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Disarmo Nucleare.

 


Disarmo nucleare: progresso o stallo?

di Paolo Cotta Ramusino

 

Gli anni della guerra fredda hanno visto i due blocchi contrapposti costruire un quantitativo irragionevolmente alto di armi di distruzione di massa e in particolare di armi nucleari. Come è noto le 130.000 armi nucleari costruite in oltre 40 anni, installate e gestite per un costo complessivo dell'ordine di circa 9 000 miliardi di dollari (al valore attuale), non sono state mai usate in guerra dopo Hiroshima e Nagasaki. Hanno però rappresentato un elemento centrale nei rapporti internazionali durante il periodo della guerra fredda.

Gli arsenali nucleari hanno costituito una specie di parametro assoluto per la valutazione dei rapporti di forza tra i due blocchi. Nei numeri delle testate e dei missili si poteva leggere chi era avanti e chi era indietro. I pesi dati alle singole parti degli arsenali potevano essere diversi a seconda dei diversi punti di vista, ma il bilancio nucleare restava la lente principale attraverso cui interpretare i rapporti di forza tra i blocchi. Per oltre 40 anni, i due blocchi contrapposti hanno dedicato un livello straordinario di energie finanziarie, politiche e diplomatiche al tentativo di sviluppare la propria forza nucleare e di contenere l'avversario sullo stesso terreno.

Con la fine della guerra fredda questo è in gran parte cessato. Nessuno pensa più che le armi nucleari rappresentino il parametro di riferimento per la valutazione dei rapporti tra Occidente e Russia. L'errore che oggi possiamo però commettere è quello di ritenere che tutti i problemi connessi alle armi nucleari siano finiti. In realtà alcuni di questi problemi non sono neppure avviati ad una soluzione rapida.

Questo deve essere detto senza sottovalutare i progressi straordinari ottenuti negli ultimi 10 anni nel campo del disarmo nucleare e non (vedi Tabella 1). L'inversione di tendenza iniziata dieci anni fa è stata una vera e propria rivoluzione nei rapporti internazionali che ha allontanato l'umanità dal rischio di una irreparabile catastrofe e ha contribuito a dissolvere la contrapposizione tra i due grandi blocchi.

Resta però il fatto che il "genio" delle armi nucleari è uscito dalla bottiglia e non è facile farlo rientrare. Innanzitutto occorre ricordare, almeno in linea di principio, alcuni problemi di lungo periodo. Per esempio il plutonio prodotto (circa 250 tonnellate per soli scopi militari a cui si aggiungono più di 1500 tonnellate di plutonio "civile", cioè contenuto nelle scorie nucleari) che non sarà sottoposto a fissione, sarà utilizzabile come strumento per la costruzione di armi nucleari per un periodo di qualche millennio. E' questa una pesante eredità che lasciamo a generazioni future che distano da noi quanto noi distiamo dalla conquista di Troia o dalla Roma di Giulio Cesare. Non abbiamo una percezione chiara di cosa significhi ciò di come si faccia intenzionalmente a tramandare informazioni con ragionevole probabilità di successo in un periodo cos ì lungo.

Ciò detto, concentreremo qui la nostra attenzione sui problemi di corto periodo che sono ancora aperti. La domanda che ci poniamo è se il disarmo nucleare stia progredendo o se sia invece in una fase di stallo. Questo è stato proprio il titolo del VII Convegno dell'USPID (Unione Scienziati per il Disarmo) tenutosi a Castiglioncello (LI) alla fine dello scorso settembre. La risposta è articolata e non univoca. Val quindi la pena di compiere una breve valutazione analitica della situazione attuale. Come apparirà evidente, gli elementi di freno o di "stallo" sono consistenti e proccupanti.

La seconda domanda che possiamo porci è quale sarà il futuro delle armi nucleari? Si riuscirà a sancire la loro proibizione, come già avvenuto per le armi chimiche e batteriologiche? Uno dei problemi delicati da capire è il ruolo che potrà giocare l'opinione pubblica internazionale.

Questa si è certamente mobilitata efficacemente sul problema delle mine antiuomo, come si era mobilitata a suo tempo contro il riarmo nucleare. Sembra tuttavia difficile che l'opinione pubblica si appassioni oggi alle questioni connesse allo smantellamento delle testate o alla necessità di seguire da vicino gli ulteriori passi del disarmo nucleare. E' opinione diffusa che il rischio nucleare sia essenzialmente un rischio del passato che viene occasionalmente evocato solo quando qualche scoop giornalistico annuncia un ipotetico trafugamento di materiale fissile (che generalmente viene poi smentito o solo dimenticato).

 

di Paolo Cotta Ramusino

Università degli Studi di Milano
Unione Scienziati per il Disarmo (USPID)

CAMPAGNE IN ATTO.

Consiglio scientifico dell' USPID

Assopace

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