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Le emofilie

L'emofilia è una malattia ereditaria, trasmessa dai genitori ai figli, causata dalla mancanza di alcuni fattori della coagulazione necessari per la normale emostasi del sangue. Si conoscono due tipi di emofilia: l'emofilia A, causata da un deficit quantitativo e/o qualitativo del fattore VIII, e l'emofilia B, cononosciuta anche come malattia di Christmas, causata da un deficit quantitativo e/o qualitativo del fattore IX.

Cosa sono i fattori della coagulazione?

I fattori della coagulazione sono delle proteine che circolano nel sangue. Molti di essi sono prodotti dal fegato e vengono indicati in vari modi, molto spesso con numeri romani che in genere indicano l'ordine con il quale sono stati scoperti. Hanno la funzione di contribuire a mantenere il sangue in condizioni di normale "fluidità", assieme ad altre molecole circolanti: un loro aumento può causare una coagulazione eccessiva (con rischio di trombosi) , mentre una loro diminuzione può predisporre ad emorragie.

Come viene trasmessa l'emofilia?

L'emofilia A e B sono trasmesse secondo modalità legate al sesso, poiché i geni difettosi sono localizzati sul cromosoma X. Le donne hanno due cromosomi X e, praticamente, non hanno mai disturbi. Anche se hanno ereditato un cromosoma emofilico da un genitore, sono protette dal cromosoma normale, che riesce a produrre una quantità di fattore VIII sufficiente per una normale emostasi. Nelle donne l'emofilia è molto rara e può presentarsi in caso di figlie nate da un padre emofilico ed una madre portatrice, o in altre condizioni eccezionali.
Le emofilie hanno una gravità clinica molto variabile, a seconda della quantità di fattore della coagulazione residuo;i soggetti con forme lievi possono condurre una vita di qualità praticamente normale
I maschi hanno un solo cromosoma Y e, quando ereditano un cromosoma X emofilico dalla madre portatrice, potranno avere una malattia clinicamente più o meno grave.
Portatrice significa quindi che la donna possiede il gene emofilico anomalo e lo può trasmettere ai figli, ma è clinicamente asintomatica. Per comprendere la trasmissione ereditaria dell'emofilia, ed il rischio di trasmettere alla prole la malattia ad ogni concepimento, possiamo esaminare tre possibilità:
Padre emofilico e madre sana. Ad ogni concepimento i maschi saranno sempre sani (ricevono il cromosoma Y dal padre ed un cromosoma X normale dalla madre); le figlie saranno sempre portatrici (ricevono sempre un cromosoma X normale dalla madre e l'altro cromosoma X, emofilico, dal padre.
Padre sano e madre portatrice. I figli maschi hanno il 50% di probabilità di essere emofilici (ricevono il cromosoma Y dal padre ed il cromosoma X normale o quello affetto dalla madre); le figlie avranno il 50% di probabilità di essere portatrici, poiché ricevono sempre il cromosoma X del padre ed il cromosoma normale o quello emofilico dalla madre.

Anche nelle gravidanze successive il rischio non cambia, poiché la possibilità di ricevere un cromosoma anormale dalla madre è sempre del 50%, indipendentemente dal fatto che dalle gravidanze precedenti siano nate figlie sane o portatrici.

Padre emofilico e madre portatrice. In questo caso anche le donne sarebbero ammalate, ma è un caso veramente eccezionale e non lo prenderemo in considerazione.

Perché avviene la diminuzione dei fattori della coagulazione nell'emofilia?

Abbiamo già detto che l'emofilia è una malattia genetica, causata da varie anomalie a carico del gene che produce il fattore VIII nell'emofilia A o di quello che produce il fattore IX nell'emofilia B.
Le anomalie sono in genere del tipo mutazioni ma possono anche essere delezioni parziali o totali del gene. Nei casi più gravi il gene è talmente alterato (ma può anche scomparire completamente dal cromosoma X) da non riuscire a produrre il fattore VIII o IX, che non saranno dosabili nel sangue. In questi casi si ha contemporaneamente un deficit quantitativo e qualitativo (perdita della funzione) del fattore coagulativo interessato.

Le mutazioni del gene causano generalmente una leggera modificazione della proteina corrispondente, che può essere presente nel sangue in quantità normali o subnormali ma ha in genere una funzione compromessa (deficit qualitativo). Tuttavia, anche le mutazioni, specie se avvengono in determinati punti critici della molecola, possono provocare gravi quadri clinici con contemporaneo deficit quantitativo e qualitativo.

