SOMMARIO

ISTRUZIONI PER L'USO pag. 1

DA LIVERPOOL ALLA COREA, IL FILO ROSSO DELLA LOTTA pag. 2

NOTIZIARIO DELLE LOTTE pag. 3

 


ISTRUZIONI PER L'USO

A cosa può servire un Bollettino delle Lotte? E' un nuovo ed ulteriore giornaletto della sinistra di classe?
Assolutamente no! E' uno strumento, da costruire insieme ai lavoratori, alle loro avanguardie e che da essi deve essere usato. Abbiamo ritenuto fosse importante offrire un veicolo di informazione sulle lotte, sul mondo dell'organizzazione di classe.
Nella ricerca dell'unità di classe, un elemento centrale è la conoscenza e diffusione delle esperienze in corso. L'osservazione della realtà della lotta di classe ci mostra infatti una frammentata ma ostinata continuità di mobilitazioni contro i processi ristrutturativi: flessibilità della manodopera, privatizzazione dei settori pubblici, dei servizi, deregolamentazione delle condizioni di assunzione della forza lavoro ecc.
Ma i lavoratori quanto conoscono di questa continuità e vicinanza, nell'opposizione ai piani padronali? O, piuttosto, sono costretti dalla limitatezza di vedute imposte da logiche sindacali partecipative e corporative, a "vedere" solo la propria esperienza? Crediamo che questa sia la condizione in cui versa la maggior parte dei lavoratori, soprattutto nelle piccole fabbriche. Ecco allora che un Bollettino delle Lotte può essere uno strumento di diffusione della resistenza di classe: la conoscenza fornisce forza per continuare la lotta, per migliorarla apprendendo altri metodi, per comprendere e non ripetere errori compiuti da altri, per unirsi nei medesimi obiettivi.

Il Bollettino è diviso in due parti: i fogli centrali costituiscono il Notiziario, concepito per essere usato separatamente dal resto.

Come usare il Notiziario?

  • - contribuirvi con materiale, distribuirlo ad altre situazioni
  • - fotocopiarlo tutto o in parte e affiggerlo nelle bacheche dei posti di lavoro
  • - elaborarne le parti che interessano, discuterlo e "restituire" al Centro di Documentazione e Lotta le conclusioni di questo dibattito, per arricchire il successivo lavoro.

 


DA LIVERPOOL ALLA COREA
IL FILO ROSSO DELLA LOTTA

L'osservazione dello scenario attuale del conflitto di classe evidenzia un filo comune presente in filigrana nei mille episodi e mille fronti che costituiscono lo scontro: l'opposizione alla flessibilizzazione sistematica della forza lavoro e alle privatizzazioni. Riteniamo quindi importante concentrare l'attenzione su questi obiettivi di lotta, presenti materialmente nel conflitto e generalizzabili, proprio in quanto contrapposti alle esigenze di valorizzazione del capitale. Le mobilitazioni, imponenti o "modeste" dei lavoratori, che in tutto il mondo dicono "Adesso basta!" ai continui attacchi alle loro condizioni di vita e di lavoro, sono concreti punti di riferimento ai quali guardare.
Esempi significativi sono:

