Sent. n. 426
Ric. n. 62/2001DEPOSITATA IN SEGRETERIA
IL 10 AGO. 2001IL DIRETTORE AMMINISTRATIVO
(Dr. Giuseppe Sbrenna)ORIGINALE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo dell'Umbria ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 62/2001 proposto dalla TELECOM ITALIA MOBILE S.P.A., con sede in Torino, in persona del suo procuratore speciale Aldo Ancora, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Lorenzo Migliorini, Giuseppe de Vergottini e Cesare Caturani, ed elettivamente domiciliata in Perugia presso lo studio del primo, in Via della Luna n. 17;
CONTRO
Il Comune di Bastia Umbra, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. Mario Rampini, anche domiciliatario in Perugia, Viale Indipendenza n. 49;
per l'annullamento
del diniego di concessione edilizia prot. 15829 in data 6/11/2000, nonché della deliberazione del C.C. n. 48 in data 16/6/2000;
e per la condanna
del Comune di Bastia Umbra al risarcimento del danno subito dalla ricorrente per effetto del mancato rilascio della concessione edilizia;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla Camera di Consiglio dell'11 luglio 2001, relatore il Cons. Pierfrancesco Ungari, udite le parti come da verbale.
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto:
FATTO E DIRITTO
1. Con deliberazione del C.C. n. 48 in data 16/6/2000 è stato introdotto nel Regolamento edilizio comunale di Bastia Umbra l'art. 46-bis (Norme per l'installazione di apparecchiature per radio-telecomunicazione nel territorio comunale), che prevede, in particolare, la necessità della valutazione d'impatto ambientale (comma 4), il divieto di installazione nei centri abitati e comunque a distanza inferiore a 500 m da qualsiasi edificio ad uso residenziale o che preveda attività con presenza continuata di persone (comma 5), l'altezza massima di 15 m (comma 6), l'obbligo per i gestore di procedere a proprie spese a controlli periodici o su richiesta del Comune in ordine al rispetto dei valori di emissioni previsti dalla normativa vigente (commi 9 e 10).
2. La Telecom Italia Mobile S.p.a. ha impugnato la deliberazione n. 48/2000, unitamente al diniego di concessione per installazione di stazione radio base per telefonia mobile in località zona centro fieristico "L. Maschiella", espresso (in riferimento alla domanda di riesame prot. 26550 in data 12/12/1999) con nota prot. 15829 in data 6/11/2000 e motivato sulla base del contrasto con l'art.46-bis (per quanto concerne l'ubicazione e l'altezza massima dell'impianto) e con la distanza minima di 5 m dai confini richiesta dall'art. 15 delle N.T.A. del P.R.G. vigente e dall'art. 8 delle N.T.A. della Variante generale al P.R.G. adottata con deliberazione del C.C. n. 112 in data 12/12/1996.
Chiarisce preliminarmente la ricorrente, in ordine al rilievo sulla distanza dai confini, che la distanza minima di 5 m è rispettata dall'impianto, salvo una sporgenza di qualche centimetro dei condizionatori appoggiati esternamente su un lato del container (che non costituiscono volume in senso tecnico); peraltro, con nota prot. DR/RT CN 627 in data 19/1/2001, la ricorrente ha precisato che il container sarebbe stato ruotato di 180° sul proprio asse per assicurare il rispetto della distanza anche da parte delle sporgenze.
Deduce i seguenti motivi di ricorso:
2.1. Incompetenza assoluta del Comune in materia di protezione sanitaria della popolazione, violazione del D.M. 381/1998, in quanto la materia è riservata allo Stato ed alle regioni e, comunque, il criterio della distanza minima confligge con quello dei limiti di esposizione.
2.2. Eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione, illogicità, disparità di trattamento, sviamento di potere, in quanto il limite di altezza di 15 metri appare inmotivatamente discriminante rispetto a quello di 20 m previsto per tutti gli impianti tecnologici, e che peraltro soltanto un mese prima dall'approvazione della disposizione regolamentare, in sede di valutazione della originaria istanza di concessione, era stato indicato dal Comune alla ricorrente quale limite cui adeguare il progetto (per precostituire, a dire della ricorrente, le condizioni per il rigetto anche della nuova istanza corredata del progetto adeguato).
2.3. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e violazione del D.M. 381/1998, in quanto i limiti a tutela della salute esistono, sono i più rigorosi al mondo e non richiedono alcuna integrazione a livello locale, mentre non esistono evidenze scientifiche che inducano a ritenere opportuna una cautela maggiore.
