Il LARA MODERNO
ALFABETO
L’alfabeto Lara è composto da 27 lettere latine riportate
nel modo in cui vanno trascritte e assieme alla loro pronuncia:
a = a (come in “faro”) o = ó (“
“ “bolla”)
b = b (“ “ “ballo”) p
= p (“ “ “palla”)
č (o ch) = c(i) (“ “ “cena”) q = qu (“ “
“questo”)
k = c(h) (“ “ “casa”) r
= r (“ “ “ratto”)
d = d (“ “ “duna”) s
= s (“ “ “sala”)
e = é (“ “ “legno”) š (o
sh) = sc(i) (“ “ “scelta”)
f = f (“ “ “foglia”) t
= t (“ “ “terra”)
j = g francese (“ “ “jour”) u = u (“
“ “luna”)
g = g(h) (“ “ “gara”) v
= v (“ “ “villa”)
h = h aspirata (“ “ “hockey”) x = x (“ “ “xenofilo”)
i = i (“ “ “rima”) y
= i breve (“ “ “fiato”)
l = l (“ “ “lingua”) w
= u breve (“ “ “scuola)
m = m (“ “ “madre”) z
= z (“ “ “zero)
n = n (“ “ “nave”)
“Y” + “i” (yi) si pronuncia “yu” quando
segue una consonante; es.: bilyi (recente) si pronuncia bilyu;
mentre eyi (distratto) si pronuncia com’è scritto.
L’accento cade sempre sulla penultima sillaba, ricordando
che mentre può cadere sulla “u” o “i” non può mai cadere sulla “y”
o sulla “w” (vocali brevi).
Le parole sono sempre
semplici, nella lingua Lara, e brevi; infatti la maggior parte di esse è
composta da 2 sillabe.
Il sostantivo termina sempre in –a.
I nomi propri di persona terminano sempre in –os per il maschile e in –us per il femminile. Se
vogliamo ad es. tradurre in Lara nomi come Giovanni
e Maria, essi diventeranno: Yovanos e Maryus.
Basta aggiungere –s a fine parola; es: mega
= casa, diventa megas = case.
L’intorno dei sostantivi è costituito dagli altri
elementi del linguaggio: aggettivi, avverbi. Le parole che rientrano nel
concetto di intorno (aggettivi, avverbi e tutti i vocaboli che non
siano sostantivi o verbi) hanno la medesima radice del sostantivo,
ma terminano sempre in –i (tranne pochi avverbi che terminano in –š).
L’aggettivo precede
sempre il sostantivo (es.: mami mega = una casa grande),
e resta sempre al singolare quando il sostantivo è al plurale
(es.: mami megas = delle case grandi).
L’articolo in Lara non esiste.
Qualora sia necessario specificare il genere femminile
si antepone va- alla parola; es: hada = servo
diventa va-hada = serva.
Per formare il diminutivo, a fine sostantivo
si aggiunge il suffisso –la (es: kira = mano
diventa kirala = manina; attenzione
all’accento, si legge kiràla), mentre a fine aggettivo si
aggiunge –li (es: grumi = vecchio diventa grumili
= vecchietto; leggi: grumìli).
L’accrescitivo si costruisce aggiungendo il suffisso –ma
al sostantivo e –mi all’aggettivo.
Per concludere il capitolo sulle Parole si noterà che a volte nel
vocabolario Lara possono mancare aggettivi, verbi, ecc. corrispondenti a
certi sostantivi. Molto spesso basta semplicemente aggiungere i giusti suffissi
alla radice per ottenerli.
Mancano poi sicuramente molti sostantivi “costruibili”, come quelli di “mestiere”
e quelli di “provenienza o destinazione”.
Con i primi definiamo colui che (e in Lara chi,
colui che si dice ka) fa, svolge quell’azione indicata dalla radice.
Un es. può essere il seguente: per definire il termine corniciaio (non
presente nel vocabolario) basta prendere il sostantivo o verbo
corrispondente, es. cornice = liba e aggiungere la parola ka
(= colui che) per ottenere libaka ovvero corniciaio.