Ad attraversare con la sua continuità e compattezza questo sentiero di lotta, la resistenza dei 500 portuali di Liverpool - licenziati 16 mesi fa per non aver oltrepassato un picchetto di loro colleghi, lavoratori precari - concreto esempio di solidarietà di classe, anche a livello internazionale, che deve essere propagandato e sostenuto, politicamente ed economicamente.
La loro lotta contro la ristrutturazione e i licenziamenti, per l'unità di una categoria di lavoratori (i portuali) al di là delle frontiere, è ignorata/censurata da 16 mesi.
Ma Liverpool, a ben guardare, non è poi così distante dalla Corea del Sud: lo sfruttamento e la sottomissione del proletariato e delle popolazioni ad opera del fronte borghese incalzato dalla crisi non ha infatti frontiere.
Particolare chiarezza e forza di obiettivi viene dalla combattiva lotta dei lavoratori sudcoreani i quali sono stati il fiore all'occhiello del capitalismo asiatico di quei "quattro dragoni" tanto invisi al padronato nostrano perché concorrenti, quanto invidiati perché possono fare "ciò che vogliono" con la manodopera. Oggi gli operai sudcoreani scioperano, manifestano e si scontrano con la polizia per respingere la legge sul lavoro promulgata nottetempo dal governo, che deve mettersi al passo con le indicazioni per entrare nell'OCSE: flessibilità massima, libertà sindacali al minimo.
Non possiamo non notare il coincidere delle formule contro cui lottano gli operai sudcoreani e quelli europei.
In Italia, però, un Patto per il lavoro firmato il 24 settembre tra governo, confindustria e sindacati non sta sortendo lo stesso effetto mobilitante della legge sudcoreana, pur perseguendone - di fatto - gli stessi obiettivi.
Se la crisi investe il modo di produzione capitalistico nel suo insieme, e per i capitalisti di ogni parte del mondo - così come per i governi borghesi di qualsiasi ispirazione politica nei singoli paesi - il confronto continuo con essa e con la concorrenza internazionale rende oggettivamente necessario praticare lo sfruttamento sempre più brutale e generalizzato, e colpire le masse nelle loro condizioni di esistenza. I modi per farlo e le risposte che provocano sono più che simili in gran parte dei paesi industrializzati, per non dire tutti.
L'analisi della fase attuale ci "rivela" quindi, ancora una volta, il nemico di sempre: il capitalismo, l'imperialismo. E l'unico obiettivo che può dare un senso alla lotta: l'abolizione dei rapporti di produzione capitalistici. Solo con questa prospettiva si può spezzare realmente la sottomissione delle classi e delle popolazioni sfruttate. La pretesa utopistica di abolire lo sfruttamento nell'ambito dell'organizzazione economico-sociale borghese è una pugnalata alle spalle delle masse proletarie e popolari, una cortina fumogena per disorientarle proprio nel momento in cui la situazione le spinge a lottare e a prendere coscienza sempre più chiaramente della causa reale della loro oppressione.
La borghesia in tutto il mondo lotta contro l'avanzare della crisi attaccando le masse; combinando l'attacco economico con quello politico, con l'opera di divisione; cercando di fuorviarle su obiettivi reazionari, di indurle a riconoscersi nelle sue "ricette" per uscire dalla crisi. La tendenza dei lavoratori volta a difendere le proprie condizioni è comunque inarrestabile, ed è su questa che si deve intervenire per fare del procedere della crisi motivo di una lotta sempre più chiara contro la borghesia.

In questo contesto noi vogliamo situare il nostro lavoro per l'unità della classe, per ricomporre la valenza politica, la capacità offensiva, la forza d'urto, oltre che la forza negoziale del movimento operaio. Partire dalla resistenza delle masse per cogliervi gli embrioni della contrapposizione tra gli interessi generali dei due schieramenti di classe, oltrepassare i limiti posti dalla lotta spontanea/economica (che è comunque alla base ed è giusto organizzare), rompere l'isolamento, evidenziare gli obiettivi unificanti.
Non si tratta di elaborare parole d'ordine "fuorvianti" (sull'esempio di: riduzione d'orario a pari salario, lavori "socialmente utili", salario minimo garantito) sulle quali la classe non si sta mobilitando; al contrario bisogna saper individuare la posta effettiva dello scontro in atto, gli obiettivi su cui la classe già si muove, pur se in modo parziale e senza averli consapevolmente riconosciuti come denominatore comune delle lotte ed elementi di ricomposizione programmatica.
Quando si realizzeranno le condizioni, sarà la classe operaia a farsi carico di aggiungere la parola d'ordine della riduzione generalizzata dell'orario a parità di salario. Oggi le teorizzazioni che danno per scomparsa la classe operaia vengono nei fatti smentite: ma per seppellirle del tutto occorre che i lavoratori dipendenti, di cui gli operai sono l'avanguardia, consapevoli di essere i produttori della ricchezza materiale della società, ricostruiscano la propria unità di classe, individuando, grazie al lavoro dei compagni organizzati nei vari sindacati esistenti, quei punti che accomunano i differenti momenti di resistenza.

Il nostro contributo immediato sarà pertanto quello di estrapolare dal materiale informativo che mettiamo a disposizione delle situazioni di lavoratori un filo conduttore, obiettivi comuni. E di affrontarli in modo articolato con la collaborazione di quanti sono già addentro a queste tematiche.
Svilupperemo perciò la questione della condizione della manodopera, flessibilità, precariato, lavoro nero, sfruttamento, la vicenda delle "privatizzazioni", della ricaduta sui servizi sociali e sulle condizioni di vita dei lavoratori che le subiscono.

