Maurizio Zambelli

ALLE SORGENTI DEL FIUME

Giovedì 14 luglio 1994. Appuntamento alle 5.00 con Paolo a Cinisello. Nonostante sia presto, l’afa si fa sentire. Autostrada Milano-Torino, e poi, oltre Pinerolo sino ad imboccare la Val Varaita. Proseguiamo fino all’abitato di Castello, frazione di Pontechianale. Salendo in auto, superiamo numerosi ciclisti, che pedalano faticosamente sino al Colle dell’Agnello a quota 2748. La difficoltà di questa salita ciclistica, percorsa anche dal Giro d’Italia 1994, è nel fatto che nella parte finale, dopo Chianale, si salgono ben 1000 mt. di dislivello in meno di 10 km. Paolo che l’ha sperimentata, ne sa qualcosa! Cerchiamo un parcheggio adeguato per 3-4 giorni e prepariamo gli zaini. Dobbiamo portare materiale alpinistico per la salita al Monviso (imbragatura, corda, picozza, ramponi e scarponi) più ricambi per quote più basse e temperature più alte. Come il solito, il peso degli zaini sembra esagerato, ma, ripassando mentalmente il contenuto, mi sembra che sia il minimo indispensabile...Partiamo da Castello a quota 1608 e seguiamo il largo sentiero che percorre il Vallone di Vallanta. Pantaloni corti e scarpette... ma il caldo sembra insopportabile... speriamo solo di guadagnare quota velocemente per camminare più freschi!1800-2000-2200: l’aria si fa più "fina" e arriviamo nei pressi del Rifugio Vallanta, architettonicamente e ambientalmente al centro dell’attenzione pochissimi anni fa, quando fu inaugurato. Lo oltrepassiamo e con lo sguardo apprezziamo maggiormente il Rifugio Gagliardo poco distante, e molto più Rifugio del precedente! La salita continua più erta e davanti a noi si apre il Passo di Vallanta a quota 2811 mt. Il panorama è meraviglioso, il versante occidentale del Monviso e il Viso di Villania sembrano usciti da una fotografia d’autore, perché il cielo blu scuro e la neve bianca contrastano molto! La neve ci obbliga a mettere le ghette non lasciando comunque i pantaloni corti. Dal passo, il sentiero scende a zigzag fra le pietraie, oltrepassa il laghetto Lestio (2510 mt), poi in leggera salita raggiunge il Refuge du Viso 2460 mt. posto in territorio francese. Qui, notiamo molte persone nei dintorni del rifugio e ci domandiamo il perché. Entriamo, e quando chiediamo se è possibile dormire, il gestore ci spiega che essendo in Francia festa nazionale (presa della Bastiglia) non c’è più nemmeno un posto per noi. Beviamo qualcosa di caldo e chiediamo al gestore di sentire al Rifugio Granero, via radio, se c’è posto per la notte. La risposta è positiva, il tempo bello, quindi ripartiamo rimontando il ripido Colle Seillin. La scarpinata in territorio francese sta finendo perché, oltre il colle è ancora territorio italiano. Valle Pellice. Arrivati al passo, vediamo in lontananza il Rifugio, con sfondo le famose nebbie delle valli del Po, che nel pomeriggio inesorabilmente salgono sino a quote prossime ai 2000 mt. Dopo la discesa sui ripidi nevai, oltrepassiamo il Lago Lungo a quota 2356 e arriviamo al Rifugio Granero. È appena stato ristrutturato, la parte nuova tutta in sasso, s’integra bene con il corpo del rifugio primitivo. Approfittiamo del sole e dell’acqua del lago Lungo per lavarci e fare asciugare salviette e magliette. Ceniamo e andiamo a letto che è ancora presto... La camerata è unica, nella parte nuova del Rifugio, e le cuccette, bianche e gialle ci ricordiamo quelle delle colonie estive per bambini...Il trattamento è dei migliori e, dopo un’abbondante colazione c’incamminiamo sotto una serenata incredibile verso il Col Manzol. Il sole comincia a scaldare e ci fermiamo per incremarci le braccia e le gambe, perché da sci-alpinisti di rango, l’unica parte abbronzata durante la primavera è solo il viso... Arriviamo al Col Manzol, quota 2663, il percorso è molto segnato perché su questo terreno si svolge la famosa corsa in montagna "Tre Rifugi". La discesa dal Col è piuttosto ripida e richiede un po’ d’attenzione nel primo tratto. Giunti nel fondo valle, prendiamo il sentiero che risale il vallone in direzione sud; passiamo per lago Piena Sia (2555 mt.) e arriviamo sudando al Colle Armoine (2692 mt). Ci fermiamo nei pressi del valico e mangiamo qualcosa d’appetitoso (dolci e frutta). Il tempo è bellissimo e il Monviso si staglia proprio davanti a noi. Quasi incute soggezione tanto è imponente. Scendiamo fino al Pian d’Armoine, da qui, seguendo una strada militare, giungiamo al Pian del Re e alle sorgenti del più importante fiume d’Italia. Proprio dalle sorgenti del Po, parte il largo sentiero che sale al lago Fiorenza. Lo costeggiamo sulla sua sinistra e dopo un ripido pendio, giungiamo al più piccolo, ma secondo me, più bello. Lago Chiaretto. Da questo punto, un tempo, il vecchio sentiero tagliava a mezza costa le ripide pietraie ai piedi del Ghiacciaio Coolidge. Dopo la caduta, nell’estate 1989 di gran parte del ghiacciaio, è stato segnato un sentiero nuovo che scende alle sponde del lago Chiaretto e sale, prima su un costone ad est, poi con faticosi e ripidi tornanti fino ad incontrare