Aprile 1997
Fot. in prop.
Numero unico sperimentale

Bollettino delle lotte n°2

 

VERTENZE

Al chiudersi di una vertenza - quella metalmeccanica - altre se ne aprono, o seguitano ad essere irrisolte. Ma il conflitto, come già accennavamo nel precedente numero, non è solo in casa nostra- (fortunatamente!); la comunanza di interessi del padronato a livello continentale per concorrere con altre aree capitalistiche fa sì che - oggettivamente - i lavoratori, principalmente, e i disoccupati (che spesso finiscono per coincidere, vista l'attuale politica di dismissione industriale) si ritrovano uniti nella lotta contro i medesimi obiettivi capitalistici.
La "globalizzazione" dei processi produttivi e finanziari (in sostanza, le multinazionali!) producono attacchi concentrici verso determinati settori produttivi, che si ripercuotono su tutto il tessuto sociale. Cambia la risposta che si genera: la Francia ha dimostrato, a partire dal dicembre '95, che ogni attacco alle condizioni di vita e di lavoro può produrre solidarietà di classe in tutta la società. Altrove questo livello di solidarietà è molto più basso o inesistente.
Al superamento di questa arretratezza vogliamo concorrere con il nostro lavoro di informazione e diffusione delle notizie sulle lotte in corso. Purtroppo in Italia tra i lavoratori, sfiancati da anni di politiche dei sacrifici, delusi da rappresentanze politico- sindacali che non difendono i loro interessi, ma quelli dei capitalisti, tale senso di solidarietà deve ancora emergere. Un caso si è posto alla nostra attenzione.

Mentre i portuali di Liverpool internazionalizzavano la loro lotta e cercavano l'unità con 1300 operai Ford in procinto di essere licenziati sempre a Liverpool; mentre gli operai Renault di mezza Europa si univano contro i licenziamenti prospettati in Belgio e Francia, in Italia la risposta a simili manovre internazionali anti operaie non c'è stata, quando l'IVECO ha chiuso un suo stabilimento a Langley (Gran Bretagna) e ha spostato quella produzione a Brescia, perché "il lavoro costa meno". Purtroppo non abbiamo visto gli operai bresciani seguire le orme dei loro colleghi spagnoli che, benché "favoriti" dalla chiusura di Vilvoorde, hanno scioperato e manifestato contro la Renault a Parigi e Bruxelles.
Occorre recuperare questi ritardi: ci sono tante occasioni di unità. La solidarietà di classe deve fiorire e lanciare la sua sfida al capitalismo sul suo stesso terreno: quello internazionale!


Breve notiziario internazionale

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PRODEZZE

Ovvero: dall'abete alla fossa... ma sotto un bell'ulivo.

Marco Tronchetti Provera, presidente della Pirelli, in un intervento sul Corriere della sera del 23 marzo sostiene la necessità di introdurre la flessibilizzazione più spinta nel mercato del lavoro, nel salario, nell'orario, e di farlo in modo strutturale. E prendendo atto dell'identità di vedute tra le parti sociali su questi obiettivi, propone "un piano triennale ... di riforma ... blindato dal Parlamento e sostenuto dal consenso sociale ... basato sulla lotta ai privilegi e alle corporazioni".
Il ministro del lavoro Treu, sulla Stampa del 28 marzo, prevede di varare la riforma delle pensioni ad agosto '97 (abbastanza diffusa questa pratica da rettili, di riservarsi i morsi più velenosi per l'estate). In merito alla scadenza, programmata originariamente per il '98, ha un occhio di riguardo per i suoi alleati:
"... si può anche rispettare questa scadenza del '98, che tra l'altro serve anche a salvare la faccia ai sindacati: basta dire che il nuovo regime delle pensioni entrerà in vigore dal primo gennaio del '98...".
Sulla riforma dello Stato sociale afferma che il governo si rifarà alla commissione Onofri e riconosce che per attaccare il Welfare ci vuole il consenso. I capitalisti e i loro rappresentanti ci attaccano in profondità, ma la loro tattica è subdola. È la riproposizione su scala più ampia del "gioco delle parti" che ha caratterizzato l'opposizione borghese di sinistra (politica e sindacale) quando era, appunto, opposizione. La svendita prima, la distruzione ora delle conquiste e tutele salariali, contrattuali e sociali è realizzata in nome del futuro benessere delle masse. E immancabilmente il grande padronato tiene il bordone dichiarando che tali manovre sono lesive dei profitti. Ma è stata mai così ingenua la classe dominante, da riconoscersi apertamente in una compagine di governo che fa dell'interclassismo neocorporativo un suo strumento? E in un paese dove la lotta contro i padroni è stata comunque sempre "di casa"?