FLESSIBILIZZAZIONE
Per comodità chiamiamo così quell'insieme di misure normative che mirano a ridurre la forza contrattuale della classe, che risiede, tra l'altro, nel suo essere concentrata all'interno del ciclo produttivo.
La flessibilizzazione è composta da vari aspetti, volti ad estendere ed intensificare lo sfruttamento della forza lavoro e a comprimerne i costi. L'attacco alla rigidità operaia colpisce la contrattazione nazionale, deregolamenta la manodopera, precarizzandola e frammentandola sul territorio. Lo scopo è di avere lavoratori piegati alle esigenze della produzione attuale, fatta di "just in time", di appalti esterni, per non dire internazionali.

PRIVATIZZAZIONI
Sono da alcuni anni il cavallo di battaglia di governi di vario colore. La caratteristica principale delle privatizzazioni è dichiarare il fallimento del "troppo costoso" stato sociale. Inevitabilmente si dovrà passare dal pubblico al privato, perché la competitività viene vista come la panacea per tutti i mali. In realtà il mancato funzionamento, i costi elevati del sistema sanitario, della scuola, delle pensioni, sono causati sempre dalla ricerca del profitto, che avviene anche in forme "indirette": ossia tangenti e appalti, così come da ogni altro mezzo serva per distruggere la funzionalità del servizio pubblico a spese naturalmente di lavoratori e utenti.
Un "padrone pubblico", sia chiaro, non è per noi meglio di un "padrone privato", ma la privatizzazione è anche una delle forme che assume, nello specifico del pubblico impiego, del terziario avanzato di stato, l'attuazione della politica delle flessibilità: primo passo ridurre le garanzie dei lavoratori statali, passandoli ad altra forma contrattuale, poi trattarli come gli operai. Infine, non dimentichiamo la ricaduta che le privatizzazioni hanno sulla riduzione del salario differito costituito dalle conquiste sociali: scuola pubblica, sanità, pensioni e quant'altro i lavoratori hanno strappato negli anni delle lotte più forti.

Notiziario delle Lotte

Questo numero del Notiziario è sperimentale: ancora molto sintetico, poco articolato e certamente incompleto; si tratta infatti di un "lancio editoriale", le cui sorti risiedono nell'interesse e nella partecipazione di tutti voi! Ci auspichiamo che siano proprio i diretti interessati a fornirci indicazioni in merito: un fax, un volantino ecc. In ogni caso vogliamo segnalare la disponibilità di materiale più completo presso il nostro Centro di Documentazione, consistente essenzialmente in una rassegna stampa mensile, raccolta in fascicoli, ma anche in dossier, raccolte di volantini e documenti sulle lotte dei lavoratori. Invieremo copia del materiale a quanti ce lo richiederanno. Per i compagni e le strutture più "avanzate" tecnologicamente, vorremmo segnalare alcuni siti Internet interessanti. Innanzitutto il nostro sito web: "Centro di Documentazione e Lotta", quotidianamente aggiornato con le notizie delle lotte in corso, e da cui è possibile collegarsi con altri siti che trattano tematiche del lavoro e dell'organizzazione dei lavoratori.
Per le notizie delle lotte internazionali dei lavoratori vi sono alcuni siti in inglese:
ConflictNet
LabourNet
Portuali di Liverpool
A coloro che collaboreranno con il nostro Centro, ma non hanno la possibilità di collegarsi con Internet, potremo anche fornire la documentazione estratta da questi siti telematici.

NOVEMBRE '96

PER COSA LOTTANO I METALMECCANICI?

Il numero chiave è 262.000. A tanto ammonta l'aumento in busta paga chiesto dalla piattaforma per il biennio '96-'98: più che una richiesta sarebbe giusto parlare di un diritto. Tale cifra infatti è la somma tra quanto perso nel biennio scorso in virtù dello scarto tra inflazione programmata e quella reale, e quanto il governo pensa che verrà perso nei prossimi due anni. Così infatti prevede l'accordo del 23 luglio '93, firmato da Confindustria, Sindacati e governo Ciampi. Mentre sull'inflazione futura qualche dubbio potrebbe esserci, un dato certo invece sono le 97 mila lire: quanto perso dal salario metalmeccanico nel biennio passato. Ma è proprio questo il nodo dello scontro con Federmeccanica: la restituzione integrale dei soldi già persi, infatti, equivarrebbe a stabilire il principio per cui ogni differenza tra inflazione programmata e quella reale dovrà essere recuperata.