2.4. Illogicità, alla luce dell'intervenuta valutazione favorevole della A.S.L. n. 2 sul rispetto dei limiti di esposizione.
2.5. Sviamento, in quanto la disposizione regolamentare sarebbe stata assunta al fine di precostituire le ragioni per il rigetto dell'istanza di concessione edilizia.
2.6. La ricorrente ha proposto anche domanda di condanna del Comune al risarcimento del danno arrecatole.
3. Il Comune ha controdedotto puntualmente, depositando in giudizio un nuovo diniego espresso (in riferimento alla domanda di riesame prot. 2503 in data 25/1/2001) con nota prot. 2503 in data 12/3/2001, in cui viene ribadita la non conformità all'art. 46-bis (e viene sottolineato che l'adeguamento progettuale all'art. 15 delle N.T.A. non era la causa principale del precedente diniego), eccependo in particolare:
-l'inammissibilità dell'impugnazione, essendo intervenuta acquiescenza sul rilievo concernente il rispetto della distanza dai confini, sufficiente a sorreggere il diniego;
-l'irricevibilità per tardività dell'impugnazione della norma regolamentare (la cui lesività sarebbe stata pienamente percepibile quanto meno al momento della presentazione dell'istanza di concessione) e la conseguente inammissibilità (per difetto di interesse dell'impugnazione del diniego (quale atto meramente applicativo);
-l'infondatezza, avendo il Comune esercitato un potere regolamentare di natura urbanistico-edilizia riconosciuto dalla legge, senza modificare i limiti di esposizione a tutela della salute riservati allo Stato.
4. Devono anzitutto disattendersi le eccezioni pregiudiziali prospettate dalla difesa del Comune.
Non può configurarsi alcune acquiescenza, per il solo fatto delle presentazione di una nuova domanda che recepiva il rilievo contenuto nel primo diniego impugnato apportando modifiche al progetto. E' evidente, infatti, come alla ricorrente non fosse precluso, nelle more della decisione del ricorso proposto, per seguire una via procedimentale alternativa per ottenere la concessione, ferma restando la preferibilità della ipotesi progettuale iniziale, rispetto alla quale mantiene l'interesse ad una pronuncia che sancisca l'illegittimità del diniego opposto dal Comune.
Anche la sopravvivenza del nuovo diniego (peraltro in relazione ad una domanda di riesame che scontava la suindicata modifica progettuale) non fa venir meno l'interesse alla decisione, in quanto (in assenza di rinuncia espressa o inequivocamente desumibile dagli atti) non priva di rilevanza la domanda originaria.
Quanto alla irricevibilità, va ribadito che la piena conoscenza del provvedimento deve essere approvata da chi eccepisce la tardività, e che nel caso in esame la conoscenza da parte della ricorrente può qualificarsi "piena" (cioè estesa alla effettiva incidenza concreta nella sua sfera giuridica) soltanto al momento dell'adozione del diniego impugnato (momento rispetto al quale il ricorso è tempestivo).
5. Nel merito, la domanda di annullamento è fondata.
5.1. Occorre premettere che l'installazione di un impianto di telefonia mobile (o cellulare) nel nostro ordinamento assume rilevanza in due prospettive complementari.
5.1.1. Anzitutto un simile impianto, in ossequio al principio di precauzione (oggi sancito dall'art. 174, paragrafo 2, del Trattato istitutivo dell'Unione Europea), rappresenta un fattore di inquinamento in quanto genera campi elettromagnetici, e come tale è oggetto di disciplina a tutela della salute della popolazione e dell'ambiente circostante.
Deve osservarsi che quella relativa all'esposizione ai campi elettromagnetici è l'unica forma di impatto ambientale significativo ragionevolmente attribuibile alla tipologia di impianti in questione e che tale impatto è legato alla fase di esercizio dell'impianto (mentre nella fase realizzativa, per le caratteristiche strutturali e l'ubicazione degli impianti, non si verificano di regole impatti ambientali significativi).
5.1.1.1. Nelle more dell'attuazione della recente legge 36/2001 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici), la disciplina fondamentale di riferimento per le alte frequenze, è contenuta nel D.M. n. 381/1998 - "Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana" (emanato ai sensi dell'art. 1, comma 6, lettera a), n. 15, della legge 249/1997, ma da considerarsi attuativo anche dell'art. 2-bis, comma 1, della legge n. 189/1997, che hanno dato ingresso alle esigenze di tutela della salute e dell'ambiente nella disciplina delle infrastrutture delle comunicazioni), le cui disposizioni, in forza dell'art. 16 della legge quadro, sono applicabili (ed "in quanto compatibili") fino alla definizione di una nuova disciplina regolamentare.
