APPENDICE

 

REGESTI  CRONOLOGICI

 

1.                                                                                           27 marzo 1578, Nardò

“Jo. Dominico Catalano” figura quale semplice teste in un atto rogato a Nardò tra Giulio Camisa e Vincenzo Dolce “nobile” di Gallipoli, relativo all’acquisto di un “territorio vineato nel loco detto la Cenata nuova”. Trovandosi sicuramente in età maggiore, considerata pure la sua funzione nell’atto, la data di nascita del Catalano può essere ragionevolmente fissata intorno al 1560.

 

(ASL, 66/3, atto del 27 marzo 1578, cc. 15r.-18r.)

 

2.                                            10 settembre-18 novembre 1584, Gallipoli

Et più fu concluso e determinato che si acconci la cappella della Magnifica Università di Santo Sebastiano et che si facci un quatro con l’immagine di Santo Sebastiano et Santo Rocco con comprarsi ancora uno panno d’altare et coscini d’oropelle et un paro di candelieri per sopra l’altare” (f. 131v.).

 Et più circa il quatro di Santo Sebastiano fatto per mastro Dominico Catalano fu concluso et determinato che se li dega per sue fatighe et colori ducati trenta cinque.  Et più fu concluso et determinato che si facci uno accasamento[= cornice] al detto quatro di legname di noce et sia bello conforme allo quatro con accomodar primo il mastro et farà altro accasamento per lo più meno si possa fare” (f.140r.).

 

(ASL, Scritture delle Università e Feudi di Terra d’Otranto. Conclusioni del Parlamento di Gallipoli [1583-1592]; documenti segnalati in G.COSI, Il Notaio cit., p.104)

 

Questa tela, la prima che si conosce con certezza come opera del Catalano, è andata dispersa intorno agli anni 1724-5 quando fu rifatto l’altare di S. Sebastiano nel transetto destro della Cattedrale. Mons. Capece descrive così nella sua visita la precedente cappella di San Sebastiano:

 sita intus dictam civitatem in vicinio ecclesia S. Agathae et coniuncta dicte ecclesiae S. Agathae ex parte orientis et borae, duas vias pubblicas. Habet in altare iconam tele imaginis Sancti Sebastiani a lateribus imagines Sanctae Agathae et Sancti Rocci. Ornata cum ornamento ligneo sculpto cum insignis Civitatis” (cfr. Visita di Mons. Capece, 1599, trascrizione postuma, pp. 22-26).

 

3.                                                        1590, Gallipoli

Questa è l’epigrafe che il Catalano quest’anno dipinge nel quadro dei SS. Pietro e Paolo nella chiesa delle Clarisse di Gallipoli:

SALVE SPONSA DEI VIRGO  SACRA / PLAUTA MINORUM TU VAS MUNDI / TIE  TU  PREVIA FORMA  SORORUM  / CLARA TUIS  PRAECIBUS DUC  NOS  AD  REGNUM CO(EL)ORUM

 

Negli annali della Parrocchia di S.Francesco così annotava il parroco Sac. Vincenzo Liaci il 14 marzo 1949: “ ...ai piedi di S.Paolo vi è la seguente iscrizione e la data 1590 che riproduce una più antica 1590. La prima data è stata riprodotta in seguito ad un restauro nella parte inferiore del quadro”.

(Cfr. Cronistoria della parrocchia di S.Francesco d’Assisi, 1946-1972, p.51). Iscrizione e data originale sono emerse dal recente restauro al quale è stata  sottoposta la tela presso il Museo Provinciale di Lecce.

 

4.                                                        21 settembre 1594, Gallipoli

Ad istanza di “Mastro Gio. Domenico Catalano” si effettua l’inventario dei beni del quondam Guglielmo Ragusa, marito di Laura, sorella del pittore.

 

(ASL, 40/4, atto del 21 settembre 1594, c.50 r.)

5.                                17 febbraio 1596, Gallipoli

Testimoniale a favore del Catalano.

Il magnifico Gio. Domenico Catalano de detta città dice voler far ricompra dal venerabile ospitale de detta città d’un annuo censo de ducati cinque (che) deve Anna Berta madre del detto Gio. Domenico et Ottavio Catalano, fratello d’esso pittore, al detto ospitale et quelli consignare allo magnifico priore di detto ospitale; et per la verità ho fatto la presente firmata de mia mano.

