G.U. Croci - Bertoldo ed
altri (Avv. M.A. Mazzola) c. T.E.R.N.A. S.p.A. (Avv.ti De Vergottini, Caturani
e Cantoni), G.R.T.N. S.p.A. (Avv.ti Gentile, Scuricini, Fadel e Zaffaroni).
Omissis
1 – Va premesso
che i ricorrenti Bertoldo Losanna + altri e intervenuti (nessuna considerazione
ostando a tale intervento non foss’altro che per i motivi di economia
processuale, e nessun diritto di difesa risultando leso in danno della parete
resistente, quantomeno nella presente fattispecie procedimentale, in danno
delle parti resistenti) hanno, come in molti degli analoghi casi risolti (in
via cautelare e di merito) nelle numerose pronunce giurisprudenziali (invocate
da parte ricorrente così come resistente), lamentato la presenza di immissioni
costituite da campi elettromagnetici (di qui in poi C.E.M.) in particolare a
bassa frequenza (di qui in poi, E.L.F. – etremely low frequency)
asseritamene – e del resto, incontestatamente e pertanto pacificamente,
quantomeno per i fini cautelari che qui rilevano – prodotti da due linee di
elettrodotti "ad alta tensione", rispettivamente di 132 KV e 220 KV,
posizionati a poca distanza dalle loro abitazioni, con conseguente richiesta,
in via e sede cautelare, di emissione di ordinanza che imponga all’E.N.E.L.
S.P.A. (ora, per tali questioni, T.E.R.N.A. S.P.A.) e all’ente gestore della
rete (G.R.T.N. S.P.A.) ogni misura idonea a ricondurre dette immissioni
nell’ambito della "normale tollerabilità", in prospettiva di
articolate – ed esplicitamente espresse in ricorso – domande principali
risarcitorie (solo in via di subordine richiedendo indennizzo per il
deprezzamento dei rispettivi immobili).
2 – Occorre in
primo luogo dare soluzione alla questione (comunque elevabile d’ufficio)
preliminare, ampiamente assorbente ove accolta l’eccezione del difetto di
giurisdizione, posta sempre tardivamente da parte resistente, in particolare
"T.E.R.N.A." che ha invocato l’applicazione dell’art. 33 comma 1 (e 2
lett. e) del D. Leg.vo 31/03/1998 n. 80, così come modificato dalla L.
21/07/2000 n. 205.
2.1 – La
questione è infondata: va ritenuta infatti sussistere la competenza
giurisdizionale dell’A.G.O. (e quindi di questo Tribunale) a conoscere della
presente controversia.
Quest’ultima
appare certamente, da un lato, riconducibile all’ipotesi escludente di cui alla
seconda parte della lettera e) del 2° c. di detto articolo 33, e, d’altro
canto, non sussumibile nella previsione di cui alla prima parte della medesima
lettera e). Sotto tale ultimo aspetto, va osservato che qui non si controverte
di modalità di esecuzione (generale o financo particolare) del servizio di
erogazione e distribuzione di energia elettrica in quanto tale e in particolare
sotto il profilo, per così dire, "ontologico" della natura e finalità
(collettive e/o contrattuali) del servizio stesso, bensì piuttosto dalle
accertande conseguenze intollerabilmente lesive e verso i fondi viciniori di
emissioni – immissioni provenienti da già esistenti impianti di elettrodotto,
il che ha condotto parte ricorrente a prospettare, appunto (con riferimento e a
riscontro del primo aspetto di cui sopra) una domanda eminentemente
risarcitoria (in subordine, indennitaria), nel concetto di risarcimento
ridondando certamente anche quello in forma specifica, rispetto a cui è
palesemente preordinata e finalizzata la soprarichiamata domanda di tutela
cautelare (V. Cass. Sezioni Unite Civili 15/10/1908 n. 10.186, sul punto della
correlazione tra richiesta di ordine di cessazione delle immissioni e richieste
risarcitorie, nonché Cass. 9/12/00 n. 9893).
2 – Chiarito
ciò, prima di addentrarsi nell’esame del merito della presente vicenda
cautelare, è altresì opportuno premettere che, almeno nella attuale fase
storica le norme giuridiche abbisognano ancora di una operazione eminentemente
umana, quella della "interpretazione" similmente a ciò che avviene – mutatis
mutandis – per uno spartito musicale ove le note altro non sono che segni
cartacei, che diventano suono nel modo scelto dall’esecutore, il quale non
potrà in alcun caso modificare tali note, ma ne darà la sua "lettura"
(sono ben conosciute anche notevoli differenze di significato – pur restando
nei predetti invalidabili limiti – che possono assumere le diverse versioni del
medesimo brano musicale, ma ciò del resto vale anche per altri campi artistici,
come il teatro la danza, ecc.).
3 – E proprio
nel vasto ambito di problematiche interpretative a vario titolo inerenti l’art.
844 c.c., cui del resto esplicitamente i ricorrenti (e gli interventori hanno
ancorato la propria iniziativa cautelare, va innanzitutto puntualizzato che è
ormai da tempo consolidato il principio secondo cui il concetto di "simili
propagazioni" (superanti la normale tollerabilità) non può essere ristretto
alle sole immissioni immediatamente avvertibili su un piano
"organolettico", con cinque sensi dell’essere umano (ma va esteso
anche a quelle idonee comunque, anche solo in prospettiva (purchè reale, e non
solo putativa), ad influire – evidentemente, in modo lesivo – sull’organismo
umano.
Basti
considerare, che così non orientandosi, si perverrebbe alla conseguenza – anche
secondo il senso comune palesemente incongrua – che, sancita ex art. 844
c.c. un’attività del fondo vicino la cui unica nocività si riassuma nel rumore
(eccedente il limite, consolidato in giurisprudenza, del "supero" di
3 DBA rispetto al "fondo), resterebbe invece indenne sotto il medesimo
profilo la emanazione verso il fondo "protetto" di fortissime
radiazioni nucleari, com’è noto non avvertibili immediatamente ma dalle
altrettanto di comune conoscenza micidiali conseguenza (V. per tutte, Cass. n.
