Maurizio Zambelli

4 x 4 •••••mila

Il mese di agosto 1996 sarà ricordato come il più piovoso e freddo dell’ultimo decennio. Finalmente per sabato 17 e domenica 18, le previsioni meteo concedono quarantotto ore di alta pressione. Gli zaini e il materiale alpinistico sono pronti da qualche giorno, così non ci resta che scegliere quale delle tre o quattro possibili salite effettuare in condizioni ottimali.

Poche telefonate per informarci sulle condizioni dei vari terreni e poi la scelta: faremo la Cresta del Soldato, nel Gruppo del Monte Rosa. Questa cresta, roccia e misto, con brevi tratti nevosi e con qualche gendarme, unisce i minori tra i giganti del Rosa: è ben esposta al sole e presenta difficoltà alpinistiche dal II al IV grado. Arriviamo con l’automobile a Gressoney La Trinite, nella frazione di Staval. Con la cabinovia saliamo al lago Gabiet a quota 2.342 metri.

La giornata è di quelle in cui, cercando una nuvola in cielo, non è possibile trovarla. Sotto il sole battente e gli zaini semipesanti, risaliamo il sentiero che senza scosse di dislivello porta alla quota 3.420 del rifugio Città di Mantova. Giunti, ci godiamo il sole pomeridiano, sulla balconata di legno antistante il rifugio. Dopo tanti giorni di pioggia fuori programma e di autunno anticipato, ci sembra di rinascere sotto questo sole tipicamente estivo.

Prima di cena prepariamo gli zaini e ripassiamo la relazione sulla salita. Con me ci sono: Paolo (il Boy), con il quale da due anni divido le scialpinistiche, e Gianpietro. Fissiamo la partenza per le quattro dell’indomani: il buio è assoluto, nemmeno il più piccolo spicchio di luna ci da una benché minima luce. Accese le lampade frontali scendiamo sulla morena sino al ghiacciaio di Indren che attraversiamo completamente. La memoria ritorna indietro e penso a quante volte ho percorso questo stesso ghiacciaio in primavera e con gli sci ai piedi. Ora la bianca e splendente neve primaverile si è trasformata in ghiaccio verde che rende necessario l’uso dei ramponi. Quella che con gli sci è un trasferimento piacevole senza pensieri, è diventato, vuoi per il buio, vuoi per il ghiaccio verde un tratto da attraversare con la dovuta attenzione. Ancora al buio oltrepassiamo la stazione della funivia che sale da Alagna Valsesia a Punta Indren, e da qui scendiamo nel sottostante ghiacciaio di Bors. L’aurora comincia a incidere il cielo e davanti a noi l’anfiteatro ghiacciato mette un po’ di soggezione perché solcato da infidi crepacci proprio orientali nel nostro senso di marcia. Naturalmente legati in cordata, puntiamo decisamente verso l’evidente colletto a monte della Punta Vittoria, mt. 3.700. Giunti sulla cresta, lo spettacolo ai nostri piedi, sul ghiacciaio della Piode e sull’altro versante valsesiano del Monte Rosa, illuminati dai primi raggi del sole, è veramente unico!

L’avventura sul filo di cresta inizia. Per rocce e brevi risalti c’inoltriamo senza difficoltà sino a una placca liscia; intanto il sole alle nostre spalle sale inesorabilmente, obbligandoci a un’abbondante spalmatura di crema sul collo. Aggirata sulla sinistra la placca con un passaggio di IV grado, usciamo in vetta alla Punta Giordani, mt. 4.046. In vetta siamo soli; sotto di noi, ancora abbastanza staccati sul ghiacciaio di Indren, stanno salendo i tre alpinisti conosciuti la sera precedente in rifugio. Un saluto con le braccia e... via: calzati i ramponi percorriamo la splendida crestina nevosa orizzontale che conduce alla base di un gendarme verticale. Lo spettacolo sotto i ramponi è unico: sotto il rampone sinistro tutto il ghiacciaio di Indren sino al lago Gabiet, sotto il rampone destro, ottocento metri più in basso, il crepacciato ghiacciaio delle Piode Occidentale, e più sotto ancora, ecco Alagna Valsesia. Aggirato il gendarme sulla sua destra ci troviamo davanti il tratto più impegnativo ed esposto di tutta la salita. Con un tiro di corda superiamo questo ripido pendio di misto fino a riguadagnare lo spartiacque costituito da un’altra crestina nevosa, orizzontale ma affilatissima. Una dorsale di rocce rosse, molto stretta e molto esposta, ci galvanizza per circa una ventina di minuti, dopo di che, un alternarsi di facili roccette a tratti nevosi ci conduce direttamente ai 4.215 metri della Piramide Vincent. Il clima è davvero ideale: l’esposizione della via ci ha consentito di rimanere al sole per tutto il tempo della salita e sostiamo indossando la sola... dolcevita. Davanti a noi l’acuminata sagoma del Lyskam Orientale si staglia netta contro il cielo blu cobalto, mentre alla nostra destra c’è lo scudo impressionante della parete sud della Punta Parrot.

Visto l’orario, in abbondante anticipo sul previsto, viste le condizioni del tempo e, viste infine le nostre buone condizioni fisiche, decidiamo di continuare la nostra cavalcata sul filo di cresta e collezionare, così, altre due cime sopra i quattromila metri. Scendiamo per la via normale della Piramide Vincent sino al colle (4.088 metri). Dopo un breve traverso passiamo il Cristo delle Vette al Balmenhorn, 4.167, e risaliamo il pendio finale del Como Nero o Schwarzhorn, quota 4.322 metri. Seduti sulla vetta del nostro quarto "Quattromila" della giornata, non possiamo restare indifferenti allo spettacolo che si presenta agli occhi, che se pure già visto parecchie volte è sempre diverso ed entusiasmante. Vediamo in basso il ghiacciaio che scende sino alla capanna Gnifetti prima e al rifugio Mantova poi; rimpiangiamo, da scialpinisti irriducibili, di non avere con noi i nostri "legni". Le ottime condizioni del ghiacciaio unitamente alle basse temperature dei giorni precedenti, hanno mantenuto la neve a livelli primaverili. Ben presto risvegliati dal sogno sciistico, iniziamo la discesa. Sollecitamente siamo sulla "Autostrada" come è chiamata la pedonata che sale alla Capanna Margherita; senza problemi arriviamo al rifugio Mantova. Recuperiamo il poco materiale lasciato la sera precedente e c’incamminiamo a valle. Man mano perdiamo quota, il caldo comincia a farsi sentire e con lui anche la stanchezza. Ormai il dislivello in discesa è molto prossimo ai duemila metri e le ore del nostro impegno sono quasi dodici! Rapidamente la cabinovia ci porta giù in paese. Il ritorno verso casa, in autostrada, c’impegna in applicazioni di creme doposole e in reidratazione fisica. Acqua naturale, non birra o vino come qualcuno potrebbe pensare! Il bel tempo sembra continuare, ma giunti in vista delle nostre montagne, neri addensamenti sovrastano Grigne e Resegone. Che la parentesi di bello stabile sia già finita? Comunque domani, lunedì, il lavoro in fabbrica ci attende, quindi...