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Matrix e il mito della caverna

NOTA IMPORTANTE

Questa pagina è la libera traduzione del testo Plato's allegory of the cave - a springboard for The Matrix. Le traduzioni di brani del film e di Platone sono opera mia, e per questo possono differire leggermente da quelle originali o comunque più comuni.

La caverna e le torri di Matrix

Nel settimo libro della Repubblica, Platone scrive una storia intitolata Il mito della caverna. Il racconto inizia descrivendo una caverna sotterranea dove alcune persone siedono incatenate con le spalle verso l'ingresso. Essendo bloccati in quella posizione, tutto ciò che quegli uomini possono vedere è la parete della caverna di fronte a loro. La loro concezione di realtà è basata unicamente su questa visione parziale della caverna, che tuttavia è una copia imperfetta del mondo reale.
Nella caverna, oltre alle persone incatenate, ce ne sono delle altre. Platone li chiama i "burattinai", e sono coloro che tengono le altre persone prigioniere. È fondamentale comprendere che le persone incatenate non sanno di essi - in verità, non sanno nemmeno di essere prigioniere, dal momento che la loro esistenza si è svolta sempre in quella situazione: quella condizione è tutto quello che possono conoscere. I burattinai stanno dietro alle persone, maneggiando diversi oggetti del mondo reale. Un fuoco che brucia all'ingresso della caverna illumina gli oggetti e le persone di una luce tremolante: le persone possono così vedere se stesse e gli oggetti come ombre distorte e tremolanti proiettate sulla parete della caverna di fronte a loro.
Sciaguratamente, le persone, non potendo girarsi all'indietro, non possono vedere gli oggetti reali o i burattinai. Dall'infanzia, «le loro gambe e i loro colli in catene cosicché esso sono immobili, e possono vedere soltanto ciò che c'è di fronte a loro». Come Platone spiegherà più avanti, «la verità era per loro nulla più di semplici ombre di immagini.»

Il film Matrix è il mito della caverna riletto in chiave moderna. Analogamente alle persone nella caverna, gli esseri umani intrappolati in Matrix (la caverna) vedono soltanto quello che le macchine (i burattinai) vogliono che vedano. Essi sono ingannati nel credere che quello che sentono nella caverna e vedono davanti a loro sia la vera realtà esistente, ed accettano le impressioni erronee dei loro sensi come unico criterio di verità.

Ma Neo è costretto ad affrontare la dolorosa verità, nel momento in cui viene tirato fuori dalla capsula che lo teneva prigioniero della realtà virtuale di Matrix.

Neo scopre improvvisamente che ciò che si era trovato dinanzi per tutta la sua vita erano solo ombre, semplici riflessi della realtà. (Tra l'altro, questo tema è sviluppato per tutto il film ogniqualvolta vediamo le cose o i personaggi riflessi in altri oggetti.)

I burattinai

I "burattinai", come Platone li chiama, impersonano per lui i membri potenti della società. In Matrix i burattinai sono dei programmi di computer, figli di un'entità pensante chiamata A.I. (artificial intelligence, intelligenza artificiale). I burattinai, sia in Matrix che in Platone, fanno uso di scenari fittizi per manipolare le informazioni ricevute dai prigionieri inconsapevoli.

Si potrebbe dire che i burattinai sono ingannati quanto i prigionieri, perché dopotutto anche loro vivono nel mondo virtuale che hanno creato.
Verso la fine del film, l'agente Smith, una simulazione computerizzata, inizia a provare emozioni umane, come collera ed odio: dovendo vivere in una realtà falsa, l'agente si adatta al suo ambiente, cioè gli scenari che ha creato per i suoi prigionieri. L'agente Smith diventa ancora più schiavo degli umani che disprezza., perché è prigioniero della sua stessa prigione.

Le ombre

In entrambe le storie, le ombre giocano un ruolo fondamentale nel definire la visione del mondo dei prigionieri: le ombre, "verità a metà", sono alla base del criterio di verità delle persione, basato sulle sensazioni. (Gli specchi nel film - come già accennato - ricordano questo fatto.)