I sostantivi di provenienza/destinazione
definiscono, invece, il luogo fisico o inteso come concetto astratto
dove si svolge l’azione o dove sono raccolti, vivono, ecc. oggetti, persone,
ecc definiti dalla radice. Si costruiscono mediante il
suffisso -pa (da upa = luogo) aggiunto al
termine del vocabolo d’interesse (es.: matra = studio,
diventa matrapa = università). Qualora si voglia
creare un nuovo sostantivo di mestiere o provenienza/destinazione
bisogna sempre controllare che il vocabolo non sia già presente nel vocabolario
o che non si stia costruendo un vocabolo che possa confondersi con un altro già
esistente, di altro significato.
***
Le direzioni (cosiddette separate)
corrispondono fondamentalmente alle nostre preposizioni e preposizioni
avverbiali. Sono facilmente riconoscibili e memorizzabili in quanto terminano
tutte in -u e sono tutti monosillabi. Le principali direzioni
sono 16, riportate di seguito:
nu* = di ku = su, sopra gu
= come šu = a causa di
tu = a, verso
lu = per(spazio), lungo fu = davanti (a) ru = nel centro di, in mezzo a
yu = da (da quando) vu = per, al fine di
bu = dietro (a)
du = in hu = tra, fra smu = attraverso (spazio)
su** = con pu = giù, sotto vru
= mediante, per mezzo di
*nu può anche essere sostituito con il
suffisso –u da legare a termine di parola, ma solamente in caso
di parole isolate (come ad es. sostantivi non legati ad aggettivi) e al
singolare; es: la frase le mura di casa può tradursi con tonkas nu
mega opp. con megau tonkas. Ovviamente il suffisso
non può essere legato ai nomi propri di persona.
In caso il sostantivo termini in -â (aa), -ea, -ia, -oa o -ua,
ad es. graa (terra) la costruzione con –u diventa –yu
per contrazione. Ad es.: graa da gra-au (della
terra) diventa gra-yu (grayu) o pe-au
(dell’uomo) diventa pe-yu
(peyu).
**la negazione, “senza”, diventa misu.
Esistono tre direzioni cosiddette legate per
declinare i pronomi personali. Esse sono tre: di appartenenza
(che corrisponde al caso genitivo), di donazione (caso dativo)
e oggetto (caso accusativo). I pronomi personali con le loro
declinazioni sono riportati nella seguente tabella:
PERSONE
|
APPARTENENZA |
DONAZIONE |
OGGETTO |
o io |
yo mio |
on mi (a me) |
no me, mi |
a tu |
ya tuo |
an ti (a te) |
na te, ti |
e egli |
ye suo |
en gli |
ne lo, lui |
va essa |
vi suo (lei) |
van le |
va la, lei |
ga sé |
gi suo (proprio) |
gan si (a sé) |
verbo riflessivo |
oy noi |
yon nostro |
ons ci (a noi) |
nos ci, noi |
a voi |
ya vostro |
an vi (a voi) |
na vi, voi |
ey* essi |
yen loro |
ens a loro |
nes li, loro |
vay esse |
vin “ (di
esse) |
vans
“(esse) |
vas le, loro |
Quando le persone sono rette
da una direzione separata vanno coniugate secondo la direzione
d’oggetto. Inoltre vanno legate alla direzione che le regge e
l’accento cade sulla persona e va trascritto.
Es.: Io vengo verso di te = O le tunà
(da tu= verso, a + na= te; N:B: l’accento
va trascritto = tu+na diventa tunà); altri
esempi: vrunés (per mezzo di loro), yuvà (da
lei), hunòs (fra di noi), funé (davanti
a lui), šunà (a causa tua), runés
(in mezzo a loro), ecc.
In realtà non è una regola complessa in quanto viene da sé; infatti se
proviamo a pronunciare una direzione separata seguita da una persona,
l’accento cade automaticamente sul secondo termine (persona); ad es.: bu
na (dietro di te/voi), si pronuncia: bunà e quindi
la regola si scrive da sola! Esiste solo per una questione di brevità e minor
frammentazione della frase.
* Ey si pronuncia “èi” con l’accento grave a
differenza di ei (= anche) che si
pronuncia “éi” con accento acuto.
Il suffisso -n- (da nu = di) va legato
al pronome in direzione d’appartenenza quando questo accompagna un sostantivo
retto da nu. Il suffisso va legato nella seguente maniera ai singoli
pronomi:
n + yo = nyo; n + ya = nya; n + ye = nye; nu + vi = resta separato nu vi; gi + n = gin;
n + yon = nyon; n + yen = nyen; vis + n = vins
Es.: il figlio del tuo
amico = ipa nya tovi ; il colore dei loro occhi = rula nyen neas ; lui con l’automobile di sua moglie = e su plata gin velva
Ka significa
“chi, colui che”; ki significa “che, ciò che”.