MECCANICI: I SALARI PIU' BASSI D'EUROPA

I lavoratori italiani dell'auto sono tra i peggio pagati d'Europa. I dipendenti della Fiat guadagnano una media mensile di 1.700.000 lire nette (tredicesima compresa) pari a 879 Euro; quelli tedeschi 1.460 Euro. In Francia variano tra i 1.246 e 1.303 Euro. Peggio degli italiani stanno solo gli spagnoli della Seat che guadagnano 876 Euro.

SCIOPERO ALLA LEAR

Sciopero di 2 ore il 21 novembre alla Lear Seating, che ha praticamente bloccato la produzione di sedili. Unico cliente la Fiat, comproprietaria la 20% della multinazionale americana, la quale ha annunciato 458 esuberi.

RISTRUTTURAZIONE E LOTTE

Accanto alla vertenza nazionale ci sono centinaia di vertenze aziendali, anche più dure perché riguardano fabbrichette dove le garanzie sono minori e la ristrutturazione capitalista passa come un maglio sulla vita dei lavoratori.
La Zanussi mette fuori 500 "esuberi"
A Taranto, Riva, padrone della ex ILVA laminati piani (Ilp) firma l'accordo con i sindacati sull'assorbimento dei 1500 dipendenti delle ex-consociate.
Alla Nestlè (circa 7.000 lavoratori in Italia) il 6 novembre sciopero contro i tagli occupazionali
A Ceprano (Fr) chiude la IME, metalmeccanica, che licenzia 160 operai. I lavoratori sono in assemblea permanente.
A Monopoli la proprietà della Ceramiche delle Puglie blocca la produzione e lascia senza stipendio quasi tutti i 450 dipendenti, in risposta al referendum organizzato dai lavoratori, che hanno bocciato la proposta aziendale di spostare a Treviso un tipo di lavorazione. I lavoratori, in assemblea permanente, presidiano la fabbrica giorno e notte.
Questi sono alcuni esempi. Il padronato, mentre gioca in grande sulla vertenza metalmeccanica, che ha valenza politica perché oppone la borghesia ai lavoratori, cerca di risolvere "caso per caso" i problemi legati alla valorizzazione del proprio capitale. Sono centinaia i lavoratori messi fuori dalla produzione di volta in volta. Questi lavoratori però non trovano forze sindacali che li mobilitano nel complesso e rispondono all'attacco padronale solo in piccolo. La vittoria o meno sul contratto nazionale determinerebbe sicuramente un mutamento dei rapporti di forza, ma non pone affatto un freno al generale peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro nella miriade di fabbrichette, nelle medie imprese con almeno 100 dipendenti, che vedono il processo ristrutturativo applicato con metodo. Chi mobilita questi lavoratori? Novembre ci presenta dei dati interessanti circa i problemi di settori operai meno forti del metalmeccanico.
La Bianchi chiude lo stabilimento di biciclette di Cisterna Latina e ridimensiona quello di Treviglio; trasferisce la produzione a Smirne in Turchia, e licenzia il 60% delle maestranze
La Superga porta in Vietnam il residuo 15% della produzione di scarpe (l'85% era già stato trasferito in altri paesi dell'Asia) e licenzia il 65% del personale.
La Fiat produce già in Brasile e ha in progetto stabilimenti in India e Cina.
Questo per citare solo l'Italia, ma avviene in tutti i paesi capitalistici principali, e coinvolge le più grandi imprese multinazionali.
Questo decentramento poggia sulla differenza del costo del lavoro tra paesi industrializzati sviluppati e quelli del terzo mondo o con industrializzazione minore. In questi paesi gli orari di lavoro superano anche le 70 ore settimanali, le paghe sono all'incirca un decimo di quelle occidentali.
  • Vietnam 160 dollari al mese
  • Indonesia (Nike) 2,23 dollari al giorno
  • Shenzen/Cina (Confez.) 2 dollari al giorno
I costi previdenziali sono inesistenti, la sindacalizzazione zero, la conflittualità è sconosciuta, così come la sicurezza del posto di lavoro. Il lavoro minorile viene sfruttato, straordinari e prestazioni notturne sono obbligatorie. Dice Mauro Beschi (presidente dell'Org. Regionale europea Sindacati tessili-abbigliamento-calzature): "30 milioni di addetti all'industria della moda sono sottoposti a condizioni di lavoro incredibili, con una paga al di sotto del livello di sussistenza, senza il riconoscimento di alcun diritto, senza possibilità di organizzarsi collettivamente". La situazione però non è limitata al "terzo mondo": continuamente in Italia vengono scoperte fabbrichette dove le condizioni di vita e di lavoro sono del tutto analoghe a quelle prima descritte. In Puglia viene scoperta una fabbrica clandestina di calzature: ci lavoravano fino a 14 ore al giorno, 40 minorenni! Stipendio: 500.000 al mese. Sono questi gli imprenditori dell'epoca della globalizzazione e della flessibilità: è a questo che mirano gli altri padroni quando vogliono abbattere ogni residua garanzia e resistenza operaia!

