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Nihadiel
Eelai
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skills e malus |
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resistenza al sonno - sensi elfici
- charme animale - maestria
- attacco a distanza - conoscenza dei
manufatti
spregio elfico - diffidenza umana - timore della mischia - istintiva diffidenza - timore della folla |
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allineamento: caotico/buono | |
carattere e tratti fisici: solitaria e diffidente in principio, leale con chi si dimostra degno | |
equipaggiamento: Spada corta in vita, nascosta da un lungo mantello; pugnale nascosto in uno stivale; guanti di pelle alle mani. | |
la storia di Nihadiel |
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Sono una
mezzelfa, ma l'ho capito tardi. I miei genitori erano compagni d'avventura, riuniti dal caso, in una compagnia creata da un mercante in cerca di fortuna, Rajak. Lei, Neia Rage, era un'umana, vissuta in una città in riva al mare, nella costa meridionale. Lui, Sedas Eelai, era un elfo, vissuto da sempre nei boschi, in un villaggio elfico fra le montagne dell'est. La diffidenza iniziale pian piano si sciolse; mia madre fu conquistata dalla dolcezza di mio padre, dalla sua sintonia con la Natura, dal modo in cui la guardava. Mio padre fu colpito dall'allegria di mia madre, dal suo canto, dalla sua leggiadria... e dai bellissimi capelli rossi, un fuoco che ardeva impetuoso come i loro sentimenti. Lasciarono la compagnia nonostante l'ira di Rajak e si unirono superando l'ostilita' di entrambe le razze; così andarono a vivere nel villaggio di mio padre, fra gli elfi. Non furono pochi gli attriti, ma poi Neia conquistò tutti con la sua vitalità. Si dimenticarono delle differenze di razza, e trascorsero degli anni tranquilli. Nacque una prima figlia, Mioh. Mia madre mori' dandomi alla luce, dopo due anni, lasciandomi con mio padre e mia sorella maggiore. Trascorsi la mia infanzia con gli elfi, imparando l'amore e il rispetto per la natura in tutte le sue forme; mio padre ci insegno' a capire gli animali della foresta, a fidarsi di loro e a difendersi da loro, e a distinguere le piante. Un giorno un'epidemia si diffuse nel villaggio, portata da un viaggiatore - un umano - quando ero ancora piccola. Da allora, la gente del villaggio cominciò a guardare in modo strano me e mia sorella. Indifferenza, diffidenza, ostilità. "Gli umani portano morte e sfortuna, non è saggio tenere due mezzo-sangue nel villaggio: la loro razza impura ne minerà la sicurezza." Allora cominciai a capire... ero diversa. "Mezzo-sangue", "razza impura"... non avevo mai capito di essere un mezzelfo. Mio padre ci aveva sempre detto che eravamo speciali, ma non pensavo che... Lui ci protesse sempre con tutte le sue forze: noi eravamo il frutto dell'unione con mia madre, il ricordo di lei. Io specialmente le assomigliavo molto: a differenza di mia sorella, avevo ereditato i suoi splendidi capelli rossi. Forse proprio a causa della mia appariscenza fui mira di pettegolezzi e maldicenze. Ma non mi importava, perché mio padre e mia sorella mi amavano. Fino a quando, un giorno, il villaggio fu assalito da un gruppo di briganti, e molti morirono nel tentare di difenderlo. Sedas fu tra questi. Io e Mioh fuggimmo durante l'attacco, nascondendoci nella foresta per molti giorni, camminando incessantemente verso una luogo piu' sicuro. Ma non c'erano luoghi sicuri per noi, dal sangue impuro: una notte ci avvicinammo ad un accampamento, e spiando da lontano scoprimmo i banditi che avevano distrutto la nostra felicità. Il loro capo era Rajak il mercante, nostro padre ce ne aveva parlato... non aveva mai perdonato ai miei genitori l'aver abbandonato la compagnia prima del termine del Viaggio, rompendo non so qual tacito accordo, ed era venuto per saldare il debito. Noi eravamo quel debito; forse ci avrebbe vendute come schiave nell'ovest. Fuggimmo spaventate, ma incaute fummo subito scoperte. Presero ad inseguirci. Corremmo nel buio, mano nella mano, Mioh ed io... mi sembrava che stesse piangendo, ma ero troppo spaventata