I capitalisti si dichiarano scontenti dell'azione di Prodi e D'Alema, ma sotto i baffi sorridono di soddisfazione.

I loro obiettivi generali di fluidificare il mercato del lavoro e l'uso della forza lavoro stessa, ridurne il costo e rilanciare le privatizzazioni sono, e non a chiacchiere, programma concreto di governo.

Un settore chiave del grande capitale italiano ha ricevuto con gli aiuti alla rottamazione e il contratto-bidone dei metalmeccanici, le premurose attenzioni di suoi vassalli.

Le manovre, concatenate l'una all'altra, perseguono i parametri di una Maastricht che si trova in Italia. Nel senso che le disponibilità di finanze statali riassestate tagliando pensioni, sanità; nonché stipendi e posti di lavoro ai pubblici dipendenti, vanno a vantaggio dell'accumulazione qui ed ora. Con investimenti, agevolazioni, riduzione di oneri sociali, finanziamento di programmi "di sviluppo" con incentivi alle imprese, e poi con la riduzione dei tassi di interesse sul debito pubblico, lo spostamento del "risparmio" a sostegno delle aziende, l'abbassamento del costo del denaro.

Cerchiamo di focalizzare alcuni passaggi presenti partendo dall'intero percorso.
Eliminata la scala mobile, compromessa la contrattazione e la stessa parvenza della difesa del potere d'acquisto dei salari in due "lugli" consecutivi (1992-93), il contratto dei metalmeccanici, ma prima ancora il patto per il lavoro del 24 settembre '96, ci confermano che gli arretramenti a cui governo- padroni-sindacati confederali costringono i lavoratori diventano in seguito le posizioni "di privilegio" da scalzare, in una logica da escalation (che se attuata da destra, sfidando le forze che - purtroppo - dirigono ancora il movimento operaio, avrebbe mobilitato milioni di proletari).

La direzione di marcia delle famigerate parti sociali è tracciata.

Contratti. Dopo l'importante risultato conseguito con quello dei metalmeccanici sulla non migliorabilità delle voci del contratto nazionale in sede di integrativo, e sulla subordinazione agli incrementi di produttività degli aumenti negoziabili a livello aziendale, il prossimo obiettivo sarà l'abolizione del CCNL, per colpire la rigidità operaia e ribassare le condizioni salariali e normative nel modo più agevole.

Flessibilità in entrata e in uscita. Quindi mercato del lavoro come "self-service" della manodopera. Assunzioni a tempo, in affitto, a salario inferiore, a part-time; sfruttamento e precarietà sfrenati. E contemporaneamente (come suggerisce il PDS - cfr. Il sole 24 ore del 24/01/97) maggiore libertà di licenziare, magari con in cambio "buonuscita" e salario minimo, irrisorio, ottenuto eliminando pezzi di Stato sociale ; questo per favorire la "competizione sociale" tra i lavoratori. (Vogliamo dire: per dividere i proletari? Per strumentalizzare le condizioni di disagio che il capitalismo crea e ricattare le componenti di classe da colpire?)

Privatizzazioni e smembramento di aziende. Sull'esempio delle Ferrovie e dell'ENEL, dove ciò comporta la distruzione dell'unità contrattuale, quindi della rigidità, dei lavoratori interessati; la supremazia della logica aziendale, degli utili, sulla funzionalità dei servizi i il loro carattere sociale, e sui livelli di occupazione e di retribuzione.

Stato sociale. Le indicazioni della commissione governativa incaricata di "riformarlo" - commissione Onofri - contemplano:

SANITA'. Riformulazione di esenzioni e ticket, prestazioni ospedaliere a prezzi variabili (chi non può pagare sarà curato diversamente da chi può farlo), farmaci a prezzi liberalizzati, coperture assicurative di tipo sanitario da pagarsi: un po' come avviene negli USA, dove senza assicurazione ti lasciano morire fuori dal cancello dell'ospedale.

