generalizzato: se le aree che superano i limiti dell'inquinamento
elettromagnetico sono 151 in Italia, «i siti idonei sono almeno 10 volte
di più, ma non abbiamo ancora un censimento completo del numero
delle aree in cui sorgono le foreste di antenne».
Due i parametri in base al quale i siti sono definiti a rischio: il
superamento dei limiti fissati dal decreto ministeriale 381/98 e gli
esposti alla magistratura da parte delle popolazioni. I controlli
effettuati sono stati oltre 1597. L'indagine si è basata sul check up
dell'Anpa, l'agenzia nazionale per l'Ambiente e delle Arpa, che hanno
realizzato le verifiche e sui dati del ministero della Sanità e delle
Comunicazioni, dell'Iss e Ispesl.
Legambiente e Wwf applaudono l'iniziativa di censire le antenne
pericolose, ma — ricordano — ora occorre il piano delle frequenze. La
legge-quadro, per gli ambientalisti, non è più rinviabile.E a invocare
un'approvazione rapida della legge è anche De Cesaris, di
Rifondazione: «Lo slittamento a ottobre la sottopone a
rischio-elezioni».
r. r.
Notizia tratta dal "il Resto del Carlino" 27 Lug 2000
pag. 5
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«Siamo i primi a dire stop alle onde»
ROMA — Onorevole Calzolaio, ora conosciamo i siti a rischio. A quando
i provvedimenti?
«Occorre essere chiari. Dal 2 gennaio '99 è in vigore una normativa
che fissa limiti severi per i ripetitori di televisioni, radio e cellulari. Per
la prima volta in Italia, ma siamo anche tra i primi del mondo, è stata
adottata una politica di limitazione».
Quindi, questo è il primo atto di repressione degli abusi?
«Voglio dire che il governo non si è limitato a fissare limiti, ma ha
cercato di seguire l'attuazione e il rispetto delle norme. I dati raccolti,
anche se parziali, si riferiscono a siti nei quali, secondo gli istituti
pubblici addetti al controllo, i livelli sono stati superati. Ora abbiamo
un quadro nazionale, e abbiamo predisposto le linee guida per regioni e
comuni. Saranno loro a dover trasferire gli impianti, o ridurre la
potenza. O a dover rimuovere gli abusivi».
Tutto a posto, allora?
«E' un messaggio di tranquillità. Ma serve una legge-quadro che
consenta la realizzazione di un catasto e prevenga ogni inquinamento
elettromagnetico».
p. b.
Notizia tratta dal "il Resto del Carlino" 27 Lug 2000
pag. 5

Immagine tratta dal televideo Rai
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Elettrosmog; ripetitori sott'accusa
Guariniello indaga
il presidente Omnitel
TORINO — Il citofono che non funziona mai, il televisore
che sceglie i
canali da solo, la pianola che trasmette voci
extraterrestri. Insomma il
piccolo mondo degli elettrodomestici in rivolta. E per
colpa di che
cosa? Di un'antenna per la telefonia cellulare
installata sul tetto di un
condominio torinese in via Filadelfia, che a lungo ha
tolto il sonno e il
buonumore all'inquilino di un alloggio al decimo piano
distante trenta
metri.
Quel signore fa l'ingegnere, dunque prima di accusare il
paranormale
ha pensato all'elettrosmog e ha mandato un esposto al
procuratore
Raffaele Guariniello. La sua è stata una delle tante
denuncie sull'ultima
(e più subdola) forma di inquinamento finite sul tavolo
del magistrato
torinese da un anno e mezzo a questa parte. La prima
però a
chiamare in causa un antennone per la telefonia mobile.
In seguito a quell'esposto i tecnici dell'Agenzia
regionale per
l'Ambiente si sono affacciati al balcone dell'ingegnere
e hanno
appurato che i fenomeni di «poltergheist» erano da
attribuirsi alle
onde elettromagnetiche emanate dal ripetitore in misura
superiore a
quella consentita dal decreto ministeriale del 10
settembre '98.
