Le Misericordie: storia, leggenda e tradizione

Il fenomeno rappresentato dalle Misericordie affonda le sue radici nella tradizione sociale e religiosa delle prime forme di partecipazione dei cittadini alla vita della comunità che presero il nome di Confraternite.
E' nel medioevo, tuttavia, che queste forme di partecipazione alla vita sociale assumono una identità più definita.
Se ne hanno notizie già dal sec. X, ed è nel sec. XIII che le troviamo diffuse, ovunque in Europa.
All'interno di questo grandioso fenomeno spontaneo è possibile individuare i contorni di almeno quattro tipologie di associazioni:

In secoli politicamente confusi in cui frequenti erano le occasioni di contesa fra i diversi "poteri" civili e religiosi, le Confraternite si trovarono, spesso, a svolgere un ruolo da protagonista sia sul piano religioso che su quello civile.
Sul fronte religioso, le Confraternite rappresentavano lo sforzo dei laici per ritagliarsi uno spazio fra la gerarchia, i monaci ed il popolo dei fedeli.
Sul fronte civile, le Confraternite rappresentano invece una delle forme attraverso cui si esprime il desiderio di partecipazione alla vita sociale, anche politica, della comunità.
La crescente importanza, anche economica, assunta da alcune Confraternite, unitamente alla loro grande capacità di mobilitazione dei sentimenti popolari, ne farà, a partire dal sec. XIV, l'obbiettivo di ripetuti tentativi volti ad "imbrigliarne" lo sviluppo e l'attività.
Costantemente in bilico fra il sospetto di eresia e di opposizione al potere politico, spesso ricchissime per donazioni e lasciti, le Confraternite diventarono la forma associativa volontaria più diffusa in Europa a partire dal sec XIV.
Con queste radici e su queste premesse prende avvio il fenomeno delle Misericordie.