PREVIDENZA. Penalizzazione per chi ha più di 18 anni di contributi, introducendo il calcolo contributivo che era previsto nella riforma Dini del '95 solo per i "nuovi" assunti (beh, la giustizia sociale è un bene prezioso...); peggioramenti su età pensionabile, contribuzione, indicizzazione; abolizione delle pensioni di anzianità.

ASSISTENZA. In cambio di un "minimo vitale" intorno alle 600 mila lire mensili per i disoccupati di lungo corso e al di sotto della cosiddetta soglia di povertà, verrebbero eliminati gli assegni familiari, le pensioni sociali, i trattamenti di invalidità, le integrazioni delle pensioni al minimo.

AMMORTIZZATORI SOCIALI. Sostituire CIG, prepensionamenti, indennità di disoccupazione e di mobilità con altri trattamenti economici a tempo e di importo iniziale non superiore al 60-70% della paga. Si prospetta nel complesso un attacco pesantissimo ai costi di riproduzione della forza lavoro, al salario sociale, e un arretramento per l'insieme delle masse.

Gabbie salariali. Farci lavorare per un salario inferiore è l'aspirazione "naturale" dei padroni; il loro governo non poteva che rilanciarla nelle varie forme possibili, e tra esse quella di derogare ai minimi tabellari, alle normative sull'apprendistato, sulle contribuzioni a carico delle imprese, su quello straccio di tutela per i nuovi assunti e per i lavoratori in generale; e questo nelle aree del Mezzogiorno, ma anche in altre zone del paese, a "macchia di leopardo", secondo il criterio di predisporre questa soluzione ad un ampliamento del suo campo d'azione.

L'atteggiamento dei sindacati confederali, in linea con il gioco delle parti, vede la CISL spingere per queste misure, che "rilanceranno l'economia e l'occupazione", toccando quindi una corda alla quale non tarderanno a mostrarsi sensibili le più recalcitranti CGIL e UIL.

La vicenda del "patto per il lavoro" è emblematica riguardo alla situazione attuale. Gli obiettivi delle parti sociali, tra loro perfettamente d'accordo, sono: allargare l'apprendistato e quindi la massa di lavoratori che ricevono un salario iniziale inferiore, adottare il lavoro in affitto tanto utile ai padroni di fronte alle oscillazioni della domanda, creare zone franche con i "contratti d'area" dove ci saranno meno regole per i padroni, incentivare il part-time. Quindi sostenere le imprese abbassando i salari e aumentando la flessibilità. Ma - potenza del centro sinistra - il contenuto del patto si trasforma: non sono più i sacrifici, ma il lavoro che "dovrebbero portare", per cui la sua applicazione diventa terreno di mobilitazione di massa!
La funzione delle varie sinistre di governo è quella di intruppare settori proletari dietro gli interessi dei capitalisti, seminando confusione e disorientamento. Fare in modo che l'attacco alle condizioni della classe non schieri quest'ultima, non produca unità di lotta. Il 22 marzo questa "sinistra" ha portato in piazza spezzoni di massa contro i propri interessi (comunque, nonostante i filtri effettuati per "bonificare" il corteo, e i manifestanti "a rischio" bloccati alle stazioni di partenza, non sono mancate contestazioni, come quella dei disoccupati napoletani, in piazza San Giovanni) per poter delegittimare la resistenza, che comunque esiste, alla flessibilizzazione e al peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita, e che ha un respiro internazionale, evidenziando continuamente dei punti di riferimento avanzati in quei lavoratori che si avvicendano sulla ribalta della lotta di classe.

