Ric. n.973/00 Sent. n. 1120/2000

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, sezione terza, costituito da:

Umberto Zuballi - Presidente, relatore

Italo Franco - Consigliere

Marco Buricelli - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 973/00 della Telecom Italia Mobile spa , rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe De Vergottini, Alfredo Bianchini e Cesare Caturani, con elezione di domicilio presso il secondo, in Venezia, piazzale Roma n. 464 , come da mandato a margine del ricorso;

CONTRO

il Comune di Venezia , in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giulio Gidoni e Marilena Morino e domiciliato presso l’Avvocatura civica, in Venezia, San Marco 4091;

e con l’intervento ad opponendum

del Codacons, Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e la tutela dei diritti degli utenti e dei consumatori, rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Marconi, Marco Orlando, Francesco Vettori e Francesco Maria D’Elia e domiciliato presso l’ultimo, in Venezia, piazza San Marco 1470;

per l'annullamento

della deliberazione della Giunta comunale di Venezia n. 127 datata 20 gennaio 2000;

Visto il ricorso, notificato il 24 marzo 2000 e depositato presso la Segreteria il 4 aprile 2000 con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia , depositato il 17 aprile 2000 ;

Visto l’atto di intervento ad opponendum del Codacons, depositato l’11 maggio 2000;

Viste le memorie prodotte dalle parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi , alla pubblica udienza del 24 maggio 2000 - relatore il Presidente Umberto Zuballi – gli avvocati Bianchini e De Vergottini per la parte ricorrente, Gidoni per il Comune e D’Elia per l’interveniente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

       La ditta ricorrente fa presente che la Giunta comunale, con la precedente delibera n. 1593 del 21 ottobre 1999, aveva deciso di subordinare il rilascio di concessioni edilizie per l’installazione di impianti di telefonia radiomobile all’acquisizione di pareri favorevoli dell’ISPELS e della AUSL n. 12 di Venezia; detta delibera non venne impugnata in quanto considerata non lesiva.

Infine, la Giunta comunale ha adottato la deliberazione n. 127 del 20 gennaio 2000, impugnata in questa sede, nella quale la Giunta stessa, dichiarando di voler applicare il principio della minimizzazione delle esposizioni, ha affidato all’ISPESL il compito di verificare il rispetto di detto principio.

A sua volta, il parere dell’ISPESL del 18 gennaio 2000, facente parte integrante dell’impugnata delibera, indica come obiettivo per le zone abitate il livello di esposizione ai campi elettromagnetici di 0,5 V/m, il che risulta più restrittivo rispetto ai 6 V/m previsti dall’articolo 4, 2° comma, del decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381.

La ditta ricorrente riassume poi la normativa vigente, ed in particolare il decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381, che ha fissato limiti di emissione estremamente restrittivi a comparazione con il resto del mondo.

La ricorrente Telecom, dopo avere spiegato che il Comune di Venezia applica la delibera n. 127 anche ai procedimenti concessori non ancora conclusi, illustra i seguenti motivi di diritto:

1.      Violazione e falsa applicazione degli articoli 1, 6° comma della legge 249/97, 1, 4° comma, lettera c) legge 59/97; 83, 1° comma, 112, 115 lettera b) del decreto legislativo 112 del 1998 e del decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381, incompetenza assoluta.

La legge 59 del 1997, nella prospettazione di parte ricorrente, riserva allo Stato i compiti di tutela della salute e dell’ambiente. L’articolo 83 del decreto legislativo 112 ha ricompreso tra i compiti nazionali i criteri di adeguamento degli impianti ai limiti fissati dallo Stato.

In sostanza, va esclusa ogni competenza comunale in materia, il che viene confermato dalla legge 249/97 e dal decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381, che pure attribuiscono alcune competenze alle regioni.

In ogni caso, anche il potere regionale deve rispettare i limiti di cui agli articoli 3 e 4 del decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381, per cui a fortiori va escluso ogni potere comunale in materia.

2.      Incompetenza della giunta comunale. Violazione degli articoli 32 e 35 della legge 142 del 1990.

La delibera gravata va qualificata come un atto di indirizzo generale, di competenza del Consiglio comunale e non della Giunta.

3.      Violazione e falsa applicazione dell’articolo 4 del decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381, erroneità dei presupposti e della motivazione, contraddittorietà.