In Matrix, le macchine usano ombre, (ovvero serie di codici di programmazione che insieme costituiscono la realtà virtuale), per distrarre gli umani e tenerli sotto controllo. Un'altra ragione per cui sia ai prigionieri della caverna che a quelli di Matrix è mostrato un mondo fatto di ombre è che i "burattinai" pensano che la vera realtà possa rivelarsi troppo dolorosa perché essi la possano accettare: d'altronde è più semplice rendere i prigionieri felici (e tenerli sotto controllo) fornendo loro solo "mezze verità", perché molti tenterebbero la fuga se solo scoprissero di essere prigionieri.

L'uomo liberato

Nel mito della caverna, Platone presenta l'ipotesi che uno dei prigionieri venga liberato o riesca a fuggire dalla caverna: egli è considerato il filosofo, o l'intellettuale.

Dopo essersi girato all'indietro, il filosofo può vedere gli oggetti reali, che prima vedeva solo come ombre distorte sulla parete, e le persone che li maneggiano.
Nel film questa situazione è presentata nella scena in cui Neo viene liberato dalla capsula. Neo si guarda intorno confuso e spaventato: per la prima volta vede le cose vere che lo circondano: egli si rende conto di vivere in una fabbrica fatta di uomini.

Platone scrive che il prigioniero liberato è confuso da quello che vede. «Egli patisce dolori acuti: il bagliore della luce lo angoscia, e non può vedere le realtà che egli ha sempre visto sotto forma di ombre. In un momento di smarrimento, è portato a credere che ciò che aveva visto prima era più vero di ciò che vede ora.» A Neo succede lo stesso: appena vede il suo vero mondo non crede che sia quello vero, sta male, rigetta e sviene.
Come indicato nel mito della caverna, l'uomo liberato arriva dapprima a pensare che ciò che vede ora è l'illusione, e che le ombre sulla parete sono molto più reali. Come Cypher, il traditore, dice a Trinity, «credo che Matrix possa essere più reale di questo mondo.»
Platone racconta che il prigioniero liberato non soffre solo mentalmente, ma anche fisicamente: «E se egli fosse costretto a guardare la luce direttamente, non proverebbe forse un dolore agli occhi che gli farebbe distogliere lo sguardo per guardare gli oggetti che è abituato a vedere senza provare alcun dolore, e che egli concepirebbe più reali delle cose che ora gli si pongono dinanzi allo sguardo?»
Proprio come Neo, che dice «Non posso tornare indietro, vero?» la reazione dell'uomo liberato è quella di tornare indietro, alla falsa realtà, perché è meno dolorosa e gli è più familiare.
È abbastanza interessante che Platone sviluppa l'idea che le catene che bloccano i prigionieri sono più mentali che fisiche; in altre parole, se i prigionieri vogliono veramente fuggire dalla caverna, è sufficiente che abbiano la forza di volontà necessaria ad alzarsi ed uscire all'aperto. In Matrix Morpheus si libera dalle sue manette con l'uso dei poteri mentali, oltre che della forza fisica.

Dunque, il prigioniero liberato deve già prima aver incominciato a porsi domande su ciò che lo circonda: da dove provengono quelle ombre che vede dinanzi, se c'è qualcuno che le controlla, se esiste qualcosa al di là del muro di fronte a lui. Deve già aver dedotto che qualcosa non va, ed aver cominciato a cercare la verità. In pratica, l'unico modo per fuggire è fare una scelta volontaria, voler scoprire la verità.

In effetti, in Matrix Neo è ritratto in maniera molto simile al prigioniero liberato. Come Morpheus dice a Neo, «Tu sei qui perché sai qualcosa. Quello che sai, non lo puoi spiegare. Ma lo senti. L'hai sentito per tutta la tua vita. Che c'è qualcosa di sbagliato nel mondo. Non sai che cos'è, ma è lì, come una scheggia nella tua testa che ti fa diventar matto. È quello che senti che ti ha portato da me.»

