ECOLOGIA URBANA

-- UN APPROCCIO TERRITORIALE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE --

RICERCA DI ECONOMIA REGIONALE DI LORENZO BOLOGNINI
Facoltà di Scienze Politiche - Univeristà degli Studi di Urbino
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* Leggi anche l'articolo "Ecologia Industriale" *


Questa ricerca si propone di esplorare l'applicabilità del concetto di sviluppo sostenibile alla città attraverso una ridefinizione del concetto stesso in rapporto alle peculiarità degli agglomerati urbani. Nodo centrale di questo lavoro è l'illustrazione delle procedure di integrazione delle politiche di trasporto e di land-use.

LO SVILUPPO SOSTENIBILE (DEFINIZIONE).
La World Commission on Environment and Developement definisce lo sviluppo economico sostenibile come quella particolare condizione che consente la soddisfazione dei bisogni delle generazioni attuali, senza compromettere il benessere di quelle future.
Prendendo come indice di eco-compatibilità l'impronta ecologica di un Paese (che misura la differenza fra la disponibilità di risorse e il loro effettivo sfruttamento) risulta che l'Italia ha un deficit ecologico estremamente superiore al proprio capitale naturale, situazione resa possibile da massicce importazioni di materie prime.
Ovviamente non è solo il superamento della nostra capacità di carico nazionale a condurci all'insostenibilità: la causa è, piuttosto, l'uso inefficiente delle risorse. I promotori della sostenibilità non auspicano, fatta eccezione per alcune frange ecologiste, un ritorno alle origini, una rinuncia allo sviluppo raggiunto, ma, piuttosto, una via diversa alla creazione di reddito, nella consapevolezza che non tutto ciò che è sostenibile si rivela efficiente, e viceversa.
Riguardo alle possibili prospettive che gli attuali livelli di sfruttamento del pianeta potranno riservarci due sono gli orientamenti prevalenti: il modello pessimistico e quello ottimistico.
Il modello pessimistico descritto da Jay Forester nel 1972 nel libro I limiti dello sviluppo, afferma che entro 100 anni il nostro sistema, se manterrà gli attuali standard di crescita economica, arriverà al collasso. Due potrebbero esserne motivi:
  • la fine improvvisa delle risorse non rinnovabili che causerà estesa disoccupazione, decremento della produzione di cibo e, conseguentemente, morte massiccia della popolazione;
  • la risoluzione del problema dell'inquinamento che causerebbe un incremento della popolazione per il miglioramento del benessere generale e, di conseguenza, provocherebbe una nuova scarsità di risorse tale da affamare la popolazione mondiale.
Il modello ottimistico, elaborato da Herman Kahn in risposta alla pubblicazione de I limiti dello sviluppo, è stato esposto nel 1976 nel libro I prossimi 200 anni: uno scenario per l'America e per il mondo. L'autore sostiene che i miglioramenti tecnologici riusciranno a spingere sempre più avanti il limite della crescita fino a che questo, connesso a un previsto, spontaneo, arresto della crescita della popolazione, non costituirà più un problema(1).

