Massimiliano Leone

Matricola n. 533802











PSICOLOGIA E PSICOANALISI DELLO SPORT

NELLA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE; L’A.I.P.P.S.

Internet e le tecnologie multimediali

nella profilassi in psicologia dello sport













Introduzione

In questo breve articolo saranno mostrate alcune importanti, a mio avviso, relazioni tra le nuove tecnologie multimediali e la possibilità stessa dell’evolversi di un campo di ricerca quale quello della Psicologia dello Sport.

Ovviamente sono convinto che quanto si dirà a proposito del rapporto tra le tecnologie dell’informazione e l’utilità della loro applicazione nel suddetto campo, si possa estendere anche alle altre discipline. Le mie esperienze personali, in quanto laureando in Filosofia, mi hanno permesso di immergermi in modo particolare nella sperimentazione di questi nuovi mezzi di comunicazione nella ricerca teoretico-filosofica (con la creazione di una rivista interattiva di filosofia insieme al mio amico collega G. Rubagotti) e nello studio degli aspetti psicoanalitici legati all’attività sportiva, con lo sviluppo Via Internet e attraverso software come Power Point (è un programma che permette di realizzare presentazioni multimediali) dei progetti e delle attività dell’Associazione Internazionale di Psicologia e Psicoanalisi dello Sport, A.I.P.P.S., nella quale convergono le prospettive metodologiche di osservazione clinica di G. Lodetti e C. Ravasini.

Quest’ultima esperienza sarà l’oggetto delle successive considerazioni.

Un avvertimento per quanto riguarda l’impostazione e il fine di questo breve lavoro: esso è stato realizzato anche in vista di una comprensione degli aspetti psicoanalitici dell’attività sportiva da parte di coloro che (mi riferisco soprattutto a eventuali studenti di informatica interessati e ai novizi in genere) saranno presenti al seminario in programma nei primi mesi dell’anno prossimo (il 2000!) e che riguarderà le possibilità offerte da XML nella profilassi in psicologia clinica dello sport. Se si considera inoltre che questo lavoro vuole essere un tentativo di abbracciare, a livello introduttivo e con precise finalità, due campi del sapere così diversi, potrete comprendere come l’esposizione delle tematiche debba essere necessariamente semplice e sintetica (aggiungo naturalmente anche i difetti di conoscenza dell’autore!).





Informazione, multimedialità e Internet; psicoprofilassi

Nel primo paragrafo dell’introduzione ho parlato di ‘possibilità dell’evolversi’ in riferimento all’indagine psicosportiva, facendo accenno all’importanza delle relazioni tra tecnologia dell’informazione e l’indagine stessa; ho altresì affermato l’estensibilità di questo concetto anche alle altre discipline. Infatti penso che non si possa negare che una caratteristica essenziale di qualsiasi campo del sapere sia la comunicabilità dei suoi risultati per la necessaria comprensione: in fondo noi conosciamo solo ciò che ci è presente in qualità di informazione. Ma il comunicare, l’informare, l’insegnare, hanno bisogno, oltre che di un mittente e di un destinatario, anche di un mezzo di diffusione, un medium come diciamo oggi. Ma i media di cui ormai disponiamo sono innumerevoli e profondamente diversi dal passato, come sono differenti le loro capacità espressive, le loro modalità di trasmettere un significato, il quale può variare (lo sappiamo benissimo) a seconda del ‘tramite’ utilizzato e della singola variante di tono, di forza che questo ‘tramite’ è in grado di esprimere. Questa è la multimedialità.

L’importanza della relazione scienza-multimedialità è, del resto, argomento di estrema attualità. Sono convinto che sia evidente e alla luce degli occhi di chiunque come il diffondersi di mezzi di comunicazione diversi e sempre più tecnologicamente avanzati, stia mutando il nostro modo di comunicare e ricevere informazioni. Se partiamo dal presupposto che qualunque scienza, come del resto qualunque forma di messaggio (non importa il suo valore in un’ipotetica scala assiologica), debba avere per costituzione dei fondatori e dei destinatari (e, nel caso specifico delle scienze, degli interpreti-continuatori), possiamo ben comprendere, oltre che l’intrinseca necessità, l’importanza ai fini teoretici del mezzo di diffusione e della sua specifica ‘forza’ di diffusione.