In Gallipoli alli 17 febraro 1596        Vincenzo Pirello”.

 

(ASL, 40/4, atto del 17 febbraio 1596, c.11v.)

6.                                                                                                       17 agosto 1596

Il reverendo Arciprete battizzò lo figliuolo di Gio. Jacomo Scaldato chiamato Gioseppe, la madre Agata Venneri, il compare Gio. Domenico Catalano”.

 

(APSAG, Liber baptizatorum, vol.I)

 

7.                                                                    12 dicembre 1596, Gallipoli

La madre di Giovan Domenico Catalano, Anna Berta vedova di Tommaso da molti anni, attesta che “insino al presente giorno come quello che essendo pittore et accasato de l’arte sua, et intrate delli sui beni dotali, è stato più comodo de l’altri fratelli...”; i fratelli erano Ottavio, Francesco e Laura. Giovan Domenico aveva riscattato la casa paterna “nel vicinato di S.Luca” nella quale abitava.

 

(G. COSI, Il notaio cit., pp.97-98)

 

8                                                                        1597 Gallipoli

“Gio Tomasio Catalano”, figlio di Giandomenico, in una testimoniale del 1622, afferma di  essere nato venticinque anni prima, cioè nel 1597; è quindi il primogenito del pittore.

 

(ACVG, Informatio contra Leonarda de Marco, 1622, n.33, c. n.n.)

 

9.                                                                    23 marzo 1598, Gallipoli

Alli 23 di marzo 1598 il reverendo arciprete battizò lo figliolo di Giovanni Bidetto chiamato Marcello, la madre Camilla Orlandino il compare Giovanni Domenico Catalano”.

 

(APSAG, Liber baptizatorum, vol.I)

 

10.                                                      31 ottobre 1598, Gallipoli

Il Catalano per la prima volta è nominato decurione all’interno del parlamento cittadino;  in seguito rivestirà la medesima carica  anche negli anni 1602-3 e 1604-5.

 

(G. COSI, Il notaio, p.99)

 

11.                                                      16 dicembre 1599, Gallipoli

Addì detto, il reverendo arciprete battizzò il figliolo di Giov. Domenico Catalano e di Porzia Lombarda chiamato Giov. Pietro, il compare Flaminio Roccio”.

 

Il documento trascritto il 1925 dal Liber baptizatorum della Cattedrale di Gallipoli non è più reperibile.

(C. FOSCARINI, in “Fede”, a. III, n.7, 1925, pp.99-100)

 

12.                                                      22 febbraio 1603, Gallipoli

Gio: Domenico Catalano è padrino al battesimo di “Gio: Pietro Bacchino di Giov. Mattei e d’Antonia Palamà”.

(APSAG, Liber baptizatorum, vol. II)

13.                                                      14 giugno 1603, Gallipoli

Il reverendo Gio.Battista Dionisio battezò il figliolo di Consalvo Carmona Castellano del Castello di Gallipoli e di D.a Geronima Protonobilissimo nomine Giov. Diego,  il compare Baldassar Calderon, la comare Antonia da Lorenzana spagnola”.

 

Al luglio del 1613 è databile il quadro di S.Diego nella Chiesa ex conventuale di S.Francesco d’Assisi a Gallipoli raffigurante in basso il castellano Consalvo de Carmona, la consorte Geronima Protonobilissimo ed il neonato Giovan Diego,  battezzato appunto il 14 giugno 1613.

I coniugi de Carmona avevano già avuto Pietro Luca Giacinto battezzato il 21.10.1604 e successivamente Antonia Agata battezzata l’11.4.1599. Consalvo de Carmona divenne castellano di Gallipoli nel 1594 “che morì nel 1611” (MICETTI, f.124v.). 

Detto Castellano hebbe per moglie Donna Geronima Protonobilissimo, e visse molti anni detto Carmona sino l’anno 1611 dopo la morte di sua moglie”(A. ROCCIO, Notizie memorabili, p.330).