LA DIMENSIONE LOCALE.
L'esigenza di un forte aggancio del tema dello sviluppo sostenibile al territorio, a livello sia regionale che urbano, comincia a essere sentita fin dal 1976 quando, su iniziativa dell'ONU si tenne a Vancouver (Canada) la prima Conferenza sugli insediamenti umani Habitat I seguita venti anni dopo da Habitat II (1996) tenutasi a Istanbul (Turchia) dalle quali è risultato chiaro come la risoluzione dei problemi ambientali globali dovesse partire, per essere efficace, da una dimensione locale e con la collaborazione di tutti gli stakeholder.
Nel 1994 la Conferenza europea sulle città sostenibili tenutasi in Danimarca (cui hanno partecipato un'ottantina di amministrazioni locali) ha portato alla firma della Carta di Aalborg attraverso la quale le città sottoscrittrici si impegnano ad elaborare, a livello locale, piani di azione a lungo termine per uno sviluppo durevole, socialmente equo e ambientalmente sostenibile(2).
Le Nazioni Unite stimano che il 50% della popolazione mondiale vive in città, ma la percentuale sale all'80% se consideriamo i soli Paesi industrializzati. Sono questi i dati che, rendendo superfluo qualsiasi commento, costituiscono il carburante per l'avvio di quel processo di discussione critica del nostro stile di vita che ci ha portati all'inserimento della sostenibilità fra gli obiettivi prioritari, e comportato adozione di soluzioni concrete, all'interno delle città, per il suo reale realizzo.
L'approccio peculiare alla sostenibilità dell'ecologia urbana ha come scopo il raggiungimento dell'efficienza nell'utilizzo delle risorse economiche e ambientali così da tendere a giustificare in pieno il motivo storico, eminentemente pratico, per cui le città sono state create: la massimizzazione delle economie di agglomerazione.
Le città, nel mondo attuale, raggruppando la maggior parte delle attività economiche e abitative costituiscono, di conseguenza, i luoghi dove vengono prodotte la maggior parte delle emissioni inquinanti e dove si consuma la rnaggior quota di energia. Ma, come osserva Camagni(3a) il trade-off stretto fra sviluppo economico e qualità ambientale deve essere messo in discussione quando si analizzino due fra i caratteri fondamentali della città, cioè quando la si consideri:
  • un polo della divisione spaziale del lavoro: sede di scambio fra beni immateriali ad alto contenuto di intelligenza e beni materiali ad alto contenuto di risorse naturali e strumento di liberazione delle attività umane dai vincoli di dotazione delle risorse locali(3b);
  • luogo privilegiato per il conseguimento di economie di scala nel consumo di energia in generale (trasporti illuminazione, riscaldamento, ecc..) e in cui viene massimizzata l'accessibilità alle infrastrutture dei più diversi generi (educative, sanitarie, ecc...)(3c).
Scrive, infatti, Camagni(3d):
Affermare corre fa Rees (1992) e come fa Alberti (Alberti et al, pg 23) che se la popolazione mondiale fosse capace di vivere entro limiti imposti dalla capacità di carico regionale, il risultato netto sarebbe la sostenibilità globale, appare un'affermazione del tutto soggettiva, in due sensi: innanzitutto il consumo di suolo richiesto da un modello di questo genere sarebbe elevatissimo, data la ridotta densità che imporrebbe agli insediamenti; in secondo luogo non si tratta di non essere capaci di vivere in modo diffuso ma dal fatto che tale modello insediativo non appare il più efficiente e sostenibile non dal punto di vista della produttività, né da quello dell'interazione fra gli uomini (altrimenti lo vedremmo realizzato).

PRINCIPI, AMBITI, OBIETTIVI E VARIABILI PER IL RAGGIUNGIMENTO DELLA SOSTENIBILITA' URBANA(3e).
Principi di sostenibilità urbana:
  • efficienza allocativa di lungo termine che comprenda una riflessione sui vantaggi futuri, oltreché immediati, che lo sfruttamento delle risorse comporta;
  • efficienza distributiva che consente al massimo numero di persone l'accessibilità ai vantaggi dell'agglomerazione;
  • equità ambientale inter e intragenerazionale tale da consentire la fruizione dei valori ambientali al massimo numero dei cittadini, presenti e futuri.
Ambiti di applicazione della sostenibilità:
  • le tecnologie;
  • il territorio e la forme urbana;
  • gli stili di vita e di organizzazione del lavoro. Le relazioni fra questi tre ambiti sono talmente strette che spesso non è possibile una loro netta distinzione.
Obiettivi:
  • di breve periodo, in cui si accetta lo stato delle tecnologie e delle localizzazioni e si cerca di orientare la domanda di risorse non rinnovabili e la scelta fra alternative di mobilità;
  • di lungo periodo, in cui si orientano lo sviluppo delle tecnologie e la localizzazione delle attività.