Internet (International Network), la rete telematica che abbraccia tutto il mondo e permette la trasmissione di informazioni digitali, sarà la via privilegiata di accesso all’universo delle informazioni, in quella che noi oggi conosciamo come la ‘società dell’informazione globale’: Internet è infatti la realizzazione del “villaggio globale” di McLuhan (Gli strumenti del comunicare, 1967): “L’elettricità [sempre che non venga a mancare] ha ridotto il globo a poco più di un villaggio; nelle ere della meccanica, avevamo operato un’estensione del nostro corpo in senso spaziale. Oggi abbiamo esteso il nostro stesso sistema nervoso centrale in un abbraccio globale che, almeno per quanto riguarda il nostro pianeta, abolisce tanto il tempo quanto lo spazio.” Ciascuna scienza non potrà fare a meno di essere presente in questa società: ne va della sua esistenza

Se abbiamo visto l’importanza che ha la tecnologia dell’informazione nell’ambito di una qualsiasi disciplina, non possiamo non comprendere quanto essa sia fondamentale per la finalità della disciplina in questione: la finalità in psicologia dello sport è la psicoprofilassi, cioè quell’insieme di teorie e pratiche volte alla prevenzione dei disturbi della psiche. Vedremo in seguito, dopo un’introduzione a questa particolare branca della psicologia e alle sue metodologie, come le nuove tecnologie possano intervenire nel raggiungimento degli scopi prefissati.



Psicologia dello sport: osservazione clinica e aspetti psicoanalitici

“Solo dopo Freud cominciamo a sospettare ciò che ascoltare, quindi parlare (e tacere), vuol dire; ciò che questo ‘vuol dire’ del parlare e dell’ascoltare rivela sotto l’innocenza della parola e dell’ascolto: la profondità di un secondo, del tutto diverso discorso, il discorso dell’inconscio.” Althusser

“L’idea originale è l’osservare con l’ausilio di uno sport d’interazione duale, la scherma, quei comportamenti spontanei e di immediata osservazione messi in atto dall’atleta durante la pratica dell’attività. Si è giunti a risultati scientifici degni di valore grazie all’originale metodologia di questo lavoro, l’osservazione clinica diretta ... inserendo nel raggio di studio anche l’ambito sportivo, luogo sociale ove gran parte dell’umanità convive e si misura.” (Prefazione di Marcello Cesa-Bianchi, direttore dell’Istituto di Psicologia della Facoltà Medica di Milano, a Aspetti psicoanalitici dell’attività sportiva di Lodetti-Ravasini)

Il lavoro di Lodetti e Ravasini ha posto le basi per uno studio dei dati osservabili nei comportamenti spontanei espressi dai bambini durante l’attività sportiva (in particolare la scherma, disciplina sportiva ben conosciuta e praticata dai due autori!) e dei principali meccanismi di difesa messi in atto in tali circostanze.

La Psicoanalisi di Freud aveva messo in luce (non è questa la sede per una trattazione neanche sintetica dei punti chiave della sua opera) l’esistenza dei meccanismi di difesa utilizzati dall’uomo nel suo opporre resistenza al “mondo esterno”: ne Le Neuropsicosi da Difesa del 1984 Freud utilizza per la prima volta il termine di “difesa” parlando delle forme di isteria e in particolare della terza forma composta da “persone che avevano goduto di sanità psichica fino al momento in cui nella loro vita ideativa, si era presentato un caso di incompatibilità, ossia ... un’esperienza, una rappresentazione, una sensazione che aveva suscitato un affetto talmente penoso che il soggetto aveva deciso di dimenticarla convinto di non avere la forza necessaria a risolvere, per lavoro mentale, il contrasto esistente tra questa rappresentazione incompatibile e il proprio Io”.