 


Sommario

 

pag. 4

Notiziario delle Lotte

DICEMBRE '96

SFILA PER ROMA LA FOLLA DEGLI INVISIBILI

Mezzo milione, più donne che uomini, delle imprese di pulimento, che a notte o all'alba entrano in industrie ed enti pubblici, scioperano dopo due anni senza contratto. Articolata negli striscioni di tutte le regioni d'Italia, è stata una delle manifestazioni più grandi che si ricordino nel settore. La partecipazione allo sciopero è stata valutata al 75%.
Una manifestazione aggressiva, tra l'altro, che ha visto la partecipazione di delegazioni metalmeccaniche a sostegno delle lotte delle lavoratrici delle imprese di pulimento.

SCIOPERO EDILE

I sindacati degli edili di CGIL-CISL-UIL hanno proclamato 8 ore di sciopero per il 13 dicembre a sostegno della vertenza per il rinnovo del contratto nazionale e per difendere il diritto alla contrattazione integrativa di secondo livello.

PRESSING ALLA PIAGGIO

Mezz'ora di sciopero contro i rapporti disciplinari: questa la risposta degli operai della linea "tre ruote" della Piaggio alle pressioni aziendali cui sono sottoposti. Negli ultimi mesi ogni piccolo errore di lavorazione (a volte causato dagli ingolfamenti del just in time o dai ritmi troppo alti) viene punito dalla direzione di Pontedera con sanzioni: dopo la terza si puo' essere licenziati.

SCIOPERI DI BASE

Si sono svolte l'11 dicembre iniziative di protesta dei sindacati di base, Cub, RdB, Arca, Cobas Nazionale, Cobas Scuola e Comu contro la Finanziaria e la tassa per l'Europa. Scioperi si sono avuti nel settore ferrovie, trasporto aereo, vigili del fuoco, energia.

A Roma i manifestanti hanno dato vita ad un presidio davanti al senato - dov'era in corso l'esame della finanziaria - e una loro delegazione è stata ricevuta dai gruppi parlamentari

LICENZIAMENTI A BARI

I 102 dipendenti, operai, impiegati e tecnici della Marelli Clima di Bari sono stati licenziati. In un documento congiunto con cui annunciano il tragico epilogo della vertenza, le segreterie provinciali FIm-FIOM-UILM affermano che "si è consumata di fatto l'ennesima rapina da parte di un gruppo del Nord a danno di un area industriale meridionale".
La Marelli Clima è un'azienda del gruppo Interklim Belleli che, dopo essere stata posta in concordato preventivo, è stata dichiarata fallita nel luglio scorso.
Il curatore fallimentare si è rifiutato di chiedere la proroga della C. I.

PIOGGIA DI SCIOPERI

Mentre la trattativa ristagna, i metalmeccanici scioperano: quattro ore da articolare a livello territoriale, per arrivare allo sciopero dell'industria del 13 dicembre (si fermeranno anche i trasporti). il 5 dicembre si sono fermate tutte le fabbriche del bresciano (con picchetti ai cancelli) e gli operai della provincia di Vicenza, dando il via alle agitazioni delle province venete. In Piemonte è stata la volta della Fiat Avio, delle fucine della Fiat Mirafiori. Il 6 si fermano altre aziende torinesi (Microtecnica, Graziano, Elbi, tra le altre), insieme a quelle di Vercelli, Cuneo e Novara. Il 6 iniziano anche le agitazioni dei metalmeccanici bolognesi.

193 LICENZIATI ALLA BELLELI

Tutti a casa, dopo un anno e mezzo di cassa integrazione per il fallimento della Interklim della Belleli. La produzione era stata fermata nel '95, malgrado un buon portafoglio di ordini, e 20 dipendenti avevano deciso di occupare le fonderie.
Ora il curatore fallimentare potrebbe decidere di sgomberare l'area con la forza. I lavoratori hanno preparato manifestazioni ed assemblee: obiettivo minimo ottenere la "mobilità lunga" e i prepensionamenti per 63 operai.
Intanto nessuno, commissioni parlamentari comprese, ha ancora detto ai lavoratori se la Interklim ha mai versato all'IRI i 15 miliardi pattuiti il 19 marzo 91, il giorno della "famigerata privatizzazione".