LA FORMA URBANA (3g).
Quando si parla di forma urbana non si deve pensare solo alle sue caratteristiche esteriori: una città, infatti, oltre ad essere un luogo fisico, è una rete di relazioni. Intervenire sulla forma per adeguarla ai principi di sostenibilità significa allora modellare entrambi gli aspetti (materiale e immateriale) avendo coscienza della loro stretta interdipendenza e puntando, più che su vuoti standard quantitativi (modelli globali, taglie ottimali, ecc...) su caratteristiche qualitative che massimizzano l'efficienza della città ponendo particolare attenzione alle sue peculiarità (topografiche, di ambiente naturale e costruito, dell'attività umana al suo interno).


Forma urbana: parametri quantitativi e qualitativi
Parametri Quantità Qualità
Densità intensità di land-use (abitanti per kmq) urban consolidation (disegno urbano)
Dimensione misura dell'estensione fisica della città dimensione funzionale (equilibrio delle parti)
Polinuclearità numero dei poli attrattori urbani struttura e funzionalità dei centri
Aree verdi/protette estensione delle aree protette stato di salute delle aree, facilità di accesso
Tessuto Urbano/infrastrutture mix funzionale, mobilità integrazione fra attività, accessibilità, intermodalità
Frange estensione e distanze dai centri struttura e organizzazione delle frange
Espansioni misura della crescita tipologia della crescita
© Camagni et al. Economia e pianificazione della città sostenibile (3f)


Variabili territoriali che influenzano la realizzazione dei progetti di sostenibilità urbana:
  • dimensione assoluta della città;
  • densità di uso del suolo;
  • la forma urbana.

Obiettivi e strumenti delle politiche di sostenibiltà urbana
Ambiti Breve Periodo Lungo Periodo
Tecnologia Input Substitution
  • incentivi al risparmio energetico
  • tassazione sull'uso di energia
  • diritti di inquinamento vendibili
  • tariffazioni discriminate su servizi e risorse non rinnovabili
Cambiamento tecnologico
  • incentivi alla ricerca su tecnologie pulite e rinnovabili
  • regolamentazione dell'uso di tecnologie inquinanti
Territorio Cambiamento nei modelli di mobilità
  • road pricing, parking pricing
  • car pooling
  • regolazione del traffico in aree congestionate, traffic calming
  • incentivi all'intermodalità
Cambiamento nella forma urbana
  • incentivi alla fornitura di valori ambientali nel periurbano
  • città policentrica, reti pubbliche
  • integrazione trasporti/land-use
  • città di brevi percorsi
Stili di vita e organizzazione Riduzione di stili inquinanti
  • incentivi al riciclaggio e selezione di rifiuti solidi
  • incentivi all'uso della bicicletta
  • attrattività del mezzo pubblico
  • riduzione della domanda di beni con impatto ambientale negativo
Assunzione di stili di vita ecologici
  • telelavoro, teleshopping
  • orari flessibili
  • energie rinnovabili nel riscaldamento
  • lotta all'esclusione/segregazione
© Camagni et al. Economia e pianificazione della città sostenibile


Fino ad oggi due sono i principali modelli che i pianificatori della città sostenibile hanno adottato: il policentrico e quello a cinture verdi (green belts). Entrambi hanno conseguito risultati interessanti ma non si può certo dire che, presi singolarmente, rappresentino un ideale.
Il policentrismo, in particolare, ha comportato:
  • un migliore equilibrio degli insediamenti di dimensioni simili e gerarchicamente dipendenti;
  • il contenimento della diffusione regionale ed il tentativo di nuclearizzazione dello sviluppo in poli più densificati;
  • maggiore accessibilità ai centri della rete;
ma anche:
  • il rafforzamento della crescita urbana lungo l'asse maggiormente favorito determinando squilibri fra le parti del sistema.
Le cinture verdi, da parte loro, hanno consentito:
  • la protezione delle aree verdi già esistenti;
  • il mantenimento di un chiaro rapporto fra urbanizzato e verde;
  • il contenimento della crescita nelle aree già densamente urbanizzate;
  • la valorizzazione di forme urbane compatte (maggiore densità);
ma anche:
  • l'allungamento delle distanze dal centro per gli spostamenti pendolari, quindi una maggiore dipendenza dall'auto per le zone esterne non servite da mezzi pubblici;
  • fenomeni di segregazione residenziale.