Libertà dalla caverna

Platone spiega che cosa succede al prigioniero liberato quando esce dalla caverna e si trova per la prima volta nel mondo reale: «Quando egli raggiunge la luce i suoi occhi sono abbagliati, e non può vedere nulla di quella che ora è considerata la realtà. Egli ha bisogno di adattarsi alla vista del mondo al di fuori della caverna. Prima vede meglio le ombre, poi le persone e gli oggetti riflessi nell'acqua, e poi gli oggetti stessi; solo dopo allora potrà fissare la luce della luna e le stelle e il cielo; ed alla fine, egli sarà in grado di guardare il sole.»

Platone spiega che la luce del sole abbaglia l'uomo liberato, lasciandolo momentaneamente cieco. Ci vuole un po' di tempo e di pazienza prima che possa nuovamente vedere: lasciato solo arriva a capire il suo nuovo ambiente. E in Matrix, a Neo fanno male gli occhi, perché, come Morpheus gli dice, «Non li hai mai usati [gli occhi] prima.»

Ad un certo punto, per Platone l'uomo liberato vuole condividere la sua scoperta del mondo reale con le persone ancora intrappolate nella caverna, e le vuole liberare. Ciononostante, egli non ha desidero alcuno di tornare alla sua vita nella caverna: infatti, «egli soffrirebbe ogni dolore piuttosto che sapere false nozioni e vivere per questo in maniera misera.» Ma alla fine, il suo desiderio di aiutare i prigionieri prevale; proprio come per l'equipaggio del Nabuccodonosor, fatta eccezione per Cypher.

Ritornando nella caverna, il prigioniero liberato siede ancora una volta accanto ai prigionieri e racconta loro il mondo che esiste fuori dalla caverna. Ovviamente è molto difficile per l'uomo liberato spiegare il mondo reale, e non viene né capito, né creduto, qualunque cosa dica. Come Morpheus dice a Neo, «Non si può dire che cos'è Matrix. Lo devi vedere con i tuoi occhi.»
Rifiutando i suoi discorsi e ridendo di lui, i prigionieri arrivano alla conclusione che l'uomo liberato è pazzo, constatando anche che egli ha dei problemi a riadattarsi all'ambiente poco illuminato della caverna. In un certo senso, l'uomo liberato, che è ora abituato alla luce, viene accecato dall'oscurità.
I prigionieri dimostrano addirittura ostilità verso l'uomo libero che cerca di convincerli ad andarsene: non vogliono certo affrontare la possibilità che la loro idea di realtà sia condizionata. In più, i prigionieri hanno paura di diventare ciechi, cioè di non essere più in grado di vedere la sola realtà che hanno mai conosciuto, qualora andassero via da lì. Come Platone ci spiega, «le persone direbbero di lui che è andato in superficie e vi è tornato senza occhi; e che sarebbe stato meglio non pensare di salire nemmeno; e se qualcuno provasse a liberare qualcun altro per condurlo verso la luce, gli altri metterebbero a morte il liberatore.»

I prigionieri ucciderebbero, piuttosto di permettere a qualcuno di portarli fuori dalla caverna. Lotterebbero per poter stare nella caverna, perché è l'unico mondo che conoscono, quello dove si sentono veramente sicuri. Nel film, Cypher uccide diverse persone nel suo ritornare in Matrix (la caverna).

Morpheus dice a Neo la stessa cosa degli umani ancora collegati (o intrappolati) nel mondo di Matrix. «Devi capire, molte di queste persone non sono pronte ad essere scollegate [portate fuori con la forza da Matrix]. E molte di loro sono tanto inerti, tanto terribilmente dipendenti dal sistema per cui hanno sempre lottato.»

Il ruolo della società nelle nostre vite

In definitiva, il mito della caverna di Platone suggerisce notevoli elementi filosofici, ma soprattutto sviluppa l'argomento del ruolo della società nelle nostre vite.
In un certo senso, siamo tutti influenzati dai pensieri e dalle azioni degli altri; cionondimeno, abbiamo la possibilità di giungere alle nostre personali conclusioni, e fare infine le nostre scelte liberi da condizionamenti.

Come Trinity dice a Neo, «Matrix non ti può dire chi sei.» La società non ti può dire chi sei. Solo essendo abbastanza coraggiosi da prendere la pillola rossa, noi compiamo il primo passo verso la nostra personale indipendenza, esattamente come Neo e l'uomo liberato di Platone.