Maurizio Zambelli
UN PICCOLO 4000
Sabato 12 luglio 1997, la Punto bianca si dirige di buon’ora verso il Passo del Sempione, scende a Briga e quindi prosegue fino a Visp. Qui imbocca la valle che porta a Zermatt e Saas Fee. Al bivio tiene la sinistra e sale velocemente fino a Saas Grund. Sui sedili anteriori ci siamo Paolo ed io, che, lasciati momentaneamente gli sci, ci dedichiamo ad un alpinismo più estivo. Parcheggiamo l’auto nel piazzale antistante gli impianti di risalita invernali e prepariamo con cura gli zaini. Il minimo indispensabile è sempre troppo pesante rispetto al previsto!
Ci incamminiamo su un bellissimo sentiero che attraversa il centro di Saas Grund con le tipiche case poggiate su grandi sassi, per inoltrarci poi in un bosco di conifere. II fondo del sentiero è talmente bello e privo di asperità che passa per la mente l’idea del rampikino. La pendenza è invece notevole e ben presto prendiamo quota. La nostra meta è la Weissmieshutte, rifugio del C.A.S. situato a 2726 mt. In circa tre ore lo raggiungiamo, oltrepassando pascoli con bestiame, la stazione di arrivo degli impianti di risalita e numerosissimi corsi d’acqua. Davanti a noi, durante la salita alla Hutte, la vista si alterna sulle tre cime più significative di questo versante della valle di Saas. Sono, da sinistra a destra il Fletschhorn 3993, il Lagginhorn 4010, e la Weissmies 4023. Il nostro programma per il giorno seguente è salire il Lagginhorn, in quanto, data la sua conformazione, sarà un 4000 che difficilmente saliremo con gli sci ai piedi. Esso è il più nord-orientale dei 4000 delle Alpi Pennine. È una montagna elegante con una piccola ed aerea vetta sospesa su pendii impressionanti. Il Lagginhorn è in gran parte roccioso con nevai e piccoli ghiacciai che disegnano arabeschi strani sulle grandi pareti di gneiss. Ci sistemiamo con il nostro materiale nel rifugio e attendiamo al sole l’ora della cena. L’aria è fresca e davanti a noi lo spettacolo dell’altro versante della valle è veramente unico. Una serie di cime over 4000 impressionante! Allalinhorn 4027, Alphubel 4206, Taschhorn 4490, Dom 4479, Lenzspitze 4294, Nadelhorn 4370. La luce del tramonto le rende vicinissime, quasi toccabili con mano! La cena in rifugio non ha un menù mediterraneo, così che, devo aiutare Paolo a finire un non ben definito piatto di carne con salsa di senape e rape. Il caffè è lunghissimo, così come lunghissimo il tempo in attesa del sonno. Un ultimo sguardo al cielo stellato e poi a letto, sotto le coperte perché la quota, vicina ai 3000 mt, ha i suoi effetti sulla temperatura. Nel silenzio assoluto si sente la sveglia fissata sull’orologio di Paolo alle 3,30. Meccanicamente al buio ci vestiamo e scendiamo per la colazione. Nonostante l’orario notturno, riusciamo a bere un enorme caffè d’orzo e mangiare una fetta di pane nero con burro e marmellata. Allacciamo gli scarponi ed usciamo all’esterno. Miliardi di stelle brillano in cielo, risaltando ancora di più per la mancanza della luna. Con la luce delle lampade frontali, ci dirigiamo verso la morena individuata il giorno precedente. Il cono di luce si posa ogni tanto su tracce di sentiero o sui caratteristici "ometti" di sasso, finché ad un certo punto, ci troviamo nell’oscurità senza più nessun riferimento. Finalmente dopo qualche minuto, pieno di dubbi ed esitazioni, la decisione: continuiamo a salire tenendo il bordo della morena alla nostra destra. La scelta si dimostra giusta, perché, dopo un po’, giungiamo sotto l’evidente cresta che separa lo Hohlaub Gletscher dal Lagginhorn Gletscher. Sempre alla luce delle lampade saliamo tenendoci sulla sinistra per detriti morenici e la prima neve. Passiamo a sud della lingua terminale del Lagginhorn Gletscher e proseguiamo sino alla sua estremità settentrionale. Da qui, puntiamo decisamente a sinistra fino a raggiungere con la prima luce dell’aurora, una grossa terrazza di blocchi. Spente le frontali, seguiamo gli ometti che portano al filo di cresta. Numerosi graffi bianchi di precedenti passaggi di ramponi, ci indicano la via sul fianco meridionale. La pendenza è sostenuta e ci alziamo velocemente. Sulla nostra destra i primi raggi di sole arrossano i ghiacciai del lato opposto della valle di Saas. Salendo, il percorso continua per un tratto più esposto ed affacciato sul Fletschhorn Gletscher. Senza difficoltà superiamo un tratto su di una placca che precede una forcella, che a sua volta da inizio all’ultimo tratto di cresta. Per nostra fortuna è tutto innevato, così che, con i ramponi ai piedi in circa venti minuti siamo in prossimità della vetta. L’ultimo traverso verso la nostra destra ed ecco la piccola croce. L’arrivare sulla cima di una montagna, è una sensazione ogni volta nuova e diversa, è la fine della fatica della salita, è l’apertura dello sguardo a nuovi orizzonti, è la realizzazione di un sogno cullato per ore, settimane, mesi, a volte anni...Verso est, lo sguardo e il pendio sprofondano di 3000 metri e arrivano fino alle gole di Gondo, confine tra Italia e Svizzera. Sono le 7,30 e il sole tiepidamente ci scalda. Siamo soli sulla piccola vetta e identifichiamo con precisione tutte le cime che si vedono da qui. Sono tantissime! Tantissime su cui ci siamo stati, e tantissime che ancora non conosciamo. Scattiamo qualche foto, dopodiché iniziamo la discesa. Incrociamo, alla fine del tratto di cresta innevato, la cordata francese che era dietro di noi. Ci chiediamo alcune informazioni riguardanti l’ultimo tratto, dopodiché, con i rispettivi saluti, ci dividiamo: loro verso la vetta, noi verso l’affilata cresta rocciosa per la discesa. In poco tempo giungiamo al rifugio. Il sole è ben alto in cielo e il suo calore fa asciugare i nostri indumenti mentre ci concediamo con gli ultimi franchi, una birra. Cambiamo decisamente abbigliamento e, con pantaloni corti e canottiera, ci incamminiamo verso il fondovalle. Il caldo aumenta, così come è aumentato il peso e il volume dello zaino. Per fortuna dopo un po’ il sentiero entra nel bosco così che l’ombra ci da un po’ di tregua dal sole cocente. La nostra mente è contenta per la cima raggiunta, il nostro sguardo pure per il panorama che costantemente abbiamo davanti, le caviglie e le ginocchia molto ma molto meno! Dalla cima ci sono esattamente 2500 metri di dislivello. È proprio vero che la discesa, a piedi, stanca sempre di più che la salita! Rapida toilette presso una fontana di legno e via di corsa verso casa. A Ballabio mi attende la festa degli Alpini al Parco; il menù? Polenta, salsicce e costine, nonché vino rosso. Oggi me li sono abbondantemente meritati!