Il 15.11.1603 Geronima Protonobilissimo è madrina  al battesimo di Antonio d’Ospina di Giovanni e Laura Ventura.

 

Sulla cappella che possedeva il Carmona in S.Francesco d’Assisi cfr. Visita pastorale di Mons. Capece, trascrizione postuma presso E. Pindinelli, altare della Concezione, pp.15-16: “ubi etiam reperitur altera cancella lignea et non sit ipsius cappelle (della Concezione) sed alterius que est Domini Consalvi de Cramona (sic) ad presens Regii Castri Civitatis Gallipolis Custodis”.

 

14.                                                      1604, Presicce

Il Catalano firma e data la tela del Martirio di S.Andrea nella parrocchiale di Presicce. Nello stesso anno dipinge la tela con i Preparativi della Crocifissione (nei documenti Passione di Cristo) nella chiesa del Rosario di Gallipoli per la nobile famiglia Musurù.

15.                                                      31 ottobre, 1605

Giovanni Cosi ha documentato, in virtù di un contratto rogato dal notaio Vito Stamerra, i patti intercorsi tra Alfonso Calò genero di Vito Nanni ed il mastro costruttore Nobilio Lachibari,  i  rapporti di  comunanza  di mestiere stabiliti tra Vespasiano Genuino e Giovan Domenico Catalano, i quali erano stati deputati a sovrintendendere col Lachibari alla ricostruzione della nuova cappella della famiglia Nanni-Calò nella chiesa dell’Annunciata a Gallipoli con l’impegno che, terminata la fabbrica, ne avrebbero eseguito la coloritura ad imitazione dell’alabastro.

Indizio importante questo che ci fa intuire la familiarità del Catalano con la pratica dell’affresco.

 

(G. COSI, Il notaio, p.99)

 

16.                                                      1606, Gallipoli

Quest’anno il Catalano, a riprova del prestigio raggiunto, è nominato tra gli “eletti” dell’amministrazione della città.

 

(G. COSI, Il  notaio, p.95)

 

17.                                                      24 maggio 1607, Gallipoli

Giovan Domenico Catalano è padrino al battesimo di Domenico Veneziano di Gio. Antonio e Leonarda Monticchia.

 

(APSAG, Liber baptizatorum, vol.II)

 

18.                                                      13 dicembre 1607

Giovan Domenico Catalano è padrino al battesimo di Giuseppe Turi, di Cola e di Isabella Marangina.

(APSAG, Liber baptizatorum, Vol.II)

19.                                                      11 ottobre 1608, Gallipoli

Giovan Domenico Catalano è padrino al battesimo del figlio di “Quintiliano Cuti e di Caterina, nomine Alessandro

 

(APSAG, Liber baptizatorum, vol.II)

 

20.                                                                  1610, Gallipoli

TEMPORE PRIORATVS / IACOBI ANTONIO / ROCC(I)V. ANNO D.NI 1610

 

Questa epigrafe è dipinta in basso a sinistra della tela del Crocifisso, ora nella chiesa degli ex Cappuccini di Gallipoli (parrocchiale di S. Gabriele dell’Addolorata). La tela in origine era collocata nell’unico altare della cappella dell’ospedale di Gallipoli eretta  sul luogo dell’attuale Biblioteca comunale in via A. De Pace.

Questa cappella è  così  descritta nella visita pastorale di Mons. Montoia del 26.4.1660:

Cappellam hospitalis... sita in ingressu dicti hospitalis a sinistris praedicti ingressus... nimis angusta, constructa sub parvo fornice, et habet duas fenestras ex utroque latere, quarum unam respondet curtili... in ea adest altare cum icone S.mi Crucifixi in tela satis decenti cum cornicibus ligneis valde rudibus”.

 

(ACVG, Visita pastorale di Mons. Montoia, f. 101 r.)

 

21.                                                                  15 settembre 1610, Gallipoli

Giovan Domenico Catalano è padrino al battesimo di Agata e Angela Gigante figlie di Beli e Lizzeria Motta.

(APSAG, Liber baptizatorum, vol.II)

 

22.                                                      1612, Copertino

Questa è la parte finale dell’iscrizione della tela del Rosario nella chiesa dei domenicani di Copertino:

“SUB PRIORATV JOANNIS FRANCISCI MORELLI/ ANNO A PARTV VIRGINIS MDCXII / ALESSANDRO DE L. PETRO CLARELLO PROCURATORE”.

