APRILE - MAGGIO 1997

Dossier n° 3

ATAC: UNA LOTTA FUORI LE REGOLE
UNA LOTTA DI TUTTI E PER TUTTI

A cura del Centro di Documentazione e Lotta "Rosso 16"

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Sono a disposizione i volantini riguardanti questa lotta.

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

 

 

 

 

Ad aprile 1997 i 120 mila lavoratori del trasporto pubblico sono senza contratto ormai da 15 mesi. La melina tra le parti sociali è risolta da una mediazione governativa che i confederali spacciano presso la categoria come positiva, ma per la prima volta sono presenti sul tavolo due ipotesi di accordo, quella dei sindacati confederali e quella dei comitati di base.

La posizione della Federtrasporti è di totale indisponibilità a sborsare quattrini per il rinnovo contrattuale; al contrario si pretendono sacrifici dai lavoratori in termini di orario flessibile e abbassamento del costo del lavoro del 30% circa. E' una posizione che vuole distruggere conquiste costate anni di lotte.

La proposta sindacale, pure respinta dalle associazioni padronali, contempla l'abbassamento del costo del lavoro, i contratti d'area e atipici, l'apertura ai privati. Tace del tutto sulle malattie professionali.

La piattaforma presentata dai comitati di base rivendica le 35 ore di lavoro settimanali, il dimezzamento a 7 anni dell'anzianità lavorativa per raggiungere il 5° livello, miglioramenti sul piano della salute e sicurezza sul lavoro, riconoscimento delle malattie professionali, recupero salariale sull'inflazione ed aumenti. C'è la piena disponibilità a ridurre i distacchi sindacali.

Le parti sociali (Fit-Cisl, Filt-Cgil, Uiltrasporti, e Federtrasporti, Anac, Fenit, le associazioni padronali) - completamente indifferenti a questa piattaforma - con la mediazione governativa del ministro Burlando siglano il 10 aprile un'intesa al ministero dei Trasporti.

Il governo erogherà 3.600 miliardi alle aziende, coprirà il 40% delle spese per il rinnovamento del parco vetture, ritoccherà le quote contributive e le aliquote IVA. Concede che i "benefici" per i lavoratori entrino in vigore solo dal gennaio dell'anno prossimo, salvo un anticipo di 800 mila £ lorde (550 mila nette) ad aprile e un altro di 400 mila £ lorde a giugno. Introduce elementi di flessibilità, incrementa il ricorso a contratti atipici. Rimanda al livello di contrattazione integrativa la definizione di elementi salariali e normativi (flessibilità ecc.) rompendo l'unità contrattuale e la rigidità della categoria.

C'E' DA STUPIRSI SE I SINDACATI CONFEDERALI E LE AZIENDE SI DICHIARANO SODDISFATTI?

Un contratto secondo le regole.

Cioè in linea con la tendenza: ritardo sulla scadenza naturale e proroga sull'entrata in vigore, concertazione triangolare neocorporativa, mediazione governativa che prepara l'intesa. "Bidone" presentato come una vittoria e chiamata allo sciopero per sostenerlo. E poi i contenuti: abbassamento del costo del lavoro, flessibilità, concessioni alle aziende sul piano della contribuzione, finanziamenti. Previdenza integrativa che soddisfa i sindacati i quali la cogestiscono, consegna liquidità alle imprese, diminuisce le prestazioni previdenziali pubbliche, il salario differito.

Come nel caso del contratto dei metalmeccanici, si vuole "estinguere" la contrattazione nazionale per rompere la rigidità della forza lavoro; lo stesso obiettivo che viene perseguito nelle ristrutturazioni e/o privatizzazioni che dovrebbero smembrare sul piano contrattuale i lavoratori delle Ferrovie, dell'ENEL, dell'Alitalia.