per poterle dire alcunché. L'oscurità e le grida degli inseguitori ci nascosero il torrente che si trovava davanti a noi. Mioh si fermò in tempo, ma io scivolai sull'argine limaccioso e caddi nelle acque impetuose. Ricordo solo che Mioh si gettò per salvarmi, poi buio, freddo, dolore... tanto dolore... una freccia mi aveva raggiunto alla spalla. Prima di perdere i sensi riuscii a vedere mia sorella che si avvicinava a fatica alla riva, che mi issava a terra, sotto le fitte fronde di un salice... poi niente. Quella fu l'ultima volta che vidi mia sorella. Mi risvegliai in un villaggio di umani. Un'anziana coppia mi aveva trovata e si era presa cura di me... non so per quanto tempo rimasi svenuta, ma all'inizio non ricordavo niente. Solo buio, freddo, dolore. Li' trascorsi qualche anno, cominciando a ricordare, piano piano. Ritornai sul luogo dov'era il mio villaggio, e trovai solo un cumulo di macerie. Mentre mi aggiravo venni assalita dai ricordi, e in preda alla disperazione mi misi a scavare a mani nude fra i resti della mia casa, che ancora puzzavano di fumo e sangue. Trovai un baule rimasto miracolosamente intatto, ed al suo interno un mantello - appartenuto a mio padre -, una spilla - di mia madre -, e pochi spiccioli. Raccolsi queste poche cose e ritornai nel villaggio di umani. Per giorni non proferii parola. Il vecchio che mi aveva accolto, Nadir, era un alchimista, e con pazienza mi accudì, alleviò le ferite del mio corpo e del mio animo; mi insegnò a mescolare e trattare le erbe, a ricavarne unguenti e medicinali. Sua moglie mi accolse con la dolcezza di una nonna, e per un po' pensai di aver trovato la mia casa. Fu un periodo tranquillo, ma mi accorsi che nemmeno questo luogo poteva accogliere un essere come me. Notavo spesso la gente del villaggio guardarmi con sospetto, se non con paura. Una creatura impura, il cui sangue ibrido attirava diffidenza e dicerie. Né uomo né elfo, cos'ero io? Cosi' decisi di partire, un viaggio per trovare me stessa e le cose da me perse. Sono sempre stata convinta del fatto che mia sorella si fosse salvata, anche se forse per finire schiava del mercante... non importava, doveva essere viva da qualche parte. Cominciai a girovagare senza una meta, in cerca di lei, guadagnandomi da vivere con i mestieri più disparati, di villaggio in villaggio, di Paese in Paese. Un giorno, mentre attraversavo una foresta, trovai una piccola volpe rossa, rimasta imprigionata in una trappola. "Poverina..." pensai "sei ferita solo a causa della tua natura. Ti cacciano per quel che sei." La vidi così simile a me... Così la liberai e mi presi cura di lei, e questa inizio' a seguirmi dappertutto. La presi con me e la chiamai Rage, in ricordo di mia madre e dell'odio che dovevo fuggire. Nel mio viaggiare giunsi ad un porto da dove era in partenza una nave per Avalon. Avalon... mio padre me ne aveva parlato. Aveva conosciuto questa terra durante un viaggio, prima di sposarsi con mia madre. Avalon... Isola libera, ora governata dal saggio re Quarri, era una terra dove le Razze convivevano ormai da molti secoli, ed e' li' che mi sarei diretta. E forse anche Mioh avrebbe fatto lo stesso. Così raccolsi le mie poche cose e salpai per Avalon, la terra delle mele. Terra di felicità e di sogni... così dicevano le voci. Sbarcata nella baia, passai i primi giorni in silenzio, aggirandomi furtiva, con l'unica compagnia di Rage, scrutando con diffidenza gli esseri che incontravo. Ma fui subito sorpresa... incontrai così tanti mezzelfi, proprio come me. Non avevo mai visto altri mezzo-sangue, a parte mia sorella. Ad ogni nuovo incontro, quelle parole di odio risuonavano nella mia testa: "Mezzo-sangue", "razza impura"... Ma non solo non venivo disprezzata, ma ero accolta con calore, con gentilezza non forzata, con abbagliante semplicità. Forse non ero anormale. Non ero uno scherzo della natura... ero una creatura come le altre. Né uomo né elfo, non ero per questo imperfetta. La bellezza di Avalon mi abbagliò... decisi di capire la fonte di tanta luce, di fermarmi qui. Ed è qua che inizia la mia storia... |
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