Vittorio CUTTIN

Vittorio Cuttin è un noto personaggio del mondo letterario nazionale. Triestino verace, poeta, romanziere, fu polemista di rara causticità per cui giustamente fu paragonato al francese Rochefort.

Giunse a Gallipoli agli inizi del 1900 collaborando al locale "Spartaco" con lo pseudonimo di Spiritello e pubblicando alcune appendici umoristiche, racconti e novelle. Qui a Gallipoli inizia una sua frenetica attività editoriale fondando un' agenzia giornalistica pugliese di corrispondenza e pubblicità ed i settimanali "La Settimana pugliese" e "La squilla".

Pubblica nel 1901, con Sonzogno, la monografia su Gallipoli della serie "Cento città d'Italia" uscito come supplemento al secolo di Milano. Entrato in violenta polemica con Stanislao Senape de Pace è costretto a rientrare a Trieste, richiamato dall'editore Riccardo Chamber, dove fonda il quotidiano "Il Sole".

Interventista convinto, allo scoppio della prima guerra mondiale fugge da Trieste e si arruola volontario nell'esercito italiano, ma viene riformato per obesità. Passa a Firenze dove collabora stabilmente con l'editore Nerbini, pubblicando numerosi testi di letteratura amena ed umoristica, ma tutti a contenuto antiasburgico.

Diviene famoso per una lunga serie di romanzi popolari, tra i quali famosissimi "l'amante dell'Imperatore" e "L'ombra di Miramar", riediti fino alla fine degli anni '50. Interessante figura di letterato, fu conteso dall'editore Bemporad che gli commissionò la biografia di Oberdan. Scrisse con Papini un "Epitalamio a Conrad" e una lunga biografia di Michele Buono, patriota risorgimentale barese. Si dedicò alla poesia lasciandoci l'edizione del "Menestrello della fame", del 1893, ed un gruzzolo di componimenti pubblicati sullo Spartaco. Assorbì la letteratura romantica del suo tempo e soprattutto il filone russo, da Turghenev a Dostoieski, toccando gradatamente le tematiche proprie della narrativa popolare di fine secolo e del romanzo storico, secondo l'evoluzione di questo genere nella tradizione letteraria italiana e francese.

Seppe, comunque, svincolarsi dalla struttura tradizionale romantica del romanzo, riuscendo ad inserire, sullo sfondo difatti storici, le inquietudini e le contraddizioni della coscienza sociale ed individuale. Scrittore dalle tinte fosche, assorbì le lezioni del de Sade che sosteneva doversi mostrare l'uomo quale può divenire, come possono modificarlo il vizio e le varie urgenze delle passioni. Assimilò anche l'idea del Richardson secondo cui la virtù non cambia il vizio, non lo redime, giacchè virtù è un mito, astratto ma sicuramente presente nella psicologia delle masse.

Fu per questo un maestro dei romanzi d'appendice che, sviluppati sui temi dell'orrido, riprendevano il filone dei racconti del Poe, di Radcliffe e di Lewis. Una sua novella fu addirittura scambiata per un racconto di Edgar Allan Poe e pubblicata da un editore romano, che stava curando l'edizione completa delle sue opere.

Cuttin ebbe sempre un'ideale, un eroe positivo idealizzato nell'uomo perseguitato dai borghesi e che lotta per un ideale di giustizia e di eguaglianza. Giunse così a teorizzare, nel filone dell'individualismo nichilista della tradizione letteraria ucraina di Turgenev e Sevcenko agganciata alla visione slavofila di Dostojeski, un superuomo capace di indicare al popolo, che non ha potere, sfidando le leggi e la società, un disegno possibile di giustizia. Un'idea tutta nichtchiana del superuomo, modellata sugli intendimenti di Griffith nel Martin Eden circa il ruolo che l'amore della donna ha nella vita dell'uomo.

Un ribelle insomma, che ha trasfuso nei suoi romanzi e nei suoi versi la propria condizione di disadattato sociale e politico, convinto che in una società di diseguali alla fine non v'è posto neppure per chi crede nel primato del libero pensiero, degli ideali sociali e di giustizia.