 

La tela è servita chiaramente come modello dell’analogo soggetto nella matrice di Casarano dove è più evidente l’intervento della bottega. Intermedia tra le due tele è quella nella chiesa dei domenicani di Tricase; altre copie sono nella parrocchiale di Felline - vicinissima alla tela di Casarano -  in quella di Taviano e di Giuliano.

 

23.                                                                                         1612-1613, Lecce

Da un documento del 24 marzo 1615 si ricava che due anni prima la famiglia leccese dei  Celonese aveva fatto scolpire da  F. A. Zimbalo una cappella con  altare nella chiesa leccese di S. Maria degli Angeli che all’epoca risultava “già constructa, fabricata et finita”, come pure “la fattura del quatro di Santo Carlo per mastro Gio. Domenico Catalano, quale si è fatto in tela et già posto in detta cappella”; questa costò 400 ducati di cui 40 versati al pittore.

Da un atto del 2 giugno 1615 si apprende che “Gio. Domenico Catalano di Gallipoli” aveva rapporti economici fin dal 1612 con la “nobile” Vittoria Guarini moglie del quondam Antonio De Marco.

 

(ASL, 46/19, atti del 24 marzo e del 2 giugno 1615).

 

24.                                                                  1613, Squinzano

Dipinge il S.Francesco e le Anime del Purgatorio datato 1613 (restaurato il 1785) e probabilmente, lo stesso anno, la splendida Annunciazione sempre nella matrice.

25.                                                                  1613, Gallipoli

Il “nobile” Massenzio Vaglio roga il suo testamento il 1613 e i “codicilli” il 13 luglio dello stesso anno; scompare il 30 agosto 1613. Nel testamento dichiara che “con l’assenso e volontà di monsignor Illustrissimo Capece... have edificato e quasi finito dentro la Cattedrale chiesa di Gallipoli una cappella... sotto il titolo di S.Giovanni Battista e S. Andrea la quale ancora non è finita. Per tanto vuole, ordina e commanda che... Francesco Pirelli suo nipote et erede universale abbia da far finire la fabrica di detta cappella in un termine di un anno numerando dal giorno della morte del detto testatore...

 

La cappella, tela compresa (comunemente detta della Madonna delle Grazie e Santi) risulta già completata agli inizi del 1614. Questo documento è dunque particolarmente significativo in quanto permette di datare al 1613 questa tela, concordemente attribuita al Catalano.

 

(ACVG, “Beneficio di S.Andrea apostolo e di S.Giovanni Battista”, 1613)

26.                                                                  [1613], Gallipoli

E’ di quest’anno la tela di S.Diego nella chiesa di S.Francesco d’Assisi (cfr. documento n. 12.)

 

27.                                                      1614, Squinzano

Questa è l’iscrizione della pala intitolata alla Regina Martyrum:

HOC SIMULACRUM DEIPARE MARIA/ MARTIRIBUS DICAT. D. MAXENTIUS S.T.D./ ET D. ANTONIUS  BOLOGNA FRATRES  QUO/ RUM EFFIGIES HAEC SUNT TAM FABRE FACIENDUM/ CURARUNT A.D. MDCXIV.

 

Questa pala costituisce lo scomparto centrale di un trittico; quello sinistro, con S.Carlo, S.Francesco e S. Massenzio, oltre al committente orante, è così firmato, in basso: “Mastro G. Domenico Catalano di Gallipoli/ pingebat”;  quello a destra raffigura S. Antonio Abate, S.Antonio da Padova, S.Leonardo e il secondo committente orante.

 

28.                                                                  13 febbraio 1614, Gallipoli

Giovan Domenico Catalano attesta di aver principiato qualche anno prima il dipinto raffigurante S.Eligio per incarico di Gio. Pietro Patitari e di non averlo ancora terminato:

Havendo inteso io Gio: Dominico Catalano di q(ue)sta città di Gallipoli le monitioni fatte ad instantia dell’eredi del quondam Gio: Pietro Patitario di d.a città, per non incorrere a qualche censura, dico, e rendo come gli anni pa(ssa)ti hebbi da d(etto) quondam Gio: Pietro ducati sei in tanta quantità de lino per li quali ne principiai un quadro grande con l’imagine di s. Eligio nella sua tela, e dopo per pigritia commune no’ si finì detto quadro, a oggi ancora lo tengo accosi principiato, e questo è quanto occorre di dire per discarico di mia coscientia. In Gallipoli oggi 13 di febraro 1614.