Quali sono i disturbi dell'emofilia?

I soggetti emofilici sono predisposti alle emorragie, la cui frequenza e gravità essenzialmente dipendono dalla quantità e attività coagulativa del fattore residuo nel sangue.
Secondo il livello dell'attività coagulativa dell sangue, l'emofilia può essere classificata clinicamente in tre gradi di gravità: lieve moderata o grave.

Emofilia severa o grave, in cui l'attività coagulativa è inferiore all'1% rispetto al normale. Circa il 60% delle persone con emofilia appartengono al tipo severo. Esse sono a rischio per sanguinamento dopo estrazioni dentarie, interventi chirurgici, traumi. Possono avere anche emorragie interne apparentemente spontanee o dopo piccoli traumi.

Le emorragie articolari (emartri) ripetute possono condurre a problemi di salute ed handicap, compresi problemi articolari cronici e perdita della mobilità articolare. Queste persone hanno spesso bisogno di una terapia sostitutiva costante.

Circa il 15% delle persone con emofilia soffrono di una malattia moderata. Esse sono a rischio d'emorragia dopo interventi o traumi. Gli emartri e le emorragie spontanee sono meno frequenti e, generalmente, meno gravi rispetto al tipo precedente. Queste persone non necessitano in genere di terapia sostitutiva continuativa, ma possono riceverla come profilassi in occasioni a rischio (interventi chirurgici, estrazioni dentarie ecc.). La quantità di fattore presente nel sangue varia dall'uno al cinque per cento rispetto al normale.

Il 25% delle persone con emofilia soffrono di una malattia lieve. La loro malattia può essere così lieve da passare inosservata fino all'insorgenza d'emorragie dopo traumi o interventi chirurgici. L'emofilia lieve può anche essere diagnosticata casualmente in età adulta, in seguito ad esami del sangue eseguiti per altri motivi o dopo che la malattia è stata diagnosticata in un familiare, per esempio una madre esaminata per scoprire lo stato di portatrice dopo che essa ha partorito un figlio con emofilia. Nell'emofilia lieve la quantità residua di fattore VIII oscilla fra il 5 ed il 25% rispetto al normale.

Le portatrici stanno sempre bene?

Molte portatrici non hanno problemi di salute o sintomi legati al gene emofilico. Queste donne sono definite come portatrici asintomatiche. Invece, altre portatrici hanno livelli di fattori della coagulazione bassi e problemi emorragici. Queste portatrici sintomatiche possono presentare un flusso mestruale abbondante o di lunga durata, ecchimosi, epistassi, sanguinamento eccessivo dopo piccoli interventi chirurgici come estrazioni dentarie, o emorragie durante o dopo il parto.

Lo stress, l'esercizio fisico, farmaci, le modificazioni ormonali durante le mestruazioni, durante e dopo la gravidanza possono influenzare la predisposizione alle emorragie delle portatrici sintomatiche. Le portatrici con eccessiva predisposizione alle emorragie dovrebbero essere valutate da un medico esperto nel trattamento dell'emofilia.

Quali sono le complicanze dell'emofilia?

Le complicanze dell'emofilia dipendono: dalla gravità, sede e frequenza delle emorragie. Le gravi emorragie acute possono essere minacciose per la vita, perché possono provocare uno shock acuto ipovolemico (diminuzione del volume del sangue); particolarmente gravi possono essere le conseguenze di emorragie interne, specie intracraniche, che a volte sono fatali e possono insorgere spontaneamente o dopo minimi traumi.

Più frequenti sono le emorragie intraarticolari (emartri), che si manifestano con gonfiore e dolore delle articolazioni (ginocchia, gomiti, caviglie), cute calda. Gli emartri appaiono fin da bambino e, se ricorrenti, possono comportare distruzione delle articolazioni interessate, perdita della loro funzione e deformazioni permanenti.

Numerose sono le complicanze delle emorragie ricorrenti. Fra le più gravi ricordiamo:
  • ematomi (emorragie all'interno del tessuto sottocutaneo o dei muscoli): possono causare contratture muscolari, paralisi dei nervi, atrofia dei muscoli;
  • cisti ossee e pseudotomori, causate dalla compressione degli ematomi sui tessuti circostanti e dal mancato riassorbimento delle emorragie;
  • complicanze neurologiche varie;
  • coliche renali da ematuria con ostruzione degli ureteri da parte di coaguli.

