Il
fenomeno rappresentato dalle Misericordie affonda le sue radici nella tradizione
sociale e religiosa delle prime forme di partecipazione dei cittadini alla vita
della comunità che presero il nome di Confraternite.
E' nel medioevo, tuttavia, che queste forme di partecipazione alla vita sociale
assumono una identità più definita.
Se ne hanno notizie già dal sec. X, ed è nel sec. XIII che le troviamo
diffuse, ovunque in Europa.
All'interno di questo grandioso fenomeno spontaneo è possibile individuare i
contorni di almeno quattro tipologie di associazioni:
le Confraternite di Devozione (Compagnie dei Laudesi, ecc.) che raccolgono tutti coloro che sono attratti da una stessa forma di pietà (ad esempio il culto all'eucarestia o al rosario) e che consentono una partecipazione più diretta dei laici alla liturgia;
le Confraternite dei Penitenti (Compagnia dei Disciplinati, i Flagellanti, ecc.) che pongono l'accento sul rigore di comportamento richiesto agli adepti e sulla necessità del pentimento e della penitenza;
le Confraternite di Mestiere (Le c.d. Arti, ecc.) che uniscono attorno al culto del santo patrono i membri di una stessa professione prestando agli associati i servizi di "mutuo soccorso" ed offrendo una base di rappresentanza per la categoria.
infine, talvolta nate in modo autonomo, altre volte frutto della evoluzione di altre associazioni, le Confraternite di Beneficenza (le Misericordie in Toscana, in Spagna e Portogallo, le Scholae veneziane, le Confraternite dello Spirito Santo della regione del Rodano, le Carità della Normandia, le Confraternite di Siviglia, quelle Teutoniche, ecc.) che, nella pratica della carità, si distinguono offrendo specifici servizi di assistenza, gestendo ospedali, curando la sepoltura dei morti, ecc.
In
secoli politicamente confusi in cui frequenti erano le occasioni di contesa fra
i diversi "poteri" civili e religiosi, le Confraternite si trovarono,
spesso, a svolgere un ruolo da protagonista sia sul piano religioso che su
quello civile.
Sul fronte religioso, le Confraternite rappresentavano lo sforzo dei laici per
ritagliarsi uno spazio fra la gerarchia, i monaci ed il popolo dei fedeli.
Sul fronte civile, le Confraternite rappresentano invece una delle forme
attraverso cui si esprime il desiderio di partecipazione alla vita sociale,
anche politica, della comunità.
La crescente importanza, anche economica, assunta da alcune Confraternite,
unitamente alla loro grande capacità di mobilitazione dei sentimenti popolari,
ne farà, a partire dal sec. XIV, l'obbiettivo di ripetuti tentativi volti ad
"imbrigliarne" lo sviluppo e l'attività.
Costantemente in bilico fra il sospetto di eresia e di opposizione al potere
politico, spesso ricchissime per donazioni e lasciti, le Confraternite
diventarono la forma associativa volontaria più diffusa in Europa a partire dal
sec XIV.
Con queste radici e su queste premesse prende avvio il fenomeno delle
Misericordie.
Se
secondo la tradizione la prima Misericordia, quella di Firenze, risale al 1244,
la prima traccia documentale che ne dà testimonianza è del 1321 ed è relativa
all'atto di acquisto di una casa di proprietà di Baldinuccio Adimari sita
davanti al Battistero.(Bibl. Naz. Firenze - Fondo Magliabechiano)
Ancora del 1321 vi è una nota relativa alla "Messa per la Pace" fra
guelfi e ghibellini organizzata congiuntamente dai Capitani della Compagnia
della Misericordia e della Compagnia del Bigallo.
Esistono poi alcuni atti e rogiti notarili, datati a partire dal 1330, nei quali
la Compagnia della Misericordia risulta beneficiaria di lasciti e donazioni.
Risalgono invece al 1361 quattro registri in cui sono riportati i nomi degli
ascritti suddivisi per quartiere (Bib. Naz. Firenze-Fondo Magliabechiano).
In quegli anni la Compagnia è retta da otto Capitani, due per quartiere, scelti
in modo tale che sei di questi appartengano alle Arti Maggiori e due alle Minori.
Con la metà del 1300 il Comune, al pari di altri Stati europei, inizia a porre
"maggiore attenzione" alle Confraternite con lo scopo, non dichiarato,
di gestirne il patrimonio e di indirizzarne la politica sociale.("Piety and
Charity in Late Medieval Florence", John Henderson, Oxford University Press
1994)
Questa linea politica venne facilitata dall'atteggiamento dei Capitani delle
diverse Compagnie costantemente alla ricerca di "protezione politica"
e di "facilitazioni" per i loro sodalizi.
Un esempio significativo è costituito dalla questione dei lasciti.
Le Compagnie erano frequentemente beneficiarie di eredità e lasciti da parte di
cittadini facoltosi, ma l'opposizione degli eredi naturali ne rendeva
difficoltosa l'acquisizione al proprio patrimonio spingendo i Capitani a
chiedere, a più riprese, una legislazione speciale che favorisse i propri
sodalizi.
Nel 1363 la Repubblica adotterà un provvedimento che accoglie le richieste dei
Capitani, ma che prevede, contemporaneamente, il diritto di prelazione dello
Stato, a titolo di prestito, sul valore dei beni ricevuti in eredità dalle
Compagnie.
Poco dopo, nel 1366, la Compagnia di Orsammichele, di gran lunga più ricca fra
le Compagnie fiorentine del tempo, viene costretta ad accettare la nomina dei
propri camarlinghi (amministratori del patrimonio) da parte della della
Repubblica.
