PROTOCOL #31 - Smith’s anger

Oramai non lo vedeva dalla notte in cui gli aveva rivelato la verità sul luogo in cui si trovavano. Dovevano essere trascorsi approssimativamente sei giorni. Probabilmente Smith stava ancora tentando di sfondare la barriera a suon di pugni, lo intuiva dalle scariche rosse che ogni tanto si dileguavano delineando la cupola nella quale erano rinchiusi.

Sospirò. Irrimediabile testardo.

Probabilmente una nuova scarica sinaptica avrebbe impiegato altri interminabili giorni per raggiungerli... quella città fantasma stava cominciando ad annoiarla a morte. Era segregata nel file gemello del sito più importante di tutta Matrix, laddove gli errori e i sovraccarichi venivano immagazzinati, in compagnia di un asociale maniaco omicida che non si era fatto vedere dal giorno in cui erano capitati lì dentro. Addirittura le macchine avevano perso i loro impulsi mentali!

Sbuffò di nuovo appoggiando il capo sul bancone di legno di quel locale disabitato. Guardava il liquido rosso che riempiva il bicchiere che aveva a fianco... placido e silenzioso buon vino. Aveva pensato di sperimentare qualche attività dell’uomo come mangiare o dormire, dopotutto per metà era umana anche lei.

Si alzò stancamente fino a raggiungere il retro del bancone, dove stavano ordinatamente divisi innumerevoli pacchetti di sigarette. Ne prese un paio appoggiandoli sul ripiano in legno levigato accanto al bicchiere, per poi sedersi appoggiandovi anche i piedi coperti dal nero tessuto degli stivali.

Aveva lasciato occhiali scuri e impermeabile poco lontano su una sedia, ed ora si apprestava a trascorrere un’altra giornata all’insegna del silenzio.

Fece in tempo a bere solo un sorso quando vide uno Smith alquanto furioso dirigersi verso il locale in cui stava. Con una mossa poco gentile spalancò la porta ed estrasse la pistola.

Fu questione di secondi.

Il proiettile disintegrò l’orologio a muro alle spalle della bionda, poco lontano dall’insegna del bar.

- Sei pazzo?- domandò lei con tutta la naturalezza possibile, senza scomporsi, tirando dalla sigaretta appena accesa. Lui ripose la pistola dal colpo di avvertimento volutamente sparato lontano da Lucyfer.

Senza una parola le si avvicinò, pronto a colpire.

- No, zucchero, non è così che funziona. Gli impulsi devono arrivare da fuori. Credi che non ci abbia già provato?- lo frenò lei, centrando in pieno le intenzioni dell’Agente.

Lui colpì il tavolo vicino, fracassandolo.

- Maledizione!!- inveì contro la situazione in cui si trovava e la fredda ironia di quella donna.

Lucy non disse più nulla, si limitò a chiudere gli occhi e a sorseggiare un altro po’ di vino.

L’uomo la fissava con rabbia. Non poteva ucciderla finché non fosse venuto a conoscenza di ciò che lei nascondeva. La sua calma lo mandava in bestia, totalmente.

Chissà cosa stava succedendo fuori, in sua assenza...

Strinse i pugni così forte da farsi male, mentre quasi ringhiando usciva dal locale.

La bionda espirò di nuovo una boccata di fumo, riportandosi il bicchiere alle labbra come se nulla fosse accaduto.

 

>Protocol#32<