Il Mondo

"Pagar bisogna"

Economia di guerra. Emergenza economica. Che cosa pensano gli italiani dell' austerita'

28 settembre 1992

Per vincere la battaglia i sacerdoti del rigore hanno dovuto immolare sull' altare del mercato l' agnello sacrificale piu' prezioso: la lira. C' e' voluta la svalutazione del 7% prima, la fluttuazione del cambio poi per convincere il governo ad approvare una manovra shock che finalmente rispecchia i suggerimenti degli esperti di finanza pubblica.

Un dato balza agli occhi immediatamente: se tutti i provvedimenti sopravvivranno al bombardamento di emendamenti dei parlamentari, la spesa pubblica nel 1993 rimarra' ferma a 471. 300 miliardi, lo stesso livello del 1992. C' e' voluta la tempesta valutaria innescata dalle aspettative di riallineamento legate al referendum francese sul Trattato di Maastricht e dalla tenacia con cui la Bundesbank tiene alti i suoi tassi d' interesse. Ma alla fine il governo si e' mosso . E Giuliano Amato ha fatto quello che avrebbero gia' dovuto fare prima di lui Bettino Craxi, Giovanni Goria, Ciriaco De Mita e Giulio Andreotti. Ha messo un freno alla spesa previdenziale e a quella sanitaria, ha bloccato gli stipendi dei dipendenti pubblici , ha imposto una disciplina di bilancio agli enti locali, ha aumentato le tasse e ha provato a farle pagare persino ai lavoratori autonomi.

Si ribellera' l' Italia a questa vera stangata ? La consapevolezza della necessita' di intervenire sembra essere diffusa oltre ogni aspettativa. Soltanto un italiano su quattro non e' disponibile ad affrontare sacrifici per contribuire al riequilibrio dei conti pubblici. Il dato emerge da un sondaggio condotto per conto del Mondo dalla Swg di Trieste.

Il 31, 8% preferisce ricevere meno trasferimenti e meno servizi dallo Stato, mentre il 14% propende per pagare piu' tasse. Addirittura il 25, 2% non solo non si spaventa di fronte alla prospettiva di un consolidamento del debito, ma la considera la soluzione preferibile per affrontare radicalmente l' emergenza.

L' eta' e la condizione professionale degli interpellati influiscono sulle risposte. Anziani e pensionati scelgono di pagare piu' tasse. E si comprende il perche': i tagli alla spesa sociale pesano relativamente di piu' sulle loro spalle. Imprenditori, dirigenti, liberi professionisti e impiegati privati optano, in oltre il 40% dei casi, per ricevere meno servizi e meno trasferimenti. Perche' temono la fine di una franchigia fiscale finora mai intaccata.

Senza paura.
Il dato piu' sorprendente riguarda la preferenza di un quarto degli italiani per uno strumento normalmente considerato " apocalittico " come il consolidamento del debito pubblico. Certo, chi non possiede risparmi investiti in titoli di Stato puo' essere tentato di scaricare sugli altri, in particolare sui " tagliatori di cedole ", i costi dell' aggiustamento. E in effetti non sono pochi (64, 5% ) coloro che dichiarano di non possedere alcun titolo pubblico.

Il panico tuttavia non sembra essersi impossessato dei risparmiatori nella fase di turbolenza che dura ormai da circa sei mesi. Se si limita l' analisi a coloro che dichiarano di avere in portafoglio titoli di Stato, si scopre che la meta' non l' ha modificato in questo periodo e che addirittura il 35% ne ha acquistati. Solo il 10, 6% ne ha venduta una parte e il 5, 6% li ha venduti tutti.

Nonostante l' allarmismo, quindi, sembra che la gente nutra fiducia negli impegni presi dal governo e dalla Banca d ' Italia. I piu' attivi nella gestione del portafoglio sono le persone di eta' compresa tra i 25 e i 45 anni, gli imprenditori e coloro che vivono al Nord. I meno attivi sono anziani e pensionati , mentre i lavoratori autonomi hanno venduto molto.

Pochissimi intervistati (4, 9% ) dichiarano di possedere titoli esteri: oltre la meta' di questi ne ha comprati negli ultimi sei mesi. Le misure straordinarie. Gran parte degli interpellati non ha declinato l' invito a pronunciarsi sulle misure di carattere straordinario che un governo potrebbe prendere per affrontare l' emergenza del deficit pubblico.

Solo il 3% del campione dichiara che non sono acc ettabili misure straordinarie e il 13% respinge le ipotesi suggerite, che ricalcano quelle circolate nei ministeri e negli ambienti economici . La preferenza va di gran lunga alla patrimoniale su tutta la ricchezza, immobiliare e mobiliare. Il 29, 1% degli interpellati la considera la soluzione piu' accettabile, ritenendo evidentemente che il patrimonio sia sottotassato rispetto al reddito. Una proposta del genere fu suggerita per esempio dal presidente del Pri , Bruno Visentini, subito dopo la costituzione del governo Amato in luglio.

Il 12, 1% sceglie un' altra strada: quella dell' allungamento forzoso della scadenza dei titoli di Stato. Un provvedimento che seminerebbe lo scompiglio sui mercati e che farebbe definitivamente crollare la fiducia degli investitori internazionali nella lira.

Eppure nei momenti di maggior tensione la paura del consolidamento torna sempre ad affacciarsi all' orizzonte, come inevitabile rimedio alle pressanti scadenze che incombono sul Tesoro, tra titoli da rinnovare e titoli di nuova emissione.