Su molte di queste questioni la lotta è infatti già aperta (ferrovieri, dipendenti delle poste), e su analoghe misure attuate in altri paesi la risposta è ancora più dura e organizzata, la solidarietà di classe, anche a livello internazionale, diventa una pratica concreta e si afferma come punto di forza del movimento operaio.
Dalla resistenza esemplare dei portuali di Liverpool contro i licenziamenti, che si è sviluppata nel tempo (circa un anno e mezzo di picchettaggi ed iniziative) e nello spazio, coinvolgendo portuali di tutti i continenti, alla manifestazione europea degli operai della Renault l'11 marzo contro ristrutturazione e chiusura di impianti. Passando per la lotta dei tranvieri francesi, che a febbraio hanno ottenuto riduzioni d'orario e nuove assunzioni, e per la resistenza dei minatori e dei siderurgici tedeschi alle ristrutturazioni e ai tagli di posti di lavoro. Tenendo ben presente che in Germania per fare sciopero è obbligatorio un referendum preventivo che lo approvi a larga maggioranza, e si deve dare il preavviso.
Vincoli che quegli operai hanno saputo travolgere. Anche qui ci sono non pochi ostacoli al rilancio di una lotta intransigente per la difesa degli interessi di classe, per esempio l'egemonia di partiti e sindacati borghesi sui lavoratori. Se questo ci ha diseducato alla solidarietà e all'unità di classe, siamo sempre in tempo per imparare di nuovo.


L'EUROPA IN LOTTA

Forse siamo entrati in una fase internazionale del conflitto: a misura che il capitale esporta se stesso e le strutture della produzione, si accendono le lotte operaie e si superano i confini e la concorrenza con cui i padroni vogliono dividere i lavoratori.

EUROSCIOPERO CONTRO I LICENZIAMENTI RENAULT

I licenziati dalla Renault occupano la fabbrica di Vilvoorde: bloccate nel piazzale 3500 auto nuove.
L'annuncio della chiusura, a luglio, della fabbrica Renault in Belgio ha suscitato una reazione rabbiosa. Sono 3100 i lavoratori che stanno per essere licenziati, ma arrivano a 5-6mila con l'indotto.
IL 7/3 si fermano le fabbriche in Francia, Spagna, Slovenia e Portogallo, l'11 un "eurocorteo" a Parigi. Nasce una solidarietà sociale europea. Lo sciopero è riuscito e la prossima manifestazione sarà sotto la sede della Renault.
La situazione degli operai della Renault belga è ancora più drammatica se si tiene conto che essi avevano accettato tutte le richieste padronali da 10 anni a questa parte, flessibilità in testa. Ricorda un operaio: "l'ultimo sciopero l'abbiamo fatto 10 anni fa. Abbiamo sempre fatto quello che ci chiedevano. Abbiamo aumentato i ritmi, abbiamo accettato la sfida della flessibilità, della qualità, della competitività. E il 22 febbraio la direzione ci ha dato le medaglie, alla presenza del primo ministro. Ma Renault ci stava prendendo in giro!".

MINATORI TEDESCHI

Tornano in piazza i minatori tedeschi, sempre col volto annerito dalla fuliggine, l'elmetto in testa, malgrado tre decenni di rivoluzione tecnologica, più che mai incazzati contro i tagli al settore proposti dal governo, che vuole troncare ogni forma di sovvenzionamento pubblico per un settore definito strategico per il paese.
La crisi capitalistica investe anche i settori più arretrati tecnologicamente, quelli in cui è più alto il plusvalore estraibile, spesso i più strategici. Il capitalismo non ha mai discriminato tra produzioni pulite o nocive, come può essere quella carbonifera, se non per profitto Quindi la causa dei minatori è giusta, non perché difendono la produzione e il consumo disinvolto del carbone, ma perché sono vittime sia dell'arretratezza del sistema produttivo capitalistico, sia della crisi che deriva dall'aumento del livello tecnologico: un paradosso della produzione capitalistica.

GERMANIA: TOCCA AGLI EDILI

Visto che la piazza paga più di molte e lunghe trattative, anche gli edili si sono decisi alla lotta. Ieri si sono mobilitati in 50mila in tutta la Germania per protestare contro il taglio di posti di lavoro nel settore e la concorrenza selvaggia della manodopera straniera.
Purtroppo in questa vertenza si esaspera questo aspetto del problema, ossia la presenza di migliaia di lavoratori stranieri sottopagati (20 marchi invece dei soliti 60 l'ora), ed è facile che emergano connotati razzisti.
E' indubbio che la presenza di manodopera sottopagata va a tutto vantaggio degli imprenditori edili, tutti presi da lavori faraonici, come quelli per la ristrutturazione del Reichstag a Berlino.
E' qui che si sono avuti scontri tra lavoratori e polizia in coda alla manifestazione: alcune centinaia di edili hanno sfondato le barriere del cantiere e sono entrati nello storico edificio.