Il Comune ha inteso dare applicazione al principio di minimizzazione dell’esposizione, indicato dall’ISPELS e fatto coincidere con il valore di 0,5 V/m; orbene, ad avviso della ditta ricorrente, il decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381 già prevede l’applicazione di detto principio stabilendo il valore di 6 V/m. Osserva la ricorrente come il decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381 fissa i limiti sanitari all’articolo 3, mentre all’articolo 4 prevede cautele ed obiettivi di qualità non sanitari.

La ditta ricorrente, a sostegno della propria tesi, cita poi il parere dell’Istituto superiore di sanità del 28 maggio 1999; in sostanza, il valore indicato nel decreto, pari a 6 V/m, costituisce già attuazione del principio di minimizzazione; ne discende l’illegittimità della fissazione, da parte del Comune, di un limite del tutto diverso.

4.      Violazione e falsa applicazione del decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381. Carenza di istruttoria, contraddittorietà, illogicità manifesta, violazione del principio del buon andamento.

Il Comune parla di difesa della salute, ignorando che in materia la legge italiana è la più garantista al mondo e trascurando i noti pareri scientifici in materia e i contenuti della stessa delibera giuntale 1593 del 1999.

5.      Eccesso di potere per contraddittorietà.

La giunta comunale parla del principio di minimizzazione, ma non richiama il dm che ne ha dato attuazione; inoltre, viene richiamata la delibera della giunta regionale 29 dicembre 1998, che a sua volta smentisce l’assunto comunale.

6.      Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e sviamento.

Il Comune asserisce che la sua regolamentazione è provvisoria, in attesa di adozione da parte dello Stato e della Regione di determinazioni in merito, le quali invece sono state già assunte e definite.

7.      Motivazione perplessa ed illogica, violazione dell’articolo 4 del decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381.

Il Comune ha ritenuto non applicabile il principio di minimizzazione in riferimento agli impianti a bassa emissione, inferiori a 5 Watt, per i quali sarebbero preferibili impianti di tipo microcellulare.

La ditta ricorrente sottolinea l’illogicità tecnica di tale affermazione, in quanto gli impianti del tipo indicato non sarebbero utilizzabili in caso di spazi di vaste dimensioni.

8.      Erroneità dei presupposti, motivazione erronea e pretestuosa.

Il Comune fa riferimento alla mancanza di regolamentazione degli impianti, mentre essi sono soggetti alle usuali regole edilizie, urbanistiche e ambientali.

9.      Carenza di istruttoria, erroneità dei presupposti, violazione del decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381.

Il Comune ha considerato il parere dell’ISPELS assorbente di ogni altra valutazione scientifica in materia, in particolare del parere dell’Istituto superiore di sanità.

10. Violazione dei principi di efficienza e continuità della gestione di un servizio pubblico, violazione dell’articolo 41 della Costituzione.

Gli impianti di telefonia mobile costituiscono un servizio pubblico, che non potrebbe essere leso da interventi arbitrari come quello effettuato dal Comune di Venezia.

Resiste in giudizio il Comune di Venezia, il quale eccepisce l’inammissibilità del ricorso in quanto non notificato all’ISPELS.

Osserva poi come la propria competenza in materia derivi dalla delega contenuta negli articoli 4 e 5 del decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381, oltre che dall'articolo 220 del testo unico delle leggi sanitarie n. 1265 del 1934. Inoltre, il Comune non ha affatto subordinato il rilascio delle concessioni al rispetto del parametro di 0,5 V/m, che costituisce solo un obiettivo.

Interviene ad opponendum il Codacons che confuta anch’esso le tesi attoree.

Nel corso della camera di consiglio per la discussione dell’istanza cautelare, svoltasi l’11 maggio 2000, le parti hanno espressamente rinunciato ai termini processuali e hanno convenuto per una trattazione della causa nel merito, nella pubblica udienza del 24 maggio 2000, nel corso della quale hanno ulteriormente ribadito le rispettive tesi.