Successivamente, grazie ai lavori di Anna Freud e di M. Klein, sono emersi ulteriori fattori di osservabilità di questi meccanismi nell’analisi del comportamento dei bambini, soprattutto nell’interpretazione del gioco. Infatti nel caso dei bambini si era per lo più costretti a rinunciare al metodo della libera associazione di idee, utilizzato in soggetti adulti. Si sono aperte in questo modo le porte per una comprensione precoce delle nevrosi allo scopo di aiutare il bambino nevrotico a superare i disturbi psichici.

Il lavoro di Lodetti-Ravasini si inquadra in quest’ottica e tende quindi a interpretare i gesti atletici con la certezza che essi abbiano un significato, vogliano dirci qualcosa, ci trasmettano un messaggio circa la personalità del soggetto, per poter poi rintracciare nelle figure tipiche della prestazione schermistica, delle costanti comportamentali collegabili a dei precisi meccanismi di difesa.

L’obiettivo degli autori è quindi quello di “verificare, attraverso l’osservazione diretta, l’ipotesi secondo la quale esistono delle precise correlazioni tra determinate prestazioni schermistiche difettose e la serie dei meccanismi di difesa teorizzati in particolare da Anna Freud. Per esempio: l’omissione di un’azione di offesa o di difesa sarebbe da correlare a un meccanismo di rimozione... e così via.” (Civita nel suo intervento “Caratteristiche epistemologiche delle ricerche sugli aspetti psicoanalitici delle attività sportive” in Sport & Educazione giovanile di Lodetti-Ravasini, 1994)

L’osservazione clinica ha poi dato importanti risultati e ciò e riscontrabile, oltre che dalla lettura dei testi dei due autori, anche da alcuni illustri interventi (oltre a quello già citato del prof. Civita, può dare un’idea dell’interesse suscitato da questo studio l’articolo di Vegetti Finzi “Le attività sportive sono diventate spunto per nuovi studi psicoanalitici... L’anima umana decifrata a colpi di spada e fioretto” apparso nel Corriere della Sera il 30.03.1990). Attraverso apposite griglie di interpretazione si possono notare precisi legami tra i progressi, i mutamenti, le dinamiche comportamentali nel corso di maturazione dell’atleta e i meccanismi di difesa ad essi associati da un lato e, dall’altro lato, le azioni schermistiche previste e prefissate, allo scopo di individuare eventualmente “quei soggetti che nel tempo perdureranno in atteggiamenti di difesa particolari, che potrebbero essere indizio o sintomo di problematiche interessanti da verificare.” (Aspetti psicoanalitici... di Lodetti-Ravasini)





L’A.I.P.P.S. in rete

Abbiamo quindi brevemente illustrato in cosa consiste questa nuova ricerca nell’ambito della psicologia dello sport. Ora finalmente potrò dar seguito a quanto avevo preannunciato: vedremo come questa indagine sugli aspetti psicoanalitici dell’attività sportiva possa venire integrata e resa più funzionale con l’aiuto della tecnologia dell’informazione. Comincerò col parlare di un progetto (l’A.I.P.P.S.) già ben avviato in quest’ottica.

L’Associazione Internazionale di Psicologia e Psicoanalisi dello Sport, membro del Word Council of Psychotherapy, fondata nel 1994 dagli stessi Giovanni Lodetti e Carlo Ravasini e unica associazione onlus (senza scopo di lucro) che si occupa di psicologia clinica applicata all’attività ludico-sportiva, ha come scopo “lo studio, lo sviluppo e la diffusione della psicologia e della psicoanalisi applicata all’attività sportiva, nonché la formazione di operatori in tale settore... soggetti competenti che curando il metodo d’indagine promuovano procedimenti di crescita e curativi dell’individuo...” e inoltre “pubblicare, raccogliere e diffondere studi e ricerche in tale settore...” e ancora “definire e formare la figura dello ‘psicoterapeuta dello sport’ che attraverso studi, analisi e ricerche cliniche svolte con metodologie psicologiche e psicoanalitiche curi lo sviluppo della personalità globale dell’atleta...” (dallo Statuto dell’A.I.P.P.S.).