POLONIA: I LAVORATORI DEI CANTIERI SCENDONO IN PIAZZA

A Danzica hanno manifestato 2000 operai, bruciando pneumatici nel centro della città. Lo scenario è del tutto diverso dal 1980: oggi si lotta per difendere il proprio posto di lavoro. I cantieri sono stati messi in liquidazione ed è stato annunciato il licenziamento di tutti i 3800 dipendenti. Lo stato è proprietario al 60% dei Cantieri.

SIDERURGICI INGLESI

Il gruppo siderurgico British Steel, terzo produttore del mondo di acciaio e primo in Europa, annuncia tagli significativi del personale.
Il gruppo al momento ha 44.000 dipendenti in Gran Bretagna e 53mila a livello globale: nel '95 ha registrato profitti per 1,1 miliardi di sterline, che sembrano essersi dimezzati nel '96.

RUSSIA: SI SCIOPERA CONTRO LA POLITICA ECONOMICA DEL GOVERNO

Oltre 2 milioni di lavoratori, pensionati e disoccupati sono scesi in lotta contro le condizioni di vita in cui versano a causa della crisi economica prodotta dalla politica capitalistica di Eltsin.
I manifestanti sono arrivati sotto le mura del Cremlino. In altre decine di città russe si sono svolte manifestazioni.
Devono essere pagati salari arretrati per oltre 15 mila miliardi di lire.

UNA DELLE QUATTRO TIGRI D'ORIENTE SI RIBELLA AL DOMATORE....!

La classe operaia sudcoreana, fino a poco tempo fa "nirvana" degli imprenditori europei, è scesa in lotta contro la nuova legislazione fortemente repressiva. Il governo, anche qui, corre in aiuto al bisogno di valorizzazione del capitale, dimostrando che il libero mercato è libero solo per i padroni e varando questo rosario di leggi: massima semplificazione delle procedure di licenziamento, fine della garanzia del posto di lavoro, aumento delle ore di lavoro (attualmente 54 e mezzo la settimana), sostituzione degli scioperanti con lavoratori temporanei, divieto di fondare nuovi sindacati fino al 2000. Queste misure sono state approvate, durante una seduta "segreta" del parlamento il 26 dicembre; a queste è stata abbinata una legge che rafforza i poteri dei servizi di sicurezza di fronte al potenziale nemico interno rappresentato dai lavoratori in lotta.
La mobilitazione della classe operaia è stata esemplare per la profondità della lotta (il sindacato FKTU, considerato docile strumento del governo, è stato costretto a scendere a fianco dei lavoratori mobilitati dal KCTU, sindacato di opposizione), per la sua asprezza, per la mobilitazione solidale di altri lavoratori e settori popolari.
Quando a fine gennaio il governo ha accettato di "rivedere" queste misure, la KCTU si è posta in attesa: ora la situazione è in stallo. Gli operai però sono pronti a riprendere le agitazioni - e già a marzo se ne è avuto un primo segnale - e a continuare la loro lotta fino all'8 dicembre, data delle elezioni presidenziali.
Il presidente Kim Young-sam ha ribadito che le proposte sindacali non possono essere accolte. D'altra parte, per la borghesia sud coreana è in gioco l'inserimento nel gruppo dell'OCSE: e ciò è possibile solo trasformando la struttura economica del paese, affinché i capitali investiti possano rafforzare la propria competitività, che, ricordiamolo, fino ad ora è stata basata sul basso costo della manodopera, sulla sua flessibilità, sulla mancanza di tutele sindacali.
Ma queste "qualità" della forza lavoro sudcoreana, taiwanese o indonesiana fanno gola a tutti i padroni. E' così che i lavoratori di tutto il mondo subiscono un pesante attacco. La crisi capitalistica prescinde in questa fase da situazioni locali, geografiche o da gestioni "corrotte" della "cosa pubblica". Solo appropriandosi dei mezzi di produzione, il proletariato, con la classe operaia in testa, può risolvere definitivamente il ricorrere di queste crisi.

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