Il livello istituzionale della disciplina è coerente con la riserva statale in materia di limiti a tutela della salute e dell'ambiente (cfr. artt. 4, u.c., della legge 833/1978; 2, comma 14, della legge 349/1986; 115, comma 1, lettera b), 69, comma 1, lettera e), e 83, comma 1, del d.lgs. 112/1998).
Ai sensi del D.M. 381/1998 (che si applica a tutti i sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell'intervallo di frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz), spetta alle regioni ed alle province autonome disciplinare:
-l'installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione al fine di garantire il rispetto dei "limiti di esposizione" ai campi elettromagnetici previsti dall'art. 3 e dei valori (definiti "misure di cautela", più rigorosi dei precedenti ed applicabili agli edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore) previsti dall'art. 4, comma 2,
-il raggiungimento di eventuali "obiettivi di qualità";
-le modalità ed i tempi di esecuzione per le azioni di risanamento da attuare nei confronti degli impianti legittimamente preesistenti all'entrata in vigore della normativa (con la quale sono stati introdotti per la prima volta limiti sanitari nel settore);
-le attività di controllo e vigilanza.
Inoltre, la fissazione dei limiti di esposizione e delle misure di cautela (inderogabili) è accompagnata dall'affermazione (art. 4, comma1) del principio, attinente (non più alla tutela della salute in senso stretto, bensì) alla tutela dell'ambiente e della qualità della vita, secondo cui "la progettazione e la realizzazione dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi, e l'adeguamento di quelli preesistente (...) deve avvenire in modo da produrre i valori di campo elettromagnetico più bassi possibile, compatibilmente con la qualità del servizio svolto dal sistema stesso al fine di minimizzare l'esposizione della popolazione".
5.1.1.2. La citata legge quadro 36/2001 (peraltro, entrata in vigore dopo l'adozione del diniego impugnato con il ricorso in esame), ha introdotto la prima disciplina nazionale organica del settore, comprensiva quindi della protezione sia dai campi a bassa frequenza (elettrodotti) che da quelli ad altra frequenza (impianti delle telecomunicazioni).
L'impostazione del sistema di tutela presenta una indubbia continuità rispetto alla disciplina previgente. Ai fini del presente giudizio, è sufficiente accennare al fatto che viene mantenuta a livello statale la fissazione di limiti inderogabili a tutela della salute ("limiti di esposizione", "valori di attenzione"), e di valori di riferimento ai fini della progressiva minimizzazione dell'esposizione (definiti "obiettivi di qualità", al pari di altre misure, eterogenee, di cui si dirà appresso).
Va invece sottolineato che la legge quadro rende finalmente esplicita la necessità di una disciplina di raccordo tra il rispetto dei limiti a tutela della salute, la minimizzazione delle esposizioni ed i procedimenti urbanistico-edilizi.
L'art. 5 prevede l'adozione di un regolamento governativo, che definisca le "misure specifiche relative alle caratteristiche tecniche degli impianti e alla localizzazione dei tracciati per la progettazione, la costruzione e la modifica di elettrodotti e di impianti per telefonia mobile e radiodiffusione", contenente anche l'indicazione di "particolari misure atte ad evitare danni ai valori ambientali e paesaggistici". La formulazione sembra legittimare una normativa di indirizzo e coordinamento tecnico nei confronti dell'esercizio delle funzioni (essenzialmente di natura urbanistica) attribuite alle regioni e province autonome dell'art. 8.
Infatti, il raccordo suindicato dovrà essere attuato in un ambito territoriale di livello regionale, mediante l'esercizio combinato delle funzioni previste dall'art.8, comma 1, tra cui, in particolare:
-l'individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile (oltre che di quelli radioelettrici e per la radiodiffusione), prevista dalla lettera a) -al pari di quanto previsto alla lettera b) per i tracciati degli elettrodotti con tensione non superiore a 150 kV, mentre oltre tale soglia la competenza rimane allo Stato;
-la definizione delle modalità per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione degli impianti, prevista dalla lettera c);
-l'individuazione (e l'attivazione) degli strumenti e delle azioni per il raggiungimento di quegli "obiettivi di qualità" indicati all'art. 3, comma 1, lettera d), n. 1) consistenti nella definizione di criteri localizzativi, standard urbanistici, prescrizioni ed incentivazioni per l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili (che si presentano disomogenei rispetto allo strumento del valore-limite in senso assoluto, ma che sono in grado di contribuire al perseguimento della medesima finalità di minimizzazione delle esposizioni, a tutela dell'ambiente e della qualità della vita), previsti dalla lettera e).