E ieri in Procura è stato interrogato in veste di
indagato il presidente
della Omnitel-Pronto Italia Carlo Peretti, cui viene
imputato il reato
previsto dall'articolo 674 del codice penale, quello che
parla di «getto
di cose atte a molestare le persone». Questo profilo di
risponsabilità
fu evocato per la prima volta da una sentenza della
Corte di
Cassazione nel dicembre '99, da allora Guariniello ne ha
fatto il proprio
cavallo di battaglia.
Le antenne «gettano» onde che inquinano e possono
provocare gravi
patologie e anche se sull'argomento nessuno ha ancora
detto la
parola definitiva perché rischiare? Lo sanno bene gli
abitanti di un
condominio sulla collina di Torino: fra gli anni 80 e 90
sette di loro si
sono ammalati di cancro, cinque sono morti, due sono
gravemente
malati. Il sospetto di un rapporto causa-effetto fra i
tumori e la
foresta di alberi d'acciaio infiocchettati di parabole
che sta poco sopra
la palazzina e inonda la città di segnali è forte.
Così già prima dell'entrata in scena del 674 Guariniello
apre un
fascicolo per omicidio colposo e lesioni gravi a carico
di ignoti, così
come fa chiudere un parco giochi nelle vicinanze.
Adesso tocca alle antenne per i telefonini che fanno
cantare le
lavatrici, e chissà che altro. Quella della Omnitel di
via Filadelfia è
stata l'unica a risultare fuori norma fra le tante
controllate in città e
Peretti avrebbe spiegato che le anomale emissioni erano
dovute a un
inconveniente tecnico già risolto: semplicemente, è
stata ridotta la
potenza dell'impianto.
A Guariniello, all'ingegnere e a molti altri interessa
però approfondire
un aspetto del problema: se l'antenna era in regola al
momento
dell'installazione, com'è che a un certo punto è
impazzita e ha fatto
impazzire gli elettrodomestici?
Nella foto: il procuratore Raffaele Guariniello
di Viviana Ponchia
Notizia tratta dal "il Resto del Carlino" 26 Lug 2000
pag 8
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Comune di San Pietro in Casale
E la giunta 'spegne'
le antenne per cellulari
Stop all'installazione di antenne per i cellulari e
all'inquinamento da
onde elettromagnetiche. Con un'ordinanza che forse non
ha
precedenti in provincia di Bologna, il Comune di San
Pietro in Casale
ha posto l'altolà alle società installatrici e ai
gestori di impianti fissi per
la telefonia mobile. In pratica, su tutto il territorio
comunale non
potranno più essere installati impianti nel raggio di
500 metri da
abitazioni, scuole e luoghi di lavoro, almeno fino alla
definizione del
quadro normativo regionale sull'elettrosmog. Un duro
colpo per
'antenna selvaggia', che proprio a San Pietro negli
ultimi tempi aveva
creato preoccupazione e allarme fra i cittadini. «La
situazione è al
momento sotto controllo — precisa l'assessore Alfredo
Vigarani (nella
foto) —.
I valori registrati da Arpa rientrano abbondantemente
entro i limiti
consentiti dalla normativa. La sospensione delle
installazioni ha lo
scopo di sollecitare la Regione al riordino di una
materia che rischia di
sfuggire al controllo dei Comuni i quali,
singolarmente, nel rapporto
con le multinazionali della telefonia mobile non godono
certo di un
grande peso specifico; ma anche di evitare la
possibilità di autorizzare
nuovi impianti che, una volta approvata la legge
regionale, si rilevino
poi fuori dai limiti imposti dalla normativa». Dai dati
resi noti
recentemente da Arpa (l'Agenzia regionale prevenzione e
ambiente) è
emerso che la nostra provincia ha il record di
ripetitori in regione: 223
(92 Tim, 92 Omnitel, 39 Wind).
Lorenzo Priviato
Notizia tratta dal "il Resto del Carlino" 25 Lug 2000
Pag. 7 - BOLOGNA HINT. / PIANURA
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martedi 25 luglio 2000
Parigi, Concorde cade su un
albergo: 113 morti