1404/79).
4 – Nel caso di
specie, si ha a che fare con un’entità che, pur pacificamente non certo
immaginaria (anche secondo la pur vigorosa impostazione difensiva dei due
resistenti, "T.E.R.N.A., e G.R.T.N.") si presenta comunque come, in
senso stretto, "eterea", poiché, - e anche ciò rientra ormai in
massima di comune sentire – i campi elettromagnetici (tra cui anche quelli "E.L.F."),
o meglio le loro conseguenze non necessitano di un particolare vettore (quale
aria, terra, acqua, o altro).
5 –
Conseguentemente sviluppo di quanto sopra è che l’immissione sussimibile nella
previsione dell’art. 844 c.c. è non soltanto quella che lede immediatamente,
che produce subito un vulnus all’essere umano, ma è anche quella che
comporti elementi di "rischio", nel senso di cui qui appresso.
5.1. – Premesso
che per "rischio" deve intendersi, sempre secondo l’accezione
universalmente accettata, la possibilità del verificarsi di un evento a vario
titolo pregiudiziale (possibilità che può essere più o meno intesa, purchè
esistente: ad esempio si può assicurare un immobile, purchè non venuto meno,
contro rischi che per essere assolutamente remoti non cessano per ciò di essere
tali), va affermato in linea generale (e salvo, ovviamente, le verifiche che
qui in motivazione seguiranno in ordine alla sussistenza di tutti gli altri
necessari presupposti) che può trovare tutela nell’ambito dell’art. 844 C.C.,
anche la fattispecie, come quella in esame, in cui si verte non tanto di
lesione già in atto all’attualità, quanto di rischio – purchè esistente e, si
vedrà poi qui di seguito, e oltre una certa soglia – che determinati fattori (i
campi E.L.F.) siano produttivi, già oggi, di concreto pericolo che, domani, si
verifichi, o meglio si estrinsechi perfezionandosi, una lesione.
Traducendo
tutto quanto sopra in termini soggettivi, può dirsi allora che il soggetto
protetto dall’articolo 844 C.C. ha diritto di essere esente non solo da
propagazioni immediatamente – avvertibilmente dannose, ma anche da propagazioni
"rischiose", e ciò sia sotto il profilo del diritto soggettivo della
persone e sia del diritto soggettivo dominicale (il fondo gravato da un tale
rischio è oggettivamente e indebitamente menomato per causa imputabile non al
suo proprietario, ma al vicino).
5.1.1. –
Occorre tuttavia verificare se "il rischio" sia esistente e concreto.
Premettendo che
anche nei casi di conclamata pregnanza di determinati fattori rispetto a gravi patologie
umane (in particolare, neo-plastiche, con inquadramento secondo i criteri, più
volte menzionati in atti, dello I.A.R.C., in classe 1), sempre e comunque di
"rischio", e mai di certezza, si tratta (per esempio, è noto ed
esperienza comune di ognuno che vi sono accaniti fumatori che pervengono ad
anche tardissima età e decedono poi per tutt’altre cause che tumori polmonari,
cos’ come essi vengono contratti anche da individui assolutamente esenti da
sempre dal vizio del fumo), in linea generale, così come con riferimento alla
specifica fattispecie qui in esame, può formularsi il seguente paradigma
graduale:
a) il rischio
non esiste in assoluto, è puramente immaginario e psicologico: pur essendosi
comunque una "lesione" (seppur non al "soma", ma alla
"psiche") non può esservi tutela;
b) il rischio
esiste, ma resta nettamente al di sotto di una ragionevole soglia, con valori
che eventualmente accomunano una determinata fattispecie con una serie in
definitive di altre (ad esempio, non vi è porzione della superficie terrestre
che sia esente dal rischio della caduta di aeromobili): anche in tal caso non
troverebbe giustificazione la tutela ex art. 744 c.c.;
c) il rischio
esiste, e supera una soglia la cui "ragionevolezza", trattandosi tra
l’altro, come nel caso in esame, appunto di immissioni non organoletticamente
avvertibili, deve essere determinata scientificamente (C.T.U. Dr. Berzino).
In tale ultima
ipotesi, deve concludersi che il danno, sotto forma di rischio, è già in atto,
ed allora esso va pervenuto – risarcito (risarcimento in forma specifica),
anche se si tratta, come del resto sempre nel caso di "rischio", di
un’ipotesi, per così dire, "ambulatoria", nel senso che non si sa
quando e chi l’evento materialmente lesivo colpirà (ma invece si sa che quanto
esso colpirà sarà giuridicamente "troppo tardi", nel senso che un
evento lesivo che si poteva prevenire si è invece già verificato, il che
costituisce di per sé una rottura dell’ordine giuridico, il quale è improntato
al privilegio – come si evince dalla normativa nei più svariati settori – verso
la prevenzione, e in subordine la riduzione del danno rispetto al suo
risarcimento per equivalente monetario, "ultima thule" tra i vari
rimedi giuridici).
Esclusa a
priori la sussumibilità della fattispecie in esame nell’ipotesi di cui qui
sopra sub a) (neppure le due parti resistenti, in nessun atto, hanno financo
soltanto ipotizzato trattasi di ossessioni psicopatologiche dei ricorrenti,
occorre invece, qui e ora, optare tra le altre due possibilità, quella sub b)
(rischio esistente ma sotto la soglia) ovvero quella sub c) (rischio oltre la
soglia), anche, (ma non solo e soprattutto non meccanicamente, trattandosi di
categoria concettuale che vige nell’ambito di normative pubblicistiche, i cui
destinatari, più che i "cives", appaiono essere le Pubbliche
Autorità), alla luce del noto principio (del resto non coincidente ma contiguo
con il concetto di "cautela" sotto ogni profilo considerato) di
"precauzione".