Ai Comuni, l'art. 8, comma 6, consente di "adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale delgi impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici".
5.1.2. Inoltre, anche per gli impianti di telefonia mobile, l'esito della verifica del rispetto dei limiti di esposizione confluisce nel procedimento autorizzatorio finalizzato al rilascio della concessione (o dell'autorizzazione) edilizia, che richiede l'applicazione delle (vincolanti) prescrizioni degli strumenti urbanistici generali ed attuativi e dei regolamenti edilizi.
I comuni possono adeguare i propri strumenti urbanistico-edilizi per tener conto delle infrastrutture di telefonia mobile (finora generalmente ignorate, a causa della relativa novità del fenomeno da disciplinare).
Come esposto, la potestà regolamentare dei comuni nella specifica materia è ormai espressamente prevista dall'rt. 8, comma 6, della legge 36/2001. Peraltro, anche in vigenza del solo D.M. 381/1998, un analogo potere poteva desumersi dalla considerazione sistematica delle competenze comunali in materia urbanistica e dei necessari collegamenti tra l'attuazione del principio di minimizzazione delle esposizioni e l'utilizzo degli strumenti urbanistici. Le "linee guida applicative" del D.M. n. 381/1998 (una sorta di circolare che accompagna il regolamento), del resto, evidenziavano, al punto 4, che i limiti di esposizione compatibili della popolazione e i relativi valori di cautela "possono essere facilmente rispettati con una corretta pianificazione ed installazione sia degli impianti per la telefonia mobile che di quelli utilizzati per le comunicazioni radiotelevisive" e che "i comuni possono adottare un provvedimento (regolamento) formalizzato per garantire la tutela della salute, dell'ambiente e del paesaggio e la minimizzazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici".
Della potestà regolamentare attribuita ai comuni in materia, occorre, tuttavia, individuare la concreta portata, considerando in un quadro complessivo tutti gli elementi rilevanti. Tra questi, vi sono le caratteristiche della telefonia mobile, sia dal punto di vista delle modalità tecnico-operative che da quello della qualificazione giuridica del servizio svolto.
5.1.2.1. I gestori del servizio radiomobile di comunicazione, secondo quanto previsto dai rispettivi provvedimenti autorizzatori, devono costruire una rete e garantire la progressiva copertura del territorio nazionale con il proprio segnale. La completezza e l'efficienza della rete è oggi ottenibile mediante l'installazione di numerose stazioni ricetrasmittenti (le stazioni radio base), a bassa potenza, da collocare sul territorio, secondo una struttura reticolare/cellulare. La configurazione della rete discende dalla valutazione di variabili quali le dimensioni demografiche, le caratteristiche orografiche del territorio, la preesistenza di altri impianti, che condizionano la scelta dei siti in cui installare gli impianti (al fine di garantire la copertura del territorio anche con l'impianto funzionante al minimo della potenza di emissione).
Le infrastrutture del servizio di telefonia mobile, d'altro canto, vengono a situarsi in un territorio già segnato da una moltitudine di sorgenti di campi elettromagnetici, finora localizzate esclusivamente in base a criteri attinenti alla funzionalità del servizio da svolgere, e quindi al di fuori di ogni considerazione dei livelli di esposizione complessivi.
Da ciò discendono due ordini di conseguenze:
-la realizzazione di una rete di telefonia cellulare efficiente sarebbe impedita nel caso in cui sul territorio vigessero normative improntate a criteri differenti o comportanti estesi divieti, tali da precludere o addirittura impedire una dislocazione omogenea e coordinata degli impianti. Tale ragione di ordine tecnico rafforza quelle discendenti dall'esigenza di tutela uniforme della salute dei cittadini e dell'ambiente, quale fondamento della riserva allo Stato nella disciplina della materia dei limiti di esposizione.
-l'attuazione del principio di minimizzazione delle esposizioni deve avvenire in un ambito territoriale sufficientemente vasto per poter operare le compensazioni tra celle (intervenendo sull'orientamento e sulla potenza degli impianti) eventualmente necessarie per sopperire all'impossibilità (o inopportunità) di collocare gli impianti nei siti che sarebbero ideali dal punto di vista operativo, ma viceversa appaiono inidonei per l'eccessivo accumulo di emissioni derivanti dalla preesistenza di altre sorgenti. Senza contare che un reticolo di impianti tra loro ravvicinati diminuisce il livello delle emissioni prodotte dagli apparecchi telefonici mobili (tale tipo di esposizione non è disciplinata dalla legge -se non per imporre obblighi di informazione a carico dei produttori, in quanto sottende una scelta volontaria da parte di ogni singolo utilizzatore dei c.d. telefonini, ma merita di essere comunque considerata).
