PROTOCOL #67 - You’re mine

Smith cadde in ginocchio, tenendosi il ventre.

Lucyfer pareva aver riacquistato quell’antica e tremenda forza che la caratterizzava.

- Adesso basta, ragazzina...- sibilò lui, alzando il volto verso la figura sprezzante della donna, che si ergeva dinnanzi a lui come una scultura immobile, schermandolo dalla luna fasulla che illuminava il cielo.

Gli sferrò un calcio dritto sul viso, senza alcuno sforzo, solo con il movimento della gamba, rovesciandolo all’indietro.

Avanzò senza alcuna parola, pronta a colpirlo nuovamente, quando la sommessa risata dell’avversario la bloccò.

- Incredibile...- rise Smith, mentre si rimetteva in piedi e si spolverava il completo nero. La sua guancia destra e la bocca sanguinavano, ma a lui pareva non importare.

- Vuoi incolpare me per la dipartita dei tuoi compagni! Per questo colpisci così forte?!- la interpellò con un’impropria questione. La sua risata si fece ancor più tagliente.

Lucyfer ringhiò.

- Taci!- stavolta il pugno fu diretto al suo volto ed un altro alla sua spalla. Quella risata proprio non poteva sopportarla. Smith le stava sbattendo in faccia tutto il suo rancore, un rancore che stava tentando di reprimere da tempo.

Una scarica repentina di colpi si abbatté su di lui, inarrestabile.

- Puoi colpirmi quanto vuoi, bambina.- fece lui, rialzandosi in ginocchio - Ma non varrà a farti riavere i tuoi guerrieri.-

La bionda s’accigliò ancora di più.

- Che diavolo ne sai tu!- gridò dopo un ultimo schiaffo - A quanto mi risulta anche il tuo progetto è folle! Ed allora per quale ragione ti ostini?!-

Lui le afferrò di nuovo un braccio, lanciandola verso la parete che copriva la porta per le scale che portavano all’interno dell’edificio, facendole sbattere la schiena contro il compatto muro. Una crepa trasversale ruppe la perfezione di quei mattoni bianchi.

- É l’unico modo per uscire di qui.- sibilò Smith, avvicinandosi a lei, nuovamente con quell’espressione arcigna - La mia è una domanda che non ha sbocchi e lo sai bene, poiché è un ordine.-

Lucyfer fece un passo in avanti, ma lui le afferrò le spalle per premere di nuovo il suo corpo contro la parete.

- Non puoi sottrarti, Lucifero.- mormorò sulla sua bocca, avvicinando violentemente le proprie labbra sulle sue. Lei si sentì stretta in una presa d’acciaio ed avvertì di nuovo il calore di quell’uomo riversarsi nel suo spirito.

Quel bacio le toglieva il respiro. Sentiva Smith proteso verso di lei all’inverosimile, quasi come volesse farsi largo dentro di lei dalla bocca, in un mostruoso e carnale atto di sangue. Ma ciò che la stupì più d’ogni cosa fu il riconoscere la sua propria volontà di voler sbranare, quasi fagocitare i tessuti di quell’uomo.

Fece appena in tempo a riprendere fiato che avvertì un dolore acuto accanto alla spalla. La bocca di Smith le serrava la clavicola, poteva sentire la sua carne aprirsi sotto i suoi denti, uno spasimo così lancinante che la indusse di riflesso ad aggrapparsi a lui, facendo penetrare le unghie nel profondo.

Smith la liberò in una mossa dall’impermeabile nero, stringendole le braccia con febbrile concupiscenza, impedendole ogni movimento.

Di nuovo la baciò, infiammandole i sensi; le sue labbra la trasportavano in un turbine di avidità che mai aveva avvertito prima. Ora le mordeva i bicipiti, ora le spalle, i polsi, e di nuovo i bicipiti, mentre le sue mani si facevano largo sul suo corpo costretto immobile.

Lucyfer si lasciò sfuggire un gemito, le girava la testa, incredibile...

Incredibile come potesse sentirsi viva, pulsante, in quegli istanti. Come se il dolore fosse l’unica via, come se si trasmutasse in sommo piacere, in un unico orgasmo di sensi talmente acuto che la sconvolgeva totalmente.

Gli occhi di Smith non erano mai stati così carichi di ebbrezza, la sbranava anche con quelli, ogni morso, ogni lacerante stretta erano accompagnati da un profondo sguardo impudico.

Si beava di averla in quello stato tra le dita. Il suo viso latteo in preda al dolore ed al desiderio... meravigliosa, Lucyfer.

La sua bocca ferita gli permetteva di lasciare sul suo corpo tracce di sangue che risaltavano come carbone sulla neve, sulla sua pelle bianca.

Si liberò velocemente della giacca, lasciando che fosse lei a strappargli letteralmente di dosso la camicia e la cravatta, mentre di nuovo si aggrappava a lui, quando il dolore più acuto affluiva in lei.

Il calore di Lucyfer si faceva sempre più scottante, il suo respiro affannoso. Lui le cinse la vita con un braccio e la sollevò fino a che non toccò più terra per fare in modo che le sue gambe gli serrassero il bacino, mentre la spingeva costantemente con la schiena contro il muro solido ma incrinato.

Tuffò il viso nel suo petto, spogliandola dell’indumento scuro che lo copriva. Il tutto nel giro di pochissimi istanti. La brama smaniosa che aveva di lei lo stava facendo impazzire; di nuovo non riusciva a controllare i suoi impulsi, era come se si sentisse immerso in un mare di fiamme, ed in mezzo a quel mare un serpente lussurioso lo avvolgeva completamente nelle sue sinuose spire... un serpente dagli stessi occhi di zaffiro di Lucyfer.

Percorse con la lingua il suo sterno di morbida e nivea carne, stringendole i fianchi con forza, prima di giungere di nuovo alle sue labbra, dove finalmente, con voce rotta, poté poggiare un sussurro.

- Tu sei mia.-

 

 

Amo ferirti per poi baciare il tuo sangue...

Amo quella tua espressione di dolore...

Amo quando mi divori con quegli occhi di efferata rabbia, per poi sfiorarmi e sbranarmi con la tua bocca...

Amo le tue lacrime di dolore, esasperate e troppo a lungo trattenute.

Ti amo mio diavolo di cielo, mio angelo di carne.

 

>Protocol#68<