· I lavoratori del Cobas e della CNL spiegano dall'1 al 6 aprile, in assemblee senza "coperture" sindacali, quale accordo si apprestino a concludere i confederali; aprendo gli occhi a moltissimi che lo avevano sostenuto a scatola chiusa spinti dai sindacati, e che avrebbero continuato a scioperare con essi per quel contratto. Questo risultato e la buona partecipazione alle assemblee sono indicativi della volontà dei lavoratori di capire e di non farsi più truffare, delle conclusioni a cui i lavoratori arrivano sulla base della propria esperienza di anni di "fregature" ricevute dai confederali. (Del resto la categoria era già in fermento: a marzo numerosi lavoratori del deposito di Acilia diffidavano in un'assemblea i sindacati dal prendere anche solo in considerazione l'accordo ponte, proposto dalle aziende, che congelava tutti gli automatismi in busta paga, introduceva flessibilità e precariato. C'erano state mobilitazioni dei lavoratori del deposito di Portonaccio contro il piano Niccolai di ristrutturazione elaborato dalla presidenza ATAC-COTRAL, che prevedeva soppressione di corse, tagli occupazionali per operai e autisti, mobilità e flessibilità selvagge, attacco alle condizioni di lavoro e di sicurezza. Questi lavoratori contrapponevano a ciò la richiesta di risoluzione dei problemi di carenze di organico e vetture, e la costruzione dell'azienda pubblica regionale).

· Il 7 aprile si raccolgono i frutti. Nel corso dell'assemblea notturna tenuta nel deposito ATAC di Tor Sapienza sopraggiungono autisti, operai e impiegati in massa, la volontà di lottare è elevatissima, si decide il blocco delle vetture per l'indomani contro l'accordo truffa.

L'azienda è al corrente fin dalle 2 di notte che ci sarebbe stata la protesta, ma non da disposizioni di avvertire l'utenza, con la volontà di strumentalizzarne il malcontento.

L'assemblea invia un comunicato ai giornali - che lo ignorano - e alle associazioni degli utenti per invitarle a discutere dei problemi comuni e per scusarsi dei disagi inevitabilmente creati dallo sciopero.

Una lotta fuori dalle regole.

· L'8 aprile l'adesione alla lotta è notevole: 2.155 lavoratori, il 70% delle vetture in servizio a Roma sono rimaste nei depositi con una punta del 98% a Tor Sapienza. Ed è una lotta fuori dalle norme antisciopero della legge 146, che impongono il preavviso e vietano di astenersi dal lavoro in determinati giorni e orari. Una lotta partecipata, incisiva, che si impone all'attenzione. "Una giornata storica", dirà in un'intervista (la Repubblica 9/04/97) Emilio Dori, uno dei lavoratori sottoposti alla rappresaglia dell'azienda, ex sindacalista CGIL. "Dopo dieci anni lavoratori senza paura" hanno difeso i propri interessi rompendo la cappa imposta da "un sindacato ufficiale dispensatore di frottole".

Proprio per questo le parti sociali, il sindaco Rutelli, il ministro dei Trasporti, il presidente dell'ATAC Niccolai ed altri personaggi e istituzioni, nonché i mezzi di informazione "di massa", li minacciano o li denigrano, cercano di isolare i lavoratori in lotta. Come cercano di isolare la categoria degli autoferrotranvieri, descrivendola come privilegiata rispetto ai metalmeccanici (ma questi novelli paladini delle tute blu non davano dei privilegiati ai metalmeccanici ieri, ed ai pensionati l'altro ieri?), o rispetto ai non garantiti (Niccolai sostiene in un'intervista su la Repubblica del'11/04/97 che "se Roma fosse stata bloccata dai disoccupati" ragionerebbe diversamente: non tollera "quest'illegalità da parte di chi è garantito").

E tentano in tutti i modi di acuire le contraddizioni tra questi lavoratori e gli utenti dei mezzi pubblici. "I diritti dei cittadini vanno garantiti" tuona ancora Niccolai. Ma non è l'azienda inadempiente 365 giorni l'anno del diritto dei cittadini al trasporto pubblico, mantenendo carenze di organico, sottoponendo i lavoratori a condizioni impossibili?