In questo passo relativo allo statuto dell’associazione vi è tutto quanto si debba ancora dire a proposito degli intenti dei due autori e della particolare clinica che viene promossa “sul campo sportivo”, in continuità con i presupposti teorici e metodologici visti nel paragrafo precedente. Inoltre si parla di divulgazione, di diffusione degli studi e delle ricerche nel settore, di promozione attraverso pubblicazioni e quant’altro, di formazione dei formatori: degli operatori, dei Maestri che dovranno farsi carico di continuare lo studio clinico e l’applicazione delle tecniche formative individuate.

Ma come viene fatta questa divulgazione? Come verranno formati i cosiddetti “psicoterapeuti dello sport”? La risposta fa seguito a quanto detto nel paragrafo relativo a Internet, dove avevamo introdotto il concetto di psicoprofilassi: attraverso l’utilizzo del Web (la rete) come punto di incontro e di raccolta delle pubblicazioni, dei commenti, degli articoli, delle tesi, che costituiscono il materiale scientifico e didattico di questa indagine. L’associazione ha infatti un proprio sito Web (http://i.am/aipps) che fa da contenitore virtuale del suddetto materiale, che non è solo il classico testo sequenziale frutto della digitalizzazione del testo cartaceo, ma è molto di più: le tecnologie della comunicazione offrono, come dicevamo, la possibilità di creare presentazioni multimediali, ovvero fatte di immagini, foto, diapositive, suoni, testo, voci, filmati (e in futuro magari anche odori e sensazioni tattili!). Il sito ospita infatti una presentazione dell’A.I.P.P.S. (realizzata da Gianni Rubagotti con l’ausilio di Power Point, un software che permette di creare diapositive dinamiche che contengono anche immagini e suoni oltre che il semplice testo). Inoltre esiste la possibilità di inviare commenti, lettere e suggerimenti via e-mail (posta elettronica) e di partecipare a veri e propri forum di discussione virtuale.

L’associazione ha tra gli altri progetti quello di istituire un seminario che proponga come tema di discussione quanto appena detto: “Didattica e Internet”, il nome del seminario, sarà una proposta di utilizzo degli strumenti di comunicazione e ricerca delle informazioni presenti in rete, rivolta a tutti i partecipanti che vorranno addentrarsi, oltre che nel mondo di una nuova metodologia di osservazione clinico-psicologica, in un nuovo modo di informare e formare, più snello, più rapido nella ricerca (si pensi ai lunghi lavori di ricerca filologica, per i quali dobbiamo consultare centinaia di volumi in biblioteche anche distanti e invece si consideri la velocità della consultazione Via Internet, che può abbracciare migliaia di biblioteche sparse negli angoli più remoti del pianeta; una consultazione per altro facilitata dai “motori di ricerca” che ci permettono di ottenere l’informazione desiderata attraverso una semplice domanda tipo: “dove posso trovare il libro...?”), interattivo e collaborativo in tempo reale. Possiamo prevedere una serie di lezioni o il seminario stesso in rete, se non addirittura in “videoconferenza” (tramite un computer dotato ad es. di videocamera e microfono): in tal modo l’utente potrà studiare e consultare il materiale didattico su video e mandare commenti via e-mail, oppure, nel caso della videoconferenza, partecipando in diretta, stando comodamente seduto davanti al Personal Computer di casa sua.





XML

Apro una parentesi speciale dedicata a XML (eXtensible Markup Language).

Esso è un linguaggio di programmazione dei siti Web, in particolare serve a classificare e strutturare gli elementi in esso presenti, che poi appariranno sul video (o potranno essere ascoltati o un domani anche “toccati”) secondo stili di rappresentazione scelti di volta in volta. La peculiarità di questo linguaggio, a differenza dei precedenti, sta nel fatto che rende possibile la distinzione tra gli elementi (e la loro strutturazione) e la loro rappresentazione. Potremo quindi assegnare, ad esempio, nella struttura di un testo contenente immagini e didascalie, uno stile grafico diverso a ciascuno tra testo (ma anche  ai differenti elementi dello stesso testo: titolo, nota ecc...), immagini, didascalie e via dicendo. Inoltre l’utente potrà decidere, non solo come, ma anche quale e quali elementi veder apparire sullo schermo.

