TRIBUNALE DI PARMA - Ordinanza 22 luglio 2000
- Pres. Mossini, Est. Mammone - T.I.M. c. Comune di Parma e con l’intervento del CODACONS - Emilia Romagna e di Roviero ed altri.La titolarità in capo ad un ente pubblico di poteri di autotutela non è preclusiva della facoltà dell'ente stesso di rivolgersi - per la tutela di diritti soggettivi perfetti (qual’è in particolare il diritto alla salute) - al giudice ordinario, anche se al fine di ottenere effetti identici o analoghi a quelli che potrebbe attuare in via autoritativa.
Rientra nella giurisdizione dell’A.G.O. una azione con la quale un ente locale agisce per la lesione del diritto alla salute che sarebbe stato arrecato ai cittadini da parte di un gestore di telefonia mobile nell'esercizio della sua attività, atteso che il gestore stesso è tenuto, come qualsiasi altro soggetto, al rispetto del principio del neminem laedere (alla stregua del principio è stata ritenuta ammissibile l'azione proposta dal Comune di Parma nei confronti della TIM per la disattivazione di una stazione radiobase per telefonia cellulare sita in prossimità di una scuola, che, secondo quanto dedotto dal Comune, era stata realizzata in violazione delle condizioni subordinatamente alle quali ne era stata in precedenza autorizzata l'installazione) (1).
Deve riconoscersi in capo ad un Comune, nella sua incontroversa qualità di ente esponenziale degli interessi della comunità residente nel suo territorio, la legittimazione ad agire in giudizio per la tutela della salute della propria comunità (2).
Non può essere sospesa una autorizzazione rilasciata per un impianto di telefonia mobile situato nei pressi di una scuola, nel caso in cui siano stati osservati i limiti di esposizione stabiliti dal D.M. n.381 del 10/9/1998 (che, in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore, impone il limite dei 6 V/m) ed anche le raccomandazioni, scaturite dal Convegno Internazionale tenutosi a Trento il 25 e 26 novembre 1999, contenute nella "lettera indirizzata all'on. Edo Ronchi".
Né possono indurre a sospendere l’autorizzazione già concessa i paventati effetti che l'inquinamento elettromagnetico può provocare a lungo termine sulla salute umana, atteso che tali effetti a lungo termine sono, così come emerge da una relazione redatta dall'Istituto Superiore della Sanità, allo stato del tutto incerti.
In presenza di un quadro di riferimento a tal punto incerto, pur apparendo senz'altro convincente e meritevole la scelta di alcune Regioni e Comuni di adottare, per il futuro, misure più restrittive di quelle imposte dalla legislazione statale (dando così attuazione al principio di cautela, secondo cui, in attesa di risposte definitive sugli effetti dell'esposizione a campi elettromagnetici, deve vietarsi l'installazione di impianti di radiofrequenza nelle vicinanze di ospedali, scuole ed asili), non può ritenersi sussistere, in rapporto all'impianto in questione, quell'apparente fondatezza della pretesa che costituisce condizione indispensabile per accedere alla tutela cautelare (3).
(1) Cfr. Cass. S.U. 29/7/1995, n.8300.
(2) Cfr. Cass. S.U, n.400/1991, nonché, ex plurimis, TAR Lazio, sez.III, 1/8/1985, n.1229; TAR Piemonte, sez. I, 4/6/1988, n.241; Pret.Bazi, 12/4/7 989, in Foro it., 1989, 11, 562.
(3) Ringraziamo l’Avv. Roberto Ollari, del Foro di Parma per avere segnalato l’ordinanza in rassegna. Per ulteriori approfondimenti v. l'apposita pagina.
Al testo dell’ordinanza era anche accluso un breve commento redatto dallo stesso Avv. Ollari, che riteniamo utile riportare qui di seguito per estratto:
"I Comuni possono ricorrere al Tribunale per far spegnere gli impianti da loro stessi autorizzati
Nell'attesa della legge quadro e delle leggi regionali di recepimento i Comuni hanno un potere in più per tutelare la salute dei propri cittadini: possono ricorrere al Giudice.
E' quello che stabilisce il Tribunale di Parma (Estensore Mammone, Presidente Mossini), in un caso in cui l'amministrazione comunale aveva proposto ricorso contro la TIM chiedendo al Giudice di spegnere un impianto di telefonia mobile, dallo stesso comune autorizzato.
Nella causa sono intervenuti i genitori dei piccoli frequentanti un asilo comunale ed il CODACONS (associazione di tutela dei consumatori).
Il Tribunale, in primo grado aveva negato al Comune la possibilità (rectius: legittimazione ad agire) di adire il giudice per tutelare la salute pubblica.