Un pochino meno (11, 8% ) piace l' idea di inserire nell' Irpef gli interessi percepiti sui titoli di Stato. Sarebbe una soluzione equa, ma provocherebbe un rialzo dei tassi d' interesse in regime di liberta' di circolazione dei capitali. E il beneficio per le casse dello stato sarebbe cosi' vanificato.

Ancora meno (7, 9% ) piace la prospettiva di un prestito forzoso attuato con il prelievo di una quota del reddito. L' ha suggerita il anche in altri settori politici e sindacali.

Nelle varie categorie la percentuale delle risposte cambia significativamente. I lavoratori autonomi e gli imprenditori manifestano una preferenza piu' accentuata per l' inserimento nell' imponibile Irpef degli interessi. I lavoratori dipendenti, al contraio, propendono in misura accentuata per la patrimoniale, mentre i pensionati tendono a respingere tutte le misure.

Questo governo.
E in grado l' esecutivo guidato da Amato di condurre in porto una manovra di aggiustamento dei conti pubblici che comprenda anche misure di carattere straordinario ? Secondo il 54, 3% degli intervistati la risposta e' no. Sono invece il 31, 5% coloro che accreditano l' attuale compagine governativa di una forza tale da riuscire a imporre anche provvedimenti drastici come quelli forzosi sul debito pubblico. Disaggregando i dati si nota una maggiore sfiducia nel governo nelle aree del nord ovest e tra i lavoratori dipendenti. Un risultato che non sorprende alla luce delle recenti tendenze elettorali.

Il nodo del costo del lavoro.
Il 17 settembre Amato ha dato un segnale importante facendo approvare la legge finanziaria e gli altri provvedimenti connessi alla manovra di bilancio. Ma la tempesta valutaria rischia ora di riaprire un fronte altrettanto delicato: quello del costo del lavoro. L' intesa di luglio partiva dal presupposto che gli altri fattori d' inflazione sarebbero rimasti sotto controllo. E invece la svalutazione della lira ha rimesso in discussione questo presupposto.

Gli economisti e soprattutto i sindacati si chiedono dove finira' la caduta libera della lira cominciata giovedi' 17 con la temporanea uscita dell' Italia dal Sistema monetario europeo. Il marco si stabilizzera' a 805 o a 850 lire ? La svalutazione sara' del 7 o del 15% ? E le imprese come reagiranno a questa improvvisa liberta' d' azione sui prezzi ? Possono aggiustarli per recuperare i margini che si sono fortemente compressi negli ultimi due anni a causa della recessione . Oppure possono tenerli fermi per guadagnare quote di mercato all' interno e all' estero. Dal loro comportamento dipendera' l' impatto sull' inflazione dell' inevitabile aumento di prezzo dei beni importati.

L' accordo sul costo del lavoro era fondato sulle garanzie di controllo dell' inflazione assicurate dalla rigidita' del cambio. La tutela delle retribuzioni in termini reali aveva dunque un solido appiglio. Adesso non e' piu' cosi' e c' e' il rischio che quell' appiglio venga meno. E che all' interno dei sindacati prevalgano le fazioni contrarie a sottoscrivere impegni precisi in materia contrattuale. Sara' questa la prossima tappa sul cammino di Amato: convincere i sindacati che il governo e la Banca d' Italia non hanno abbassato la guardia nel duro match contro l' inflazione; che non ci saranno aumenti ingiustificati nei listini delle imprese; che chi puo' (commercianti, liberi professionisti) non trasferira' sui prezzi gli aumenti d' imposta decisi con la manovra del 17 settembre; che le tariffe e i prezzi amministrati saranno effettivamente bloccati.

E le lobby?
Un altro impegno durissimo Amato dovra' affrontarlo in parlamento dove si provvedimenti varati. Al di la' delle inevitabili reazioni sindacali, non erano passate neanche 24 ore dall' annuncio della stangata che il ministro delle Finanze Giovanni Goria si faceva paladino della prima rivendicazione corporativa. Con una lettera ad Amato, l' ex presidente del consiglio ha manifestato la sua preoccupazione per il trattamento che la legge delega sul pubblico impiego riserva al personale finanziario e delle dogane. Spaventato dalla sospensione dei turni di lavoro e degli straordinari, Goria ha chiesto una revisione alla Camera delle norme approvate dal Senato " per evitare il rischio di bloccare l' attivita' commerciale ".

E questo e' solo l' inizio. Non appena la legge finanziaria comincera' il suo iter parlamentare il lavoro di lenta erosione delle lobby si fara' sentire. Anche perche' all' interno del governo figurano numerosi personaggi che hanno sempre riservato particolare attenzione a determinate categorie. Il gioco di sponda sara' dunque piu' facile.

Amato ha tuttavia una carta preziosa da far valere: la tranquillita' e la buona intonazione dei mercati saranno decisive per il riequilibrio dei conti pubblici. Aspettative di tassi d' interesse decrescenti agevolano il collocamento dei titoli del Tesoro e una Borsa all' insegna del toro facilita le privatizzazioni, assorbendo quantita' massicce di nuove azioni. Tra 1992 e 1993 il governo prevede di incassare 11 mila miliardi con la cessione di aziende e di altri cespiti del patrimonio pubblico. Ma per trasmettere questa fiducia ai mercati c' e' un solo modo: rispettare gli obiettivi, di inflazione e di disavanzo pubblico, annunciati. Di presidenti come Giulio Andreotti e di ministri del Tesoro come Guido Carli la gente non sente certo il bisogno di sosia.




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