Ove si
consideri inverata l’ipotesi di cui sopra sub c), e sussistendo tutti gli altri
presupposti di legge, dovrà allora rinvenirsi quale sia il rimedio
giuridicamente e tecnicamente esperibile (CTU Prof. Berizzi).
6 – Come
riferito anche dal C.T.U. Dr. Berzino nella "comunità scientifica" si
indaga sulla possibile correlazione tra esposizione umana e campi
"E.L.F." e insorgenza di "diverse patologie, in
particolare…neoplastiche" "fin dalla fine degli anni 70".
6.1. – In
proposito, va innanzitutto osservato che non è evidentemente pensabile che così
numerosi scienziati e/o gruppi di scienziati via via succedutisi nel tempo e
nelle varie nazioni della terra si siano cimentati a verificare tali possibili
correlazioni per pura ed astratta curiosità speculativa (non è data sapere che
siano mai state iniziate indagini epidemiologiche in ordine a mezzi causali tra
fattori palesemente innocui o addirittura anti-patogeni e malattie), mentre è
da ritenere che essi si siano dipartiti, se non da concreti indizi in senso,
quantomeno da serie ipotesi di lavoro.
6.2. – E’ ovvio
che ciò non è certamente sufficiente neppure in termini di mera precauzione
(per quanto non sarebbe irragionevole che taluno, agendo sul
"proprio", si atteggi in modo da evitare fattori rispetto a cui vi
sia meno lieve sospetto di pericolosità-lesività).
Occorre invece
formulare valutazioni eziologiche, in positivo o al contrario in negativo, in
ordine alla relazione tra tali fattori (nella fattispecie, patologie, umane in
particolare neoplastiche).
6.2.1. – Non ci
si può esimere tuttavia dal menzionare, seppur sommariamente, il
"tormento" interpretativo che, in materia di nesso di causalità, ha
pressocchè da sempre, attanagliato giudici e giuristi (e non solo: "A
saldare questo circolo, per cui non si dà tecnica se non come esercizio della
ragione, e non si dà ragione se non come procedura tecnica, è la previsione,
l’attributo di Prometeo che "vede in anticipo" e anticipando
l’evento, può stabilire nessi consequenziali tra ciò che viene prima e ciò che
viene dopo. In questi nessi ei esprime la nozione di causalità, nata in
Occidente come difesa dell’angoscia di fronte all’imprevedibilità dell’accadere
degli eventi a cui gli uomini soccombono per volere del destino.
"Conoscere
la causa significa prevedere l’effetto, prepararsi al suo evento, sottrarsi all’accadimento
imprevisto, ridurre il timore, placare l’angoscia in un sapere che sa di sé del
corso immutabile delle cose" – U. Galimberti, "Psiche e teche";
"è indispensabile acquisire la scienza delle cause prime: infatti diciamo
di conoscere una cosa quanto riteniamo di conoscere la causa prima" –
Aristotele, "metafisica", libro I.
Più
concretamente, e più attualmente, non può non tenersi conto in particolare che,
da tempo, la Suprema Corte, sia civile sia penale, di questo Paese ha accolto
nell’alveo della tematica del nesso eziologico il concetto di possibilità –
probabilità meramente statistica.
Per il penale:
"il
Giudice, avvalendosi del metodo della sussunzione sotto leggi statistiche ove
non disponga di leggi universali, dirà che è probabile che la condotta
dell’agente costituisca una condizione necessaria dell’evento, probabilità che
altro non significa se non probabilità logica o credibilità razionale che deve
essere di alto grado, nel senso che il giudice dovrà accertare che senza il
comportamento dell’agente l’evento non si sarebbe verificato appunto con alto
grado di probabilità (Cass. 06/12/90 su foro it. 1992, II, 36, nonché Cass.
20/01/1999 imp. Hautmann, Cass. 19/01/1999 imp. Montagner; Cass.
04/08/1998 imp. Ferrari; Cass. 19/01/1998 imp. Ferraglia; Cass. 04/02/1987 imp.
Zucchi).
Per il civile:
"Nel caso
di malattia ad eziologia multifattoriale, il nesso di causalità relativo
all’origine professionale della malattia non può essere oggetto di semplici
presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di
una concreta e specifica dimostrazione; e, se questa può essere data anche in
termini di probabilità sulla base delle particolarità della fattispecie
(essendo impossibile, nella maggior parte dei casi, ottenere la certezza
dell’eziologia), è necessario pur sempre che si tratti di "probabilità
qualificata", da verificarsi attraverso ulteriori elementi (come ad
esempio i dati epidemiologici), idonei a tradurre la conclusione probabilistica
in certezza giudiziale:" (Cass. 20.09.00 n. 12909, nonché Cass. N.
6388/98) e, nello stesso senso:
"In
materia di assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali,
l’accertamento dell’eziologia professionale di una malattia neoplastica è
correttamente effettuato sulla base della rilevante probabilità della incidenza
causale o concausale dei fattori nocivi professionali". (nella specie la
S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto la natura
professionale anche del tumore polmonare da cui era risultato affetto un lavoratore,
sofferente di broncopneumopatia non contestatamene professionale, il quale
aveva assunto nel corsi di molti anni notevoli quantità di sostanze nocive
provviste, secondo le attuali conoscenze in materia, anche di potenzialità
cancerogene) (Cass. 7.4.1998 n. 3602).
6.3 – Da quanto
sopra è scaturita l’opportunità di esperire una C.T.U. che consentisse a questa
autorità giudiziaria di operare una ricognizione critica delle conoscenze
scientifiche in ordine al nesso in questione.