Una ragionevole proposta per la progettazione di una forma urbana sostenibile potrebbe, dunque, essere quella di Paola Deda che tenta una fusione tra le due direttrici di sviluppo e che chiama policentrismo a cintura. Il grafico di seguito riportato chiarisce bene le differenze fra i tre modelli di sviluppo (3p).


A) Policentrismo

B) La cintura verde

C) Policentrismo a cintura
© Camagni et al. Economia e pianificazione della città sostenibile


Ma seppure, finora, il policentrismo a cintura può risultare la migliore soluzione al problema della sostenibilità, l'obiettivo che persegue di densificazione dei centri che lo compongono (in modo da disporre, al loro interno, del più ampio mix di funzioni possibile) dovrà applicarsi ragionevolmente: se da un lato potrebbe evitare fenomeni energeticamente inefficienti di espansione dello sprawl urbano, da un altro potrebbe, nelle aree centrali, congestionare la città peggiorando sprechi e consumi.
"I vantaggi ambientali (tralasciando quelli finanziari) dello sviluppo compatto rispetto a quello diffuso sono stati valutati in termini di differenze dal 20 al 50% in meno di inquinamento atmosferico legato alluso dell'auto; dall'8 al 44% in meno di consumo energetico (in primis per la riduzione del traffico); circa il 35% in meno di consumo di acqua; riduzione dell'erosione di suolo, aumentata preservazione dei terreni agricoli e de/le aree natura/i (Sayer, 1994)" (3h).
Per quanto riguarda, invece, le aree di frangia della città (che comprendono aree rurali a bassa densità abitativa) la ricerca della sostenibilità dovrebbe mirare ad una loro riqualificazione attraverso:
  • l'utilizzo delle aree dismesse;
  • la creazione di reddito come fornitrici di servizi per attività di svago, produzione agricola e parchi naturali e non più come sequenza di terreni incolti ed abbandonati in attesa di urbanizzazione; (3i)
  • estensione di adeguate infrastrutture (creazione di un mix di funzioni) servizi pubblici e opportunità lavorative in modo da aumentare la loro attrattività e ridurre il pendolarismo città-campagna.
Ma le modifiche della forma urbana non possono limitarsi alla riprogettazione della sola architettura (seppure largamente intesa) della città, si deve, come prima ho anticipato, intervenire sulla rete di relazioni economico-sociali che pervade la città: si tratta di integrare le politiche di traffic calming con quelle di razionalizzazione delle reti di trasporti e land-use.


I TRASPORTI.
Scopo delle politiche trasportistiche sostenibili è la riduzione della mobilità inter e intraurbana, attraverso la disincentivazione dell'uso dell'automobile privata e la promozione delle modalità di trasporto alternative, in modo da impedire il ritorno ai fenomeni di congestione urbana degli anni '60-'70 (3l)

IL BREVE PERIODO.
Road Pricing: sistema di disincentivazione del traffico che si basa sul principio del polluter pays. Applicato a Singapore fin daI 1976 è stato di recente (1992) sostituito dall'ERP (Electronic Road Pricing) che prevedo la variabilità del pedaggio in base: a) al livello di congestione urbana di quel momento; b) al tipo di veicolo utilizzato; c) alla frequenza con cui l'utente utilizza il veicolo su quella tratta stradale. Il pagamento è effettuato attraverso smart cards prepagate, applicate ai veicoli, e da cui vengono automaticamente decurtati, ad ogni passaggio del casello elettronico, gli importi dei pedaggi.

Car Pooling: le misure di questo tipo incentivano l'uso dell'auto da parte di più persone attraverso l'istituzione di parcheggi o di corsie preferenziali per le vetture pooled.

Park and Ride: questo sistema prevede, al fine di evitare il congestionamento delle vie centrali della città, l'istituzione di parcheggi intorno al centro e di servizi bus-navetta. Di recente esperienze di questo tipo sono state sperimentate a Trento, Padova e Lucca; la frequenza delle corse della navetta nella città di Padova è di 6 minuti, cui vanno aggiunti 5 minuti di cammino per raggiungere il centro (4).

