Giuseppe FORCIGNANO'

Nel Febbraio del 1919 una laconica e scarna lettera veniva recapitata a Gallipoli alla signora Rosa Forcignanò con la quale si annunciava la morte del fratello Giuseppe avvenuta per pleunopolmonite doppia nell’infermeria del carce­re francese di Melun alle ore 15 del 3 Febbraio 1919: «I colpi partirono senza la coscienza di ave­re messo le mani sul grilletto. Sciagurato! Mi at­tendeva la peggiore delle sventure proprio nel mo -mento in cui io sperava molto nell’arte... Questo povero sognatore sentimentale.., castigato nel suo più intimo e onesto sentimento» Era l’ultimo atto di una tragedia che si era ab­battuta sul povero e sfortunato pittore gallipolino Giuseppe Forcignanò la mattina del 17 Febbraio 1914 quando in un eccesso di gelosia aveva ucciso con due colpi di fucile Rosa Fernan­dez.

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Giuseppe nato il 20 Dicembre 1862, figlio del non meno noto scrittore e poeta Luigi Forcignanò, aveva dedicato la sua vita all’arte e per essa aveva sacrificato tutto fin dal Febbraio 1882 data in cui ormai iniziato agli studi del disegno fu ammesso, ad anno scolastico inoltrato, alla prima classe dell’Istituto di Belle Arti di Napoli.

Lavorerà a lungo a Roma e a Napoli facendo delle rarè scappate in Gallipoli di tanto in tanto per abbracciare il vecchio Padre e le sorelle.

Nel 1899 il suo carattere inquieto ed insoddisfatto lo porterà ad emigrare a San Nicolas de los Arroyos, in Argentina. Sarà qui che riconoscimenti e continue menzioni su "El Norte de Buenos Aires" saranno dedicati alla sua arte ed otterrà per questo la cattedra di disegno nel Collegio Nazionale di San Nicolas. Ma l’Argentina resterà per lui sempre «un paese ingrato per un artista». E vivrà così tra i suoi quadri e la scuola nell’impaziente attesa di poter finalmente ritornare in Italia: «vedremo se potrò effettuare il mio desiderio. E’ tanto djffìcile quando non si è ricchi, muoversi da questo Paese...»(2).

Il 7 Agosto 1910 stanco di vivere solo, all’età di 48 anni, sposa la signorina Rosa Fernandez che conosceva da parecchi anni, direttrice di un collegio di San Nicolas ed autrice di alcune opere scolastiche e pedagogiche. Sarà questa l’occasione buona per evadere finalmente da un ambiente che nonostante tutto detestava anche perchè insensibile ai grandi movimenti artistici che proprio in quegli anni si agitavano in Europa. Finalmente il 7 Settembre 1910 sbarcherà assieme alla moglie a Genova da cui, alloggiato all’Hotel Firenze scriverà una lunga lettera alla sorella Nina descrivendo minuziosamente i meriti ed il carattere della moglie: «Siamo due tipi opposti, Lei troppo grossa ed io troppo magro e lungo come una pertica. La sua età risponde bene alla mia perché è vicina ai quaranta; e quest’ultima condizione mi è favorevole perché sarebbe stata una pazzia sposare una donna più giovane»(3).

Ma conta già di stabilirsi a Roma sperando che il lavoro non manchi. Ed anche qui il suo carattere incostante ed inquieto d’artista fatalmente lo porterà dopo circa un anno lontano da Roma. Nell’agosto del 1912 lasciato l’appartamento di Via Cavour, fatta una breve sosta a Nizza, raggiungerà Barcellona dove saluterà la moglie Rosa in partenza per l’Argentina per improrogabili impegni di lavoro. «Adesso non vedo l’ora di lasciare Barcello­na... Dovrò decidermi sulla scelta della mia nuova residenza. Roma è bella ma al mio temperamento risponde più favorevolmente la natura di Napoli... Dovunque andrò dovrò lottare... Dopo 10 anni di assenza sarò uno sconosciuto in qualunque città d’italia e dovrò cominciare daccapo »(4)