5.1.2.2. Il funzionamento del servizio sopradescritto -che interessa ormai in Italia decine di milioni di utenti ed è così divenuto uno strumento quasi indispensabile per il mondo del lavoro, nelle relazioni sociali e per scopi di varia utilità, tra cui le richieste di soccorso o di intervento delle forze dell'ordine- è particolarmente tutelato dalla normativa.
L'installazione, l'esercizio e la fornitura di reti di telecomunicazione nonché la prestazione dei servizi ad esse relativi accessibili al pubblico rappresentano attività di preminente interesse generale (art. 2 del D.P.R. 318/1997), gli impianti installati dai gestori delle predette attività rivestono il carattere di opere di pubblica utilità (art. 231 del codice postale- D.P.R. 156/1973), il possesso della licenza governativa per la gestione ed erogazione di servizi di telefonia mobile in tecniche digitali DCS 1800 e GSM 900 costituisce dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere di realizzazione della relativa rete di telecomunicazione (art. 4 della legge 249/1997).
La rete infrastrutturale -ai sensi dell'art. 1, lettera n), del D.P.R. 318/1997, il "sistema costituito dall'installazione e dalla gestione di un'infrastruttura di reti mobili, collegate o meno a punti terminali di una rete pubblica di telecomunicazioni, ai fini della trasmissione e della prestazione di servizi di radiocomunicazione agli utenti mobili"- è strettamente funzionale all'esercizio di un "servizio pubblico" (così, il servizio di telefonia radiomobile è espressamente definito nei provvedimenti autorizzatori emanati dal Ministero delle comunicazioni e nelle convenzioni o capitolati d'oneri ad esse accessivi).
5.1.2.3. Occorre perciò concludere che la localizzazione, a fini di tutela ambientale, degli impianti che compongono la rete infrastrutturale del servizio di telefonia mobile (al pari, del resto, delle altre reti di telecomunicazioni) non possa essere definita applicando semplicemente le disposizioni che disciplinano i procedimenti di pianificazione.
Tant'è vero che l'art. 4 del D.M. 381/1998, nell'affermare il principio della minimizzazione dell'esposizione della popolazione alle emissioni elettromagnetiche, stabilisce contestualmente che ciò debba avvenire "compatibilmente con la qualità del servizio". L'espressione non è stata riprodotta nella legge 36/2001, ma, per quanto esposto, deve ritenersi comunque immanente al sistema, posto che nella verifica di compatibilità si colloca il punto di equilibrio tra i contrapposti interessi della tutela ambientale (sotto il profilo, va ribadito, del tendenziale conseguimento di soglie di esposizione più basse di quelle inderogabili relative alla tutela della salute in senso stretto) e della salvaguardia della libertà di iniziativa economica e dell'accesso universale agli strumenti di fruizione della libertà di comunicazione, per quanto attiene allo svolgimento del servizio pubblico di telefonia mobile.
5.1.3. Le considerazioni esposte consentono di definire la portata concreta della competenza regolamentare dei comuni nella materia in questione.
5.1.3.1. Deve anzitutto escludersi che in capo ai comuni sussista un'attribuzione di competenza in ordine ai limiti a protezione della salute dai campi elettromagnetici.
E' già stata sottolineata la riserva di competenza statale in materia di limiti puntuali. Può ipotizzarsi in detta materia una competenza legislativa integrativa (nel senso della fissazione di limiti più restrittivi) delle regioni (cfr. quanto affermato in tal senso, a proposito dell'introduzione di limiti di esposizione relativi agli elettrodotti, da Corte Cost., 7/10/1999 n. 382), ma non certamente una competenza regolamentare dei comuni.
Le competenze comunali attinenti alla tutela sanitaria, del resto, non riguardano la specifica materia in esame e sono comunque limitate, per oggetto e finalità (cfr. artt. 344, 216-221 R.D. 1265/1934; 117 d.lgs. 112/1998 e 50 d.lgs. 267/2000; d.lgs. 502/1992 e successive modificazioni). Da esse, pertanto, non può trarsi il fondamento di una potestà integrativa di quella statale, dovendo invece nel caso in questione trovare applicazione il principio (art. 13 d.lgs. 267/2000) secondo cui la competenza generale del comune per tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale si arresta laddove la legge attribuisca una specifica competenza ad altri soggetti.