MONSANTO: PREVISTI 2.500 ESUBERI

La trasformazione della Monsanto in gruppo specializzato nel settore delle biotecnologie agricole costerà il posto di lavoro a non meno di 2500 dipendenti. La Monsanto, nata come società chimica, ristrutturerà in due fasi. Nella prima staccherà la divisione chimica dal resto del gruppo con la creazione di due aziende indipendenti; nella seconda fase si consoliderà l'attività, con la chiusura di alcuni impianti.


pag. 5

Notiziario delle Lotte

BOCCIATA LA FLESSIBILITA' DI FINE ANNO

Con 1710 No e 749 Si i lavoratori della Fiat Mirafiori hanno respinto l'accordo sul ponte di fine anno firmato da Fim, Uilm e Fismic. La Fiom non aveva sottoscritto l'intesa, proponendo di trasformare il ponte del 27 in una giornata di permessi in due sabati di straordinari. La Fiat ha fatto sapere che non terrà in conto l'opinione espressa dai dipendenti. La Fiom ha quindi proclamato, per il 14 e 21 lo sciopero "a tutela dei diritti individuali" di chi si è espresso contro l'intesa.

EX-GEPI: CHIESTI 38 LICENZIAMENTI A BARI

38 licenziamenti su 58 addetti: è la richiesta avanzata dalla Gimal International di Bari, l'azienda tessile ceduta nel '94 dalla Gepi - che aveva mantenuto una partecipazione finanziaria di 5 miliardi - ad un imprenditore locale. Allo scadere dei vincoli occupazionali previsti dai patti parasociali, è arrivata la procedura di mobilità, "giustificata" dalla necessità di ridurre i costi decentrando la produzione in Albania.

AUTUNNO METALMECCANICO

Ottobre, Novembre e Dicembre del '96 sono dominati dalla vertenza metalmeccanica - che continua tutt'oggi - sia per la valenza numerica dei lavoratori del settore che per quella simbolica, essendo essi ancora la punta di lancia della classe operaia.
Le forme di lotta adottate per il rinnovo dell'integrativo contrattuale sono distribuite nel tempo e nel territorio. Quella che dà continuità allo scontro in atto è quella contro lo straordinario, con l'uso di picchetti. Ma l'articolazione degli scioperi locali permette ai metalmeccanici una visibilità che altrimenti resterebbe relegata all'evento dello sciopero generale (continuamente minacciato ma sempre rimandato).

L'oggetto del contendere è un aumento di 262.000 lire, come recupero previsto dall'accordo del luglio '93. Tale accordo viene ora disatteso dal padronato.
I metalmeccanici furono tra quei lavoratori che in gran parte respinsero nei referendum sindacali l'accordo stesso. Trovatisi poi a doverlo digerire, oggi richiedono almeno che esso venga rispettato da chi lo aveva voluto. Ma, stretti da una parte dall'accondiscendenza confederale e dall'altra dalla mancanza di parola degli industriali, essi non sembrano trarre quello che dovrebbe essere un giudizio realistico.

Ossia, che i sindacati confederali hanno voluto far ingoiare ai lavoratori (a tutti) un accordo spacciandolo per un vantaggio, e che ora la controparte se ne sbatte: pertanto dovrebbe decadere automaticamente la fiducia (evidentemente mal riposta) nella linea politica sindacale che si affida alle controparti, e aprirsi decisamente un conflitto anche politico contro la strategia della borghesia (comprendente sia il governo che il padronato) che si esprime principalmente nella volontà di dominio assoluto sulla forza-lavoro.
Per far maturare questa nuova direzione manca una forte presenza di un sindacato capace di raccogliere i frutti della propria intransigenza verso accordi del genere, e capace di denunciare con coerenza e costanza gli obiettivi delle politiche governative. Pertanto oggi i metalmeccanici possono solo "pretendere" ciò che gli "spetta", in base ad un accordo che sono stati costretti ad accettare.