Dopo minacce di ritorsione da parte dell'azienda vengono eletti 5 portavoce dei lavoratori con l'incarico di trattare con le controparti e tutelare i lavoratori stessi. Scattano i provvedimenti disciplinari contro di loro: "il presidente" commina la sospensione dal servizio e dallo stipendio fino alla decisione del consiglio di disciplina; se la sospensione sarà ratificata i lavoratori subiranno una retrocessione "per aver violato la legge 146". C'è poi la spada di Damocle della legge fascista 148 del 1931 - invocata da questi personaggi illuminati - che prevede il licenziamento in caso di fatti penalmente rilevanti. A questo tipo di soluzione mirano esplicitamente i sindacati confederali e quanti sostengono l'assurdità che alcuni lavoratori avrebbero costretto tutti gli altri a scioperare contro la propria volontà.

"Brillano" in questa campagna forcaiola per il licenziamento il sindaco Rutelli e il suo compare Gubbiotti, ambientalista. I 5 portavoce diventano capri espiatori; mentre i sindacati confederali dicono pubblicamente "grazie" ai crumiri o a chi ha avuto paura di scioperare, e la Pretura richiede all'ATAC le generalità dei 2.155 scioperanti. L'aziende intanto provvede a spedire altrettante lettere di richiamo.

Il prefetto Musio interviene con la precettazione: dalla mezzanotte tutto il personale deve tornare al lavoro. Ma a Monza gli autoferrotranvieri scendono in lotta in solidarietà con i colleghi romani, arriva il sostegno da Milano, Ancona, Napoli, Bologna, Livorno. La base in un primo momento spinge per la lotta ad oltranza, per sfidare la precettazione; il confronto e la maturità espressi nei momenti assembleari portano però poi alla decisione di continuare la lotta in modo più razionale, di preparare le condizioni per il successo.

Il 9 si apre un'inchiesta per interruzione di pubblico servizio.

REGOLE INACCETTABILI

Infrangere le regole lungi dall'aver ipotecato la riuscita della protesta, rappresenta un elemento qualificante di questo percorso. Se in assemblee senza regolare copertura sindacale si sono creati i presupposti per lottare contro il bidone di CGIL-CISL-UIL, andando ben oltre il "regolare" mugugno e schierandosi per una contropiattaforma; se quindi infrangere le regole dell'egemonia programmatica e organizzativa dei sindacati di Stato ha permesso ai lavoratori di esprimere i propri interessi, lo sciopero autorganizzato dell'8 aprile, fuori dalle regole delle norme che pretendono di disciplinarlo, ha raccolto un'adesione massiccia e una voglia di lottare da tempo non riscontrabili negli scioperi indetti dai confederali.

Mettersi fuori dalle regole da parte dei lavoratori in lotta non è stata e non è una semplice scelta soggettiva dettata dall'impulsività o dall'esasperazione: lo obbligano le condizioni e l'esperienza maturata. In determinate circostanze non c'è alternativa per i lavoratori al rompere i vincoli che legano loro le mani. Non cedere al ricatto può diventare l'unico modo per essere presi in considerazione, particolarmente in una situazione in cui ci si sente con le spalle al muro, dopo anni di arretramenti continui di tutta la classe lavoratrice. Con la consapevolezza che la concertazione tra le parti sociali, aziende - sindacati - governo, è una trappola neocorporativa in cui "spariscono" progressivamente potere d'acquisto, diritti, rigidità conquistati a duro prezzo.

I lavoratori sono stati portati al punto di non poter rispettare certi vincoli, sanno a che cosa vanno incontro se non rialzano la testa. Basti pensare all'accordo del luglio '93: una volta accettatolo, si è dovuto addirittura mendicare il suo rispetto. Meglio lottare subito con intransigenza, affrontando anche la repressione. Da questo punto di vista i lavoratori dell'ATAC hanno tratto insegnamento dall'ultima vicenda contrattuale dei metalmeccanici.

La posta in gioco è il peggioramento sicuro e generalizzato delle condizioni di chi vive della propria forza lavoro. Per noi e per le prossime leve di lavoratori. In alternativa alla lotta intransigente e determinata c'è un futuro di flessibilità, precarietà, sottosalario, ricatti.