DIRITTO

1. L’eccezione sollevata dal Comune, di inammissibilità del ricorso per mancata notifica all’ISPELS, va rigettata, in quanto detto Ente, avente natura tecnica e scientifica, si è limitato a fornire al Comune un parere sulla questione (e a impegnarsi a fornirne altri in futuro, in occasione del rilascio delle singole concessioni edilizie sugli impianti di radioemissione), ma è il Comune che ha fatto proprio detto parere e che assumerà i singoli pareri sulle concessioni, per cui è l’ente comunale l’unico cui il ricorso doveva essere notificato (ex pluribus, Consiglio di Stato, sezione V, 18 novembre 1982 n. 782).

2. Conviene innanzi tutto individuare con precisione il contenuto dell’impugnata delibera della Giunta comunale di Venezia.

Il provvedimento stabilisce, al punto 1 del dispositivo, di applicare il principio di minimizzazione delle esposizioni descritto nelle premesse della delibera medesima; al successivo punto 2 spiega che la valutazione del rispetto di detto principio – oltre che dei correlati principi di giustificazione e ottimizzazione - verrà effettuata dall’ISPESL, nella formulazione dei pareri preventivi in occasione del rilascio delle concessioni edilizie.

A sua volta l’ISPESL, nel suo parere del 18 gennaio 2000 (facente parte integrante della delibera giuntale) spiega in dettaglio cosa si intende per principio di minimizzazione, tra l’altro affermando (punto 2.2) che la valutazione definita “arbitrale” (id est del Comune) dovrà essere inferiore ai limiti fissati dagli standard, cioè, in sostanza, dal decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381, pure citato nelle premesse.

Va poi aggiunto che il parere richiama (punto 2.1) l’auspicabile riduzione dei livelli massimi a 0,5 V/m, da raggiungere anche tramite l’utilizzo di microcelle.

Su questo punto, su cui insiste con particolare tenacia parte ricorrente, va osservato che se l’indicazione del 0,5 V/m appare un mero obiettivo, tuttavia l’ISPESL espressamente afferma nel suo parere di voler applicare valori di esposizione inferiori a quelli standard, cioè quelli fissati dal citato decreto interministeriale, e questo in occasione dei pareri che sarà chiamato ad esprimere sulle singole concessioni edilizie.

Ne consegue che, anche se non vi è un obbligo cogente di raggiungere il valore di esposizione pari a 0,5 V/m, tuttavia vi è la precisa indicazione, contenuta nell’impugnata delibera giuntale, oltre che nel parere dell’ISPESL che ne fa parte integrante, di utilizzare limiti inferiori a quelli di cui al ripetuto decreto ministeriale. Ciò di per sé comporta una lesione della sfera giuridica della ditta ricorrente.

Riassumendo: la Giunta comunale di Venezia, con una disposizione avente natura regolamentare, ha dettato le linee guida in materia di concessioni edilizie di nuovi impianti radiobase, e ha indicato che i parametri di esposizione ai campi elettromagnetici da radiofrequenze vanno rapportati a standard più rigidi rispetto a quelli fissati a livello statale.

3. Ciò premesso, va ora affrontato il nodo centrale della presente controversia, cioè la competenza della Giunta comunale a intervenire in materia.

In altri termini, occorre stabilire se la Giunta comunale ha la potestà di emanare un regolamento in materia di sanità, che definisca in maniera autonoma i parametri di esposizione ai campi elettromagnetici.

Ad avviso di questo Collegio, la risposta al quesito non può che risultare negativa.

Invero, la legge sanitaria 23 dicembre 1978 n. 833, articolo 13, assegna al Comune compiti amministrativi in materia sanitaria, ma solo quelli non affidati allo Stato o alle Regioni; il successivo articolo 32 fa peraltro salvi i compiti del Sindaco in materia di decretazione d’urgenza.

Pertanto, ai sensi della legge 23 dicembre 1978 n. 833, nonchè del d.P.R. 10 settembre 1982 n. 915, il potere provvedimentale volto ad assicurare una stabile disciplina alla igiene e sanità pubblica spetta al Sindaco quale autorità sanitaria locale (T.A.R. Lombardia sez. I, Milano, 18 febbraio 1998, n. 378).

Come noto, l'adozione di ordinanze contingibili ed urgenti in materia di sanità ed igiene da parte del Sindaco, prevista dall'articolo 38, comma 2°, della legge 8 giugno 1990 n. 142, presuppone la ricorrenza di un grave pericolo di danno imminente e necessita pertanto di una congrua motivazione. La situazione di danno o pericolo attuale e concreto per la salute pubblica deve risultare, inoltre, da inequivoci accertamenti tecnici (T.A.R. Umbria 11 febbraio 1998, n. 152).