Come per le persone, ka e ki vanno legati
alla preposizione che li precede; es.: tukà (verso colui che,
chi), sukì (con ciò che...).
Quando ka e ki sono leganti e seguono
la stessa direzione del vocabolo legato o la direzione
d’oggetto, i due termini non vanno detti o scritti (es.: ta a
ge = quello che tu vuoi).
Quando invece non
seguono la stessa direzione o la loro direzione non sia d’oggetto,
allora vanno detti o scritti. Esempi: tara nukì oy de zava
(il mostro del quale abbiamo paura), opp. neas nu iyas vukà
a same (gli occhi dei bambini per i quali vivete), ecc.
I termini “questo” (sa)
e “quello” (ta) vanno tradotti in maniera
diversa a seconda che abbiano funzione di sostantivo o di aggettivo.
Nel primo caso si traducono rispettivamente con sa e ta
(-a proprio dei sostantivi) mentre nel secondo caso con si
e ti (-i, proprio degli aggettivi).
Es.: O klape
si glepa = io prendo questo (agg.) bicchiere; O
klape sa = io prendo questo (sost.); opp.: ta oy se
= quello (sost.) che noi vediamo. Quando sono sostantivi
vanno legati alla preposizione che li precede; es: sutà (con
quello), vusà (per questo).
Le comparazioni
sono divise in 2 gruppi: minori/maggiori e minime/massime.
Minori/Maggiori
Equivalgono
alla frase del genere: (essere) più opp. meno (...) di
(...). Si costruiscono alla stessa maniera dell’italiano e i vocaboli usati
sono: kui (meno) e mui (più) che
precedono un aggettivo. Il termine di confronto segue la direzione
gu (come); es.: va kui lali gu niva
(essa è meno bella della sorella) opp. ey mui huni gu
gi tovis (essi sono più alti dei loro amici).
Minime/Massime
Si dividono
a loro volta in assolute e relative.
La minima
assoluta corrisponde al superlativo assoluto italiano, ma in forma negativa,
es.: se dico un uomo intelligentissimo, per negativo intendo un
uomo pochissimo (o molto poco) intelligente. In Lara si
ottiene con il suffisso lo-[1]
che va anteposto all’aggettivo cosicché l’es. di prima si
traduce con: lo + eki (intelligente) pea
(uomo) = loeki pea -ricordo nuovamente che l’aggettivo
precede, in genere, il sostantivo, in Lara-.
La massima
assoluta corrisponde al superlativo assoluto italiano in forma positiva.
Facendo lo stesso es. di prima stavolta diremo: un uomo intelligentissimo.
In Lara si ottiene alla stessa maniera della forma negativa, ma
anteponendo all’aggettivo il suffisso ba-[2],
per cui la frase dell’ es. si traduce con: ba + eki pea = baeki
pea.
La massima assoluta applicata sui vocaboli bai
(molto) e loi (poco), quando essi vengano usati
come aggettivi e non come avverbi, li trasforma
rispettivamente in byai e lyoi; es.: moltissimi (o pochissimi)
anni si traduce con byai (o lyoi) milas.
I suffissi lo- e ba- si usano
anche per i verbi (vd oltre il capitolo dei Verbi).
La minima
e la massima relativa corrispondono al nostro superlativo relativo,
per cui presuppongono, come per le minori/maggiori, un confronto.
Vanno
costruite anteponendo il termine mu o wu all’aggettivo,
rispettivemente per dire il più o il meno. Il
termine di confronto segue la direzione du (in)
in caso sia al singolare o altrimenti segue hu in caso sia
al plurale; es: mu huni pea du rava (l’uomo
più alto del mondo) opp. e mu huni hunòs (egli è il
più alto di o tra di noi); invece, ad es., l’uomo meno alto del
mondo si tradurrà con wu huni pea du rava. Spesso,
come italiano, per dire il più grande o il più piccolo o basso,
ecc. basterà tradurre con massimo (babi) o minimo (bibi).
