Date: Fri, 09 Feb 01 10:25AM MET From: 
Intervento su redditolavoro@ecn.org

Reddito, lavoro, sfruttamento 

- Dice Benedetto Vecchi in conclusione di un suo intervento (cito liberamente) che forse si deve ricordare che alla base della volontà del proletariato di fare una rivoluzione c'è proprio il desiderio di non essere più proletari. -

Vorrei partire da questa "chiosa" di BV. Il solo modo che ci è dato conoscere per non essere più proletari - come classe e non individualmente - ossia perchè non ci sia più una classe di proletari è abolire il sistema di produzione capitalistico che di questa classe usa la forza lavoro. Abolire come? Su questo lascio aperte le porte a varie soluzioni, ma nessuna di queste può prescindere dal fatto che i rapporti di forza vanno cambiati e che il potere deve essere compiutamente (cioè in pratica e in teoria, nella società come nelle forme ideologiche, giuridiche ecc.) nelle mani della classe che aspira a distruggere le classi, partendo da se stessa: il proletariato.

- Magius ci ricorda che: "E poi. come non vedere che il RdC, al di la delle buone intenzioni, va in direzione opposta a quella dell'autorganizzazione? Il rapporto tra chi da e riceve il RdC e' un rapporto di delega, la peggiore: una delega totalizzante. Anche se venisse da decenni di lotta. (Magius)" Concordo con questa definizione del RdC, come del salario minimo ecc.

Questa soluzione non abolisce l'essere proletario, non realizza il desiderio. Prima di tutto perchè il proletario non è tale in misura dei soldi che si mette in tasca, ma del come questi soldi percepisce: il salario in cambio del lavoro, dal quale, dati questi rapporti di classe, si estrae plusvalore, ossia lavoro non pagato , il quale è sempre maggiore del più alto dei salari che un proletario riceve. Il RdC o i suoi consimili non aboliscono questa condizione. E in due modi: 1) perchè ci saranno sempre un numero maggiore di proletari o lavoratori salariati che dir si voglia (nel caso si voglia attribuire a "proletario" solo un aspetto come dire ideologico piuttosto che economico) rispetto ai percettori di un RdC qualunque, per il semplice motivo che questo viene prelevato dal plusvalore prodotto dai lavoratori e/o dalle loro tassazioni (più probabilmente; 2) perchè da un punto di vista non marxista ma meramente sociologico, tali soggetti beneficiati dal RdC rientrerebbero nella categoria dei proletari, quantomeno per esclusione dalle altre classi. Nella società reale e attuale lo scontro di classe non si misura su queste proposte qui dibattute: le lotte avvengono perchè gli LSU voglio l'assunzione a tempo indeterminato e le garanzie contrattuali previste per i lavoratori loro simili; perchè i disoccupati chiedono lavoro e non reddito; perchè gli operai lottano contro il peggioramento delle proprie condizioni, contro l'arretramento nei diritti e nei rapporti di forza. Tutte queste lotte, che pure vengono in qualche modo evidenziate in questo NG, sono di impedimento a che la borghesia sia spinta a "concedere" alcunchè. E' lì, su questi terreni di lotta - frammentari, di resistenza ecc. - che si misura il proletariato di contro alla borghesia. Non ci sono settori di classe che lottano quotidianamente per il RdC.

- "In altri termini il problema prioritario è focalizzare l'attenzione, sullo schiavismo diffuso, sul lavoro coatto, sulla colonizzazione delle coscienze, che per via della sussunzione reale della società al capitale non consentono di opporre una reale resistenza all'egemonia del capitale odierno. (L'Avamposto degli Incompatibili)"

Quando si cerca di riportare l'attenzione appunto sulla concretezza dello scontro di classe qualche volta si finisce per sottolineare alcune caratteristiche di questa fase del capitalismo, come se fossero delle novità - cattive, ma in qualche modo di tale portata da sconvolgere il sistema dei rapporti sociali di produzione - che mettono in secondo piano le altre caratteristiche. Sembra un modo per rispondere ai "nuovisti" dei RdC e simili su un piano altrettanto nuovista. Ma il "problema prioritario" non è quello indicato da Avamposto: il problema prioritario, quotidiano, sistematico e imprescindibile è che vige un ordine sociale basato sull'estrazione di profitto. Che questo avvenga in forma "ordinata", regolare, contrattualmente ineccepibile o che avvenga nelle forme più barbare che possiamo vedere, non cambia l'ordine dei problemi, se non nel fatto che aumenta il numero degli sfruttati (checché ne dica qualcuno!) e peggiorano le condizioni di una parte - per quanto consistente sia - di questi. Quindi non occorre evidenziare "i lati cattivi" dello sfruttamento: occorre usare la forza della classe nel suo complesso per disarticolare il potere della borghesia, a partire dai posti di lavoro, garantiti o meno. In sostanza per fare una battuta il capitalismo non ha nessun "neo" (neoliberismo) ma è tutto un tumore! Ma chi più di quella parte degli sfruttati che è già - come dire - inquadrata, organizzata che ha accumulato esperienza storica, può essere testa di ponte, ariete perchè il resto, frammentato, disorientato dai suoi stessi problemi, segua e si organizzi seguendo? Ossia, non dimentichiamoci che nessuna politica borghese di peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro può essere attuata senza piegare i lavoratori salariati ancora "garantiti". E allora è da un pezzo che la società è stata sussunta realmente al capitale! Il problema centrale è il capitale e il lavoro che dal primo viene usato per "esistere". Si dirà, non sbagliando del tutto, che quella avanguardia della classe proletaria mondiale che è la classe operaia è stata traviata, è mal diretta ecc. Si dirà persino chè si è imborghesita. E allora: non sono anche questi effetti di un attacco generale al nemico di classe della borghesia? Perchè "traviarla", "imborghesirla" ecc. se non per indebolire chi ha lottato sempre contro lo sfruttamento e permettere l'aumento delle altre forme di sfruttamento indicate come "problema prioritario"? Finchè esisterà un solo lavoratore salariato messo alla catena, organizzato in una fabbrica per produrre plusvalore, esisterà il capitale e quindi il capitalismo. Ma se concepiamo pure una forma di transizione, ebbene non ci possiamo illudere che questa sia creata, portata avanti tramite: 1) concessioni della borghesia, per tenere buoni i poveracci; 2) settori proletari non produttivi (per la borghesia, di plusvalore) settori socialmente disgregati per politica scientifica della borghesia. Non si può altresì pensare che la classe operaia, da sola, vada avanti: essa deve ricongiungersi, in modo cosciente e preciso, agli altri settori di classe, attuando un ruolo di avanguardia oppure, ipotizzo anche, comprendendo che il proprio ruolo sia in qualche modo superato e mettendo le proprie forze ed esperienze al servizio del resto della classe (ipotesi che non ritengo credibile). Il RdC sarà una conquista della rivoluzione proletaria, ottenuto tramite l'espropriazione della ricchezza accumulata e accaparrata dal capitale. Sarà - se sarà - fine dello sfruttamento e utilizzo della ricchezza prodotta dal lavoro di TUTTI e non sarà un "benefit" ottenuto col sacrificio del lavoro di alcuni, spiattellato dalla borghesia come una redistribuzione Un ultima cosa: quando si parla di "lavoro" lo si intende sempre come "sfruttamento" ma il lavoro è l'abilità dell'uomo di trasformare la natura. Non ha senso pensare a società dove non si lavori, in questa accezione. Va invece ribadito il concetto che il lavoro si oppone al capitale e che è questo rapporto che va trasformato

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