In sede di reclamo, invece, il Tribunale (ordinanza del 22.7.2000) ha riformato la decisione stabilendo che il Comune può agire per la tutela dei bambini che frequentano l'asilo minacciato da inquinamento da onde elettromagnetiche, in quanto "il Comune è ente esponenziale degli interessi della comunità residente nel suo territorio".
Nel caso concreto il Sindaco di Parma chiedeva che fosse eliminato il pericolo derivante da un'antenna autorizzata dal Comune.
L'amministrazione comunale temeva che, attraverso lavori eseguiti senza l'autorizzazione, la TIM avesse ampliato l'impianto e potesse produrre onde in misura diversa da quella autorizzata.
Il Comune di Parma, infatti, non poteva, con gli strumenti ordinarie di sanzione edilizia, ottenere in tempi brevi il ripristino dei valori di emissione autorizzati.
Nello specifico la vittoria è andata alla TIM, poiché i valori di emissione, verificati dall'Arpa, rientravano abbondantemente in quelli di legge.
La decisione del Tribunale è però importante per due motivi.
1 - Il Giudice parmense lascia la possibilità che lascia alle amministrazioni comunale di adire la giustizia per tutelare la salute minacciata dall'inquinamento elettromagnetico.
2- Il Tribunale di Parma, infine, ritiene legittimo e meritorio il tentativo dell'amministrazione (regionale e comunale) di imporre misure più restrittive di quelle nazionali, in attuazione del "principio di cautela".
Resta da vedere se la futura legge quadro ammetterà questa libertà delle autonomie locali.
Avv. Roberto Ollari".
TRIBUNALE DI PARMA
Il Tribunale, riunito in camera di consiglio nelle persone dei sig.ri
dr.Lanfranco Mossini presidente
dr.Vittolio Zanichelli giudice
dl.Francesca M.Mammone giudice rel.
letti gli atti ed esaminata la documentazione prodotta, a scioglimento della riserva di cui al verbale che precede, osserva: con ricorso ex art.700 c.p.c. del 3/4/2000 il Comune di Parma chiedeva a questo tribunale, la rimozione o, in via subordinata, la disattivazione della stazione radiobase per telefonia cellulare della T.I.M. sita al n. 26 della via Sartori in Parma, deducendo la pericolosità per la salute pubblica dell'impianto, in quanto ampliato dalla Telecom Italia Mobile, in violazione delle condizioni subordinatamente alle quali ne era stata in precedenza autorizzata l'installazione.
In data 20/5/2000 il giudice designato rigettava la domanda cautelare per la ritenuta insussistenza di legittimazione attiva in capo al ricorrente e dichiarava l'inammissibilità dell'intervento ad adiuvandum della associazione CODACONS Emilia Romagna e di quindici genitori di bambini frequentanti l'asilo nido e la scuola d'infanzia site in via Sartori.
Con ricorso depositato il 29 maggio 2000 il Comune di Parma ha proposto reclamo contro la .suddetta ordinanza, rivendicando la propria qualifica di ente esponenziale della collettività insediata nel proprio territorio e, per tale motivo, la propria legittimazione ad agile in tutela della collettività.
Nel procedimento instaurato a seguito di rituale notificazione del ricorso, si è costituita la sola Telecom Italia Mobile, riproponendo, in via incidentale, le eccezioni di carenza di potere e di giurisdizione disattese dal primo giudice. Sotto il primo profilo, infatti, la T.I.M. deduce che non sarebbe consentito all'amministrazione comunale che, nel febbraio 2000, ha autorizzato l'installazione della stazione radio-base, chiedere all'autorità giudiziaria di ordinare la rimozione o la disattivazione dell'impianto medesimo, dovendo semmai far ricorso, ove ne sussistano i presupposti, ai poteri di autotutela che le sono attribuiti dalla legge e, sotto il secondo profilo, invoca l'art. 33 del d.lgs. 31/3/1998 n.80 che attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di pubblici servizi.
Sul punto, questo collegio non può che rinviare alle puntuali e più ampie considerazioni svolte dal primo giudice.
Così, in ordine all'eccepita carenza di potere, è sufficiente ricordare che la titolarità in capo al ricorrente di poteri di autotutela non è preclusiva della facoltà dell'ente di rivolgersi - per la tutela di diritti soggettivi perfetti, qual è il diritto alla salute - al giudice ordinario, anche se al fine di ottenere effetti identici o analoghi a quelli che potrebbe attuare in via autoritativa. Quanto alla pretesa carenza di giurisdizione, basta osservare che l'azione preannunciata dal Comune di Parma si fonda sull'affermata lesione del diritto alla salute da parte della T.I.M. nell'esercizio della propria attività, atteso che la stessa è tenuta, come qualsiasi altro soggetto, al rispetto del principio del neminem laedere (v. Cass. S.U. 29/7/1995, n.8300).