La scelta del
perito non è stata effettuato secondo i criteri casuali, ma individuando un
soggetto che non solo per crediti e accreditamenti tecnico-scientifici, ma
soprattutto per specifica professionalità consentisse di pervenire a
valutazioni il più possibile attendibili: il C.T.U. (nominato previa specifica
autorizzazione Presidenziale, in atti) Dr. Berzino, non è infatti un financo
prestigioso, e financo specializzato in determinate patologie, sempre mediche,
bensì è il direttore dell’unità epidemiologica dell’Istituto dei Tumori di
Milano (e non paiono recepibili in proposito le riserve avanzate da parte
resistente in ordine alla considerazione che egli, come scienziato, abbia
potuto nel passato esprimere valutazioni anche sue proprie, poiché, a tale
stregua, anche i giudicanti che abbiano emesso decisioni di un determinato
segno teorico in analoga materia dovrebbero essere ricusati, col risultato che
ogni Giudice, in tali materie, potrebbe emettere una sola sentenza, la prima in
senso cronologico, in tutta la sua carriera).
6.3.1. –
Orbene, il C.T.U., ha dato risposta nel modo che segue al quesito, che qui, per
maggior comodità di lettura si riporta:
a) dica il
C.T.U., se sulla base dei dati e valutazioni accreditati nella comunità
scientifica i livelli di campi elettromagnetici denunciati da parte del
ricorrente e interventrice e di cui all’analisi repertata come doc. 1 del
fascicolo di parte ricorrente (superamento dei parametri di 0,2 nonché 0,5
nonché 1 microtesla nei punti ivi descritti) in rapporto alle specifiche condizioni
abitative possano o meno costituire concreto rischio per la salute,
specificando, nell’affermativa natura, entità e grado di tale rischio.
b) Dica il
C.T.U. sulla base di cui sopra, quali siano i valori al di sotto dei quali
anche sotto il profilo del "principio di precauzione", non sia
ragionevolmente ipotizzabile il rischio di cui sopra o quantomeno al di sotto
dei quali non risulti segnalato alcun eccesso di rischio sanitario".
6.2.2. –
Premettendo che il già menzionato I.A.R.C. (agenzia internazionale per la
ricerca sul cancro) di Lione aveva a suo tempo classificato "i campi
E.L.F. nella categoria" 2 B (possibili cancerogeni categoria di cui
peraltro fanno parte non soltanto, come veritieramente ma suggestivamente
ricordato negli atti delle due parti resistenti, "la saccarina e il
caffè", ma anche DDT e piombo) ed elencando in apposite tavole sinottiche
(7a e 8a facciata) una esauriente serie di speciali studi di settore a livello
internazionale, il C.T.U. ha convincentemente dato rilievo a due studi che si
differenziano sostanzialmente dagli altri per essere, in sostanza, di essi la
sintesi e al tempo stesso l’ampliamento (non è necessaria una particolare
conoscenza dell’epidemiologia e scienze statistiche in generale per comprendere
che più ampio e numeroso è il materiale esaminato più attendibile è il
risultato e al tempo stesso meno significativa l’incidenza di fattori estranei
alla ricerca e/o in generale gli eventuali errori e casualità).
Ci si riferisce
qui a due studi che costituiscono entrambi "meta-analisi"
(realizzate, tra gli altri, da "alcuni dei più stimati metodologi in campo
epidemiologico) ossia rianalisi e sintesi di numerosi altri precedenti studi
nella medesima materia, ed entrambi pubblicati nell’anno 2000 (effettivamente,
quindi, successivamente ad almeno parte dei provvedimenti dei giudici di merito
invocati da parte resistente, che comunque di essi non fanno menzione alcuna).
In particolare,
dallo studio di AHLBON ET AL si desume argomentatamente la esistenza di un R.R.
(cioè la traduzione in termini matematici dell’aumento o diminuzione, se sotto
l’unità – della possibilità ammalarsi) di 2,00 (con "intervallo di
confidenza", cioè, in sostanza, probabilità che il dato sia esatto, del
95%) con riferimento alle specifiche patologie costituite dalle leucemie
infantili per i soggetti che siano esposti a campo ELF "uguali o maggiori
di 0,4 microtesla" (valore di misura dell’intensità di tali campi).
Sempre con lo
stesso, rassicurante, "intervallo di confidenza" del 95% ad analoghe
conclusioni (RR=2,06) è pervenuta anche l’altra "metanalisi"
valorizzata, di Grenland Et Al, sempre dell’anno 2000, come si è detto e sempre
con esclusivo riferimento alla leucemia.
Ben
motivatamente (v. anche argomentazioni alla 3a 4a e 5a facciata) quindi il
C.T.U., scettica o quantomeno non altrettanto univoca essendo la valutazione
nell’elaborato per quanto riguarda altre patologie, perviene, dopo aver anche
riferito (elemento questo che suscita particolare attenzione nell’operatore
giuridico del campo civilistico, permeato dall’esistenza e attribuzione degli
oneri probatori) della assenza – implicitamente riconosciuta del resto poi
anche dai C.T.P. delle due parti resistenti – di "studi che vanno
inequivocabilmente nell’altra direzione (ossia che non si limitino a ritenere
non sufficientemente dimostrato il nesso eziologico-statistico-epidemiologico),
che "nei bambini esposti a livelli superiori a 0,4 mocrotesla il rischio
di leucemia" (infantili, evidentemente) "è aumentato del 70% (R.R.=1,7)
e che "nei bambini esposti a livelli superiori a 0,4 microtesla il rischio
è aumentato del 100% (cioè raddoppiato).
Pure
documentatamene il C.T.U. ha dato conto di come "le segnalazioni di
rischio per livelli inferiori" superiori a 0,3 microtesla "non
possono essere considerate che ipotesi" (ipotesi che peraltro, subito
appresso valuta come comunque da seriamente considerare, seppur non utilmente
ai fini che qui rilevano).
6.3.3. – Le
risultanze di detta C.T.U. del Dr. Berzino sono state sottoposte a vivace
critica da parte delle due società resistenti, e cioè dai relativi difensori e
C.T.P. (Prof. Carlo La Vecchia e Prof. Enrico Piera).