Il conflitto metalmeccanico è un continuo " tira e molla" tra Confindustria-Federmeccanica da una parte e Sindacati Confederali dall'altra. L'8 ottobre Cofferati si allarga: "Se il negoziato non ripartirà rapidamente, sarà necessario da parte nostra allargare il fronte. I diritti che vengono messi in discussione (quelli dell'accordo del '93, ndr) non sono soltanto dei metalmeccanici ma di tutti i lavoratori. Di qui la discesa in campo, possibile, di altre categorie". Come vedremo, questa minaccia non sarà mantenuta...
Intanto il 9 Albertini, presidente Federmeccanica, "straccia gli accordi", dicendo che il contratto nazionale non ha più senso e che le aziende possono firmare gli accordi in linea con le proprie esigenze di bilancio.
In appoggio ai metalmeccanici un primo intervento: il 10 ottobre la FILCAMS (sindacato dei dipendenti del commercio) chiede lo sciopero generale di tutte le categorie, per sostenere i metalmeccanici ma anche contro "la scandalosa violazione degli accordi del 23 luglio '93, a danno dei 450.000 dipendenti delle pulizie...". E' evidente che i sindacati non capiscono o non vogliono capire quale è il livello dello scontro: ciò è anche comprensibile visto che dopo aver fatto digerire l'accordo truffa, ora se lo ritrovano rovesciato contro.

Si susseguono scioperi e cortei per il contratto: a Torino 25 mila metalmeccanici in piazza il 23 ottobre, il 24 altrettanti a Brescia. e poi Reggio Emilia, Biella, Vercelli. Gli operai si esprimono sempre più a favore di una intensificazione delle lotte, con scioperi meno diluiti. Il 30 ottobre Nerozzi segretario Funzione Pubblica CGIL chiede un maggior coinvolgimento confederale sulla vertenza dei meccanici. "E' vero, non è semplice far scioperare il pubblico impiego per il contratto metalmeccanico, .... del resto se noi abbiamo rinnovato i contratti del pubblico impiego è stato grazie all'apporto del movimento sindacale nel suo complesso. Oggi, se i metalmeccanici non ce la fanno,... perdiamo tutti".

Ma la vertenza metalmeccanica non ci deve sviare dalla più ampia fase vertenziale e di lotta che si dispiega attorno ad essa: le stesse aziende metalmeccaniche sono coinvolte in duri confronti con le controparti, per la difesa del posto di lavoro, contro la flessibilità. Da segnalare alcuni scioperi categoriali: quello del vetro il 5 ottobre, sempre per il rinnovo contrattuale e sempre con problemi simili a quelli metalmeccanici; lo sciopero dei lavoratori della Scala di Milano, che blocca la prima di "Outis"; la vertenza dei telefonici; quella contro Riva dei lavoratori delle acciaierie ILVA; gli scioperi degli autoferrotranvieri, sempre per il contratto nazionale; i chimici.

"Lavoratori a rischio":

Informatica e telecomunicazioni: Olivetti, Alcatel, AET e Stet, Siemens, dove si va da tempo ad una ridefinizione degli organici e degli orari di lavoro. Per l'Olivetti segnaliamo la manifestazione del 18 ottobre a Roma di 5000 dipendenti. Anche i Monopoli e i tabacchi subiscono le privatizzazioni: le lavoratrici dell'ATI degli stabilimenti del sud, si scontrano con la società, che vorrebbe smantellare questi impianti.

 

GENNAIO '97

FABBRICHE FERME

I metalmeccanici continuano a scioperare.
In Piemonte il 9 si sono fermate per 2 ore la Fiat Ferroviaria di Savigliano (90% di adesione) e la Bertolamet (90%). Fino al 17 gennaio la Comau di Borgaretto effettuerà un quarto d'ora di sciopero al giorno: alla Comau l'articolazione sarà massima, per "mestieri". Alla Comau di Grugliasco il 10 fermata di un ora con cortei interni.
A Novara ferma la Rockwell, i mille della Beretta di Gardena Val Trompia, e per due ore i circa 3000 lavoratori della Fiat di Termini Imerese.

POMIGLIANO FA DA ESEMPIO

Il 17 gennaio 3 ore di sciopero compatto sia la mattina che il pomeriggio. Dopo mesi di "appannamento" della lotta dovuta alla busta paga leggera e alla cassaintegrazione, gli operai della Fiat di Pomigliano hanno ripreso la lotta per il contratto, bloccando anche la Circumvesuviana e l'autostrada Napoli-Bari.