Quali precauzioni devono osservare le persone emofiliche?

Si possono dare alcuni consigli.
  • evitare i traumi;
  • non assumere farmaci per via intramuscolare;
  • non assumere farmaci come l'aspirina e altri antidolorifici che alterano la funzione delle piastrine ed aumentano la tendenza alle emorragie. Purtroppo gli emofilici devono spesso fare ricorso a questi farmaci per controllare la sintomatologia dolorosa;
  • in caso di interventi chirurgici, o manovre diagnostiche invasive, eseguire la profilassi;
  • in caso di emorragie superficiali cercare di arrestare l'emorragia con lacci emostatici, compressione, tamponi nasali ecc..

In quali casi è consigliabile rivolgersi al medico?

Alcuni sintomi possono indicare emorragie particolarmente gravi o in sedi particolarmente delicate e possono essere potenzialmente mortali, rappresentando delle vere e proprie emergenze mediche.
Il pronto intervento del medico deve essere richiesto soprattutto in caso di comparsa di:
  • dispnea e/o disfagia acuta (emorragie retrofaringee)
  • pallore cutaneo, sudorazione eccessiva, palpitazioni, tachicardia, ipotensione arteriosa (shock da emorragia acuta)
  • rigonfiamento di una qualsiasi articolazione e/o dolore acuto e progressivo in corrispondenza delle ginocchia, caviglie, gomiti, anche, ecc.
  • difficoltà a muovere un braccio o una gamba (compressione di qualche nervo periferico o emorragia intracranica)
  • alterazione dello stato di coscienza, difficoltà a pronunciare le parole o a mantenere la stazione eretta

Esistono differenze nelle manifestazioni cliniche e nelle complicanze fra emofilia A e B?

No. Le due malattie sono praticamente indistinguibili sul piano clinico; anche i comuni esami di laboratorio mostrano le stesse alterazioni. Per la distinzione fra le due malattie è necessario ricorrere ad esami particolari, a volte disponibili solo in laboratori specializzati.

Come si curano le emofilie?

Al giorno d'oggi esistono oggi numerose possibilità terapeutiche per i pazienti affetti da emofilia. Le modalità della terapia possono essere diversa secondo lo scopo che ci si prefigge, in altre parole la profilassi o il trattamento di emorragie in atto.

La profilassi consiste nella somministrazione continua e regolare dei fattori della coagulazione prima dell'insorgenza delle emorragie. L'uso regolare dei fattori della coagulazione può ridurre o prevenire notevolmente le complicanze articolari, diminuire il numero delle giornate di ricovero in ospedale, ridurre il numero di giorni persi al lavoro o a scuola, aumentare la qualità di vita delle persone affette aumentando la loro indipendenza dalle strutture sanitarie.

Anche nel caso di bambini di età superiore a 6-8 anni, essi stessi ed i loro genitori possono essere istruiti per l'autosomministrazione domiciliare dei fattori carenti, due- tre volte a settimana.

La profilassi è divenuta la modalità di trattamento di prima scelta delle persone con emofilia, soprattutto di quelle con le forme più gravi di emofilia A, dopo l'introduzione dei fattori della coagulazione ottenuti con la tecnologia del DNA ricombinante, cioè ottenuto con tecniche di ingegneria genetica da diversi tipi di microrganismi. Con queste tecniche sofisticate è possibile produrre il fattore VIII in grandi quantità e senza ricorrere ai donatori; si evitano in questo modo le complicanze infettive più temibili, come le epatite o l'AIDS e la cirrosi epatica post epatitica.

Questi prodotti sono però molto costosi, per cui il loro uso viene di solito riservato a persone affette dalle forme più gravi di emofilia, per esempio a quelle con emorragie ricorrenti, soprattutto se interne o con emorragie articolari. Nonostante il costo elevato rispetto ad altri preparati (plama fresco congelato, concentrati di fattore liofilizzato, crioprecipitato) anche in Italia si può oggi affermare che almeno l'80% degli emofilici gravi riceve i prodotti ricombinanti.

Lo scopo della terapia e della profilassi è quello di ottenere una concentrazione di fattori della coagulazione sufficienti ad arrestare una emorragia in atto o a prevenirla. In caso di emorragie minacciose per la vita si infonde una quantità di fattore coagulativo, calcolata in basi a particolari formule, che garantisca un'attivita pari almeno all'80% del normale.