Stima inoltre il collegio che si non possa dubitare, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, della legittimazione attiva dell'ente ricorrente, nella sua incontroversa qualità di ente esponenziale degli interessi della comunità residente nel suo territorio, ad agire per la tutela della salute della propria comunità (v. Cass. S.U, n.400/1991, nonché, ex plurimis, TAR Lazio, sez.III, 1/8/1985, n.1229; TAR Piemonte, sez. I, 4/6/1988, n.241; Pret.Bazi, 12/4/7 989, in Foro it., 1989, 11, 562).
Tuttavia, si impone il rigetto della domanda cautelare, per difetto del fumus boni iuris.
Va premesso, al riguardo, che, poiché, come si è detto, il Comune di Parma agisce per la salvaguardia del diritto alla salute dei residenti nel proprio territorio, l'inosservanza, da parte della Telecom Italia Mobile, delle condizioni cui era subordinato il rilascio dell'autorizzazione in tanto può assumere rilievo, in questa sede, in quanto il denunciato inadempimento determini un aggravamento del rischio per la salute della collettività.
Ora, gli elementi di prova acquisiti nel corso del procedimento non consentono di affermare che tale aggravamento si sia verificato.
L'ing. Fava dell'ARPA ha infatti dichiarato che si deve escludere che l'impianto de quo, in una superficie di m.200 x m.200, avente come centro il centro della postazione T.I.M., "possa generare campi elettrici maggiori o uguali ai 3 V/rn su ogni edificio ed anche, in particolare, al suolo e nella zona della scuola materna ed asilo comunali" ed ha evidenziato che, in concreto, le verifiche effettuate in loco hanno portato a rilevare campi elettrici non superiori ai 0,5 V/m.
Sono dunque osservati i limiti di esposizione stabiliti dal D.M. n.381 del 10/9/1998, che, in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ,ore, impone il limite dei 6 V/m e, in verità, risultano osservate anche le raccomandazioni, scaturite dal Convegno Internazionale tenutosi a Trento il 25 e 26 novembre 1999, contenute nella "lettera indirizzata all'on. Edo Ronchi", prodotta dal Comune di Parma.
Osserva il ricorrente che tale limite non tiene conto degli effetti che l'inquinamento elettromagnetico può provocare a lungo termine sulla salute umana.
Si tratta di effetti ancora non noti, rispetto ai quali, però, parte della comunità scientifica, raccomanda di adottare il c.d. "principio di cautela", vietando, in attesa di risposte definitive sugli effetti dell'esposizione a campi elettromagnetici, l'installazione di impianti di radiofrequenza nelle vicinanze di ospedali, scuole ed asili.
Tali effetti a lungo termine sono però, così come emerge dalla relazione redatta dall'Istituto Superiore della Sanità per il TAR dell'Umbria, prodotta in copia dalla società resistente, allo stato del tutto incerti, atteso che "i risultati della ricerca scientifica attualmente noti non suffragano alcuna ipotesi di effetti a lungo termine dell'esposizione a campi elettromagnetici che abbiano frequenza ed intensità confrontabili con quelle dei campi generati nei normali ambienti di vita dalle stazioni radio-base".
Del resto, anche gli studi citati dal ricorrente, pur paventando il rischio di eventuali effetti cancerogeni dell'esposizione, danno atto dell'assenza di dati sufficienti a stabilire un nesso causale tra esposizione ed effetto patogeno, (v. parere della Commissione Tecnico Scientifica nominata dal Comune di Bologna).
In presenza di un quadro di riferimento a tal punto incerto, pur apparendo senz'altro convincente e meritevole la scelta "politica" di alcune Regioni e dello stesso Comune di Parma di adottare, per il futuro, misure più restrittive di quelle imposte dalla legislazione statale (dando così attuazione al menzionato principio di cautela), non può ritenersi sussistere, in rapporto all'impianto in questione, quell'apparente fondatezza della pretesa che costituisce condizione indispensabile per accedere alla tutela cautelare.
Né sono possibili, in questa sede, stante la necessaria sommarietà della cognizione, approfondimenti istruttori, peraltro neppure sollecitati dalle parti. Si impone, pertanto, il rigetto del ricorso.
Ragioni di equità giustificano l’integrale compensazione delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il reclamo e dichiara compensate le spese del procedimento.
Parma, 21 luglio 2000.
Depositata il 22 luglio 2000.