Io Gio: Dominico Catalano revelo ut supra”.

 

(ACVG, Beneficio dei Patitari, 1614)

 

Il quadro è certamente quello che il 1617 fu collocato nella chiesetta di S.Eligio e Menna per incarico dell’arcidiacono don Giovanni Zacheo (cfr. documento n. 22).

 

29.                                                                  16 febbraio 1615, Gallipoli.

Giovan Domenico Catalano, a Gallipoli, dichiara nel documento di seguito riportato, di essere stato istituito erede, l’anno precedente, dal quondam Gio. Paolo Ragusa, suo nipote, con l’obbligo di un legato. Gio Paolo è evidentemente il figlio nato dal matrimonio di Laura Catalano, sorella di Gio Domenico, con Guglielmo Ragusa (cfr.doc.4).

 

a) Nella vescoval Corte di Gallipoli compare Gio. Domenico Catalano di detta città e dice come essendo stato instituito erede dal quondam Gio. Paulo Ragusa nell’ultimo suo nuncupativo testamento, fra l’altri legati fatti ad pias causas, fondò un beneficio di ducati cento quali si debbiano mettere in compra di censo di annui ducati nove, quali si debbiano dare ad un cappellano per esso Gio. Domenico, suoi eredi e successori di linea masculina, eligendo per una messa la settimana in beneficio dell’anima di esso testatore conforme al testamento predetto, e perchè esso comparente vuole eseguire la volontà di detto quondam testatore, perciò nomina, elegge e presenta per cappellano supradicti beneficij di detti ducati nove annui, il reverendo d. Bartolomeo de Donato canonico della cattedrale chiesa di detta città, quale Bartolomeo predetto dimanda sia instituito nello suddetto beneficio e come tale cappellano presentato, eletto et instituito, li siano spedite le bulle da questa vescoval Corte e così dice, e dimanda provedersi in questo et in ogni altro miglior modo.

 

(ACVG, Pro Jo. Dominico Catalano et D. Bartolomeo de Donato civitatis Gallipolis, 1615, n. 365; nell’atto in questione compare la sottoscrizione autografa di “Joannes Dominicus Catalanus”).

 

b) Item perchè l’istitutione dell’erede è capo e principio d’ogni cosa e testamento, senza li quali è nullo, io predetto Gio. Paolo Ragusa testatore, instituisce et ordina, crea e fa et suae propriae vocis oraculo, nomina suo erede universale e particolare Gio: Dominico Catalano suo zio, sopra tutti e qualsivogliano beni di esso testatore mobili, stabili, censo, crediti e nomi di debitori, oro, argento, denari, attioni e ragioni et ogni altra qualsivoglia cosa infra legata.

(Ibidem, frammento superstite del testamento del Ragusa)

 

30.                                                                  13 dicembre 1616, Tricase

Avendo edificato la propria cappella sotto il titolo di S.Carlo, sita nella matrice di Tricase, Giovanbattista Gallone invia la seguente supplica, datata 13 dicembre 1616, al vicario generale di Alessano:

“Giambattista Gallone supplicando, li fa intendere come avendo fatto erigere una cappella con suo quadro dentro la nuova chiesa madre di Tricase, sotto il titolo di S. Carlo, ha quella dotato con ducati cinquanta e con peso di una messa per catauno mese. E poichè pretende li detti ducati cinquanta metterli in compra di tanti beni stabili e non volendo nel  frattanto si trovino a compre si manchi di celebrare le messe, perciò supplica ancora resti servito concederli licenza che si possino celebrare dette messe insino se metteranno a compra detti ducati cinquanta”.

 

(La supplica in questione è riportata nell’atto del 23 giugno 1617, in ASL, 109/1)

 

Questo documento consente di datare appunto al 1616 la tela di S.Carlo attribuita già alla fine del ‘600, dal Micetti, al Catalano.