Nelle persone con emofilia grave e senza emorragie in atto si somministra una quantità di fattore sufficiente a mantenere costantemente il suo livello attorno al 50% rispetto al normale.

Nelle persone con emofilia lieve o moderata e senza emorragie ricorrenti la somministrazione del fattore mancante avviene solitamente in caso di gravi emorragie in atto, nel corso di interenti chirurgici d'urgenza,o in preparazione ad interventi chirurgici programmati. In questi casi non è in genere indicata la profilassi delle emorragie.

Le persone con emofilia lieve o moderata possono trarre beneficio da alcuni farmaci:
  • gli antifibrinolitici, come l'acido tranexamico e l'acido epsilon-aminocaproico, che contrastano la fibrinolisi, il meccanismo che elimina il coagulo nelle zone dell'emorragia. Questi farmaci possono essere assunti per os, per via endovenosa o applicati direttamente sulla zona sanguinante in caso di emorragia cutanea o delle mucose superficiali (naso, bocca)
  • la desmopressina, sostanza che può essere assunta per via endovenosa o come spray nasale e che può far aumentare la quantità di fattore VIII circolante nel sangue, anche se transitoriamente, fino a livelli sufficienti a prevenire emorragie dopo piccoli traumi o interventi di chirurgia minore.

La terapia dell'emofilia A è uguale a quella dell'emofilia B?

Sono identiche le indicazioini alla terapia e le sue modalità. Cambia solo il tipo di fattore somministrato. Nell'emofilia A si usano il fattore VIII ricombinante, il crioprecipitato, il fattore VIII liofilizzato, il plasma fresco congelato. Nell'emofilia B si usa il concentrato protrombinico, che contiene il fattore IX ed altri fattori della coagulazione; nelle forme lievi si usa anche il plasma fresco congelato ottenuto da donatori.

Quali sono gli esami di laboratorio utili per la diagnosi di emofilia?

Nell'emofilia A e B è quasi sempre aumentato il tempo di tromboplastina attivato (conosciuto anche come PTT o aPTT), in maniera variabile a seconda della gravità della malattia. Per distinguere le due emofilie è necessario ricorrere al dosaggio dei rispettivi fattori ed alla determinazione dell'attività coagulativa residua rispetto al normale.

Per una corretta diagnosi di queste malattie è sempre necessaria un'accurata indagine in tutti i componenti della famiglia, anche se ansintomatici. La storia familiare conferma quasi sempre la presenza di soli maschi affetti, a differenza di altre malattie della coagulazione come la malattia di von Willebrand che colpisce maschi e femmine in uguale proporzione.

Nei rari casi in cui non si evidenziano maschi emofilici bisogna considerare la possibilità di una mutazione de novo, prima assente nella famiglia ed insorta per la prima volta, per esempio, nella madre portatrice di un maschio emofilico.

Quali sono le prospettive future per i pazienti con emofilia?

Alcuni casi di emofilia sono stati guariti definitivamente con il trapianto di fegato, l'organo che produce la maggior parte dei fattori della coagulazione. Ma non è questa una terapia proponibile su larga scala, vista la rarità dei donatori.

Le speranze maggiori ripongono sulla terapia genica, mediante l'introduzione del gene normale per il fattore VIII nelle cellule dell'organismo. Ma esistono ancora numerosi problemi da risolvere ed è probabile che siano necessari ancora molti anni prima che questo tipo di terapia possa diventare pratica clinica corrente.

Quali sono le complicanze della terapia?

Oggi sono praticamente scomparse le complicanze infettive più temibili: AIDS, epatite virale A e B, grazie alla migliore selezione di donatori e alle tecniche di inattivazione dei virus cui vengono sottoposti i prodotti ottenuti dal sangue umano e, soprattutto, all'uso sempre più diffuso dei fattori ricombinanti. La complicanza più temibile è diventata forse lo sviluppo di inibitori del fattore VIII (anticorpi antifattore VIII), anche in quei pazienti che usano il fattore ricombinante.

Gli anticorpi si sviluppano perché i prodotti sono comunque di origine umana e sono estranei al soggetto che li riceve; esso può svilupppare quindi anticorpi che si legano al fattore somministrato, lo neutralizzano e gli impediscono di intervenire nel meccanismo della coagulazione. In caso di presenza di inibitori in quantità significativa la terapia dell'emofilia si complica notevolmente.


ULTIMO AGGIORNAMENTO: domenica 9 maggio 2004

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