In altri termini, il Sindaco (e non il Comune) può intervenire in materia sanitaria solamente in caso di urgenza tramite ordinanze contingibili ed urgenti, ma si tratta appunto di una competenza strettamente sindacale.

Nel caso che ne occupa, non solo non si tratta di una situazione urgente, ma viene emanato un regolamento sanitario da parte della Giunta comunale, compito questo che nemmeno il Sindaco può esercitare.

4. Venendo poi alla normativa specifica, la legge 249 del 1997 affida espressamente al Ministero dell’ambiente (d’intesa con altri Ministeri) il compito di fissare i tetti di radioemissioni compatibili con la salute umana, condizione per il rilascio delle concessioni ai relativi impianti. L’unico compito del Comune è quindi quello di verificare il rispetto dei limiti in sede di rilascio delle concessioni edilizie, ma non quello di fissare detti limiti.

Tali tetti sono stati fissati con il successivo decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381, che regolamenta la materia; esso pone, all’articolo 3, i limiti alle emissioni, e al successivo articolo 4, comma terzo, affida alle Regioni (e non ai Comuni) la disciplina dell’installazione e modifica degli impianti di radiocomunicazione.

Ciò avviene peraltro “nell’ambito delle rispettive competenze” e sempre “al fine di garantire il rispetto dei limiti di cui al precedente articolo 3”.

5. In sostanza, sia la legge 249/97, sia la legge delega 59 del 1997 e infine il decreto legislativo 112/98 hanno attribuito alcuni compiti in materia di radioemissioni alle Regioni, ma non certo ai Comuni (tra l’altro, le stesse Regioni, come visto, devono uniformarsi ai limiti per le emissioni fissati a livello nazionale, in particolare dal citato decreto interministeriale 10 settembre 1998 n. 381).

Ad abundantiam, va aggiunto che la delibera impugnata non cita a sostegno alcuna norma attributiva alla Giunta comunale della competenza.

6. Il Comune, nella sua memoria difensiva, afferma (a pagina 4) che la competenza del Sindaco in materia sanitaria deriverebbe dall’articolo 220 del testo unico delle leggi sanitarie n. 1265 del 1934; da ciò discenderebbe altresì la competenza della Giunta.

Orbene, tale ultimo passaggio logico non solo risulta inspiegabile, ma trascura di considerare che la competenza del Sindaco riguarda solo il potere di decretazione d’urgenza.

In altri termini, se la legge affida un preciso potere al Sindaco, non si vede per quale ragione giuridica esso trasmigri alla Giunta comunale e ancor meno sulla base di quale norma o principio esso, nel bel mezzo del cammin, possa alchimisticamente mutarsi da potere di decretazione d’urgenza a potestà regolamentare.

7. Il Comune cita poi a sostegno (a pagina 5 della memoria difensiva) la sentenza della Corte costituzionale 20 settembre - 7 ottobre 1999, che riconosce la potestà regionale in materia, trascurando che si tratta appunto di potestà regionale e non già comunale.

In conclusione, nel caso in esame vi è un’incompetenza assoluta del Comune.

Per completezza, va aggiunto che la potestà regolamentare nell’attuale ordinamento comunale è di spettanza del Consiglio comunale e non già della Giunta.

8. Questo Collegio non ha la necessità giuridica di entrare nella disputa sui livelli di onde elettromagnetiche sopportabili dall’uomo (argomento sviscerato da tutte le parti in causa, ma soprattutto nella memoria dell’interveniente), se non per ribadire che, in tale delicata materia, le diverse e contrastanti opinioni, anche di provenienza di autorevoli studiosi, devono trovare una sintesi ed una parametrazione ad un livello che, sulla base dell’attuale normativa, non è certo quello comunale.

9. Per tutte le suindicate ragioni, il ricorso merita accoglimento e la delibera della Giunta comunale di Venezia n. 127 del 20 gennaio 2000 va annullata.

La parziale novità delle questioni trattate induce tuttavia il Collegio a compensare le spese di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa,

lo accoglie,

e per l’effetto annulla l’impugnato provvedimento.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, in camera di consiglio, il 24 maggio 2000.

 




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ELETTROSMOG CODACONS
a cura della sede CODACONS di BOLOGNA