LA STORIA

Se secondo la tradizione la prima Misericordia, quella di Firenze, risale al 1244, la prima traccia documentale che ne dà testimonianza è del 1321 ed è relativa all'atto di acquisto di una casa di proprietà di Baldinuccio Adimari sita davanti al Battistero.(Bibl. Naz. Firenze - Fondo Magliabechiano)
Ancora del 1321 vi è una nota relativa alla "Messa per la Pace" fra guelfi e ghibellini organizzata congiuntamente dai Capitani della Compagnia della Misericordia e della Compagnia del Bigallo.
Esistono poi alcuni atti e rogiti notarili, datati a partire dal 1330, nei quali la Compagnia della Misericordia risulta beneficiaria di lasciti e donazioni.
Risalgono invece al 1361 quattro registri in cui sono riportati i nomi degli ascritti suddivisi per quartiere (Bib. Naz. Firenze-Fondo Magliabechiano).
In quegli anni la Compagnia è retta da otto Capitani, due per quartiere, scelti in modo tale che sei di questi appartengano alle Arti Maggiori e due alle Minori.
Con la metà del 1300 il Comune, al pari di altri Stati europei, inizia a porre "maggiore attenzione" alle Confraternite con lo scopo, non dichiarato, di gestirne il patrimonio e di indirizzarne la politica sociale.("Piety and Charity in Late Medieval Florence", John Henderson, Oxford University Press 1994)
Questa linea politica venne facilitata dall'atteggiamento dei Capitani delle diverse Compagnie costantemente alla ricerca di "protezione politica" e di "facilitazioni" per i loro sodalizi.
Un esempio significativo è costituito dalla questione dei lasciti.
Le Compagnie erano frequentemente beneficiarie di eredità e lasciti da parte di cittadini facoltosi, ma l'opposizione degli eredi naturali ne rendeva difficoltosa l'acquisizione al proprio patrimonio spingendo i Capitani a chiedere, a più riprese, una legislazione speciale che favorisse i propri sodalizi.
Nel 1363 la Repubblica adotterà un provvedimento che accoglie le richieste dei Capitani, ma che prevede, contemporaneamente, il diritto di prelazione dello Stato, a titolo di prestito, sul valore dei beni ricevuti in eredità dalle Compagnie.
Poco dopo, nel 1366, la Compagnia di Orsammichele, di gran lunga più ricca fra le Compagnie fiorentine del tempo, viene costretta ad accettare la nomina dei propri camarlinghi (amministratori del patrimonio) da parte della della Repubblica.
Il fenomeno è universale: nel 1374 la Fraternita della Misericordia di Arezzo, per motivi analoghi, perde ogni autonomia e, vedendosi imporre i rettori da parte del Comune, diventa un ente pubblico.
La riforma degli Statuti, avvenuta nel 1361, e la buona gestione economica consentono alla Misericordia di Firenze di ritardare gli effetti di questa politica, ma nel 1425 viene costretta a fondersi con la Compagnia del Bigallo e nel 1440 il nuovo sodalizio, originato dalla fusione, si vede imporre come proprio camarlingo quello della Compagnia di Orsanmichele che, come si è visto, già da tempo era di nomina pubblica.
Di fatto verso la metà del XV secolo, a Firenze come nel resto d'Europa, tutte le Compagnie dedite alla beneficenza ed all'intervento sociale finiscono sotto il controllo diretto od indiretto dello Stato che le indirizza e le riorganizza secondo i propri fini di politica sociale.
A Firenze la Misericordia sarà ricostituita come organizzazione autonoma nel 1490, con nuovi Statuti, che ne modificano profondamente il corpo sociale, rendendola sostanzialmente diversa dal vecchio sodalizio, prevedendo un numero di membri ristretto e selezionato laddove in origine vi era la più ampia partecipazione a base popolare.("Ritual Brotherhood in Renaissance Florence", R.F.E. Weissman, New York 1982)
Di fatto, a Firenze come altrove, con il XVI secolo le Compagnie vennero messe in condizioni di esprimersi soltanto nei limiti parrocchiali come "Confraternite Sacramentali" o come esclusive società di assistenza troppo distanti dal popolo per costituirsi esse stesse come soggetto politico autonomo.("Italian Confraternities in the Sixteenth Century", C.F. Black, Cambridge 1989)
Ciò spiega come mai, pur registrandosi un numero elevato di Compagnie e Confraternite, non si siano sviluppati, per secoli, rapporti di reciproco contatto e come, invece, ciascuna di esse abbia continuato a vivere concentrata sulla propria particolare forma di devozione o sul servizio alla propria comunità.
L'unica forma di contatto istituzionale che sembra sopravvivere, in questi secoli, è rappresentata dalle occasioni devozionali e dai Pellegrinaggi Giubilari.
Su questo fronte, a partire dal XVI secolo, le diverse Confraternite cominciarono a stabilire forme di reciproca associazione in modo da "lucrare le indulgenze" di cui erano rispettivamente beneficiarie ("Le più antiche Misericordie", Don Foresto Niccolai, Firenze 1996).
In Toscana, la politica dei Medici, inaugurata nel 1490 con la ricostituzione della Misericordia di Firenze, produce la progressiva trasformazione degli antichi sodalizi in "nuove" Confraternite di Misericordia.
Questo processo verrà bruscamente interrotto il 21 marzo 1785 dal Decreto di soppressione delle Confraternite Laicali emanato da Pietro Leopoldo I di Lorena su ispirazione di Scipione de' Ricci, Vescovo, scismatico e giansenista, di Pistoia.
A partire dal 1790, salito al trono granducale Ferdinando III, le Confraternite vengono autorizzate a riprendere la loro attività seppure in modo condizionato.
Poiché la Misericordia di Firenze, grazie al credito goduto presso il governo granducale, era stata esentata dagli effetti del Decreto dell'85 molte delle Confraternite, ricostituite dopo il 1790, trovarono opportuno procedere alla "Affiliazione" dei loro sodalizi alla Misericordia fiorentina. Al fenomeno dell'Affiliazione reciproca per motivi devozionali, sviluppatosi nei secoli precedenti, si aggiunge, così, nel XIX secolo, il fenomeno della Affiliazione alla Misericordia fiorentina promosso da fini più politici: di fatto, per tutto il XIX secolo, per molte Confraternite la Misericordia di Firenze assume il ruolo di "punto di riferimento" organizzativo.("Le più antiche Misericordie", Don Foresto Niccolai, Firenze 1996).
I moti del 1848 e, successivamente, la proclamazione l'Unità d'Italia modificano il quadro di riferimento politico e la Capitale, ormai trasferitasi a Roma, fa sì che il Governo del Regno guardi con maggiore distacco alle logiche toscane.
Fra le Misericordie politicamente più attente si viene formando così l'idea della necessità di dare vita ad un organismo superiore, rappresentativo delle istanze locali e delle tradizioni dell'intero movimento, a cui demandare la conduzione del dialogo con il Governo centrale (Atti del Congresso di Pistoia) Nel 1899 si riuniscono a Pistoia i rappresentanti di 40 Confraternite e danno vita alla "Federazione" trasformata, poi, in "Confederazione" nel 1947.

