Maurizio Zambelli

MONTE BIANCO MON AMOUR

SCI-ALPINISMO DI MEZZA ESTATE

Dopo due settimane di attesa per una stabile alta-pressione, eccoci alla volta di Chamonix. Compagni di viaggio sono sci e ramponi, meta il Monte Bianco. La stagione sci-alpinistica 90-91 è stata favorevole come innevamento, quindi il fine giugno è periodo ideale per questa discesa. Raggiungiamo Chamonix nella tarda mattinata di domenica 23 giugno e attendiamo l’arrivo della funivia che ci porterà a Pian de l’Aiguille a quota 2310, da qui partirà la nostra gita sci-alpinistica. Con me ci sono Roby, Carlo. Giovanni e Antonio, compagni instancabili e affiatati con cui ho condiviso tutte le uscite della stagione. Il tempo è bello e con calma ci avviarne verso il rifugio Grands Mulets che rappresenta la meta iniziale della nostra ascensione. Il lungo traverso che conduce al Plan-Glacier ci richiede spesso di togliere gli sci per oltrepassare tratti di ghiaione non coperti dalla neve. Notiamo che quasi tutti gli alpinisti di ritorno dal rifugio usano il casco protettivo e ci chiediamo il perché. Subito dopo questa domanda abbiamo la risposta da una lieve scarica di sassi che si stacca dalla sovrastante Aiguille du Midi. Procediamo sul lungo e ripido mezzacosta fino a raggiungere il ghiacciaio che subito si presenta crepacciato e ci riserva una traccia di salita molto complessa per evitare buchi e fenditure veramente spettacolari. Il nome della zona di ghiacciaio che stiamo attraversando è La Jonction, la congiunzione, difatti in questo punto convergono diversi ghiacciai e le spinte che essi esercitano verso valle fanno sì da avere un tratto simile ad un mare in tempesta, fermato da una macchina fotografica. Superato questo tratto abbastanza pericoloso, non ci resta altro che salire il ripido pendio che conduce al rifugio. Sotto di noi possiamo ammirare Chamonix, con i prati già verdi e le pinete, che contrastano con il bianco glaciale che ci sta attorno. Dopo circa 2 ore e mezza arriviamo al rifugio. Lasciamo gli sci sotto lo sperone roccioso su cui è stato costruito e risaliamo un breve tratto, aiutati da grosse corde di canapa, fino alla porta del rifugio del C.A.F. Ci sistemiamo per la notte, anche se sarà una notte breve, difatti la sveglia è fissata alle 01.30. Ceniamo con appetito non disdegnando una bella bottiglia di rosso, atto ad agevolare il sonno e favorire la digestione! Fuori è ancora chiaro quando ci rechiamo alle nostre cuccette, il tempo purtroppo si sta mettendo al brutto e non ci resta altro che sperare nel risolvimento a breve termine della perturbazione in atto. Mentre cerco di prendere sonno provo a immaginare come sarà questo versante Nord del Monte Bianco che abbiamo intenzione di scendere l’indomani con gli sci. Dalla relazione in nostre mani non dovrebbe essere molto difficile, l’unico tratto impegnativo è intorno ai 35-40 gradi di pendenza, il problema principale è avere condizioni climatiche favorevoli. La sveglia ci trova impreparati ad un orario così notturno, ma con entusiasmo ci prepariamo. Facciamo colazione ed usciamo; non fa assolutamente freddo e il cielo è coperto da nuvole residue della perturbazione della sera. Accendiamo le nostre lampade frontali e ci avviamo verso la nostra meta. Naturalmente con gli sci effettuiamo una traccia più lunga di tutti quelli che salgono a piedi, ma con soddisfazione notiamo che la nostra andatura è superiore o quantomeno uguale a quella degli alpinisti coi ramponi. Ai nostri piedi le luci di Chamonix offrono uno spettacolo veramente unico! Sembra di essere veramente un gradino sopra tutto e sopra tutti! La fatica comincia a farsi sentire e la luce delle lampade a diminuire. Per fortuna l’alba sopraggiunge e incominciamo a vedere anche l’ambiente che ci circonda. Siamo all’incirca sul Petit Plateau a 3800 mt. di quota e in cielo continuano a correre nuvole che, a tratti minacciose, ci fanno pensare al peggio. Giungiamo al Col du Dome a 4000 mt. e siamo accolti da un vento freddo che aumenta sempre più di intensità. Ci vestiamo con tutto quello che abbiamo nello zaino e continuiamo la salita verso il bivacco Vallot che ormai è in vista. Il freddo è veramente aumentato di colpo e il vento è davvero incessante. Alla Vallot ci consultiamo, perché, per scendere dal versante Nord, dobbiamo portare gli sci in spalla da poco sopra il bivacco sino alla vetta, per poi scendere direttamente dalla cima. Il tempo non sembra proprio volgere al bello e quindi decidiamo di abbandonare gli sci e raggiungere la cima normalmente a piedi. Faticosamente superiamo gli ultimi 300 mt. di dislivello che ci separano dalla cima che raggiungiamo alle 8.00. Il vento è veramente notevole e spazza con violenza l’ultimo tratto di cresta. Ogni tanto dobbiamo fermarci per lasciare sfogare l’ira del vento per poi riprendere il cammino appena un attimo di tregua ce lo consente. Ridiscendiamo velocemente verso gli sci superando con qualche difficoltà un crepaccio, difficoltà dovuta al crollo di un prezioso "ponte" che ci aveva consentito la salita senza problemi. Calziamo gli sci e iniziamo una discesa veramente unica. Innanzitutto stiamo scendendo dalla cima più alta d’Europa, e poi lo spettacolare ambiente che ci circonda ci fa sentire al settimo cielo! Superiamo la Vallot e su un tratto molto ghiacciato a causa del vento, raggiungiamo vasto Col du Dome per poi buttarci a capofitto sul sottostante Grand Plateau. Qui la neve è stupenda, 20 cm. di neve fresca della notte ci consente evoluzioni ammirate dagli alpinisti che faticosamente stanno ancora salendo. Ci fermiamo nei pressi del Grand des Monteés per riprendere fiato e mangiare qualcosa di dolce. Ci giriamo automaticamente verso la cima e notiamo che il vento riuscito a liberare la cresta dalle nuvole, che ora svetta contro il cielo blu scuro. Nel giro di 10 minuti ogni nuvola sembra dissolta nel nulla e lo spettacolo toglie veramente il respiro... Aiguille du Midi, Mont Blanc du Tacul Mont Maudit sono davanti ai nostri occhi e sembrano poter essere toccati con mano, il sole trasforma subito la neve, così a malincuore continuiamo la discesa verso il rifugio La vista, in discesa, è catturata costantemente dal fondo valle verde che sembra attrarre fatalmente anche le punte dei nostri sci. Arriviamo al rifugio e ci concediamo una minerale supergasata francese per placare la sete che nel frattempo si fa sentire. Ormai sono otto ore che stiamo faticando, quindi una sosta al caldo sole non fa senz’altro male! Dal rifugio alla funivia la discesa non presenta problemi, se non l’attraversare la Junctìon con i suoi crepacci. Arriviamo giusto in tempo per salire sulla cabina che ci riporterà a Chamonix. Qui, dopo una birra, è d’obbligo una visita alla fornitissima libreria dove si trovano libri di tutto il mondo sull’alpinismo. Una domenica e un lunedì da ricordare, per la compagnia e per la bellezza delle cime che ci guardano.

Maurizio Zambelli