Introduzione
In questa seconda parte della nostra
ricerca ci occuperemo di fede cristiana e
di incredulità,
di modelli teo-cosmologici e religioni alternative,
ed infine di quattro figure di rilievo del
pensiero illuministico non-ateo (o
decisamente anti-ateo) che abbiamo raggruppato
in coppie e sono state riferite a
due visioni del mondo che abbiamo così definito: 1. dell’essere
finalistico e provvidenzialistico, e 2. dell’essere incerto (e della certezza di Dio). Nel
primo raggruppamento ci occuperemo di Voltaire
e Rousseau, che concepiscono un cosmo governato da una provvidenza e
da un
ordine divino conferiti da un Dio-Natura
razionale o benevolo. Nel secondo di Hume e Kant, che restano convinti cristiani e, concependo l’essere una
come pluralità di “percepibili” e nello steso
tempo come un’unicità “pensabile”,
si pongono il problema della validità del
conoscere stesso. Dopo aver cercato
nella Parte precedente di offrire un panorama
complessivo della situazione
settecentesca (ma che riprenderemo per alcuni
temi nella Parte Terza) qui
intendiamo soffermarci adeguatamente sul
problema religioso. A causa di una
storiografia talvolta ideologica o superficiale
il secolo XVIII è spesso visto come
a-religioso o irreligioso, il che non è affatto.
Esso, al contrario, vede una religiosità profonda, ma differente
da quella tradizionale, spesso coniugata
con il nuovo interesse per la natura, considerata in termine religiosi. La natura
diventa così o espressione privilegiata del
divino o divina essa stessa; nel
primo caso è ancora il Dio-Volontà della
Bibbia il suo autore e padrone, nel
secondo caso si configura un Dio-Cosmo o
una Dea-Natura a carattere panico e
spesso panteistico che generano nuove teologie
tra le quali spicca per
importanza quella deista.
Il processo di revisione
della religiosità tradizionale era cominciato
nel secolo precedente con Spinoza, che aveva offerto sia un rilettura radicale
delle
Sacre Scritture e sia l’identificazione del
Dio-Volontà col Dio-Necessità. In
realtà il panenteismo spinoziano
non avrà successo, rimanendo sullo sfondo come una
visione religiosa non convincente (si pensi
a Bayle)
e nello stesso tempo devastante per la fede
cristiana. Da ciò l’esecrazione,
sia da parte ebraica che da parte cristiana,
e la sua sistematica espunzione
dall’orizzonte culturale ufficiale ancora
espresso e dominato dalle università
del tempo, caratterizzate per un verso dall’ortodossia
cattolica o protestante
e per l’altro dall’eredità pseudo-scientifica di Aristotele rifluita nella fede stessa. E tuttavia Spinoza, per quanto pochissimo citato in senso positivo dai pensatori del Settecento, è una sorta
di
fantasma sul fondale che pesa molto su tutte
le elaborazioni delle nuove
teologie, non tanto come modello in sé ma
come modello conciliatorio di vecchia
e nuova fede. Ed è proprio in qualche modo
a Spinoza
che si richiama la potente weltanschauung
dell’universo-orologio, che l’olandese aveva
prefigurato nel
sua Dio-Necessità e che i meccanismi cosmici paiono avvalorare
man mano
che le scoperte astronomiche li confermano
e soprattutto li calcolano. Senza
dimenticare che con esso si conciliava perfettamente un
matematismo-meccanicismo che doveva diventare la base
di supporto non solo di alcune nuove fedi
ma anche dell’ateismo deterministico espresso nella seconda metà del secolo e
di
cui ci occuperemo a suo tempo.