NUMERI
Il nome
dei numeri da
0 - mik 5 - li
1 - pi 6 - zi
2 - ji 7 - dji
3 - di 8 - kli
4 - chi 9 - xi
Per
ottenere il nome di un numero superiore a 9 (tranne per i
numeri che contengano uno 0, vd oltre) basta affiancare i nomi
dei singoli numeri che lo compongono tra di loro e aggiungere -k.
Facciamo un po’ di esempi: ji (2) + chi (4)
+ -k=
jichik (24) opp. di (3) + zi
(6) + xi (9) + -k= kizixik (369).
Quando un numero si ripete all’interno di una cifra, esso andrà
scritto come doppia: es. jichichidik = (2443).
Un discorso
a parte è necessario per lo 0. Quando lo 0 si trova una volta
(cioè è unico) all’interno di una cifra, esso va scritto o detto
come unico: es. di (3) + kli (8)
+ mik (0) = diklimik (380).
Quando invece in una cifra compaiono due o più zeri e
vogliamo ottenere il nome della cifra, allora va scritto o detto
il numero di zeri (usando la radice del numero) + il
suffisso -ek; es.: pi (1) + ji
(2 = inteso, in questo caso, come numero di zeri) + -ek
= pijek (100 , cioè 1 + 2 zeri)
opp. pi (1) + di (3) + -ek
= pidek (1000 , cioè 1 + 3 zeri)
e così via. Quando si incontra 1 numero solo seguito da -ek
vuol dire che si tratta di quel numero + 1 zero; es.: pi (1)
+ -ek = pek (10, cioè 1 + 1
zero) opp. chi (4) + -ek = chek
(40, cioè 4 + 1 zero) e così via.
Esempi di
ricapitolazione: diliklik (358), djek (70),
zijek (600) e chimikxixidek (4.099.000)!
Gli aggettivi numerali ordinali
invece si traducono rispettivamente, per i numeri da
primo – isa sesto - zya
secondo – ja settimo - dja
terzo – dya ottavo - klya
quarto – cha nono - xya
quinto – lya
Per i numeri superiori a 9 basta
sostituire il suffisso finale –ik con –ak o il suffisso –ek
con –uk.
Esempi: quindicesimo
(15°) = pilak (15ak); centotrentesimo
(130°) = pidimak (130ak); quarantesimo
(40°)= chuk (40uk); millesimo
(1000°) = piduk (1000uk).
L’ORA
In Lara la parte
di tempo si chiama asa e, per facilitare le cose e
rapportarci alla suddivisione del tempo secondo i criteri moderni, assimiliamo
il termine asa alla nostra ora moderna; di seguito
propongo alcuni esempi di frasi che riguardano la determinazione dell’orario:
Che ore
sono? In Lara diviene: Ki asa?
Per dire sono
le X si dirà X asa (es.: sono le tre
= di asa), che è diverso da X asas = sono
X ore (es.: sono due ore che aspetto
= ji asas u vipe).
Qualora si
vogliano definire parti di un’ora gli es. sono i seguenti:
Sono le 4
e un quarto = 4
asa mui chin pi (letteralm.: sono le 4 più 1 di
4 ora); sono le 5 e mezza = 5 asa mui ryi
(lett.: sono le 5 più mezza ora).
Alle X = Ami
X asa (lett.: Quando le X ore). Es.: Alle 6 e ¾ (sei
e tre quarti) = Ami 6 asa mui chin di. Ovviamente A
che ora? Si dirà Ami ki asa?
Per
inserire i minuti faccio un altro esempio:
Alle 10 e
25 (minuti) = Ami 10 asa mui jili; notare come il
termine asa segua immediatamente l’ora e come non
ci sia bisogno (vedi in italiano) di specificare il termine nadas
(=minuti).
INTERIEZIONI
L’interiezione più comune in lingua Lara è Ah! (ricordo che
la h va aspirata) e in italiano il suo equivalente
più diretto è Oh!. Questa interiezione però viene usata anche
come aggettivo interrogativo o esclamativo, cioè, per intenderci,
quello che in italiano corrisponde a che...! opp. quanto...!
ecc., es.: ah lali! (che bello!) opp. ah
mami! (quant’è grande!) opp. ah meki ba!
(che strana cosa!), ecc.
VERBO
La forma assoluta presente, corrispondente al nostro infinito,
termina sempre in –e.