Quindi, con il regolamento comunale non possono essere introdotti limiti di esposizione diversi per valore assoluto, unità di misura o metodologia di rilevamento, rispetto a quelli vigenti in base alla normativa statale, anche se più rigorosi, spettando ai comuni, in materia di limiti sanitari (soltanto):
-preventivamente al rilascio della concessione, una funzione di verifica del (prevedibile, sulla base della documentazione presentata) rispetto da parte dell'impianto dei limiti vigenti, funzione che viene esercitata avvalendosi delle A.R.P.A. (o, laddove queste non siano ancora operanti, dei P.M.P. delle A.U.S.L.);
-successivamente all'attivazione dell'impianto, funzioni di vigilanza e controllo, laddove dette funzioni siano state ad essi attribuite con la legge regionale di conferimento ex art. 3 del d.lgs.112/1998 e ormai, comunque, in base all'art. 14 della legge 36/2001 (secondo cui, nell'esercizio di dette funzioni, condivise con le province, i comuni "utilizzano le strutture" delle A.R.P.A., ovvero "si avvalgono del supporto tecnico" dell'A.N.P.A., dell'ISPESL e degli Ispettorati territoriali del Ministero delle comunicazioni).
5.1.3.2. Viceversa, nell'ambito della tutela ambientale può esplicarsi la competenza comunale in materia urbanistica, che (oltre a considerare le installazioni di impianti per finalità connaturate all'urbanistica, come sembra voler ricordare il riferimento al "corretto insediamento urbanistico territoriale degli impianti"), può essere rivolta anche alla finalità di tutela ambientale dai campi elettromagnetici; ciò, che oggi viene espressamente affermato dall'art. 8, comma 6, della legge 36/2001, attraverso il riferimento all'attuazione del principio di minimizzazione delle esposizioni, discende, comunque, anche dalla interpretazione della disciplina previgente.
Va sottolineato che la (eventuale) introduzione di una specifica disciplina regolamentare dovrà seguire le forme procedimentali previste dalla normativa regionale per i regolamenti in materia urbanistico-edilizia.
Quanto agli strumenti ed ai contenuti di tale disciplina, pur dovendosi ribadire che tra i profili di interesse generale rilevanti ai fini della formazione degli strumenti urbanistici e segnatamente delle scelte di localizzazione degli insediamenti e di definizione dei limiti alle attività di trasformazione del territorio rientrano la tutela degli inquinamenti e quella paesaggistica, nel settore in questione la considerazione della natura del servizio che utilizza la rete infrastrutturale e della circostanza che quest'ultima deve essere necessariamente estesa su tutto il territorio nazionale attraverso un sistema di celle limitatamente modificabile, conduce ad affermare che l'esercizio delle competenze urbanistiche da parte dei comuni non possa prescindere dalla previa considerazione della compatibilità con le esigenze del servizio.
In concreto, pertanto:
-non può legittimamente introdursi un divieto generalizzato all'installazione di impianti sul territorio comunale, perché ciò equivarrebbe alla negazione dell'esercizio del servizio pubblico;
-divieti di localizzazioni con riferimento a zone omogenee, previsioni di distanze minime (dai centri abitati, dagli insediamenti produttivi), previsioni di caratteristiche strutturali (altezze massime) o funzionali (potenze massime) degli impianti, possono essere legittimamente introdotti soltanto se ed in quanto: a) finalizzati ad un corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti (venendo in questo caso in rilievo l'apprezzamento di interessi più propriamente estetici e paesaggistici); b) finalizzati alla minimizzazione delle esposizioni ai campi elettromagnetici sul territorio comunale, sulla base di una concreta rilevazione dei livelli di esposizione presenti nelle diverse aree; c) compatibili (in entrambi i casi predetti), con una adeguata funzionalità del servizio pubblico di telefonia radiomobile (funzionalità che deve essere riferita alla rete di ogni gestore interessato, per evidenti motivi di tutela della concorrenza e del mercato).
-nei limiti della strumentalità al conseguimento di dette finalità, dovrà essere valutata anche la legittimità di eventuali previsioni di oneri aggiuntivi (oneri informativi, certificativi, manutentivi relativi agli impianti) posti in capo al gestore dell'impianto.
5.1.3.2. Quanto esposto implica essenzialmente l'esigenza che la pianificazione e regolamentazione introdotta dal comune preveda delle aree o dei siti puntuali dove collocare efficacemente gli impianti, tenendo conto della situazione esistente ma anche delle prospettive di trasformazione imposte o previste dalla pianificazione vigente.