Parimenti
convincente è risultata la replica contenuta nella successiva nota 13.09.2001
in atti del C.T.U. le cui considerazioni appaiono pregnanti ed assorbenti.
In particolare,
è opportuno richiamare qui la corretta (e utile anche in ordine a quanto qui
oltre al punto 7.3.4) e argomentata considerazione ivi contenuta, secondo cui
"il fatto che l’esposizione a campi magnetici di intensità tale da poter
causare un aumento di rischio significativo di leucemia infantili riguardi solo
una piccola frazione della popolazione generale (dell’ordine dell’un per cento)
non toglie nulla al fatto che per quella frazione sussista un concreto rischio per
la salute".
Pure congruo
appare il rilievo che "mentre nella consulenza tecnica" (10.04.2001)
si è fornito un quadro complessivo degli studi disponibili, mostrando come nel
loro insieme raggiungano una massa di informazioni sufficiente a raggiungere
una relazione di causa-effetto, i commenti del dr. La Vecchia (come pure quelli
del dr. Piera alla relazione della dott.ssa Taioli) contengono una serie di
citazioni da singoli studi di cui autori si preoccupavano giustamente di
sottolineare che le loro osservazioni non potevano essere considerate
individualmente conclusive, "laddove il quesito, come opportunamente
sottolineato dal C.T.U.", non riguardava la conclusività dei singoli
studi, bensì dell’insieme dei dati e valutazioni accreditati nella "comunità
scientifica".
Espressione,
quest’ultima certamente ampia e, per certi aspetti, metaforica – non esiste né
un tempo né uno spazio comune a tutti gli "scienziati" – ma comunque
certamente non coincidente col concetto autoritativo espresso dalle parti
resistenti (V. in particolare memoria 24.10.2001 di parte
"T.E.R.N.A." pagg. 1-2) secondo cui alle sole "istituzioni
scientifiche" (che peraltro sono sfere "contaminate" da
valutazioni, opportunità, e, "last but not least", soggettività
politiche ed economiche) "è demandato il compito di accertare la
pericolosità o meno dei campi elettromagnetici per la salute umana", non
sopportando invece la scienza – perlomeno da quando si è affermato, dopo il
medio-evo il metodo empirico e sperimentale – altra gerarchia e autorità se non
quella degli argomenti nella loro validità.
6.4. –
Conclusivamente su questo, peraltro essenziale, punto, ritiene questo Giudice
della cautela, anche e in particolare con riferimento agli indefettibili
requisiti del "fumus boni iuris" ed altresì anche del "periculum
un mora" (poiché se, come qui si rileva, il rischio nel senso sopra
richiamato esiste, i tempi necessariamente assai più prolungati del giudizio di
piena cognizione appaiono incompatibili con l’urgenza della tutela anche in
ordine alla problematica della irreparabilità), che l’impostazione sopra
sunteggiata del CTU debba essere recepita:
E ciò non (sol)
tanto perché formulata da personalità non solo notoriamente accreditate proprio
nella banca specialistica occorrente alla bisogna, ma operante nella presente
sede come soggetto "super partes" ausiliario del Giudice e come
quest’ultimo "ontologicamente" terzo rispetto alle parti ed altresì
vincolato dal giuramento (a differenza dei CTP, altrettanto per definizione "partigiani"
e che la fisiologia quotidiana del processo civile anche in questioni che
dovrebbero essere estremamente più semplici e quindi meno controvertibili –
come le valutazioni medico-legali sulla singola persona – mostra come portatori
di tesi anche e spesso diametralmente opposte a quelle del CTU, così come del
resto altrettanto fisiologico – ancorché non certo obbligato – è il grado di
maggiore attendibilità che in genere le Corti attribuiscono alle elaborazioni
tecnico scientifiche dei consulenti dalle stesse nominati), bensì sulla base
della valutazione critica di cui sopra del percorso logico-argomentativo che ha
condotto il CTU (Dr. Berzino) alle conclusioni così come qui recepite.
Deve quindi
ritenersi, alla luce di tutto quanto sopra, che con valori di intensità superiori
a 0,3 microtesla dei campi E.L.F. in oggetto, e quindi in tutte e nelle sole
situazioni – non contestate da parte resistente – interessanti le parti
ricorrenti e/o intervenienti, sussista il concreto rischio in oggetto, da
inquadrarsi quindi nell’ipotesi, favorevole alla necessità di intervento
giurisdizionale, sunteggiata alla lettera c) del punto 5.1.1. di cui sopra
della presente ordinanza.
6.5. – Non può
nel caso in esame farsi ricorso al criterio, peraltro pacificamente sussidiario
e invocato dalle pur "agguerrite" difese delle parti resistenti, con
non particolare intensità della priorità d’uso, e ciò proprio alla luce di
quanto sopra riferito dal C.T.U., Dr. Berzino ossia che solo in epoca recente
sono iniziati i primi studi scientifici (non necessariamente noti a persone di
media cultura) sulla possibile necessità dei campi magnetici.
6.6. – Neppure
rileva, in particolare tenuto conto che, come testè richiamato, ci si muove
nell’ambito normativo dell’art. 844 c.c., se nelle abitazioni dei ricorrenti
e/o interventori in cui i campi "E.L.F." indotti dagli elettrodotti
in questione superino la suddetta soglia abitino o meno bambini, perché, a
parte che ciò è comunque irrilevante sotto il profilo della tutela dominicale
(in ordine alla integrità del fondo e del suo valore, d’uso e di scambio), in
ogni caso non si vede come tale eventualità (figli, nipoti, ecc.) possa essere
a priori "malthusievamente" esclusa.