Incentivazione delle modalità di trasporto alternative: la città di Seattle (WA) ha messo a punto per il 1998 un piano strategico per la gestione del traffico il cui obiettivo principale è l'incremento delle alternative al trasporto con auto privata attraverso il potenziamento del servizio pubblico e l'incremento della sicurezza per ciclisti e pedoni.
A Seattle si calcola che le auto in circolazione siano 350 mila mentre 180 mila sono le persone che non dispongono (perché troppo giovani, troppo vecchie o semplicemente sprovviste di patente) di auto privata:
in questi dati risiede l'evidenza immediata dell'importanza di una corretta gestione del traffico nella città. Le persone che prediligono la bicicletta o si spostano a piedi per raggiungere il posto di lavoro costituiscono il 10% dei residenti; il 31%, invece, usa l'autobus, ma si prevede che questa percentuale potrebbe raggiungere il 50% nel caso in cui venisse razionalizzato il servizio pubblico.
Le politiche di incentivo agli spostamenti a piedi o in bicicletta consistono essenzialmente nell'incremento della sicurezza della loro circolazione, tramite una corretta illuminazione delle strade, la costruzione di corsie loro riservate, il rallentamento della velocità del traffico (attraverso l'imposizione di limiti o la costruzione di dossi artificiali); ecc... ( 5)

IL LUNGO PERIODO.(6)
L'aggancio delle politiche trasportistiche ai criteri di land-use è oggetto della pianificazione di lungo periodo della città e ne costituisce l'aspetto più prettamente territoriale. Al proposito la Gran Bretagna ha pubblicato nel 1994 a Planning Policy Guidance, Note 13: Transport, un documento opera del lavoro congiunto del DOE (Department of Environment) e del DOT(Department or Transport) che fissa delle linee guida che, sostengono, potrebbero ridurre entro 25 anni le emissioni di carbonio del 15%. Il principio sottostante questo documento è quello del Right Business in the Right Place: le località vengono classificate in base ai loro profili di accessibilità in A (molto ben servite dai trasporti pubblici); B (servite di infrastrutture di trasporto pubblico e privato di buona qualità); C (ben collegate con la rete stradale ma non adeguatamente servite dal trasporto pubblico).
In sostanza le attività ad alta intensità di utenti dovrebbero essere localizzate nelle zone A mentre quelle a bassa intensità nelle zone C.
A integrazione del principio del Right Business in the Right Piace conseguirà un'adeguata politica dei parcheggi e di generale disincentivo all'utilizzo dell'auto come quelle di cui ho già brevemente accennato per il breve periodo. Per quanto riguarda i parcheggi, per esempio, si ritiene che la giusta misura, nelle località di tipo A, sia di non più di 10 posti per ogni 100 utenti.