Mentre prosegue lo scontro fra metalmeccanici e padronato, segnaliamo una serie di ulteriori lotte:

  • - 10 giorni di presidio dei lavoratori della Palmera, di Bari, di fronte all'improvvisa decisione della proprietà (la famiglia Palau) di chiudere lo stabilimento e di spostare la produzione in Sardegna. La Palmera non è affatto in crisi: la famiglia Palau sta semplicemente cercando di allestire altrove la produzione di tonno in scatola a costi più bassi.
  • - l'8 gennaio sciopero alla Texas di Avezzano: il sindacato e la Rsu non accettano la decisione annunciata dall'impresa di disdire l'accordo integrativo firmato ad aprile. L'azienda dovrebbe dunque pagare il premio, che per i turnisti è di 5 milioni per il '96. Lo sciopero è riuscito con una adesione dell'80%, compresi tecnici e ingegneri, che non sono iscritti al sindacato.
  • - Blocco della produzione alla Seleco di Pordenone, con conseguente CIG per 700 dipendenti.
  • - il 15 gennaio la Stock (gruppo tedesco Eckes) ha annunciato 111 licenziamenti. Il 15 si è tenuto lo sciopero generale, dei pochi dipendenti ormai rimasti.

SOSTENIAMO I PORTUALI DI LIVERPOOL!

16 mesi fa 500 lavoratori portuali di Liverpool in Inghilterra si rifiutarono di rompere un picchetto di sciopero di alcuni loro compagni licenziati, e furono a loro volta licenziati. Da allora sono senza stipendio e in lotta contro la Compagnia portuale. Per proseguire la loro giusta lotta hanno bisogno di continuare a vivere, mantenendo le loro famiglie. Per questo anche in Italia, in molti posti di lavoro, si raccolgono soldi per questi nostri "fratelli nella lotta".
La campagna "MILLE LIRE PER I DOCKERS" è stata lanciata dopo la loro visita in Italia, nel dicembre scorso.
Da un volantino dei Portuali di Liverpool:
Una tempesta mondiale sta per abbattersi sulla Mersey Docks & Harbour Company, con uno sciopero internazionale di 24 ore dei moli per il 20 gennaio.
L'azione sarà sia una mostra di solidarietà coordinata con i portuali di Liverpool licenziati, un attacco alle linee di navigazione che permettono ai crumiri di lavorare sulle proprie imbarcazioni o di maneggiare i loro container, sia una dimostrazione che i "dockers" attraverso il mondo stanno impugnando la lotta contro il lavoro precario, la deregolamentazione e la privatizzazione.
Almeno 15 differenti sindacati dei portuali e la Federazione Internazionale dei lavoratori dei Trasporti (ITF) stanno appoggiando il progetto. Il sindacato americano dei magazzinieri e portuali ha deciso un blocco di 24 ore in tutti i porti dove è presente.
La decisione dell'ITF è stata salutata con calore dai portuali di Liverpool: l'appello ad "usare tutte le strategie legali per premere sulla Mersey Docks & Harbour Company e sulle compagnie navali che trasportano carichi che sono stati caricati dai crumiri a Liverpool" della ITF è stato già provato nei porti nordeuropei di Rotterdam, Amburgo ed altri.
Sono state colpite nei loro interessi le compagni ACL, CAST e CanMar. In Svezia, i portuali hanno bloccato per 12 ore la ACL ogni settimana a partire dall'estate. Scioperi di solidarietà ci sono stati in Danimarca, blocchi a Le Havre e in Germania e Belgio.
Quando, la passata estate, la ACL è stata tenuta fuori dal porto di Liverpool per 4 settimane, la Mersey Docks è stata presa dal panico. Ora, malgrado il calo delle loro azioni e la cattiva stampa, la compagnia continua a mostrare un volto tenace. Se tutta una serie di linee di trasporto restano fuori dal porto per timore di ripercussioni internazionali, la MDHC potrebbe essere costretta a rimangiarsi quanto ha fatto. Ma questo può succedere solo se le linee di trasporto scoprono quello che succede a caricare in un porto di crumiri!
Quindici mesi dopo il licenziamento, Mersey Docks ha pensato che i portuali e le loro famiglie avrebbero accettato qualunque soluzione, compresa l'ultima offerta di 41 lavori di livello inferiore e 25.000 sterline in occasione del Natale. Ma, in realtà, come ha detto un portuale: "...Voglio vedere i crumiri fuori dal porto, e voglio vedere gli uomini sostenere quelli che vogliono tornare indietro, e il sindacato sostenere questa prova, e lasciarci avere condizioni decenti. Questo è quello che voglio vedere nel porto di Liverpool".

 

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