Maurizio Zambelli
DOM Cattedrale di ghiaccio
L’idea di una scialpinistica al Dom di Mischabel era ormai diventata una costante delle ultime 4- 5 primavere. Poi, vuoi per le condizioni meteo, vuoi per i vari impegni personali nel fine stagione, era sempre stata accantonata. Partendo comunque dal concetto che le montagne non si spostano se non di qualche millimetro ogni n secoli, eccomi Sabato 19 giugno di buon ora a risalire la valle che porta a Zermatt. La relazione per la salita alla hutte é di una sinteticità scoraggiante: "L’accesso alla capanna é possibile solo quando il sentiero estivo è sufficientemente libero dalla neve. Salita molto faticosa. Ore 5-6."Con questa frase letta, ed ora ben fissata nella mente, preparo con cura il necessario per i due giorni. L’idea di risparmiare ogni ettogrammo da portare nello zaino fa innalzare la soglia della fame e fa abbassare la soglia del freddo, cosicché, riduco al minimo cibo e vestiario contando sul bel tempo e sulla velocità di salita e di discesa.
Data la completezza e la complessità dell’itinerario, l’attrezzatura alpinistica deve essere completa, quindi niente risparmi di peso! Il sentiero estivo parte dal paesino di Randa a q.1430, attraversa prati fioriti e, con numerosi tornanti una foresta di conifere. Uscito dal bosco, dopo alcuni tornanti, il sentiero si ferma alla base di numerosi salti rocciosi. Aiutato dalle catene metalliche fissate sul percorso, ma imprecando con gli scarponi e sci appesi allo zaino che continuamente picchiano contro la roccia, risalgo gli 800 metri di dislivello che rappresentano il tratto più faticoso della salita al rifugio. Con il salire di quota, il caldo che si sentiva in fondovalle, è ormai un ricordo, il fresco prima e il freddo dopo, mi gelano il sudore addosso. Anche il sole che splendeva, è sparito dietro nuvoloni grigi e i primi grani di neve gelata mi colgono in prossimità dell’ultimo tratto attrezzato. Da qui, in circa ½ ora, rimontando sfasciumi morenici, arrivo al rifugio. Il ripiano naturale su cui è costruita la Domhutte dalla particolare forma ottagonale, è uno splendido balcone a 2940mt. di quota, affacciato sulla valle di Zermatt e con vista diretta sulla Nord del Cervino e sul Weisshorn. Purtroppo la stupenda vista viene subito a mancare a causa dell’accentuarsi del temporale ormai in corso. Entro in rifugio che, pur non essendo custodito in questa stagione, offre tutto quello che serve per stare comodi. Per prima cosa, accendo la stufa a legna in cucina, 1° per riscaldare un po' l’ambiente, poi per preparare la cena e fare asciugare i vestiti. In poco tempo la temperatura diventa più accettabile, l’acqua per il te bollente e i panni quasi asciutti. La cena non è abbondante, però il grana e lo speck nutrono a sufficienza. Sfruttando il caldo residuo della stufa, faccio sciogliere un ulteriore pentolone di neve per la preparazione delle bevande del giorno successivo. Riempite le due borracce, nonostante siano solo le 20, mi metto a letto cercando di trovare la posizione che mi faccia smaltire meglio l’acido lattico accumulato in abbondanza nella salita "molto faticosa". Fuori si sta alzando il vento e in poco tempo il cielo è tutto stellato. Cerco di fissare una stella tremula che brilla sopra il Cervino, ma in brevissimo tempo mi addormento. Mi sveglio esattamente 3 minuti prima del suono del mio orologio e cerco di sfruttare questo tempo per collegare ben stabile il cervello al resto. Per vestirmi mi resta ben poco da infilare: il pile, gli scarponi ed i guanti. Colazione rapidissima e via, fuori dal rifugio con la pila frontale ben accesa sulla testa. Il cielo stellato é uno spettacolo sempre unico ed emozionante! Con l’aria limpida che c’è, mi rendo conto di quanto possa essere infinito l’universo. Essendo abituati a vivere in grossi centri abitati o nelle immediate vicinanze, ci siamo tutti disabituati a queste trasparenze dell’atmosfera, e l’inquinamento luminoso fa sì che siano invisibili moltissime stelle. A queste quote invece..... Due grosse stelle cadenti proprio davanti a me fanno sì che automaticamente esprima due grossi desideri! La salita nella notte é subito faticosa. Devo rimontare il fianco destro del ghiacciaio su di una morena molto instabile. Sotto di me, vedo bene il bianco del ghiaccio, ma non