Un simile risultato non sembra ottenibile con le tecniche tradizionali di pianificazione (per le quali, la considerazione dei fabbisogni - in relazione alle diverse destinazioni edificatorie- può costituire un presupposto valutativo ai fini delle zonizzazioni e delle quantificazioni degli standards urbanistici, ma non costituisce un vincolo realizzativo), in quanto la individuazione di siti di installazione presuppone la disponibilità di elementi conoscitivi specifici, in ordine agli impianti, alla rete infrastrutturale ed al territorio (sotto il profilo dell'attuale incidenza delle sorgenti dei campi elettromagnetici e dei livelli di esposizione in atto).
per individuare un modello adeguato, risulta decisivo il riferimento al modello di pianificazione (in un certo senso, negoziata) previsto dall'art. 9, comma 1, della legge 36/2001 per i risanamenti (come esposto, si tratta degli interventi di riduzione a conformità e delocalizzazione degli impianti preesistenti, per rispettare i limiti di esposizione) degli impianti redioelettrici, che è, appunto, incentrato sulla proposta dei gestori di un piano di risanamento e sulla sua approvazione da parte delle regioni, sentiti i comuni. Il piano "... può prevedere anche la delocalizzazione degli impianti di radiodiffusione in siti conformi alla pianificazione in materia, e degli impianti di diversa tipologia in siti idonei" e viene adottato direttamente dalle regioni "in caso di inerzia o inadempienza dei gestori" nel termine previsto dalla legge. La disposizione citata, tenendo conto che un modello simile è previsto dall'art. 9, commi 2 e 3 per gli elettrodotti, può essere considerata (anche se manca nella legge quadro un'espressa analoga disposizione riferita agli impianti di telefonia mobile, ed alle localizzazioni ex novo degli stessi impianti radioelettrici), espressione di un principio di necessaria partecipazione propositiva degli operatori e considerazione delle compatibilità tecniche da essi rappresentate.
C'è da rilevare, al riguardo, che le informazioni sugli impianti e sulla rete sono in prevalenza patrimonio dei gestori interessati all'installazione, i quali possono metterle a disposizione delle Amministrazioni pubbliche.
Inoltre, una volta pienamente attuate le disposizioni degli artt. 4 e 8 della legge 36/2001 che prevedono (conformemente a quanto in precedenza disposto da alcune leggi regionali) la formazione dei catasti, nazionale e regionale, delle sorgenti fisse dei campi elettromagnetici, si renderanno disponibili anche le informazioni sui livelli di esposizione sul territorio, che consentiranno di esercitare efficacemente (cioè, considerando la compatibilità con le esigenze del servizio), ai diversi livelli istituzionali, le summenzionate funzioni finalizzate alla ottimale localizzazione degli impianti.
L'attuazione delle previsioni indicate dovrebbe così produrre, mediante il coinvolgimento degli operatori, una pianificazione territoriale dei siti degli impianti di telecomunicazione alla quale la pianificazione generale comunale dovrebbe adeguarsi.
5.1.3.4. Tuttavia, deve aggiungersi che nella normativa non si rinvengono preclusioni espresse o implicite a che, nelle more dell'attuazione della legge quadro e della definizione degli adempimenti statali e regionali, i comuni elaborino autonomamente una regolamentazione (destinata, eventualmente, a subire modifiche ed integrazioni una volte che tali adempimenti vengono posti in essere).
Nella prospettiva suindicata, dopo aver soddisfatto le più elementari esigenze di strumentazione di rilevamento e di organizzazione delle attività di valutazione tecnica (direttamente o attraverso l'avvalimento degli organi di supporto indicati all'art. 14 della legge 36/2001), i comuni potranno superare la (eventuale) residua carenza di informazioni attraverso una dialettica procedimentale con i gestori del servizio. Di questa, ogni comune potrà costruire le forme più opportune, nel rispetto delle disposizioni procedimentali regionali. Nell'ipotesi che sussista la indicata carenza di informazioni (ipotesi che può, ragionevolmente, ritenersi la regola, almeno nei comuni di media o piccola dimensione), va sottolineata l'esigenza (a pena di incorrere in illegittimità per difetto di istruttoria e di motivazione) che il comune metta concretamente i gestori (tutti i gestori) in condizione di partecipare al procedimento formativo del regolamento, e che le osservazioni e proposte da essi prospettate (meglio se in relazione a programmi riferiti a tutti gli impianti prevedibilmente necessari in un dato arco di tempo) prima o dopo l'adozione del regolamento, concretizzanti possibili ipotesi di installazione alternative per siti e/o caratteristiche degli impianti, con i correlati livelli di esposizione conseguibili, vengano valutate dal comune prima dell'approvazione del regolamento, alla luce del principio di minimizzazione delle esposizioni.