TECNOLOGIE EFFICIENTI, RIUSO, RICICLO.
Da sempre al centro del dibattito sullo sviluppo sostenibile il tema del riuso e del riciclo dei rifiuti rientra anch'esso nella pianificazione della città ecologica.
Fra gli esempi più recenti, certamente, Londra rientra a pieno titolo fra i più interessanti: un impianto situato ad Edmonton, incenerendo circa l'11% dei rifiuti domestici londinesi e generando circa 150 mila MW all'anno, costituisce un'eccellente soluzione ai problemi di stoccaggio delle immondizie e, contemporaneamente, al risparmio energetico. Un altro impianto, il SELCHP (South East London Combined Heat and Power) raccoglie 420 mila tonnellate di immondizie dai quartieri del sud-est londinese generando 29 MW l'anno e, nel contempo, provvedendo al riscaldamento di 7500 abitazioni, alcune scuole ed altri edifici.
Il governo, inoltre, ha richiesto ai quartieri la redazioni di recycling plans per il raggiungimento dell'obiettivo del riciclaggio del 25% dei rifiuti urbani entro la fine di quest'anno, fissando contemporaneamente alcuni principi tra cui il trattamento delle immondizie nei luoghi più prossimi alla loro produzione al fine di ridurre gli effetti inquinanti ed i disagi associati al loro trasporto (3n).
Ma, certamente, l'esempio più perfetto di efficiente sfruttamento delle risorse naturali, di riuso e riciclo, è la città di Kalundborg in Danimarca. l'ecosistema industriale di questo piccolo paese, nato spontaneamente e gradualmente perché economicamente vantaggioso per tutti i suoi partecipanti, risale a 27 anni fa. Le rigide norme di tutela ambientale del nord Europa e il diminuito spazio disponibile per le discariche stimolarono già da allora le aziende a trovare impieghi alternativi ai loro materiali di scarto.
Kalundborg è sede di quattro grandi industrie: Asnaes Power Station, una centrale elettrica alimentata a carbone; Novo-Nordisk, una fabbrica di enzimi e prodotti farmaceutici; Gyproc, una fabbrica di pannelli di carton-gesso; Statoil, una raffineria.
Asnaes produce elettricità generando vapore utilizzato dalla Statoil per riscaldare i propri oleodotti (coprendo così il 40% del suo fabbisogno di calore) e dalla Novo-Nordisk (che copre così il 100% del proprio fabbisogno di energia termica) come fonte di pressione e calore. Il resto del vapore è distribuito a un allevamento di pesci e alle case (che si prevede saranno riscaldate tutte così entro il 2005). In questo modo l'efficienza del carbone utilizzato dalla centrale elettrica è salita dal 40% a più del 90%.
Gyproc, invece, beneficia del vapore della Asnaes e del solfato di calcio prodotto dai suoi filtri installati per ridurre le emissioni di zolfo.
Il gas, sottoprodotto del processo di raffinazione della Statoil, passa attraverso un processo di desulfurizzazione dal quale esce lo zolfo solido (utilizzato dalla Kemira Acid, una fabbrica della Jutland) e il gas desulfurizzato, utilizzato da Gyproc e Asnaes invece di essere bruciato. In questo modo Asnaes risparmia 30 mila tonnellate di carbone all'anno mentre Gyproc copre il 95% del suo fabbisogno di gas.
Statoil, inoltre, fornisce le proprie acque di scarto a Asnaes per il raffreddamento dei suoi boiler (che copre così il 75% del suo fabbisogno d'acqua).
Novo-Nordisk fornisce gratuitamente la propria fanghiglia di scarto, ricca di azoto, agli agricoltori locali, che così arrivano a risparmiare circa $50.000 l'anno di fertilizzanti ciascuno.
E proprio la città di Kalundborg potrebbe costituire un eccellente spunto per approfondimento dello studio dello sviluppo sostenibile sotto un ottica territoriale, così come raccomanda Jesse Ausbel:
Spesso le regioni geografiche possono costituire una buona base per applicare i principi di ecologia industriale (7). Le industrie tendono a formare agglomerati in posti specifici che rispondono a certi requisiti di accesso alle materie prime, bassi costi di trasporto, presenza di mercati del lavoro e di sbocco. Questo è particolarmente vero per le industrie pesanti che richiedono grandi quantità di input ed emettono molte materie di scarto. Perdipiù le industrie che riforniscono i grandi complessi industriali tendono a localizzarsi vicino ai propri clienti. Questi complessi industriali come il distretto dell'acciaio intorno alla regione meridionale dei Grandi Laghi, sono ottimi per gli scambi dei materiali che costituiscono il propellente dell'ecologia industriale. La ricerca può investigare le ragioni geografiche, economiche politiche e altre che contribuiscono allo sviluppo dello scambio di materiali fra industrie in una regione.
A causa delle diverse caratteristiche delle regioni questo lavoro potrebbe procedere nella forma di uno studio di una regione che contenga una concentrazione di industrie di un particolare settore. Un altro studio potrebbe riguardare i parchi eco-industriali (7): quali potrebbero esserne le ragioni del fallimento? Si formeranno spontaneamente? La ricerca potrebbe più in generale investigare la questione del se le economie di scala spaziali sono le più vantaggiose e pratiche per la costruzione di collaborazioni industriali regionali: le imprese che si scambiano i materiali devono essere fisicamente vicine o esiste un raggio entro il quale possono localizzarsi?(8)