LA LEGGENDA

Per tradizione la nascita del movimento delle Misericordie viene fatta coincidere con la data di fondazione della Compagnia della Misericordia di Firenze per opera del frate domenicano Pietro da Verona.
A fianco di questa ricostruzione documentale si è andata però formando, nel corso dei secoli, una diversa tradizione popolare che vuole in un facchino dell'Arte della Lana, tal Piero di Luca Borsi, l'iniziatore della Compagnia della Misericordia.
Piero, figlio di Luca Borsi, secondo la leggenda, era un uomo di età avanzata che lavorava a Firenze come facchino per conto della potente Arte della Lana. Il commercio dei panni di lana era allora molto fiorente e la movimentazione delle merci, affidata ai facchini, era un lavoro intenso e pesante tanto che, non di rado, per alleviare la fatica, veniva fatto ricorso ad abbondanti bevute di vino.
Un gruppo di questi facchini, fra cui il nostro Piero, aveva l'abitudine, fra un viaggio e l'altro, di rinfrancarsi presso la Buca degli Adimari, una mescita di vino nei pressi della Cattedrale.
Le discussioni fra colleghi erano inevitabili e frequenti. Forse per la stanchezza, forse per il vino, certamente per ignoranza, i compagni di Piero si lasciavano andare, spesso e volentieri, alla bestemmia del nome di Dio. Piero che era uomo molto devoto, rimproverava questo comportamento dei compagni senza però ottenere alcun risultato.
Ebbe l'idea, allora, di proporre ai compagni di istituire il pagamento di una multa ogniqualvolta uno di essi bestemmiasse il nome di Dio.
La proposta venne accettata, ma, evidentemente, la quantità delle bestemmie non diminuì tant'è che, dopo qualche tempo, la somma, costituita dal versamento delle multe, raggiunse una cifra considerevole.
Piero, allora, pensò che se non riusciva a far smettere di bestemmiare i compagni, poteva almeno fare in modo che la somma, frutto delle multe per quelle bestemmie, venisse impiegata come pietosa ammenda per la loro pronuncia.
Propose, quindi, ai compagni di comprare, con quei soldi, sei ceste da portare a spalla, dette zane, con le quali andare a raccogliere i malati della città accompagnandoli agli ospizi dove sarebbero stati curati. I compagni accettarono e stabilirono un compenso per ciascuno dei viaggi che avrebbero effettuato. Così, secondo il sentimento popolare, ebbe inizio la Compagnia della Misericordia. La prima versione scritta di questa leggenda si rintraccia nella "Storia della Compagnia della Misericordia" scritta da Placido Landini nel 1779 sulla base di documenti precedenti.

Contro questa ricostruzione leggendaria e popolare si è levata, a più riprese ed in modo circostanziato, la critica di alcuni storici che, soprattutto dal finire del 1800, ne hanno messo in luce le incongruenze e la irreperibilità dello scritto "in gotico", citato da Placido Landini, accreditando, invece, la figura di Pietro da Verona, quale fondatore, che, certamente, è più consona all'immagine della Pia Istituzione rispetto a quella dei bestemmiatori. Nonostante ciò la Leggenda Popolare di Piero di Luca Borsi continua a riscuotere un immutato successo fra i Fratelli delle numerose Misericordie che da allora si sono diffuse in tutta l'Italia e nel mondo: vale la pena di domandarsene il motivo.
E' innegabile che le Misericordie, nonostante la Santità della loro ispirazione e degli obbiettivi che si pongono, raccolgono fra i loro iscritti uomini comuni, con il loro carico di debolezze e di errori, ed è comprensibile che la morale, che fa da sfondo alla Leggenda, parli al loro cuore con maggiore efficacia di quanto non possa fare l'indiscutibile esempio del Santo veronese.
Ma a ben guardare, la antica Leggenda popolare appare, sorprendentemente, moderna e ricca di indicazioni e spunti di riflessione, quasi si trattasse di un Manifesto del Movimento.
Che dire dei facchini che istituiscono volontariamente la sanzione per i propri errori ed il servizio al prossimo come ammenda? Non sono simili a quei Fratelli che cercano nel servizio il rimedio ai propri peccati?
Che dire dello stesso Piero che cerca di correggere i colleghi volgendo le loro energie al bene? Non è l'atteggiamento richiesto ai responsabili delle Misericordie?
La tradizione popolare (ma è, qui, forse il caso di parlare di "Saggezza"), sembra aver disegnato, inconsciamente, attraverso la metafora della Leggenda, il profilo di cosa voglia dire partecipare all'esperienza delle Misericordie.E' per questo motivo, forse, che la Leggenda vive, nonostante tutto e nonostante tutti.
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LA TRADIZIONE