· L'11 aprile si svolge un'altra assemblea notturna al deposito ATAC di Tor Sapienza. Per un contratto giusto, contro la repressione e la legge antisciopero, in solidarietà ai 5 portavoce sottoposti alla criminalizzazione, per il ritiro immediato della loro sospensione. Sono presenti autisti, operai, impiegati e dipendenti dell'azienda in pensione (uno di loro prende la parola per esprimere il sostegno agli ex colleghi). Arriva la solidarietà degli autoferrotranvieri di Genova, Milano, Ancona, Napoli, dei macchinisti della metro che hanno proclamato lo stato di agitazione, degli operai di molte fabbriche, dell'assemblea generale dei lavoratori della Centrale del latte, del Comitato nazionale dei lavoratori contro la privatizzazione dei Monopoli di Stato.

L'assemblea si prefigge di allargare e rafforzare la lotta, coinvolgervi altre città. I Cobas e la CNL danno il massimo sostegno fattivo. Si proclamano tre giornate di sciopero, il 22 e 30 aprile e il 9 maggio. Si propone di rifiutare con lettera formale l'anticipo di aprile sul contratto contestato, per non legittimarlo; di richiedere che dalle buste paga si trattenga una frazione di stipendio da versare direttamente in quelle "vuote" dei 5 lavoratori portavoce; di diffondere un volantino/manifesto all'utenza per spiegare le proprie ragioni, solidarizzare e rompere l'isolamento. Compattezza, solidarietà e determinazione a lottare hanno caratterizzato l'assemblea; si decide una manifestazione il 19 aprile sotto il Campidoglio per sostenere le proprie rivendicazioni, comunicare con i cittadini, protestare contro Rutelli il Podestà, raccogliere la solidarietà dei molti disposti a darne.

Un inciso: i lavoratori in assemblea non si sono fatti strumentalizzare dai rappresentanti di AN, accorsi perché preoccupati per la "pericolosa deriva autoritaria" (sic! - la Repubblica 12/04/97).

Inserire volantini: 1) "Comunicato a tutti i lavoratori ATAC/COTRAL" 2) "Sciopero tutti i giorni" 3) "Lavoratori in lotta, uniamoci!" 4) "Cobas coord. naz. al Sindaco di Roma" 5) "No alle intimidazioni!!" 6) "Unioni Popolare - Scioperi ATAC".

· 19 aprile. In mille sotto il Campidoglio, presente una delegazione di autoferrotranvieri di Milano; una manifestazione preparata da una settimana di volantinaggi, raccolta di firme, incontri, che hanno contribuito a riattualizzare la tradizione di lotta e solidarietà che appartiene ai lavoratori dell'ATAC fin dai tempi del fascismo.

Contro la posizione forcaiola del sindaco (tantissimi cartelli "EX VOTO RUTELLI"); per ribaltare l'accordo sottoscritto da aziende, confederali e governo. E solidarietà ai 5 portavoce espressa ai megafoni da numerose realtà: scuola, Telecom, sanità, ENEL, poste ecc.

Si mettono in luce altri casi di intimidazioni aziendali: all'Ente Poste 47 lavoratori sospesi per aver comunicato all'utenza quali disagi avrebbe prodotto la ristrutturazione aziendale; 28 lavoratori dell'ospedale S. Giovanni sospesi per aver denunciato carenze all'inaugurazione del DEA (dipartimento d'emergenza).

Inserire volantini: 1) "CNL - COBAS Ai colleghi dell'ATAC" 2) "SdB/ARCA - Solidarietà" 3) Comunicato del CdL Rosso 16.

 

· 22 aprile sciopero nazionale di 4 ore, indetto dalla CNL e dal COBAS autoferrotranvieri secondo i canoni del codice di autoregolamentazione. Contro l'intesa contrattuale accettata dai sindacati e per un rinnovo del contratto di lavoro rispondente agli interessi della base - obiettivi iniziali -, e in risposta a chi vuole criminalizzare i lavoratori romani, per il ritiro dei provvedimenti disciplinari. A Roma, dove appunto lo sciopero ha anche valenze simboliche, l'adesione è stata secondo i COBAS del 60% all'ATAC e del 50% al COTRAL, con la partecipazione di 4.000 lavoratori. Per l'ATAC sono tornate nei depositi circa il 50% delle sue vetture, mentre sulla linea "B" della metropolitana l'80% delle vetture non era in servizio.

