26 Giugno 2001

 il manifesto

RESISTENZA
Correggio, memorie di pietra
I. VA.

La sera del 31 dicembre 1920 Mario Gasparini e Agostino Zaccarelli vennero uccisi a colpi d'arma da fuoco durante uno scontro tra socialisti e squadristi modenesi di fronte alla Casa del Popolo di Correggio. Muratore l'uno, giornaliero l'altro, furono le prime vittime dello squadrismo fascista in provincia di Reggio Emilia. L'ondata di violenza e di aggressioni, in realtà, era già iniziata - nel bolognese e nel ferrarese - in novembre, raccogliendo adesioni e sovvenzioni da parte dei grandi proprietari terrieri. Il fascismo agrario nasceva così. E prendeva di sorpresa socialisti e contadini le cui leghe vennero sciolte e disperse.
Sono perlopiù contadini i protagonisti de I racconti dei cippi. Nuove scritture per i caduti della lotta antifascista della Resistenza e della guerra di Liberazione, (il volume è edito dall'Associazione culturale "Materiale resistente" in collaborazioni col comune di Correggio) che proprio dal 1920 - e dalle campagne reggiane - partono. Racconti o dialoghi immaginati e scritti da Lorenzo Favella perché, come a Spoon River, anche qui i morti parlano dalla collina: per ognuno due date, sempre troppo vicine, e poche righe per narrarne la vita. E accanto ad ogni racconto una foto: fissa i cippi nel suo obiettivo Mario Boccia se - a parlare - sono i partigiani caduti; scruta velocemente gli spazi aperti della Bassa, quasi lo sguardo a disagio non si volesse più di tanto soffermare, quando invece le parole immaginate sono quelle di un fascista come Quirino Codeluppi detto "Nacio": "Posso dirlo adesso? I padroni me l'avevano venduta quella camicia! Camicia nera, s'intende. E per anni gliel'ho fatta vedere a quei conigli. Bolscevichi si facevan chiamare".
E, tra i "bolscevichi", c'è Gisberto Vecchi, nato a Correggio l'8 febbraio 1911, contadino, medaglia d'oro al valor militare alla memoria: "A me le mani addosso i fascisti non me le mettono più, basta, le ho già viste le loro galere... Spara bene chi spara primo, ho imparato. E gli ho fatto vedere di che pasta è fatto un partigiano. Nome di Battaglia Giuseppe, santo dei becchi, comandante gappista, 37.a brigata, secondo battaglione. M'impicchino pure da morto, non sarò il solo a finir così. La Storia insegna". E, ancora, un prete - don Pasquino Borghi, nome di battaglia Albertario - arrestato dai fascisti, sottoposto a violenze e percosse e, infine, fucilato insieme ad altri otto antifascisti: "Ho provato a far loro forza... In quanto a me, ho la fede che mi sorregge e questo davvero non l'avrei desiderato. Ché la fede, così, fosse quasi una colpa. Ma tant'è, anche Nostro Signore stava al centro e i due ladroni ai lati". Dell'arresto di don Pasquino e di delazione a favore dei tedeschi, venne sospettato un altro prete, don Luigi Manfredi, ucciso da una formazione partigiana giunta appositamente dalla montagna la sera del 14 dicembre 1944.
E tra le tante voci anche quella di una donna, Vandina Saltini arruolata nelle file partigiane con compiti di staffetta e uccisa con due colpi d'arma da fuoco sparati alla bocca e alla testa per aver inveito contro i nazifascisti che avevano assassinato suo fratello: "Mica mi sembrava d'esser me a parlare. Era come se... come se... va a sapere cos'era. So solo che non mi fermavo più e allora ci han pensato loro. Con due buchi in seno. Poi sì che la neve è diventata rossa... Almeno quella, m'è venuto da pensare". Vandina è sepolta sotto lo stesso cippo decorato con falce e martello insieme al fratello Vittorio. "La memoria di cui questi cippi vollero scrivere l'epica - scrive Leonardo Paggi nell'introduzione - non è irrilevante. Il dato cruciale consiste nella crisi sempre più pronunciata della memoria di stato, intesa come memoria ufficiale, centralizzata, capace di inventare tradizioni ma non di accogliere, elaborare e gestire le esperienze che si sono accumulate nelle comunità locali." Le memorie di Correggio, da questo punto di vista, sono uno dei tanti e possibili contributi per la costruzione di una memoria europea che abbia al suo centro una struttura plurale e per un lavoro della memoria capace di ricostruire la circolarità della narrazione tra le generazioni.