7 – Quanto al
profilo già sopra al punto 6.4 accennato, va considerato che le parti resistenti,
posta in dubbio la possibilità di cognizione del Giudice ordinario civile sotto
un profilo processuale nel senso di cui sopra al punto 2.1 (difetto di
giurisdizione), hanno "poi" (in senso logico-giuridico) dedotto che,
in realtà, a nessuna valutazione sostanziale della fattispecie potesse
addivenire tale Giudice civile ordinario, se non nei limiti, o meglio, ove non
superati (come pacificamente non lo sono in nessuna delle situazioni lamentate
dai ricorrenti e interventori) i limiti (in concreto, di 100 microtesla)
stabiliti dalla normativa pubblicistica, in particolare di cui al D.P.C.M.
23/04/1992 e, poi dalla L. 22/02/2001 n. 36 (il cui art. 16, peraltro
reintroduce in gioco, suppur in via meramente interinale, ma comunque con
applicabilità, "ratione temporis", alla fattispecie in esame, il
limite di cui a detto D.P.R.C. 23/04/1992).
7.1.1 – Non è,
evidentemente, compito del Giudice civile (e della giurisdizione in generale)
dare soluzione a problemi di ordine precipuamente collettivo, e comunque diversi
e al di là – anche se eventualmente almeno in parte coincidenti – di quelli
posti da chi agisce (e quindi, anche di chi ricorra in via di urgenza in vista
di successiva azione) in giudizio, anche se l’interprete non deve trascurare,
quantomeno ai fini delle determinazioni concettuali (ad esempio, in tal senso
può anche tenersi conto, per puntualizzare il concetto di "principio di
precauzione", delle risultanze di momenti di confronto internazionale e/o
interstatuale come quelli, menzionati in ricorso introduttivo – trattato di
Maastricht, conferenza di Rio de Janeiro) più vasti elementi.
7.1.2 – Così,
in fattispecie, processual-sostanziali in cui come nella presente, vengono
prospettate problematiche e diritti individuali che si inquadrano e/o comunque
interagiscono con questioni di ordine collettivo (per esempio, è possibile che
venga adita l’A.G.O. eventualmente con riferimento proprio all’art. 844 c.c. in
ordine a questioni inerenti rifiuti speciali o tossici – nocivi che
interferiscono nella sfera dei diritti individuali di taluno/i, il che non
toglie la rilevanza generale, sotto altro, appunto pubblico – pubblicistico,
profilo, della questione dello smaltimento dei rifiuti).
E pertanto,
quanto all’energia elettrica, non è qui in discussione e neppure in esame (se
non ai limitati fini di cui qui oltre al punto 8.1) la necessità di
approvvigionamento di energia, in particolare elettrica, così come è pacifico e
indiscusso che per essere distribuita (salvo che in un ipotetico futuro il
progresso scientifico individui diverse modalità, oggi probabilmente
impossibili, come del resto altre soluzioni oggi di diffusione anche popolare
apparivano inconcepibili anche solo pochi anni addietro) tale energia necessiti
di una rete territoriale.
Se questi sono
i fini, ciò non comporta la loro eterogenesi, nel senso in particolare che, per
raggiungere tali scopi, non necessariamente debbono del tutto obliterarsi
diritti soggettivi individuali (delle persone così come dominicali), facendo
così indebitamente assurgere la pur indiscutibile e la pur generale collettiva
esigenza di approvvigionamento energetico a dignità di indiscutibile e, per
così dire (le espressioni solo apparentemente appaiono incompatibili)
religioso-scientifico dogma in forza del quale sia possibile e lecito colpire
chicchessia "alla cieca".
Occorre invece
un approccio, per così dire "laico" ai vari nodi e snodi di
questioni, che, quanto al caso in esame potrebbero rappresentarsi come tre
cerchi di diversa dimensione, non concentrici e solo parzialmente coincidenti,
il tutto con la puntualizzazione che il terzo, più piccolo dei tre cerchi, a
differenza degli altri due non può tollerare discriminazioni territoriali (per
esempio, ben possono diversamente determinarsi due diverse Regioni nella
programmazione delle politiche nel territorio, ma non potrebbe il cittadino di
una delle due soffrire di limitazioni di diritti soggettivi individuali che
competono ai "cives" dello Stato italiano.
7.2. – Occorre
ora premettere come sia indiscutibile che l’idea stessa di una disapplicazione
non già in un mero provvedimento amministrativo ("incidenter tantum",
giusta i principi di ripartizione dei poteri di cui in particolare alla legge
abolitiva del contenzioso amministrativo del 1865) bensì di una legge o comunque
di un atto normativo da parte del Giudice costituisca un autentico
"ossimoro", poiché è chiaro che compito del Giudice è proprio quello
di applicare la legge.
La questione è
invece verificare, caso per caso in esame, se la fattispecie sottoposta al
Giudice rientri o meno nella sfera di applicazione di questo o quell’atto
normativo, con quella operazione di interpretazione (ossia di messa in
relazione di astrazione e concretezza) di cui si è detto sopra al punto 2.
7.3 – In
proposito non può essere condivisa né la tesi di parte resistente secondo cui
l’applicabilità in via esclusiva degli altri limiti di cui al D.P.C.M. 1992
sarebbe risolutiva (nel senso della negazione della tutela invocata da
ricorrenti e interventori) di ogni questione, né la, contigua, tesi sempre dei
resistenti secondo cui "l’azione non può prescindere dai piani di
risanamento, contro i quali soltanto dovrebbero in ipotesi, essere indirizzate
le eventuali critiche e doglianze" (V. memoria 03/05/2001 di G.R.T.N.,
pag. 5) con riferimento alla già richiamata L. n. 36/2001, che tali piani (in
graduati termini pluriennali) contempla.
Tale
automatismo giuridico, infatti, anche alla luce delle enunciazioni generali di
cui sopra ai punti 7.1.1 e 7.1.2, non può essere accettato (anche perché,
portato alle estreme, ma non incongrue conseguenze, sottrarrebbero alla tutela
le situazioni non normate).