ALCUNE BEST PRACTICES: APPROCCI DIVERSI ALLA SOSTENIBILITA' URBANA. (9)
MINNEAPOLIS, MINNESOTA.
In questa città è stato creato il Green Institute, un'organizzazione no-profit la cui missione consiste nel difendere l'ambiente naturale e impedire il degrado urbano attraverso lo sviluppo di un'economia sostenibile. A questo scopo sono stati creati una Banca di Scambio dei Materiali Usati (che raccoglie materiali da costruzione provenienti da edifici abbandonati o demoliti) ed è in progetto la costruzione di un parco eco-industriale che dovrebbe coinvolgere circa 20 industrie.
Il finanziamento dei progetti avviene attraverso contributi governativi e sponsor privati oltre che tramite l'attività della Banca di Scambio.

IL CAIRO, EGITTO.
Circa 11 mila cittadini di questa città, la maggior parte dei quali tassisti, hanno convertito i motori delle proprie auto a metano a partire dal gennaio 1996 in seguito a un'iniziativa sponsorizzata dal governo per ridurre l'inquinamento atmosferico. L'impresa che installa i kit di conversione (il cui costo è di 1500 $) afferma che la domanda à talmente alta che centinaia di macchine sono in lista d'attesa. L'incentivo a quest'operazione è, senza dubbio, l'elevato risparmio determinato dal fatto che il metano costa meno della metà del diesel. Gli esperti richiamano l'attenzione sull'esperienza egiziana come una delle più efficaci per combattere l'inquinamento atmosferico in modo sicuro ed economico nelle mega-città di tutto il mondo. L'aria del Cairo eccede la maggior parte dei limiti di sicurezza di concentrazione delle sostanze tossiche fissati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e il cocktail soffocante di sostanze gassose nocive emesso dal milione e duecentomila veicoli (due terzi dei quali vecchi e in cattive condizioni costituisce il secondo fattore inquinante in ordine di importanza dopo le circa 800 industrie localizzate intorno alla città. (10)


NOTE E INFORMAZIONI BIBLIOGRAFICHE
  1. Tom Tietenberg - Environmental and Natural Resources Economics (1996), cap 1.
  2. Dichiarazione di Istanbul (atto finale della conferenza Habitat II), Carta di Aalborg -carta delle città europee per uno sviluppo durevole e sostenibile- e Agenda Locale 21 (documento finale dell'Earth Summit di Rio de Janeiro, 1992).
  3. Camagni Roberto et al. - Economia e pianificazione della città sostenibile (1996). 3a pg 14; 3b pg 17; 3c pg 29; 3d pg 28; 3e pg 29-37; 3f pg 32; 3g pg 149 + tab pg 155; 3h pg 163; 3i pg 166; 3l pg 202; 3n pg 277-279; 3p pg 159.
  4. Per una trattazione più approfondita delle misure di traffic calming si veda Politiche di controllo del traffico in città di piccole e medie dimensioni di Michele Brambilla e Giuseppe Folloni in Economia delle fonti di energia e dell'ambiente n.2, 1994.
  5. Seattle Transportation Strategic Plan, 1998. www.ci.seattle.wa.us/td/tsp.asp
  6. Integrated land-use and transport planning policies, discussion paper a cura di Carey Curtis (Ott, 1998). http://www.planning.wa.gov.au/cgi-bin/index.cgi?page=/publications/content.html Ma un'interessantissima bibliografia critica molto approfondita su questo tema si può trovare anche all'indirizzo www.bts.gov/smart/cat/ornl.html
  7. Per ecologia industriale si intende la materia che si sforza di rendere il funzionamento dei sistemi economici il più possibile simile agli ecosistemi naturali (dove il concetto di scarto non esiste) tramite la costruzione di parchi eco-industriali (raggruppamenti di imprese ognuna delle quali utilizza i prodotti di scarto delle altre).
  8. Industrial Ecology: some directions of research di Iddo Wernick e Jesse Ausubel (1997) http://phe.rockefeller.edu/ie_agenda/
  9. Un'ampia scelta di best practices tra cui quella riguardante la città di Minneapolis può essere trovata sul sito www.sustainable.org
  10. Urban Ecology, n.1 1999. Un campione della rivista può essere ottenuto compilando l'apposito modulo all'indirizzo www.urbanecology.org