 

31.                                                                  1617, Gallipoli

Memoria della fondazione (1617) e della traslazione (1631) del  monastero dei paolotti di Gallipoli.

 

a)Fu il nostro convento di Gallipoli accettato alla nostra religione dal Capitolo Generale di Roma sesto dell’anno 1617 in tempo che steva nella chiesa del Canneto; e poi si diè supplica all’Ill.mo e Rev.mo D. Consalvo Rueda vescovo di Gallipoli acciò si trasferisca detto convento dentro della città, quale per sua bontà e devozione diè decreto che liceat che la religione entri in detta città, e come già fu eseguito, e s’incominciò a fabricare a primo settembre 1631, essendo Sindaco il Signor Gio. Venneri, il quale operò in detta santa opera con molto affetto spirituale. Si trasferì detto convento la vigilia del S. Natale del sopradetto anno ad ore 21 e fu benedetta la chiesa da detto Ill.mo Vescovo con molta festa e consolatione spirituale di tutta la città, essendoci anco presente il R.do P.re Dionisio da Lecce Provinciale, e Vicario di detto convento il P.re Carlo Abbatizzi di Gallipoli, quale la notte del SS.mo Natale fu dal medesimo vicario celebrata la prima messa e li fu di molta consolazione; e mentre le case dove si edificò detta chiesa e convento erano della sua fameglia, et in particolare egli era nato in dette case, quale detto P.re Vicario comprò in nome della religione dall’eredi del quondam Pardo Abbatizzi suo zio, per il prezzo di ducati 612 come appare per decreto della Corte Vescovile, quale si conserva in una cassa in quattro chiavi, e questi denari furono d’elemosine di devoti come il tutto meglio si può vedere dal retroscritto instrumento allo quale e incominciò detto convento a ricevere da persone devote l’entrate così di censi, come appare dalla Platea de censi, come di stabili e case, e si vede dalle soprascritte partite”.

 

(ACVG,  Platea dei Paolotti di Gallipoli)

 

b) (Traslatio Ecclesiae ac fratrum Venerabilis Conventus Ordinis Minimorum Sancti Francisci de Paula Civitatis Gallipolis, et ratificatio instrumenti pro Ill.mo et R.mo Domino Don Gundisalvo de Rueda Episcopo Civitatis Gallipolis).

“Die vigesimo tertio mensis decembris XV indictionis 1631 in civitate Gallipolis et proprie in penultima camera Palatij Episcopalis... Constituti coram nobis in testimonio pubblico Reverendo Padre frate Carolo Abbatizio à Gallipoli ordinis minimorum S.ti Francisci de Paula ad praesens Vicarij Ecclesiae et Conventus dicti ordinis huius civitatis et specialiter deputato ecc. ecc.” per conto del  padre provinciale con “patente” dell’11 agosto 1631, “ex  una, et Ill.mo ac Rev. Domino Don Gundisalvo de Rueda... parte ex altera”.

Le parti asseriscono “come l’anni passati haverà d’anni 18 in circa, il quondam Reverendo padre fra’ Lodovico da Monopoli olim Provinciale di detto ordine siandone precedute le debite et necessarie accettazioni e licentie così dell’olim monsignor Vescovo Capece all’ora Vescovo di questa città, come dal R.do capitolo e clero di detta città e dell’Università di detta città, et anco de tutti l’altri conventi et religiosi di detta città, prese e fundò lo convento e chiesa di detto ordine nella chiesa intitolata La Madonna del Canneto fuora e vicino le mura di detta città. Per la qual fundazione e concessione si stipularono le debite cautele, nelle quali detto quondam Provinciale e padri si obligaro e promesero prestare l’obedienza di Candelora e palma a detto olim Mons. Vescovo et a tutti suoi successori, con altre sollennità, e clausure necessarie, come più distintamente disse apparere dall’istrumento sopraciò stipulato per notar Gio. Tomaso Coppola di Gallipoli sotto il dì 15 del mese di maggio dell’anno 1631 - allo quale - soggiungendo detto Reverendo fra’ Carlo Vicario nel nome come di sopra come havendo risoluto per evitare alcuni pericoli imminenti, et anco per maggior commodità de padri di detto convento e popolo di detta città, di trasferire detto convento e chesa da detto luogo dentro detta città, e sopra detta traslatiione havendo ottenuto licentia da detto Monsignor Ill.mo et R.mo et anco del detto R.mo capitolo e clero et conclusione di detta città, in virtù delle quali licenze e precedentino diverse accettationi di detto Monsignor Ill.mo havendo incominciato a trasferire detto convento e chiesa da detto luoco fuora della città, in un altro luogo dentro detta città nelle case dell’eredi del quondam Leonardo Abbatizzi in loco detto Santo Nicola delli Lachibari appresso suoi notori confini, dove s’è accomodata e fatta al meglio che si è potuto la chiesa, e celle, con altre commodità necessarie per detto convento conforme si richiede alla vita de Religiosi, e per adempire  et osservare il decreto lato per detto Ill.mo et R.mo Vescovo hoggi predetto giorno come disse, ha deliberato ratificare detto primo instrumento e tutti e singoli patti in esso contenuti ut infra”.