Per Barberio, segretario regionale della CNL, "CGIL-CIS-UIL hanno fatto di tutto per boicottare la protesta, ma non ci sono riusciti. I lavoratori hanno espresso grande solidarietà con i 5 sospesi". Così si esprime Emilio Dori, uno dei 5: "E' stata una dimostrazione di grande solidarietà nei nostri confronti, hanno vinto i lavoratori, ha perso il sindacato ufficiale". (la Repubblica 23/04/97).

La sera si tiene un'assemblea. Nel suo intervento Roberto Cortese, uno dei 5 lavoratori sospesi, afferma: "Abbiamo vinto, abbiamo dimostrato che quella dell'8 aprile non era una protesta occasionale. Il nostro è un movimento forte, con cui l'azienda e i confederali ormai devono fare i conti". E sull'azione di lotta dell'8 aprile: "Era quello l'unico modo per (...) esprimere la nostra insoddisfazione sulle attuali condizioni di lavoro e soprattutto sul nuovo contratto nazionale, che Cgil, Cisl e Uil volevano firmare senza neanche farcelo leggere". (Corriere della sera 23/04/97).

Arriva la solidarietà dei minatori del Sulcis.

Un lavoratore propone di fermare le vetture senza ricorrere allo sciopero, avvalendosi in modo scrupoloso di una norma che stabilisce di non far uscire dai depositi quelle vecchie o in cattive condizioni.

Viene votata e approvata a maggioranza assoluta la giornata di sciopero del 30 aprile

· Tante espressioni di solidarietà hanno preceduto lo sciopero di 8 ore del 30 aprile: striscioni, manifesti, ta-tse-bao, soprattutto davanti alle rimesse ATAC e COTRAL.

· Il 30 aprile 8 ore di sciopero a livello regionale, specificatamente in appoggio ai lavoratori romani sospesi, indette dalla CNL e dal COBAS autoferrotranvieri. Adesione intorno al 40%. Si svolge una protesta davanti al quartier generale dell'ATAC. Sotto la scalinata del Campidoglio un guasto lascia un autobus di traverso.

Il presidente Niccolai rifiuta di trattare; intanto la commissione d'inchiesta, ascoltati i 5 sospesi ed altri lavoratori, ha fatto pervenire una relazione al consiglio di disciplina, cui spetta la decisione finale in merito ai provvedimenti punitivi (ricordiamo che il consiglio di disciplina è composto da 7 membri: 1 magistrato, 3 rappresentanti dell'azienda e 1 ciascuno ai sindacati confederali...).

Vengono trasmessi alla Procura gli atti dell'inchiesta sullo sciopero dell'8 aprile: un Pubblico Ministero dovrà decidere sull'iscrizione nel registro degli indagati.

· Il 6 maggio l'ATAC reintegra i 5 portavoce limitando le loro "punizioni" ad una sospensione dal servizio e dallo stipendio differenziata, dai 5 agli 8 giorni. Nello stesso tempo infligge ad altri 11 lavoratori (tra i quali un'impiegata alla quale si vuole far pagare di aver scioperato per solidarietà) la retrocessione, cioè la sanzione massima prevista dalle norme, riconoscendo in essi i nuovi "veri responsabili" della protesta dell'8 aprile. L'azienda percorre la strada dell'escalation, disponendo dei duemila e passa ostaggi rappresentati dai partecipanti a quella giusta lotta.

Ma la conduzione della vicenda da parte della presidenza ATAC non soddisfa i falchi: perché comminare la massima punizione solo ad 11 dei lavoratori in lotta, quando lo si poteva fare per 16 di essi? La riammissione dei 5 non sembra un cedimento? E poi perché non calcare la mano, arrivando al licenziamento? Rutelli, Radicioni del sindacato pensionati CGIL, sono irritati.

Lo sciopero di 24 ore previsto inizialmente per il 9 maggio viene spostato al 23 maggio, con manifestazione nazionale a Roma.

