PROTOCOL #86 - Judgement

Lucyfer rimase seminascosta tra le fila dei cloni, anche quando i due avversari si scontrarono. La collisione dei loro spiriti causò un’onda d’urto capace di scuotere l’intero mondo virtuale, tanto da creare una disfunzione momentanea nei bytes che lo componevano.

Dalle movenze efferate, non fredde e calcolatrici di Smith, comprese che il compagno aveva inteso - seppure troppo tardi - il significato delle sue parole e della sua scelta.

Chiuse per un attimo gli occhi azzurri, il suo sospiro risultò così impercettibile rispetto ai colpi tremendi che i due nemici si stavano sferrando... ma oramai lo scontro doveva aver luogo. A nulla sarebbe valso ogni tentativo anche solo di pensare ad un alternativo modo di sfuggire, all’inattuabile possibilità di tornare indietro e cambiare le cose, ad ogni scappatoia che poteva essere creata all’istante.

Non c’era nessun’alternativa alla battaglia finale, il fatto era lampante e chiaro come i fulmini che in quel momento agitavano il cielo verdastro.

La lotta era incredibile, al di là di ogni umana immaginazione; Lucyfer faceva da spettatrice muta allo scontro dei due titani, lasciando che la pioggia insistente le penetrasse nelle ossa e le bagnasse completamente volto, corpo e vestiti.  

La potenza sprigionata da ogni scontro, da ogni percossa, era tale da agitare ogni singolo ramo di Matrix, causando delle vibrazioni mostruose.

Gli urti quasi pari a bombe.

Le cadute come proiettili.

Le onde d’urto deformavano la realtà.

Nulla dell’immenso spazio pari all’intera superficie del pianeta era risparmiato, tutto il mondo era coinvolto nelle conseguenze di ogni singolo pugno.

I due avversari erano capitombolati all’interno di un grattacielo, ora ciò che avveniva in quel piano sopraelevato era facilmente intuibile: l’udire suoni decisi e rotti era il segno palese che lo scontro stava proseguendo senza esclusione di colpi.

Smith era determinato, rabbioso, ferino, non poteva permettere al nemico di prevalere e sottrargli la tanto ambita ricompensa di una fatica immane. E Neo non era certo disposto a lasciar cadere la vita di altri innocenti, tutto dipendeva da lui, sia il destino delle macchine, sia quello dell’umanità: sconfiggere Smith era assolutamente necessario perché la situazione all’esterno di Matrix potesse divenire anche solo lontanamente risolvibile. Smith era l’estremo Rivale, l’Antagonista di ogni forma vivente. L’Omega.

E per giungere ad una nuova Alfa e ricominciare il ciclo, rinascere, era assolutamente necessario superare l’ostacolo dell’ultima lettera.

Ogni suo colpo, ogni calcio, ogni pugno, ogni mossa portava il nome di un ribelle martire, di un soldato perito sotto i colpi delle trivelle, di un membro dell’equipaggio che non era più. L’efferatezza del suo agire era data dal desiderio intenso di non lasciare impuniti i crimini del passato: una volontà pura, incontaminata e nobile.

Al contrario, il suo avversario era divorato dall’ira. Ogni fibra del suo essere era pervasa dalla rabbia più oscura, che l’accecava e l’allontanava sempre più dalla ragione di creatura razionale.

Fu proprio quando l’ex Agente fu scaraventato fuori dalla finestra già in frantumi, che gli occhi di Lucyfer scintillarono. Lo scontro proseguì in aria, le gocce di pioggia parvero essere ammassi di metallo, da quanto dolore procuravano all’impatto con la pelle del viso dei due contendenti, il cielo di tenebra offuscava i loro occhi ed i lampi li rivelavano ancor più crudeli e spietati che mai.

Poi, con un calcio, l’Eletto riuscì a scaraventare Smith lontano, terribilmente lontano nella vastità dello spazio, prima che anch’egli potesse toccare il suolo con estrema violenza.