Come ho già
anticipato nel paragrafo Comparazioni
anche per i verbi si possono usare i suffissi lo-
e ba- ed equivalgono sempre, rispettivamente, a minime
e massime assolute; es.: va ba + lube (ama) vyuvas
= va balube vyuvas
(ella ama moltissimo i fiori) opp. a lo + lute (conoscete)
kepa = a lolute kepa (voi conoscete pochissimo
la storia).
Quando bai e loi vengono usati
come aggettivi (vedi Comparazioni)
allora useremo byai e lyoi; es. di prima: va
lube byai vyuvas (ella ama moltissimi fiori).
Il verbo
segue, oltre all’assoluto presente, le coniugazioni e i casi,
che in Lara si chiamano direzioni di persona e di tempo.
La prima è
molto semplice in quanto basta anteporre la persona al verbo
in forma assoluta (presente o negli altri tempi); es.: o
kape (io porto), oppure ey kape (essi portano).
DIREZIONI DI TEMPO
Vi sono in
tutto tre tempi per ogni forma del verbo: attiva, passiva
e riflessiva.
Verbo ATTIVO
I tempi
sono gli stessi per tutt’e tre le forme del verbo. Nel caso della forma attiva
si costruiscono nel seguente modo:
1)
l’assoluto presente: radice + -e (l’abbiamo già
visto sopra).
2)
l’assoluto passato: radice + -e + -n.
3)
l’assoluto futuro: radice + -e + -r.
Come
abbiamo già visto nell’es. precedente, basterà anteporre la persona
al verbo in forma assoluta (presente, passato o futuro) per ottenere la direzione di
persona oltre che di tempo; es.: oy panen (noi
sognammo o sognavamo),
oppure e aler (egli verrà), ecc.
Verbo PASSIVO
Nel caso
della forma passiva le direzioni di tempo si costruiscono nel
seguente modo:
1)
l’assoluto presente: radice + -o (passivante)
2) l’assoluto
passato: radice + -o + -n
3)
l’assoluto futuro: radice + -o + -r
Come al
solito anteponiamo la persona per ottenere anche la direzione
di persona; es.: va lenon (essa veniva cercata o venne cercata).
Verbo RIFLESSIVO
Si
costruisce anteponendo o postponendo al verbo la persona “sé”
= ga.
Es. di
riflessivo: a adyer ga! (vi perderete!) oppure e ga
store (egli si veste).
Il Condizionale
Esiste
solamente al presente e si costruisce aggiungendo il suffisso -ir
alla radice per la forma attiva e il suffisso –ur alla
radice per la forma passiva. Es.: a pir (tu
faresti) oppure e kamur ai... (egli verrebbe avvertito
se...). Al passato si ottiene coniugando il verbo nel tempo passato
(un po’ come in inglese...): es. di prima: e kamon ai... (egli
sarebbe stato avvertito se...; letteralm.: egli veniva avvertito se...).
Per fare un altro es. con una frase completa: oy doryon ai a mi zai hegen
(noi saremmo stati uccisi se voi non foste subito arrivati; letteralm.: noi
venivamo uccisi se voi non arrivavate subito).
Il COMANDO
Equivalente
all’imperativo. Basta aggiungere il suffisso -s al presente
della forma attiva o passiva. Es.: luales! (ritorna!).
Quando non è anteposta alcuna persona, il soggetto è tu o voi,
altrimenti va anteposta la persona in tutti gli altri casi. Es.: lapes
(che tu o voi udiate!), ey lapes (che
essi òdano!).
Il VERBO-PAROLA
Corrisponde
al nostro participio e, similmente, ha un tempo presente ed un
tempo passato. Il presente non esiste nel Lara
MODERNO, ovvero non va fatta alcuna particolare costruzione. Per fare un es.: il
partecipante si traduce con ka sime (colui che partecipa)
e quindi i partecipanti = kas sime.
Il passato
(corrispondente al nostro participio passato) si costruisce aggiungendo
il suffisso –an alla radice*. Es.: fui tuyun
pea (un uomo ormai vinto). Al plurale basta aggiungere –s
al termine; es: gorya vu wuns (monumento ai caduti).
*In caso la radice termini in –a
il suffisso da usare diventa –yn per contrazione. Ad es.: verbo ae (chiamare) al participio passato
da a-an
(aan,
chiamato) diventa a-yn
(ayn).