Ma anche Napoli non basterà ad appagare le sue speranze d’artista, anche se dal balcone del suo studio alla via Sermoneta a Posillipo domina «quas itutto il magnifico golfo... in questo paradiso che non vedevo da circa 20 anni... non basta lavorare solamente, bisogna pure avere la fortuna di poter vendere il proprio lavoro»(5)

E questa idea fissa lo tormenta e lo avvilisce ora che ha più necessità di guadagnare dopo due anni di viaggi durante i quali anche a causa di una malferma salute ha dato fondo ai propri risparmi: «Adesso rientro amaramente nelle dure tribolazioni di una vita bisognosa e quel che è peggio senza relazioni e sconosciuto nel mio Paese... Di una sola stanza dovrò fare studio e camera da let­to ad un tempo, ciò che per un pittore è grave»(6). E in tanto sconforto cominciano i progetti per ritornare amaramente ancora una volta in Argentina: «ma che cosa potrei più fare in un Paese così ingrato per un artista?»(7). Appena arrivato l’11 Marzo 1913 a Buenos Aires da Napoli scriverà alla sorella Nina: “ ti vviso che fra otto giorni tornerò in Europa in compagnia di Rosa»(8). La moglie ha vinto un concorso letterario bandito dal maggiore giornale argentino «La Prensa» di Buenos Aires ed è stata nominata corrispondente ordinaria dalla Francia. Non erano mancati i tentativi di poter ritor­nare ancora una volta in Italia. «La Prensa» però non poteva rinunciare alla collaborazione dall’Italia della Baroffio e della Serao o di Enrico Ferri da tempo apprezzati e prestigiosi corrispondenti del giornale argentino. Nonostante ciò Giuseppe Forcignanò aveva accolto con gioia l’idea di poter finalmente conoscere la Francia anche se scriveva: «non perdiamo la speranza di passare almeno una settimana a Napoli se il mio lavoro andrà bene».(9) Si stabilirà con la moglie a Parigi in un lussuoso appartamento di Rue Université 191.

«Io ancora non ho voluto barattarmi vendendo quadri ai negozianti di opere d’arte (che sono sempre degli strozzini) e cammino con i piedi di piombo aspettando l’occasione favorevole nella lusinga di potermi iniziare il meglio che si può nella mia vita artistica qui» — scriveva in una lettera del 15 Settembre 1913 — ed ancora il 1 Febbraio del 1914: «lavoro un po’ pe rtentare il destino». E sicuramente lavorava ai tre quadri che dal lì a poco aveva sperato di poter esporre nel Salon des artistes Independants che da sempre aveva rappresentato «il tumulto delle aspirazioni giovanili, l’esplosione delle manifestazioni dei ribelli; la gamma delle tendenze dei rivoluzionari ed in cui si potevano intravedere i futuri atteggiamenti de­gli innovatori».

Da quel Salon erano usciti i De­nis, i Vallotton, i Friesz, Jaulmes, i Van Don­gen, i Bordelle, i Flandrin e Giuseppe Forcignanò aveva sicuramente da sempre sognato di comparire in un catalogo di una mostra di un salon parigino. Quando quel mattino del 17 Febbraio del 1914 scoppiò, nell’appartamento di Rue Universitè, la tragedia, quasi tutti i giornali italiani pur ac­centrando la loro attenzione di cronisti sul fat­taccio non di meno si occuparono del pittore Forcignanò ed ebbero quasi tutti parole di rico­noscimento per questo artista dalle sicure doti e di buona tecnica che aveva avuto forse il torto di essere rimasto esiliato in America lontano da quelle correnti artistiche che in vita gli avrebbero meritato più ampi riconoscimenti.

Nel marzo di quell’anno il critico d’arte del­la “Tribuna” Sarti, nonostante la sua avversione al cubismo al futurismo o all’orfeismo e a tutte quelle forme di espressione pittorica che lui si ostinava a considerare semplicemente brut­te pitture, volle varcare la soglia del Salon des Artistes Independants esclusivamente per ve­dere i tre quadri di Giuseppe Forcignanò che comparivano nel catalogo ufficiale della Mo­stra. Ma non gli riuscì di vederli nonostante avesse fatto cercarli in tutto il padiglione. Per una sorta di sventura, nonostante la tragedia che lo aveva colpito, il destino riservò al pittore gallipolino anche la beffa. «Dove sono i suoi tre quadri? Dov’é quel “Mattino della vita” al quale egli teneva tanto, quella “Punta di Inca” che aveva cominciato ad abboz­zare a Buenos Aires, quella “Testa di donna” da cui non avrebbe voluto separarsi mai?... E Giuseppe Forcignanò aveva per più d’un anno sogna­to che quei suoi tre lavori figurassero in un’Esposizione parigina.»(10).