il vecchio percorso. Con un tratto non ripido, il sentiero aggira un canalone e poi risale nella conca sassosa che c’è tra le pendici del Monviso e il Viso Mozzo. Dopo un lungo tratto con numerosi saliscendi, giungiamo al colle di Viso, da cui scorgiamo il Rifugio Q. Sella (2640 mt) e ai suoi piedi, il Lago Grande di Viso. Come costante del luogo, essendo pomeriggio, siamo avvolti dalla nebbia, che però lascia intuire il sereno pochi metri sopra di noi. C’informiamo per la salita di domani. Ci dice il custode che il Monviso è in buone condizioni, con forse più neve che negli ultimi anni. Sistemiamo sulle nostre cuccette i vestiti leggeri e togliamo dagli zaini (finalmente!) l’attrezzatura "pesante". Ceniamo molto presto e ci rechiamo a dormire... Il Monviso è una montagna che emerge nettamente su tutte le altre ed è immediatamente individuabile dalla pianura piemontese e addirittura dalle nostre prealpi. La sua mole piramidale è resa ancor più maestosa dal fatto di trovarsi in posizione avanzata rispetto alle cime circostanti. Difatti, nel lontano passato era ritenuta la vetta più elevata di tutto l’arco alpino. La via normale, quella che saliremo noi domani, si svolge sul versante meridionale della montagna. La sveglia è alle ore 4.00. Colazione veloce e poi via, alla luce delle frontali. Lo zaino è leggero, il passo veloce, così che in breve superiamo il ripidissimo tratto che conduce al Passo delle Saguette (2991 mt.). Rimontando un tratto attrezzato con corde fisse, mi volto verso la pianura Padana, appena in tempo per vedere il nascere del sole ad est. Lo spettacolo è mozzafiato e subito lo immortalo in una dia. Dal passo dobbiamo scendere circa 150 mt., fino a prendere il lungo traverso prima, e i canali abbastanza ripidi che portano al bivacco Andreotti. Da qui, calzati i ramponi, risaliamo parzialmente il piccolo ghiacciaio Sella fino ad incontrare una cengia obliqua a sinistra, da cui si attacca la parete. Togliamo i ramponi, sistemiamo la picozza nello zaino e cominciamo la salita. Davanti a noi non c’è ancora nessuno che sta salendo, e questo ci rassicura, perché il pericolo maggiore di questa salita è la caduta di pietre. La cengia conduce ad una cascatella. Da qui si prosegue con una divertente arrampicata per roccette e piccole cenge. Salendo, dopo una bella crestina, si passa nei pressi di un elegante monolito detto "Duomo di Milano". Per superare la seguente ripida placca, dobbiamo rimettere i ramponi e togliere dallo zaino la picozza. La neve è molto dura e i sassi coperti di verglass, e in questi casi la prudenza è indispensabile. Dopo la placca è la volta di un camino che conduce ad una spalla nevosa. Attraversiamo con molta cautela il canalone che solca il versante est del Monviso e ci troviamo finalmente sulla cresta orientale che ci conduce dritti alla vetta. Paolo ed io siamo molto soddisfatti e contenti, la salita ci ha fatto davvero divertire! Lo spettacolo ai nostri piedi è grandioso. Notiamo due alpinisti che stanno salendo lungo la crestina 400 mt. sotto di noi. Dovremo prestare molta attenzione in discesa a non muovere nemmeno un sasso! Foto, firma sul libro di vetta e poi iniziamo la discesa con cautela. Arriviamo al Rifugio Q. Sella giusto in tempo per mangiare un piatto di ravioli e bere un bei ½ litro di vino rosso. Purtroppo, essendo Paolo astemio, mi sono dovuto sacrificare...Oziamo al sole in attesa della cena e consultiamo la cartina per il giorno successivo. Al tour, manca solo la chiusura per tornare alla macchina. Il tempo è stato ottimo, in vetta al Monviso ci siamo stati e tutto ci sembra più facile e bello. Decidiamo, e la mattina seguente, rimessa nello zaino l’attrezzatura "pesante", partiamo. Imbocchiamo dal rifugio il sentiero G.T. che conduce al passo Gallarvino (2727 mt.). Attraversiamo il Pian Gallavino fino ad arrivare al Passo di San Chiaffredo (2764) da cui ci si affaccia sulla Valle Varaita. Da qui per un sassoso pendio, scendiamo sino al Lago Lungo. L’acqua è verde-verde, il caldo si fa sentire e la voglia di un bagno è frenata solo dalla neve ancora presente ai bordi del Lago (2743 mt). Lasciamo sulla nostra destra la deviazione che porta al bivacco Bertoglio e su una pietraia assurda ci avviciniamo al ripiano del Gias Fous 2365 mt. Da qui, imbocchiamo il sentiero che si snoda ai margini del bosco di Alevè, la più estesa foresta di pini cembri di tutte le Alpi. Scendiamo inesorabilmente verso il caldo e verso Castello. Giungiamo alla macchina, accaldati e desiderosi di una rinfrescata. Di malavoglia ci avviamo verso la pianura e il ritorno. Mamma mia che caldo fa... Senti Paolo, l’aria condizionata della tua Tipo non sarà come quella del Monviso, ma qui, sulla tangenziale di Torino alle 15.30 va bene pure lei...Questi quattro giorni mi sono davvero piaciuti, a dimostrazione che il Mau e il Boy, anche senza sci e pelli di foca trovano comunque da divertirsi in montagna...

Dati "quasi" tecnici: 4 giorni, 5600 metri di dislivello, vetta del Monviso a quota 3841, 32 km circa di sviluppo.