Il Verbo d’ACCOMPAGNAMENTO
E’ traducibile col termine gerundio, anche se implica
un concetto più ampio. Limitatamente al suo significato corrispondente al
nostro gerundio, il verbo d’accompagnamento si costruisce tramite
il vocabolo su (con) seguito dall’assoluto
presente attivo; es.: grumi felen su ble (il
vecchio camminava parlando; letteralm. parlando va tradotto
con col parlare). Quando su precede un verbo che segue
altre direzioni di tempo il suo significato diviene più complesso.
Il su
+ verbo, in tutti i tempi, può essere definita come una frase assoluta.
Verbo d’accompagnam. (gerundio ) passato
Si
costruisce con la preposiz. su seguita dal verbo all’assoluto
passato. Es.: o, su len mega (letteralm.: io, con
l’essere andato a casa) che possiamo tradurre in questi modi: io,
andato a casa opp. essendo andato a casa opp. dato che ero andato/andavo
a casa opp. dopo esser andato/che andavo a casa, ecc.
Verbo d’accompagnam. (Gerundio) FUTURO
La costruzione
di su seguito dal verbo all’assoluto futuro. Immagino che
le traduzioni di quest’ennesima frase assoluta siano intuibili, quindi
avremo: o, su ler mega = dato che andrò a casa opp.
visto che andrò a casa opp. siccome andrò a casa opp. dopo che
andrò a casa, ecc.
Ora
possiamo capire che anche nel caso in cui si abbia su seguito dal
verbo all’assoluto presente (cioè il gerundio
presente) le traduzioni possibili, in realtà, non si fermano al semplice
gerundio, ma anche in questo caso sono molteplici, per cui, usando
ancora l’es. già visto, avremo: o, su le mega = andando
a casa (il vero gerundio) opp. dato che vado a casa opp. siccome
vado a casa opp. visto che vado a casa, ecc.
Il verbo di RINNOVAMENTO
Questo
tipo di verbi corrisponde, in italiano, a quelli che intendono una ripetizione
dell’azione espressa dal verbo e che, in genere, sono preceduti dal suffisso ri-
(ad es.: rifare, ripensare, ecc.). Anche in Lara
sono semplicemente preceduti da un suffisso: lu-[3].
Se si vuole costruire un verbo di rinnovamento che non sia presente nel
vocabolario, bisognerà fare attenzione che, aggiungendo il suffisso lu-
ad inizio verbo, quest’ultimo non assuma altri significati; es.
di verbi di rinnovamento: se (vedere) diventa luse
(rivedere) oppure klape (prendere) diventa luklape
(riprendere).
DIREZIONE
DI POSSIBILITA’
Questa direzione
in realtà è una forma di aggettivo derivato dal verbo. In
italiano la otteniamo col suffisso -bile (cioè che si può, es.: digeribile
= che si può digerire) da unire alla radice del verbo. In
Lara si ottiene aggiungendo il suffisso -si al verbo in
forma assoluta attiva arcaica, ovvero: radice + -a-
+ -si; es.: nete (capire) diventa neta
+ si = netasi (comprensibile).
In caso che
il verbo sia monosillabo allora si aggiunge -asi al verbo
all’assoluto presente attivo (che termina in -e); es.: kre
(mangiare) diventa kre + asi = kreasi
(mangiabile).
Il verbo
al quale venga applicata questa direzione si trasforma in aggettivo
e quindi è sottoposto alle regole degli aggettivi che ho già
esposto nel corso.
Alcuni
verbi in questa direzione hanno delle forme contratte, o sincopate,
che si trovano direttamente sul vocabolario, perché derivano dal linguaggio parlato;
es.: mitosi (incredibile) deriva da mi (no,
non) + tota (forma assoluta arcaica di tote
= credere) + si = mitotasi,
dove è caduto il -ta- centrale. Per questo motivo quando
si vuole applicare la direzione di possibilità è bene consultare il
vocabolario per vedere se il verbo in questione non possieda già una forma
contratta.
Nota: I verbi che in italiano sono intransitivi
possono essere usati spesso in forma transitiva in Lara, a patto che il
significato della frase sia ben chiaro e non equivocabile.
Il verbo essere
Il verbo
ausiliare me (essere) di regola viene omesso
all’interno della frase. Si tratta di una caratteristica che si trova anche in
altre lingue come ad es. il russo. Ad indicare il verbo essere rimane il
soggetto (sostantivo o altro) o altrimenti la persona che
troviamo sempre anteposta al verbo, secondo la direzione di
persona esposta sopra.