E' peraltro evidente che la limitatezza della dimensione comunale (traducendosi in una relativa scarsità di valide alternative localizzative) potrà determinare, nelle more della definizione dei sopramenzionati strumenti di cui all'art. 8, comma 1, a), c) ed e), una attuazione del principio di minimizzazione delle esposizioni meno efficace di quella attuabile su scala regionale.
5.1.3.5. Nelle more della definizione della specifica disciplina, deve escludersi che il comune possa legittimamente applicare, in senso limitativo o preclusivo al rilascio della concessione edilizia, prescrizioni urbanistico-edilizie dettate con riferimento ad altre tipologie di opere, in quanto:
- il potere regolamentare del comune è condizionato dalla valutazione di compatibilità con le esigenze del servizio;
- laddove non sussista alcun collegamento funzionale tra le installazioni oggetto di istanze di concessione e le prescrizioni urbanistico-edilizie preesistenti (che, come esposto, di regola sono state elaborate con riferimento ad altre possibilità di utilizzazione del territorio, nella inconsapevolezza del fenomeno della telefonia mobile e dell'inquinamento elettromagnetico in generale), non si giustifica l'estensione della portata applicativa di queste ultime;
- trattandosi di esercitare poteri in materia urbanistica, sia pure a finalità di tutela ambientale (o paesaggistica), deve valere il principio generale secondo cui il rilascio del titolo autorizzatorio può essere limitato o escluso soltanto sulla base di una specifica disciplina conformativa.
Alla medesima conclusione conduce la considerazione del trattamento che la normativa riserva alle reti infrastrutturali tecnologiche necessarie al funzionamento dei servizi pubblici o di pubblico interesse. Queste non vengono prese direttamente in considerazione dalle previsioni urbanistiche, se non in ipotesi particolari, ma la loro realizzazione accompagna sul territorio l'attività di trasformazione in senso edificatorio, come presupposto necessario (ove siano qualificate opere di urbanizzazione primaria -come avviene, ad opera dell'art. 4 della legge 847/1964, per le reti idriche, le fognature, la distribuzione dell'energia elettrica e del gas, la pubblica illuminazione) o comunque utile della realizzazione di insediamenti abitativi o produttivi.
Tutto ciò comporta che, in assenza di specifiche previsioni (sulla localizzazione, sia negativa che positiva, o sulle caratteristiche strutturali) la realizzazione degli impianti funzionali all'esercizio del servizio pubblico deve ritenersi compatibile con qualsiasi tipo di zonizzazione e prescinda dall'applicazione degli indici edilizi.
6. Quanto esposto evidenzia la fondatezza delle censure sopra sintetizzate ai punti 2.1 e 2.3., che rivestono carattere assorbente e conducono all'accoglimento della domanda di annullamento.
Infatti, da un lato, l'art. 46-bis introduce divieti e limitazioni a tutela della salute al di fuori di qualsiasi verifica di compatibilità con lo svolgimento del servizio di telefonia radiomobile e di partecipazione procedimentale dei gestori interessati.
Dall'altro, risultano inapplicabili alla domanda di concessione per l'installazione della stazione radio base presentata dalla ricorrente, le disposizioni delle N.T.A. del P.R.G. vigente e di quello adottato, dettate con riferimento ad altre categorie di opere.
7. Non può invece essere accolta la domanda di condanna del Comune al risarcimento del danno, mancando qualsiasi allegazione -non solo per quanto concerne la situazione del servizio di telefonia radiomobile gestito dalla ricorrente con riferimento al territorio di Bastia Umbra, ma anche in via generale- in ordine alla sussistenza degli elementi che compongono la fattispecie di cui all'art. 2043 cod.civ.
8. In considerazione della complessità e relativa novità delle questioni trattate, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo dell'Umbria, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie limitatamente alla domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati, mentre lo respinge per quanto concerne la domanda di condanna del Comune al risarcimento del danno.
Spese compensate.
Così deciso in Perugia, nella Camera di Consiglio del giorno 11 luglio 2001 con l'intervento dei signori:Avv. Pierg Giorgio Lignani Presidente
Avv. Annibale Ferrari Consigliere
Dott. Pierfrancesco Ungari Consigliere, estensore