Maurizio Zambelli

SKIEVOLUZIONE

Nevica! Guardo fuori dalla finestra e fiocco dopo fiocco vedo tutto coprirsi di bianco, i rumori sono ovattati e la luce uniformemente lattiginosa. Da questa distesa bianca che si è creata in poche ore emergono soltanto le sagome di quello che c’era. Nella mia mente, mentre sono al caldo vicino alla stufa, con un caffè bollente in mano, emergono invece ricordi legati alla neve. Mio padre Alessandro, classe 1926, quando ancora io ero bambino mi raccontava della sua giovinezza e della sua voglia di sci. Sottraeva per tempo due assi di legno dalla falegnameria di mio nonno e, dopo varie prove di piega, all’inizio dell’inverno riusciva ad avere per le mani qualcosa di incurvato, vagamente simile ad un paio di sci. Fissava artigianalmente agli sci delle scarpe pesanti, ed ecco che l’attrezzatura era pronta! Un paio di pantaloni di fustagno e via, verso i Piani Resinelli, lungo la Val Calolden, sci in spalla, non prima di essere stato a Malavedo a Messa Prima. Insieme a lui altri ragazzi che cercavano il divertimento domenicale che la natura offriva d’inverno. Chiaramente ogni padre cerca di trasmettere ai figli le proprie esperienze positive, così che eccomi a sei anni con ai piedi un paio di Hyckory Persenico, portati da Babbo Natale perché ero stato bravo, salire a scaletta e scendere il prato sotto casa a Ballabio "ski area". La discesa durava pochi secondi, la salita molto di più: ma con più salivo e scendevo con più la neve diventava compatta e sempre più miglioravano le prime curve a "cristiania"! Con i primi sci laminati larghi marca "Atten Hoffer" arrivano anche i primi impianti di risalita a gestione quasi industriale. Erano gli anni sessanta e lo sci iniziava a farsi conoscere. Quegli anni sono stati per me un periodo di crescita, sfruttando la facilità con cui si potevano effettuare chilometri e chilometri di discesa con l’aiuto degli impianti di risalita. La tecnica che avevo raggiunto con gli sci era buona, ma con il crescere della mia tecnica crescevano anche gli impianti nelle varie valli, e soprattutto il numero delle persone sulle piste. Inizialmente attratto da discese "oltre" la pista tracciata, ma con traccia parallela alla stessa, una domenica mattina mi alzai sicuro: sci in spalla e via, da Morterone al Rifugio Azzoni. Nel momento di agganciare i Marker modello cinghialunga agli scarponi, percepii la sensazione di essere un tutt’uno con gli sci, di essere "il padrone del mondo"! Da quella mattina ogni cima che raggiungo con gli sci è punto di osservazione per una altra cima più alta, o solo di forma diversa, che invita ad essere salita la domenica successiva. E visto che ci sono sempre cime più alte o diverse da altre cime, non ho più mancato una domenica o un ritaglio di tempo per conoscere e sciare montagne. Spinto da questa passione e aiutato dai mezzi tecnologici degli anni 80 e 90, le cime da salire le cercai sempre più lontano. Un lunedì di Pasqua dalla cima della Jungfrau (nome che già di per sé indica tutto un programma) vidi in lontananza, ma molto in lontananza, il Mc Kinley in Alaska. L’anno successivo dall’Alaska vidi il Caucaso, dal Caucaso la Norvegia, dalla Norvegia lo Stato di Washinton, da lì il Resegone, poi il Monte Bianco, il Grand Combin e così via fino al più piccolo panettone sciabile. In tutta questa ricerca sono stato aiutato sempre più dai mezzi di informazione oggi disponibili: Bollettini valanghe, dati meteo e sull’innevamento, comunicazioni ottenute tradizionalmente da libri o stazioni radio ma anche grazie al progresso, via Internet. Fondamentale comunque il desiderio di luoghi "nuovi", non ancora troppo frequentati. La gita "classica" non è più un punto di riferimento, bensì la ricerca di spazi meno eclatanti, magari più faticosi, ma più vicini al mio concetto di simbiosi con la montagna. Un norvegese, che ho conosciuto durante la mia permanenza in Norvegia, affermava che una gita si poteva considerare a segno solo a patto di non incontrare nessuno sulla propria scia. La ricerca di nuovi orizzonti mi ha portato ad approfondire materie non ben conosciute, importanti per la mia attività. Per seguire e capire l’andamento delle evoluzioni meteorologiche oggi Intenet può dare in tempo reale notizie complete relative ad ogni parte della terra. L’approfondimento e la precisione che oggi possiamo avere dalle carte geografiche e topografiche, strumenti sempre più elaborati quali altimetro, bussola ecc., sono tutti parte integrante nell’evoluzione dello scialpinismo. Per fermare un attimo di questa evoluzione, un ricordo, ho approfondito sempre più la fotografia, così che una distesa bianca, l’ebbrezza, il movimento della neve farinosa che si solleva oltre la persona, restano lì, chiusi nel quadratino della diapositiva, ma non fermi nella mente che li ricorderà per sempre. Ritengo che l’approccio allo scialpinismo o alla montagna in genere sia molto cambiato negli ultimi vent’anni, a volte esasperando in nome della sola soddisfazione personale ciò che comunque non sarà mai nostro. Spero non cambi mai lo spirito di praticare uno sport traendone conoscenze fisiche e mentali positive, unite al divertimento, la soddisfazione che copre la stanchezza fisica, il tramite che ti porta, a volte, la felicità sfuggevole di sentirti al centro del creato. Guardo fuori dalla finestra, lo spessore del "bianco" è notevolmente aumentato, chissà, domani mattina che bella sciata farò! Grignone o Piz Platta sarà comunque una splendida giornata.