1) Lettera autografa inviata alla sorella Rosa, dal Carcere de la San­té. Parigi, datata 25/2/1914.

2) …da San Nicolas, Argentina, 4/6/1910.

3)… da Genova, 8/9/1910.

4,)… da Barcellona, 11/8/1912

5,)… . da Napoli 29/8/1912.

6,)… da Napoli 6/9/1912.

7)… da Napoli, 13/12/1912.

8)… .. da Buenos Aires, 11/3/1913.

9) lbidem.

10) Da una corrispondenza firmata da Sarti apparsa sulla “Tribuna” di Roma deI 12/3/1914.

BIBLIOGRAFIA

Notizie biografiche e sulla attività artistica del Forcignanò sono riscontrabili nei seguenti lavori:

1) Cose d’arte In: Spartaco, A.V n. 148, 27/4/1891. (Riguarda la commissione dì un ritratto di E. Barba da parte della Giunta comunale di Gallipoli. Notizie sulla permanenza a Roma del pittore).

2) Per Pippo Frcignanò In: Spartaco, AV, n. 144, 23/3/1891. (A proposito di un articolo pubblicato nella “Tribuna illustrata “su di un dipinto commissionato dal Marchese Campanari).

3) Sebastiano Verona. Cenni biografici del ittore allipolino Giusep­pe Forcignanò rcavati da un manoscritto —lettera del Sig Giuseppe Perillo in viato alla sorella Clelia mentre egli dimorava ad Agnano (Napoli). In: La Chiesa della Purità e diS. Cristina in Gallipoli. Storia ed arte, Gallipoli, Tip. Stefanelli 1976. (Somma di incerte ed a volte errate notizie biografiche tramanda­te a memoria dal cognato del pittore).

4) Guido Franco. Il Pittore Giuseppe Forcignanò, in: 18 Meridiano, A. lI n. 7, Gallipoli 24/5/1964. Guido Franco. Per le nuove vie del borgo, in: “La Vecchia Torre”, A. III, n. 5, Gallipoli Agosto 1972. (Nel proporre un ricordo del poeta e letterato gallipolino Luigi Forcignanò, ne riporta una composizione dedicata al figlio Giu­seppe, emigrato in America, e pubblicata in: Echi del risorgimento d’Italia 1848— 1905, Gallipoli Tip. Stefanelli 1905, p. 130. Rielaborazione del lavoro pubblicato su «18 Meridiano).

È’ da segnalare inoltre il sonetto Alba su Gallipoli di Ugo Franco, inserito nella raccolta Quattro soldi di poesia (Galatina, Pajano, 1953, p. 20), ispirato da un quadro del Forcignanò.

Opere del Forcignanò fanno parte di numerose collezioni private di Gallipoli. Nel Museo di Gallipoli sono conservate le seguenti opere:

1) Copia da autoritratto diRembrandt cm. 53x700lio su tela(1885)

2) Copia di ritratto di Mazzini cm. 42x73 olio su tela 1884

3) Ritratto di Re Umberto I cm. 94xl150 olio su tela 1888

4) Vicolo di Capri cm. 35x68 olio su tela 1888

5) Ricamatrice cm. 32x19 olio su legno (1888)

6) Ritratto di Bonaventura Mazzarella cm. 40x5 olio su tela (1887)

7) Ritratto di Emanuela Barba cm. 55x80 olio su tela 1891

8) Ritratto di Bartolomeo Ravenna cm. 60x70 olio su tela (1895)

9) Ritratto di Francesco Valentini cm. 60x90 olio su tela 1887

10) Lampare a Capri cm. 55x85 olio su tela 1888