Gli avversari si erano separati per un lungo, interminabile istante; quando Neo riaprì gli occhi incontrò il volto marmoreo di Lucyfer stagliarsi austero contro il cielo nero. Le sue iridi color del mare parevano oscurate da un velo di tenebra, proprio come ogni cosa in quel mondo tremendo.

Il giovane guerriero fu stupito di vederla, di vedere lei, proprio lì, proprio in quell’istante, ma sapeva bene che la sua presenza non poteva essere da null’altra parte che accanto a Smith. Anche quel fatto indubitabile faceva parte del Disegno.

- Io volevo salvare Smith.- sussurrò in un fiato. L’altro al principio non capì... per quale motivo Lucyfer gli stava parlando, nel bel mezzo della battaglia? - Volevo salvare Belial, Moloch, Brown e Jones.- proseguì lei, pur notando l’aura di perplessità sul volto graffiato dell’eroe - E me stessa.- concluse.

Seguì una pausa di silenzio, durante la quale gli occhi di quella donna gli parvero disumani ed agghiaccianti, non aveva mai visto nulla di così tremendamente spaventoso, nulla che avesse un’innata e raccapricciante capacità di trascinarlo in un mondo d’ombre, in un abisso infernale, nella disperazione.

- Ma è andato tutto storto, Neo.- di nuovo il bisbiglio rabbioso della bionda si insinuò nei suoi timpani - Ho scelto il mio destino, ma forse è stato il fato a decidere quale sarebbe dovuta essere la mia strada. La nostra strada. La strada di tutti noi. L’ho accettato, non agisco con risentimento. L’unica cosa che mina alla stabilità della mia maschera di ghiaccio è una domanda.-

Lui la fissò muto, era appoggiato all’asfalto duro e bagnato con gli avambracci, le labbra semiaperte dalla sorpresa e le sopracciglia aggrottate per combattere il fastidioso ticchettio della pioggia.

- Una domanda...- ripeté, mormorando. Lucyfer annuì lievemente.

- Cosa abbiamo sbagliato, nel desiderare solo la libertà?!- stavolta la voce della donna pareva provenire dall’ultimo girone degli inferi, cupa e minacciosa; dietro le sue iridi e intorno alla sua figura sembrava espandersi la porta della nera Valle di Geenna, l’oltretomba, doloroso luogo d’eterno patimento - Perché voi con la vita e noi con la morte?!-

Lo afferrò per il collo, con sdegno, sollevandolo da terra. Per qualche istante rimasero a guardarsi sotto il diluvio scrosciante e gli occhi astiosi delle centinaia di cloni, in silenzio.

Poi la donna parlò di nuovo, questa volta con il tono disteso di chi aveva intrapreso la propria via tempo addietro e che nulla l’avrebbe ricondotta indietro, al principio, perché troppo si era evoluta, troppo aveva patito e fatto patire ed ora pareva sinceramente tornata ad indossare quel velo di placida tenebra che caratterizzava il suo volto freddo.

- Ora noi periremo e tu trionferai. È così che tutto avrà fine? È così, Neo?-

Lui non ci pensò a lungo, sapeva bene qual era la risposta in fondo al suo spirito. Aveva deciso di giocare il tutto e per tutto, aveva scelto di combattere per tutti coloro che, oppressi, meritavano un’esistenza migliore - una nuova esistenza. E così avrebbe riscattato ogni cosa, avrebbe trionfato per Zion, per il mondo, ma anche per Moloch, Belial, Lucyfer e lo stesso Smith.

- Io farò ciò che dev’essere fatto.- rispose poi, tra gli spasmi.

Inaspettatamente lei sorrise. Un sorriso tiepido, triste e consapevole.

Era proprio questo quello che voleva sentirgli dire. Voleva udire quelle parole dalla sua voce, uscire dalle labbra dell’Eletto.

Aveva avuto l’ultima, decisiva conferma.

 

>Protocol#87<