7.3.1 – Valgono
in proposito, e devono essere qui integralmente recepite, anche tenuto conto
della funzione "nomofilattica" della Corte di legittimità le seguenti
considerazioni, contenute nella sentenza 27/07/2000 n. 9893 della Suprema
Corte: dopo la premessa secondo cui: "Contrariamente a quanto ha affermato
la Corte d’Appello, non è necessario che il danno si sia verificato, perché il
titolare del diritto possa reagire contro la condotta altrui, se esso si
manifesta in atti suscettibili di provocarlo.
In termini
generali, può dirsi che la protezione apprestata dall’ordinamento al titolare
di un diritto si estrinseca prima nel vietare agli altri consociati di tenere
comportamenti che contraddicano il diritto e poi nel sanzionare gi effetti
lesivi della condotta illecita, obbligando il responsabile al risarcimento del
danno.
Con specifico
riferimento al diritto alla salute, sarebbe contraddittorio affermare che esso
non tollera interferenze esterne che mettano in discussione l’integrità a
ammettere che alla persona sia data la sola tutela del risarcimento del danno e
non anche quella preventiva".
La Corte
conclude, tra l’altro che l’ordinamento non manca di una disciplina specifica
circa i limiti massimi di esposizione ai campi elettrici e magnetici generali
dagli elettrodotti: essa è stata dettata con il d.p.c.m. 23 aprile 1992,
emanato in base all’art. 4, 2° comma, L. 23 dicembre 1978 n. 833.
Che una
disciplina di questo tipo ci sia mostra che, allo stato delle conoscenze
scientifiche, l’esposizione ai campi elettrici e magnetici generati da
elettrodotti, se siano superati determinati limiti massimi, è considerata fonte
di possibili effetti negativi sulla conservazione dello stato di salute.
Essa
costituisce d’altro canto espressione di uno degli obiettivi del sistema
sanitario, la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di
vita, oltre che di lavoro (art. 2 L. n. 833 del 1978).
Dato il
presupposto che è allo loro base, e data la natura di normazione secondaria che
è loro propria, discipline di questo tipo hanno il valore di impedire che possa
essere tenuta una condotta che vi contasti.
Non hanno
quello di rendere per sé lecita la condotta che vi si uniformi.
7.3.2 – E’
evidente che il principio interpretativo di diritto di cui sopra vale in ogni
caso anche con riferimento ai piani di risanamento di cui a detta L. 36/2001
(che peraltro reintroduce, come già accennato, in via sommaria il noto D.P.C.M.
1992).
7.3.3 –
Analogamente del resto, in sede penale, è pacificamente acquisito che l’art.
674 c.p. ("disturbo delle occupazioni o del riposo" della generalità
delle persone norma penale, in quanto tale quindi a tutela della collettività)
trova applicazione nei soli casi in cui siffatta lesione interessi appunto tale
indistinta generalità, laddove qualora solo il singolo ne sia investito egli
può esser tutelato solo in sede civile, con riferimento appunto, quantomeno
anche, all’art. 844 c.p.
7.3.4 – Pertanto,
per tornare nell’ambito afferente il caso in esame, e anche e con riferimento
alle deduzioni (cui, come si è visto, il CTU Dr. Berizzi ha congruamente
replicato) di parte resistente in ordine alla limitatezza della porzione di
popolazione esposta al rischio di cui qui è procedimento, ben (o male, a
seconda dei punti di vista, che qui peraltro in nessun modo rilevano) potrebbe
il potere legislativo ed esecutivo decidere, in funzione di ciò, di omettere
qualsiasi misura preventiva, ma ciò non potrebbe far venir meno il diritto del
singolo alla tutela della singola situazione di lesività – rischio.
7.3.5 – Del
resto è invece condivisibile l’impostazione secondo cui la tematica delle
situazioni quali quella in esame è assolutamente analoga a quella inerente le
immissioni rumorose: giurisprudenza ampiamente consolidata della Suprema Corte,
la quale, anzi ha recepito il criterio, di "invenzione"
giurisprudenziale, del supero del valore di fondo nella misura di 3 D.B.A.
(che, trattandosi di valori logaritmici, corrisponde al raddoppio
dell’intensità del rumore) ha distinto i limiti di accettabilità, di natura
pubblicistica, da quelli di tollerabilità, da questi ultimi del tutto
indipendenti, di natura privatistica, sempre con riferimento all’art. 844 c.c.
8. – Rilevato,
chiarito e considerato tutto quanto sopra, e accertato quindi il vulnus
inquadrabile nella fattispecie di cui al primo comma dell’art. 844 c.c.,
occorre ora esaminare quali ne possano essere i rimedi risarcitori, e ciò anche
tenuto conto della necessità di contemperamento imposta dal secondo comma del
detto articolo di legge ai fini della invocata cautela e della causa di merito.
8.1. – Proprio
per tale scopo (v. ordinanza riservata 16/05/2001 qui in atti) era stata
disposta la seconda CTU, demandata al Prof. Alberto Berizzi, docente di
"sistemi elettrici per l’energia" c/o il dipartimento di
elettrotecnica del "Politecnico di Milano", assegnandogli i due
quesiti che seguono:
"Esaminati
atti e documenti di causa, disposti gli opportuni sopralluoghi, degli immobili
di detti ricorrenti e interventori originari al di sotto del limite di 0,5
microtesla nonché di 0,4 microtesla, compatibilmente con la necessità di non
produrre un’interruzione definitiva dell’approvvigionamento di corrente
elettrica con riferimento alle condutture in oggetto specificandone, almeno in
linea di massima modalità esecutive e costi.
A fini
dell’accertamento di cui sopra, ai punti 1 e 2, tenga conto il CTU delle
distanze metriche tra ogni singola abitazione di cui è causa e le linee
elettriche in oggetto".