Secondo la tradizione la prima Misericordia, quella di Firenze, venne fondata nel 1244 dal frate domenicano Pietro da Verona, poi divenuto Santo con il titolo di "Pietro Martire".
Siamo negli anni in cui il confronto fra la Chiesa e l'Impero si fa più aspro.
Il Papa esige obbedienza perchè l'Imperatore è tale per "volontà divina" e la sua autorità è legittimata dal Trono di Pietro che ne è la manifestazione terrena.
L'Imperatore, rappresentando il vertice del sistema feudale, pretende invece di intervenire negli affari interni della Chiesa che è ormai diventata una componente importante nella amministrazione di vaste aree dell'Impero.
Il conflitto, protrattosi, con varia intensità, per oltre due secoli, riesplode violento, nei primi decenni del XIII secolo allorquando Federico II di Hohenstauffen, incoronato Imperatore nel 1220 in San Pietro dal Papa Onorio III, intende restaurare l'autorità imperiale.
In un crescendo di polemiche nel 1239 Federico II esorta i Cardinali a disobbedire al Papa Gregorio IX, insediato nel 1227, accusato di interferire per ragioni personali negli affari interni dell'impero: la risposta del Papa è la scomunica per l'Imperatore ed i suoi seguaci accusati, a loro volta, di non volersi piegare al volere apostolico.
Federico II reagisce tentando la presa di Roma nel 1240.
Nel 1241 una flotta armata dai pisani, fedeli a Federico II, attacca al largo della Meloria le navi genovesi che recano i prelati convocati a Roma dal Papa per il Concilio fissato per la Pasqua di quell'anno.
Federico II accompagna le azioni militari ad una politica che mira ad indebolire l'autorità della Chiesa Romana sostenendo tutti coloro che mostrano di esserne insofferenti.
Per questa ragione, nonostante le durissime leggi contro l'eresia da lui stesso emanate, favorisce e protegge, di fatto, i seguaci della eresia "patarina" particolarmente attiva in alcune zone dell'Impero.
Il conflitto diventa totale e si combatte tanto sul terreno degli ordinamenti civili e delle autonomie comunali, quanto su quello dei principi religiosi e della osservanza ai precetti di fede.

Pietro da Verona giunge a Firenze sul finire del 1244, sotto il pontificato di Innocenzo IV.
La sua presenza a Firenze è richiesta dallo stesso Inquisitore della città, il domenicano Ruggero Calcagni, che non riesce ad ottenere dal Podestà, di fede ghibellina e di simpatie patarine, l'applicazione dei provvedimenti contro l'eresia emanati dallo stesso Imperatore.
Nello stesso anno, sull'esempio di quanto aveva già fatto a Milano nel 1232, costituisce la "Società della Fede" organizzando i fedeli su base territoriale, come veri e propri "Miles Fidei" posti sotto il comando di dodici Capitani.
Questa intensa attività di Fra Pietro, che rafforzava la posizione della Chiesa cittadina, non poteva passare inosservata al Podestà imperiale facendo precipitare gli eventi.