A cosa serve? A classificare il Web e le informazioni in esso contenuto. E in futuro, come direbbe il prof. Degli Antoni del Dipartimento di Scienze dell’Informazione, a classificare il Mondo. Non è una chimera se pensiamo che un domani il mondo-per-noi potrebbe essere quello digitale!



Tassonomia dei meccanismi di difesa: una possibilità

A cosa ci può servire l’Xml? A facilitare l’informazione, la didattica e quindi la psicoprofilassi in ambito sportivo. Abbiamo visto, nel caso dell’A.I.P.P.S., come Internet e i supporti tecnologici possano essere utili a tal proposito, ma cosa ci suggerisce la possibilità, resaci oggi ancor più agevole da un linguaggio come l’Xml, di classificare le informazioni digitali, in questo caso le teorie e i risultati di un’indagine come quella presa in esame e ancora più specificatamente i singoli meccanismi di difesa?

Facciamo un ulteriore esempio che ci aiuterà nella comprensione di ciò che sarà detto. Nella produzione e nella digitalizzazione del materiale didattico, “marcheremo” (termine che riprende il significato letterale di Xml e che significa più o meno siglare, nominare, etichettare...) l’elemento: “meccanismo di difesa: rimozione” e lo assoceremo ad una immagine (didascalia, diapositiva, filmato o altro) che ritragga un atleta di scherma mentre compie, ad esempio, un gesto di offesa come la “Botta Dritta”; chiunque avrà a disposizione un computer collegato ad Internet potrà cercare, all’interno del sito, la rappresentazione del singolo meccanismo di difesa, in questo caso la rimozione e lo potrà veder rappresentato con l’immagine connessa ad esso e con un’eventuale spiegazione.

Questo discorso suggerisce una cosa: una via tecnologica per l’attuazione di un proposito insito nella metodologia di ricerca dei due autori. Tale metodologia di ricerca, lo abbiamo già visto, si traduce nel raccogliere ed elaborare statisticamente le relazioni difesa-azione (ovvero le relazioni tra i meccanismi di difesa messi in atto dai ragazzi e le rispettive azioni schermistiche) osservate clinicamente. Il proposito è quello di realizzare una vera e propria tassonomia, classificazione, di tali relazioni sul modello del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali più diffuso al mondo.

Per una trattazione completata dei problemi epistemologici che solleva tale documento si veda l’appendice 3 del testo Psicopatologia di A. Civita e La cura della malattia mentale a cura di A. Civita e D. Cosenza, cap. 5. In questa sede posso solo ricordare che questo documento rappresenta il tentativo, cominciato nel 1952 con la pubblicazione del DSM-I, di realizzare una classificazione dei disturbi mentali che potesse essere accettata dalle varie discipline che hanno a che fare con la sofferenza psichica. Esso si distingue quindi per il suo atteggiamento ateoretico, ossia per la sua pretesa neutralità per quanto riguarda la patogenesi dei sintomi psichici, che “qualifica la psicopatologia del DSM in senso strettamente descrittivo”. In realtà esistono pesanti obiezioni sulla validità del testo, per le quali rimando ai testi citati, ma per quanto ci è funzionale si può dire che alla base di questa presunta neutralità si nasconderebbe una teoria strettamente biologica del disturbo mentale e che una “psicopatologia puramente descrittiva comporta per la sua stessa natura un grave fraintendimento della patologia psichica. Limitarsi alla dimensione descrittiva significa veicolare un’immagine distorta della salute e della malattia psichica, come pure in generale della malattia umana.” (Psicopatologia, app.3)

Sorge quindi un problema ben definito dallo stesso Civita nel suo intervento in Sport & Educazione giovanile: “mentre l’impianto metodologico relativo alle procedure di raccolta e di elaborazione statistica dei dati è tipico di un approccio psicologico basato sull’osservazione obiettiva, l’apparato teorico con cui i dati vengono interpretati è di tipo psicoanalitico ed è tratto dai meccanismi di difesa... E’ possibile conciliare l’osservazione obiettiva con la psicoanalisi?”