Es. di me
(essere) omesso: choka pean tovi (il cane è
amico dell’uomo) opp. ti venas dili (quelle donne sono
sincere) -notate come l’aggettivo resta al singolare con
il sostantivo al plurale, opp. oy milmi (noi
siamo stanchi) ove rimane la persona che regge il verbo essere.
Da ciò vi accorgete voi stessi come basti cambiare la posizione dell’aggettivo
per ottenere due proposizioni di significato diverso, es.: mami
frua (un grande prato) e frua mami (il
prato è grande).
Il verbo essere
non può mai essere omesso qualora non risulti chiaro il senso
della frase e in tre tipi di Costruzione, al presente, al passato
e al futuro. Vediamole con quest’ordine.
Presente. Il verbo me
descrive un’azione di tipo continuativo quando precede un verbo
che si trova all’assoluto presente; es.: o me le
(sto andando) opp. e me pe (sta facendo)
e se proviamo a modificare la direzione di tempo di me,
es.: o mel le (stavo andando) opp. ti
vasa e mer pe (quel giorno egli starà facendo).
Passato. Quando invece precede un verbo che si trova all’assoluto
passato il verbo me descrive un’azione conclusa;
es.: a men len(eri andato) opp. oy
men pen (avevamo fatto) -notate come
si usi sempre me anche quando in italiano invece si usa il verbo avere- opp. ey
men nino (essi erano stati trovati). Anche
in questo caso me può seguire altre direzioni di tempo a
seconda che la frase si svolga nel presente, passato o futuro.
Futuro. Infine il verbo me descrive un’azione potenziale
nel futuro quando precede un verbo che si trova all’assoluto futuro;
es.: a me ler (state per andare) opp. o
me per (sto per fare). Anche qui proviamo a
cambiare la direzione di tempo di me, es.: a men
ler (stavate per andare) e così via.
In pratica
in tutti e tre gli esempi le forme assolute dei verbi hanno funzione di participio
(presente, passato e futuro). Ritengo che tale precisazione renda più
comprensibile l’origine ed il significato di queste Costruzioni poiché
se proviamo a tradurre gli assoluti con dei participi avremo, ad
es.: sono andante opp. sono andato opp. sono andaturo
(partic. futuro - vd in latino).
Uso di “PE” (fare)
In Lara
esiste una costruzione particolare che si usa quando il verbo in
una frase è accompagnato dal verbo pe (fare). In
italiano, per intenderci, sono le frasi di questo tipo: far vedere
opp. far credere ecc., cioè, per riassumere: fare + altro verbo.
In Lara, in questi casi, il pe va aggiunto, come se fosse
un suffisso, alla radice del verbo che accompagna, in
forma assoluta attiva arcaica; es.: trele (lavorare)
+ pe = trel- + -a + pe =
trelape (far lavorare). In caso di verbo
monosillabo si aggiunge -pye invece di -pe;
es.: ble (parlare) + pye = blapye
(far parlare).
Il verbo
al quale è stata applicata questa costruzione segue infine tutte le
regole e le direzioni di un verbo normale.
PROPOSIZIONE OGGETTIVA
Corrisponde
al cosiddetto Discorso Indiretto latino. Esprime in modo indiretto,
appunto, un discorso pronunciato da qualcuno. In italiano in genere
questo tipo di frase vuole il che introduttivo. In Lara, invece, la
frase dipendente segue semplicemente la frase principale o
indipendente. E’ fondamentale però che il soggetto della
proposizione subordinata (dipendente) non venga mai omesso!
Es.: O
ge a le (voglio che tu vada) opp. ey ken va lali
(dicevano che lei era bella); letteralm. questi es. si
tradurrebbero con: voglio tu andare e dicevano essa bella.
PROPOSIZIONE
NEGATIVA
In Lara il
vocabolo mi esprime il no e non italiano. Può
essere utilizzato anche per costruire parole che corrispondono al negativo
di altre e che in italiano in genere cominciano per in- o per dis-
(inusuale, discontinuo, ecc., ovvero negativi di usuale e continuo),
es., in Lara: mitosi (incredibile) opp. milumi
(ignorante; da mi + lumi = no + sapiente) opp. milai
(asciutto; da mi + lai = no + bagnato) opp. miklumi
(anemico; da mi + kluma = no + sangue).