 

(ASL, 40/8, notar Giovanni Sgura, 23 dicembre 1631, cc.414r.-415r.) 

 

c) “Eodem die propose detto Procuratore come a preghiere del Correttore del Convento di S. Francesco di Paola per sabato prossimo hanno havuto licenza dal nostro Ill.mo  d’entrarsi il quadro di S. Francesco di Paola il quale ritrovasi dentro la chiesa della Madonna del Cannito lasciato detto quadro quando detti padri tennero detta chiesa et avendo pregato detto capitolo farci la carità accompagnar detta processione con loro insigne e cotte per lo che fu concluso che detto capitolo facci la carità a detti padri”.

 

(ACVG, Conclusioni Capitolari, vol. II [1631-1679] c.33r..)

 

Questo documento consente di datare a prima del 1617 il quadro di S. Francesco di Paola eseguito per la chiesa del Canneto, nel 1631 collocato nella nuova chiesa intra moenia dei paolotti di Gallipoli.

 

32.                                          1617, Gallipoli

Epigrafe del quadro dei Santi Eligio e Menna:

AN. D.NI 1617  SVB RECTORATV IOANNE  ZACHEO  ARCHID.NO  GALLIP.NO.

 

Mons. Capece nella  Santa Visita del 1599-600 annota il beneficio di S. Menna con le seguenti parole: “Il R.do Archidiacono Donno Giovanne Zacheo tiene e possiede un beneficio nominato de Santo Menna de jus patronato della Mensa vescovile cappella dentro d’essa città nella piazza pubblica”.

 

(Visita di Mons. Capece, [trascrizione postuma], Benefici, p.41).

 

33.                                                      1621, Gallipoli

Gio. Pietro Catalano figlio di Gio. Domenico compare il 24 gennaio 1621 al battesimo di Petronilla Motta e il 4 marzo dello stesso anno  a quello di Giustina De Marco “figlia di Jaco de Marco di Montalbano e di Porzia Sarci”.

 

(APSAG, Liber baptizatorum, vol. II  )

A questa data, quindi, il pittore è sicuramente in vita.

 

34.                                                      14 luglio 1627, Gallipoli

Caterina Calabrese afferma “come se ritrovava qui in Gallipoli, mentre è calabrese; disse che nci la portò suo marito [Gio. Domenico Petruzzo] il quale è pittore et pingeva con Gio. Domenico Catalano et cossì se ritrova in questa città, il quale era romano pittore... da quasi sei anni in circa...”; il marito era scappato a Roma.

(ACVG, Processi criminali, fasc. 2977, “Francesco Allegretti e Caterina Calabrese”, 1627).

 

Il pittore romano citato in questa  informatio  sembrerebbe  giunto quindi a Gallipoli intorno al 1621 data in cui Gio. Domenico Catalano era  ancora vivente. (cfr., anche, doc. precedente)

Nel 1627 il Catalano doveva essere già morto in quanto nella questione relativa a siffatta “informatio” sicuramente sarebbe stata acquisita anche la sua testimonianza nel corso del processo a carico del discepolo  Domenico Petruzzo. Si può quindi affermare con una certa  sicurezza  che Gio. Domenico Catalano, anche attraverso altri indizi,  scomparve qualche anno prima del 1627, probabilmente tra il 1624 e il 1626.