l’accesso. In breve però dopo un traverso, metto piede sulla neve e ben volentieri calzo gli sci. Cerco di cadenzare ritmicamente il passo e in ½ ora sono davanti al primo salto del Festigletscher. Tolti gli sci e messi i ramponi, risalgo verticalmente il pendio. Appena la pendenza lo consente, rimetto gli sci e mi dirigo dritto davanti a me, puntando il Festijoch. Alla base del ripido pendio, rimetto di nuovo i ramponi e, picozza in mano, scalinando la neve dura, arrivo alla q.3723 il culmine che fa da spartiacque fra il Festigletscher e il Hohberggletscher. A questo punto dovrei trovare l’ancoraggio per effettuare un eventuale corda doppia che mi consentirebbe di scendere velocemente sul Hohberggletscher. Tutto è sepolto dalla neve e solo dopo un quarto d’ora di ricerche, individuo la via di discesa. In breve perdendo quasi 100mt di quota, eccomi sul pianoro del ghiacciaio. Il sole ha già inondato con il suo calore il bacino glaciale e, finalmente, mi riscaldo un po'. Da qui, con gli sci ai piedi, cerco di avere il passo quanto mai costante per reggere l’ancora notevole dislivello che mi separa dalla cima. Attraverso con traccia quasi orizzontale tutto il Hohberggletscher, dirigendomi, evitando numerosi crepacci, verso il Lenzjoch. Una volta arrivato nel centro del ghiacciaio, mi dirigo decisamente alla mia sinistra per bypassare un enorme spaccatura. Durante tutti questi spostamenti, la mia mente, salvo durante passaggi particolarmente impegnativi, vaga nei ricordi del passato, nelle aspirazioni future e nei fatti del vivere quotidiano. A volte qui tutto mi sembra più semplice e risolvibile e la nitidezza del da farsi è simile a quella del cielo blu delle belle giornate. Con tutti i miei pensieri in testa, giungo, risalendo tutto il versante Nord con numerosi zig-zag, alla q.4479. L’aria è abbastanza rarefatta e il ritmo della respirazione accelerato. Da questo punto devo lasciare gli sci e procedere con i ramponi perché questi ultimi 60 metri sono di ghiaccio verde. Il vento degli ultimi giorni ha completamente pulito dalla neve il pendio finale. In circa 15 minuti sono sulla cima aerea. La piccola croce segna la quota: 4545mt. Essa rappresenta la cima alpina più alta situata completamente in suolo svizzero. Il vento adesso è veramente forte e quasi rimpiango la dolcevita e i copripantaloni lasciati nel bagagliaio della Subaru. Resto in cima pochissimi minuti per guardarmi intorno dopodiché inizio la discesa, stando molto attento al vento che cerca di spostare la mia traiettoria nonostante i ramponi e la picozza. Giungo agli sci e velocemente inizio a sciare. Il primo tratto ripido e ricoperto di neve nuova è uno spasso! Un po’ meno, il salto di circa 2 metri che devo fare per oltrepassare un grosso crepaccio. Regola n.1: non guardare mai verso il basso, perché il nero della profondità è impressionante! Continuo la discesa fermandomi spesso a riprendere fiato. La fatica comincia a farsi sentire; il vento dell’ultimo tratto mi ha veramente sfiancato. Arrivo presto al breve tratto da risalire e sci in spalla per l’elevata pendenza e la non stabilità della neve, inizio la successiva discesa fino al Festigletscher. Da qui la sciata fino al rifugio è quasi un gioco da ragazzi. Tengo sempre il lato destro del ghiacciaio per evitare i numerosi crepacci e, in meno che si dica sono alla Domhutte. I morsi della fame cominciano a farsi sentire...Recupero un pacchetto di cracker e un Tigre lasciati al rifugio e il mio pranzo domenicale è assolto ma la fame appena appena placata. La discesa fino a Randa da qui è un vero tormento per piedi e ginocchia. Il mio menisco sinistro si fa sentire e tanto! Arrivo al paese e sono felicissimo; il primo desiderio espresso questa mattina alle 3.50 si è realizzato! La cima del Dom è stata raggiunta e sciata, adesso spero si avveri anche il secondo......
Salita e discesa effettuate Sabato 19 e Domenica 20 Giugno 1999 con Paolo Recalcati e Gianni Corti
Tempo di salita al Rifugio da Randa ore 3 ½
Tempo di salita al Dom ore 5 ½
Tempo di discesa dal Dom alla Hutte ore 2 ½
Tempo di discesa dalla Hutte a Randa ore 3
Dislivello in salita 1501 mt Sabato
1705 mt Domenica
Dislivello in discesa 3206 mt Domenica
Condizioni meteo tipicamente estive con cielo sereno il mattino e addensamenti nuvolosi il pomeriggio