Il tipo di indagine psicoanalitica è per essenza imprescindibile dal contesto individuale del paziente. La storia individuale del soggetto, le sue più recondite motivazioni, sono la base della tecnica e della terapia psicoanalitica e il tipo di relazione che si instaura di volta in volta tra paziente e analista è qualcosa di unico e irripetibile. Si darebbero quindi due alternative: “operare una scelta di campo tra la psicologia sperimentale e la psicoanalisi” e quindi: “reinterpretare i meccanismi di difesa in chiave concettuale diversa”, cognitivista piuttosto che comportamentista, oppure (“l’alternativa più interessante ma più complessa”) “modificare il contesto osservativo al fine di caratterizzarlo in senso psicoanalitico.”

Io penso che starà ovviamente agli autori considerare questo tipo di obiezioni e semmai  indirizzare la ricerca in un senso piuttosto che in un altro. Credo comunque che, fermo restando la possibilità di una rilettura dei meccanismi di difesa, una classificazione delle relazioni difesa-azione, su base psicoanalitica, sia comunque possibile e funzionale a un eventuale stadio preliminare della ricerca, nel quale lo psicoterapeuta dello sport possa tenere conto, a livello probabilistico, del dato statistico emerso da precedenti osservazioni. Certo, questo non dovrebbe pregiudicare la fase seguente, dedicata all’analisi individuale della specifica prestazione sportiva, dalla quale poi poter ricavare ulteriori informazioni, che possano successivamente trovare o no riscontro con altri “casi” ed eventualmente aggiornare la base statistica.

Non sono sicuramente io ad avere i mezzi per potermi addentrare in una discussione a questo livello. Mi attengo però a quanto ho letto in alcuni passi della Introduzione alla psicoanalisi di Freud, nei quali risalta la certezza che un giorno la Psicoanalisi avrebbe fatto tesoro di ulteriori osservazioni che dimostrassero l’attendibilità delle sue teorie e delle sue ipotesi, in modo da mantenere vivo il suo programma di ricerca. Cito un passo di Freud tratto dal capitolo dedicato al senso dei sintomi, che penso possa interpretare al meglio la mia opinione: “Anche l’isteria [oltre che la nevrosi ossessiva], pur con tutta la sua ricchezza di tratti individuali, ha un numero notevole di sintomi comuni, tipici [il grassetto è mio]...”, ma dopo aver ammesso che, allo stato attuale della ricerca, non si conoscono le ragioni per cui questi sintomi tipici si producono e perché “se in un caso di isteria abbiamo ricondotto un sintomo tipico a un’esperienza o a una catena di esperienze simili (per esempio un vomito isterico a un susseguirsi di impressioni di disgusto)... in un altro caso di vomito, l’analisi ci rivela una serie di presunte impressioni determinanti che sono di natura completamente diversa...”, Freud cerca di consolarci in questo modo: “Se i sintomi individuali dipendono in forma così inconfondibile dall’esperienza del malato, resta possibile che i sintomi tipici risalgano a un’esperienza che è tipica in sé, comune a tutti gli uomini... [grassetto mio]. In breve, non abbiamo alcun motivo di scoraggiarci prematuramente; vedremo che cosa ci riserverà il futuro.”





Conclusioni

Volevo concludere lanciando una proposta ai diretti interessati: è la realizzazione di una “patente A.I.P.P.S.” che riconosca ai futuri psicoterapeuti dello sport, oltre che i requisiti di merito per poter essere ritenuti tali, il merito specifico di aver creduto nel progetto dell’associazione e di averne assimilato i metodi anche per quanto riguarda gli aspetti legati alla didattica multimediale. Può servire anche nel contesto di una strategia della comunicazione!