· Il 12 maggio dimissioni di Niccolai dalla presidenza ATAC-COTRAL. In quanto manager viene defenestrato per non aver condotto con la necessaria spregiudicatezza le redini dell'azienda in un momento critico. Il suo torto è di non aver voluto oltrepassare più apertamente i limiti - già tanto penalizzanti per i lavoratori - delle normative vigenti: essersi voluto limitare ad una repressione apparentemente "pulita".

Al suo posto viene designato Mario Di Carlo, che lascia così la presidenza dell'AMA (nettezza urbana). In quella veste aveva appena sottoscritto un accordo con i sindacati confederali, che applica concretamente il "patto per il lavoro", introducendo flessibilità di salario e di prestazioni per i lavoratori in cambio di nuove assunzioni a termine e part-time.

Se la lotta registra quindi al suo attivo l'aver acuito le contraddizioni nel fronte avversario, è importante che non ne esca rafforzata la componente più oltranzista e determinata a schiacciare i lavoratori. Le dichiarazioni di Murri della FILT-CGIL al Corriere della sera del 23/04: "L'azienda deve perseguire i veri colpevoli", e la condotta più generale della Cgil in questa vicenda - la ricerca dell'escalation - rivelano l'obiettivo di costoro: vogliono la "testa" di quegli organismi sindacali che esprimono le esigenze della base, vogliono la distruzione dei livelli di organizzazione dei lavoratori in lotta. E se i confederali hanno dovuto promettere un referendum tra gli autoferrotranvieri alla firma del contratto, per non perdere troppa credibilità, dobbiamo aspettarci tutte le scorrettezze di cui sono capaci, così come che la vicenda venga conclusa in piena estate: col favore delle tenebre - se non fosse per il solleone - ci verrebbe da dire per qualificare questa pratica da truffatori.

ALCUNE RIFLESSIONI

Quando un gruppo di lavoratori si difende con coraggio, facendo saltare le "triangolazioni" e spiazzando le controparti, si tira addosso le loro invettive, è oggetto di intimidazioni, ma può guadagnarsi la simpatia e l'appoggio di un numero crescente di altri lavoratori, determinando una situazione più favorevole per il proprio successo e per quello degli altri.

Sono dei risultati importanti quelli raggiunti dai lavoratori dell'ATAC fin dai primi giorni di mobilitazione, grazie alla loro lotta e alla volontà di rompere l'isolamento. Hanno ottenuto la solidarietà e l'attenzione di altri lavoratori, sono stati presi come esempio per i loro contenuti e per la determinazione con cui hanno lottato. C'è stata una ampia identificazione con la loro lotta. Hanno creato, o meglio hanno alimentato un clima di solidarietà e unità, raccogliendo - pur nelle debite proporzioni - il testimone dalle esperienze di mobilitazione più significative a livello europeo, e non solo, di questo ultimo periodo. Basti pensare alla lotta per le 35 ore degli autoferrotranvieri francesi e tedeschi, a quella dei lavoratori dei servizi, sempre in Francia, che su scala molto più grande hanno saputo far pesare sulle controparti la notevole solidarietà ricevuta dai "cittadini".

Da questa lotta è scaturita e si è diffusa una maggior consapevolezza che certi contenuti (no alla flessibilità, servizi pubblici qualificati, no ai rapporti di lavoro atipici e non tutelati, alla precarietà) sono comuni, unificanti. Quella dei lavoratori ATAC è la lotta di tutti perché tutti dobbiamo fare i conti con quelle questioni.

Quindi anche la solidarietà da parte di altri lavoratori non è stata e non è una semplice scelta soggettiva dettata magari dalla disponibilità o l'altruismo: la impone la difesa degli stessi interessi immediati. Perché sono in larga parte comuni. Perché una rete di collegamento, solidarietà e appoggio oggi sostiene te, domani me.

Questa lotta è un piccolo passo sulla strada dell'unità di classe. I riscontri in termini di solidarietà sono il sintomo di un comune destino, una comune appartenenza di classe, la cui consapevolezza piena è un risultato importantissimo, anche se resta ancora tutto da conseguire.

 

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Sono a disposizione i volantini riguardanti questa lotta.