8.1.1 – Quanto
al primo quesito il CTU, previa rigorosi e precisi accertamenti di fatto e
tecnico-scientifici, da cui è emerso tra l’altro il pressocchè costante
superamento del limite (come sopra ritenuto di tollerabilità) di 0,4 microtesla
nelle abitazioni e pertinenze in oggetto, e che il relativo piano-terra delle
stesse si trova, rispetto al conduttore più basso, a distanza tra la minima di
mt 8 e la massima di mt. 31 (con prevalenza di valori intorno ai mt. 12) quanto
agli elettrodotti n. 265 e 266 Cislago-Sondrio da 220 KV e tra mt. 12 e mt 19
quanto all’elettrodotto n. 532 Cucciago-Noverate da 132 KV, è pervenuto alla
seguente, recisa conclusione.
"Nonostante
le discrepanze rilevate, è comunque possibile concludere che i lavori misurati
sono nella grande maggioranza compatibili con le correnti circolanti nelle fasi
degli elettrodotti, e quindi che la presenza dei campi magnetici così come
denunciata da parte ricorrente e interventrice è riconducibile alla presenza
delle condutture elettriche".
Tale
conclusione non è stata in alcun modo avversata da alcuna delle parti in causa,
e può quindi ritenersi definitivamente acquisita.
8.1.2 – Il
secondo quesito demandato al C.T.U. Prof. Berizzi era quello più strettamente
inerente alla necessità del predetto contemperamento ex art. 844, 2°
comma c.c.
Soltanto un
accertamento e un’indicazione tecnico-scientifica, infatti, poteva dar conto
delle possibili variabili in ordine al rimedio – risarcimento rispetto
all’illecito civile come sopra accertato, rispetto a cui, per esempio, una
risposta totalmente negativa ovvero contemplante come unica opzione
concretamente praticabile lo smantellamento delle intere linee di elettrodotti
con conseguente definitiva interruzione dell’importante asse di
approvvigionamento e distribuzione elettrica avrebbe potuto risultare pregnante
ai fini di cui al predetto 2° comma dell’art. 844 c.c.
Rilevato che,
anche in tal caso nessuna parte in causa ha posto in discussione le risultanze
dell’elaborato peritale, anzi, esplicitamente valutato come attendibile, va
dato atto che pure al secondo quesito il CTU ha dato, sempre previa e sulla
base di vigorose e argomentate considerazioni scientifiche, precisa risposta:
quanto al carico indotto dall’elettrodotto Cislago-Sondrio da 220 KV.
L’unica
soluzione al secondo quesito della CTU, sia considerato il carico massimo
dell’elettrodotto, sia prendendo in considerazione il valore medio, consiste
nell’interramento in cavo del tratto compreso tra i tralicci 293 e 296, con un
costo complessivo dell’intervento quantificabile in 4368 milioni di lire e,
quanto al carico indotto invece dall’altro elettrodotto Cucciago-Noverate, da
132 KV.
"Se invece
si ritiene necessario che l’intera abitazione sia soggetta a valori di
induzione inferiore a 0,4 microtesla, è necessario innalzare di 10 m. l’intero
tratto di linea compreso tra il traliccio 14 e il traliccio 18 e adottare per i
conduttori la configurazione ST, con costo dell’intervento stimabile in circa
625 milioni di lire".
Da quanto sopra
si desume che il rimedio risarcitorio è concretamente praticabile senza alcun
modo porre in discussione il servizio di erogazione dell’energia elettrica, ed
anzi senza neppure modifica di tracciato dei due elettrodotti, e con costi
certamente consistenti (in particolare quanto al primo, da 220 KV) in assoluto,
ma la ci rilevanza non può non essere parametrata alle – ampiamente notorie –
dimensioni economiche oggettive del servizio e soggettive delle parti
resistenti, di talchè non si presenta certamente come irrealistico e/o
gravatorio l’ordine di ottemperare tali indicazioni come meglio specificato qui
oltre in dispositivo.
In ogni caso,
si è qui optato per le soluzioni chiaramente presentate da detto CTU come le
più idonee allo scopo e al tempo stesso per quelle meno gravose economicamente
(in specie quanto all’elettrodotto da 132 KV Cucciago-Noverate), perché ciò era
dovuto, sulla base delle risultanze procedimentali (anche se, trattandosi di
controversia di tipo privatistico, come fin qui ben evidenziato, restano
ovviamente libere le parti di addivenire a qualsivoglia altra soluzione in via
transattivi).
Ragionevole
appare, in relazione agli interessi delle parti e ai presumibili tempi di
concreta realizzazione tecnica il termine di esecuzione di 15 mesi di cui in
dispositivo.
Infine, non
trovando applicazione, per le medesime considerazioni ampiamente formulate
sopra, nella presente controversia civile l’invocato art. 9 della predetta L.
36/201, non rileva qui, all’interno della solidarietà passiva dei due soggetti
resistenti, la ripartizione dei costi.
P.T.M.
a 1) ordina
alle resistenti "T.E.R.N.A. S.P.A." e G.R.T.N. S.P.A." in solido
tra loro di interrare in cavo, nel modo e nel senso di cui alla CTU 19/09/2001
del Prof. Alberto Berizzi in atti, il tratto dell’elettrodotto Cislago-Sondrio
(n. 265 e 266) compreso tra i tralicci 293 e 296;
a 2) ordina
alle medesime resistenti T.E.R.N.A. S.P.A." e G.R.T.N. S.P.A." in
solido tra loro di innalzare di mt. 10 l’intero tratto di linea
dell’elettrodotto Cucciago-Noverate (n. 532) compreso tra il traliccio 14 e il
traliccio 18 e di adottare per i conduttori la configurazione ST;
a 3) entrambi
gli adempimenti di cui sopra ai capi a 1) e a 2) nel termine di mesi 15 dalla
comunicazione della presente ordinanza;
b) assegna il
termine di giorni 30 per l’inizio della causa di merito.
Si comunichi.
Como, 30/11/01
IL GIUDICE
DESIGNATO
(Dr. Massimo
Croci)