In Lara non
esiste la doppia negazione, tipica dell’italiano e che invece manca in
altre lingue come l’inglese, il tedesco, ecc. Per tale motivo qualora si abbia
una frase che in italiano esige la doppia negazione in Lara invece andrà
omesso il mi; es.: o de miba (io non
ho niente; il non italiano è omesso in Lara = io ho
niente) opp. e aler vyu (non verrà mai) opp. ey
len mi upa (non andavano in nessun posto = letteralm. andavano
in no posto).
PREPOSIZIONE TRA DUE VERBI
Tra due
verbi non va inserita alcuna preposizione o non va
applicata alcuna direzione; es: e toe lume (crede di
sapere), ey ke le (dicono di andare), o
le pe (vado a fare), ales ble suné (vieni
a parlare con lui), ecc.
FORMA IMPERSONALE
Resta da
descrivere l’ultima regola della lingua Lara: la forma impersonale dei verbi.
In italiano le frasi in forma impersonale sono poste alla 3a
persona singolare e sono precedute dalla particella si, es.: si
deve, si pensa, si mangia!, ecc. In Lara la forma
impersonale si costruisce con l’assoluto passivo e quindi le frasi
degli es. si traducono, rispettivamente, con: ako, tio, kro!.
Modi di dire e Costruzioni
particolari
Come in tutte le
lingue, anche in Lara esistono costruzioni e tipi di frasi stereotipate fino a
veri e propri modi di dire. Non è fondamentale conoscerli poiché il più delle
volte basta tradurre in maniera letterale in lingua Lara il modo di dire tipico
della propria lingua, ma usarli in maniera corretta vuol dire essere un vero
“larese”!
I principali esempi
sono riportati di seguito:
allo stesso modo
= semi (lett.: uguale, -mente)
tempo brutto =
skuma
bel tempo = goi kuma
riempire di... = tue su... (lett.: riempire con...);
allo stesso modo: fatto di...;
vestire di...; ecc. = pun su... (lett.: fatto
con...); store su... (lett.: vestire con...)
(fatto) di… =
…-pen; es: piatto di carta = fara-pen taya, altrimenti può
tradursi col semplice aggettivo: fari taya, se però il
significato non è alterato.
a piedi = su
takas (lett: con i piedi)
nel nome di...
= pu aka nu... (lett.: sotto il nome di...)
(anni, mesi,...)
fa = (milas, valas,...) melen (lett.: (anni, mesi,...)
passati); ad es.: c’era una volta = pa melen (lett:: tempo passato)
un piatto di...
= taya su... (lett.: un piatto con)
di volta in
volta = la i la (lett.: volta e volta)
darsi da fare
= ve pe (lett.: dare fare)
di nascosto =
omi
sempre più = mui mui
prendere una
decisione = pe
bata (lett: fare una decisione)
insieme a… e
sostanzialmente tutti i verbi intransitivi come arrivare (a/da),
entrare (a/in), ecc. = si
trad. semplicemente e rispettivamente con sui e hege o ebe ecc., seguiti dal termine in
direzione d’oggetto (vedi la “Nota” al termine del capitolo sui verbi)
simile a.. = vami gu..
Espressioni come di
corsa o alla ricerca, ecc. = si trad. con su + …; in questo
caso: su pele (lett.: correndo) e su lene (lett.: cercando)
da una
parte…dall’altra opp. In parte…in
parte = sta…sta (lett.: parte…parte)
di sera.., la sera.. o la mattina.., al mattino.., ecc.=imala..,
ivasa.. ovvero si trad. senza
preposizioni
tirare a sorte = ene enta (en’enta) (lett.:
provare la sorte, il destino)
in mezzo a…, al centro di…= eri (lett.: centrale, centralmente)
da completare!!!
Altri vocaboli che si modificano in Lara MODERNO:
dare = diventa ve (invece di
ye)
vedere = diventa se (invece
di ne)
persona = diventa da (invece
di uda)
anche = diventa ei (invede
di es)
lunghezza = diventa vra (invece
di va)
lungo = diventa vri (invece
di vi)
dato = diventa yun (invece
di ya)
ogni =diventa emi (invece
di em)
contro = diventa vemi (invece
di emi)
tre = diventa di; terzo = diventa dya
sì = diventa ò.