Nel giorno di S.Bartolomeo un gruppo di uomini armati, fiancheggiatori del Podestà e di fede patarina, attacca i fedeli, riuniti nella cattedrale di Santa Reparata per ascoltare Fra Pietro, provocando grande spargimento di sangue.
Poco dopo, in due nuovi attacchi, al Trebbio ed a Santa Felicita, i patarini vengono respinti, armi in pugno, dai "Miles Fidei" ed il gruppo dei ghibellini eretici è costretto ad abbandonare la città.
Fra Pietro da Verona lascia Firenze, ritenuta ormai monda, verso la fine del 1245.
La "Società della Fede", da lui creata, perde la sua funzione e sciogliendosi da vita a tre Compagnie: la Compagnia della Vergine poi detta di San Pier Martire, la Compagnia del Bigallo e la Compagnia della Misericordia.
Fra Pietro verrà ucciso, nei pressi di Seveso, da eretici patarini nel 1252. Viene dichiarato Santo nel 1253.
Questa ricostruzione dei fatti che, secondo la tradizione, dettero vita alla prima Misericordia purtroppo non dispone dei documenti originari, perduti, sembra, a causa della rovinosa alluvione del 1557, ricevendo una conferma postuma soltanto dai documenti amministrativi del secolo successivo.("Documenti inediti o poco noti per la storia della Misericordia di Firenze", Ugo Morini, 1940)

L'assenza degli Atti di Fondazione o di una specifica storiografia dell'epoca non consente, oggi, di stabilire con certezza la data di nascita della Compagnia soprattutto alla luce del fatto che tale mancanza di documenti sembra accomunare tutte le quattro Istituzioni cittadine che si ritengono fondate dal Santo.
Una di queste, l'Ordine dei Servi di Maria, approfondendo le proprie origini, suggerisce interessanti spunti per nuove indagini. ("Alle Origini dei Servi - Atti della Settimana di Spiritualità"t;, Montesenario 1979).
Secondo questi studi i Servi di Maria e la Compagnia del Bigallo avrebbero origine comune dai Laudesi di S.Reparata, già attivi nel 1230 ("Legenda de Originis", Fra Pietro da Todi dell'Ordine dei Servi di Maria, 1317).Seguendo questa traccia la figura di fra Pietro assumerebbe un ruolo diverso nella storia delle Compagnie.
Nelle vesti di "Coadiutore dell'Inquisitore", ha il compito di verificare (inquisire) la fedeltà alla dottrina della Chiesa dei fedeli e delle loro associazioni che, all'epoca, avevano perlopiù carattere informale.
Fra Pietro comprende bene le potenzialità offerte dall'associazionismo spontaneo dei fedeli, ma l'informalità, l'assenza di Statuti redatti in conformità ai principi stabiliti della Chiesa, espone al rischio di eresia queste forme di aggregazione, tantopiù che il IV Concilio Lateranense del 1215, voluto da Papa Innocenzo III per contrastare l'eresia patarina, aveva fissato limiti precisi all'associazionismo laico. Come Coaudiutore suggerisce, quindi, a queste associazioni spontanee di adottare Statuti ed Ordinamenti più consoni. Nel caso dell'Ordine dei Servi di Maria, costituitosi informalmente nel 1233, ciò avviene certamente nel 1244 ("Legenda de Originis", Fra Pietro da Todi dell'Ordine dei Servi di Maria, 1317) aprendo l'ipotesi di una anloga vicenda per le altre Compagnie che affermano di essere state fondate nello stesso anno ricevendo gli Statuti da San Pietro Martire. Perfino l'assenza della documentazione originaria troverebbe una qualche spiegazione alla luce di quanto avvenuto nell'Ordine dei Servi di Maria. In questo caso pare che i più antichi documenti relativi ai Servi siano stati metodicamente distrutti od occultati dallo stesso Ordine per sfuggire ai rigori dei canoni fissati nel 1215 dal IV Concilio Lateranense e nel 1274 dal II Concilio Lionese.("I Frati Servi di Santa Maria dalle origini alla approvazione", F.A. Dal Pino, Louvan 1972)
Altrettanto, per motivi anche diversi, potrebbe essere avvenuto nelle Compagnie se è vero che il primo documento conosciuto in cui si cita la Misericordia risale al 1321 ed attesta che, in quel momento, la Compagnia dispone dei capitali necessari per l'acquisto di una casa davanti al Battistero.
Come si è formato quel capitale? Chi aveva amministrato la Compagnia? Come mai, oltre ai documenti interni andati perduti nella alluvione 1557, non esistono altri atti negli archivi civili del Comune che attestino, se non altro, l'attività economica della Compagnia?
Sono interrogativi a cui sarà possibile rispondere solo con la scoperta di nuovi documenti, ma che lasciano intatta l'importanza del ruolo tradizionalmente attribuito a San Pietro Martire che, qualora risultasse non esserne il fondatore, è certamente colui che ha dato alla prima Misericordia la solidità dell'istituzione.