35.                                          7 ottobre 1639.

(“Testamentum nuncupativum Jo. Petri Catalano civitatis Gallipolis” che abitava nel vicinato di S. Luca “iuxta domos qm. Ambrosini Catalano”. Giovan Pietro Catalano istituisce sua “erede  universale e particolare Portia Catalano sua figlia legittima, e di Elisabetta Mazzuci sua moglie”)

 Item esso Gio. Pietro Catalano testatore lascia a detta Elisabetta sua moglie tutti li mobili, vestiti, suppellettili et altri regimenti di casa pleno iure dopo la morte di detta sua figlia et erede, nelli modi espressi per esso testatore quia sic. Item esso testatore lascia che per detta sua erede si venda lo molino per estinguere lo censo di ducati 50 di capitale censo che si devono alli RR.di Padri di S. Domenico di questa città. Item dichiara esso testatore come lo quadro abozzato con le figure della Madonna e delli Magi l’ha principiato ad istanza del quondam barone Zanzara de Galatone dal quale dice aver ricevuto ducati 17, che venendo a pigliarselo come si trova ci debbiano pagare lo de più del prezzo vale detto quadro nel termine che si trova quia sic. Item esso Pietro testatore lascia sia sepelito all’ecclesiastica sepoltura del convento di S. Francesco de Assisi dentro questa città ad arbitrio di detta sua erede”.f. 253

 

(ASL, 40/8, notar Giovanni Sgura, cc. 250r.- 253v. Segnalato la prima volta da G. COSI, Il notaio, p.105).

 

Giovan  Pietro Catalano ebbe numerose figlie tutte premorte come si evince dai numerosi atti di battesimo conservati nell’archivio della Cattedrale. Risulta infatti che l’8 dicembre 1632 veniva battezzata Maria Catalano, il 13 agosto 1634 Porzia Maria, il primo dicembre 1637 Caterina Porzia ed infine il 21 maggio 1639 Porsia che è da ritenersi l’unica  figlia sopravvissuta indicata quale erede nel testamento paterno (cfr. APSAG, Liber baptizatorum, ad annum).

 

36.                                                                  6  novembre 1698, Gallipoli

Nella diroccata chiesa del Rosario, Gio. Pietro Musurù dichiara di possedere la cappella della “Passione di Gesù Cristo” con il suo quadro; Marcello Pirelli dichiara di avere il quadro di “S. Giovanni dell’Apocalisse”; Achille Castiglione vantava il diritto di patronato su quella “del Nome di Gesù”; l’alfiere Toma Perrone su quella “ di S. Giacinto col suo quadro”. Da costoro poichè si sta ricostruendo la nuova chiesa  a quel tempo  quasi ridotta alle lamie”, i domenicani pretendono  50 ducati l’uno non appena  “sarà coperta la chiesa e fatti gli altari nelle dette cappelle” nelle quali erano autorizzati a “ metterci li quadri antichi”.

 

(ASL, 40/13, Declaratio del 6 novembre 1698. )

 

Le quattro tele sono tutte del Catalano e appartengono alla prima redazione della chiesa. La tela di S. Giacinto  purtroppo è andata dispersa. Da un documento del 1684 si ricava che il procuratore dei domenicani, fra Giovanni Sabato, richiede l’autorizzazione dell’ordinario per unificare “le due cappelle di S. Tommaso d’Aquino e S. Giacinto in una, nella quale più decorosamente possa collocarsi il quadro di S. Tommaso che per l’angustia del luogo sta al presente con poca decenza e con sproportione della chiesa, e possa ampliarsi  la detta cappella a proportione dell’altra che sta all’incontro, per maggior decenza e comodità della lor chiesa”.

A questo proponimento invano si oppose Tommaso Perrone “sotto pretesto che abbia iuspatronato nella detta cappella di S. Giacinto”(cfr. ACVG, Domenicani, II, Per il jus patronato della cappella di S. Giacinto, 1684, n.737, c.n.n.).