Il fenomeno è universale: nel 1374 la Fraternita della Misericordia di Arezzo,
per motivi analoghi, perde ogni autonomia e, vedendosi imporre i rettori da
parte del Comune, diventa un ente pubblico.
La riforma degli Statuti, avvenuta nel 1361, e la buona gestione economica
consentono alla Misericordia di Firenze di ritardare gli effetti di questa
politica, ma nel 1425 viene costretta a fondersi con la Compagnia del Bigallo e
nel 1440 il nuovo sodalizio, originato dalla fusione, si vede imporre come
proprio camarlingo quello della Compagnia di Orsanmichele che, come si è visto,
già da tempo era di nomina pubblica.
Di fatto verso la metà del XV secolo, a Firenze come nel resto d'Europa, tutte
le Compagnie dedite alla beneficenza ed all'intervento sociale finiscono sotto
il controllo diretto od indiretto dello Stato che le indirizza e le riorganizza
secondo i propri fini di politica sociale.
A Firenze la Misericordia sarà ricostituita come organizzazione autonoma nel
1490, con nuovi Statuti, che ne modificano profondamente il corpo sociale,
rendendola sostanzialmente diversa dal vecchio sodalizio, prevedendo un numero
di membri ristretto e selezionato laddove in origine vi era la più ampia
partecipazione a base popolare.("Ritual Brotherhood in Renaissance
Florence", R.F.E. Weissman, New York 1982)
Di fatto, a Firenze come altrove, con il XVI secolo le Compagnie vennero messe
in condizioni di esprimersi soltanto nei limiti parrocchiali come "Confraternite
Sacramentali" o come esclusive società di assistenza troppo distanti dal
popolo per costituirsi esse stesse come soggetto politico
autonomo.("Italian Confraternities in the Sixteenth Century", C.F.
Black, Cambridge 1989)
Ciò spiega come mai, pur registrandosi un numero elevato di Compagnie e
Confraternite, non si siano sviluppati, per secoli, rapporti di reciproco
contatto e come, invece, ciascuna di esse abbia continuato a vivere concentrata
sulla propria particolare forma di devozione o sul servizio alla propria comunità.
L'unica forma di contatto istituzionale che sembra sopravvivere, in questi
secoli, è rappresentata dalle occasioni devozionali e dai Pellegrinaggi
Giubilari.
Su questo fronte, a partire dal XVI secolo, le diverse Confraternite
cominciarono a stabilire forme di reciproca associazione in modo da "lucrare
le indulgenze" di cui erano rispettivamente beneficiarie ("Le più
antiche Misericordie", Don Foresto Niccolai, Firenze 1996).
In Toscana, la politica dei Medici, inaugurata nel 1490 con la ricostituzione
della Misericordia di Firenze, produce la progressiva trasformazione degli
antichi sodalizi in "nuove" Confraternite di Misericordia.
Questo processo verrà bruscamente interrotto il 21 marzo 1785 dal Decreto di
soppressione delle Confraternite Laicali emanato da Pietro Leopoldo I di Lorena
su ispirazione di Scipione de' Ricci, Vescovo, scismatico e giansenista, di
Pistoia.
A partire dal 1790, salito al trono granducale Ferdinando III, le Confraternite
vengono autorizzate a riprendere la loro attività seppure in modo condizionato.
Poiché la Misericordia di Firenze, grazie al credito goduto presso il governo
granducale, era stata esentata dagli effetti del Decreto dell'85 molte delle
Confraternite, ricostituite dopo il 1790, trovarono opportuno procedere alla
"Affiliazione" dei loro sodalizi alla Misericordia fiorentina. Al
fenomeno dell'Affiliazione reciproca per motivi devozionali, sviluppatosi nei
secoli precedenti, si aggiunge, così, nel XIX secolo, il fenomeno della
Affiliazione alla Misericordia fiorentina promosso da fini più politici: di
fatto, per tutto il XIX secolo, per molte Confraternite la Misericordia di
Firenze assume il ruolo di "punto di riferimento"
organizzativo.("Le più antiche Misericordie", Don Foresto Niccolai,
Firenze 1996).
I moti del 1848 e, successivamente, la proclamazione l'Unità d'Italia
modificano il quadro di riferimento politico e la Capitale, ormai trasferitasi a
Roma, fa sì che il Governo del Regno guardi con maggiore distacco alle logiche
toscane.
Fra le Misericordie politicamente più attente si viene formando così l'idea
della necessità di dare vita ad un organismo superiore, rappresentativo delle
istanze locali e delle tradizioni dell'intero movimento, a cui demandare la
conduzione del dialogo con il Governo centrale (Atti del Congresso di Pistoia)
Nel 1899 si riuniscono a Pistoia i rappresentanti di 40 Confraternite e danno
vita alla "Federazione" trasformata, poi, in "Confederazione"
nel 1947.
Per
tradizione la nascita del movimento delle Misericordie viene fatta coincidere
con la data di fondazione della Compagnia della Misericordia di Firenze per
opera del frate domenicano Pietro da Verona.
A fianco di questa ricostruzione documentale si è andata però formando, nel
corso dei secoli, una diversa tradizione popolare che vuole in un facchino
dell'Arte della Lana, tal Piero di Luca Borsi, l'iniziatore della Compagnia
della Misericordia.
Piero, figlio di Luca Borsi, secondo la leggenda, era un uomo di età avanzata
che lavorava a Firenze come facchino per conto della potente Arte della Lana. Il
commercio dei panni di lana era allora molto fiorente e la movimentazione delle
merci, affidata ai facchini, era un lavoro intenso e pesante tanto che, non di
rado, per alleviare la fatica, veniva fatto ricorso ad abbondanti bevute di vino.
Un gruppo di questi facchini, fra cui il nostro Piero, aveva l'abitudine, fra un
viaggio e l'altro, di rinfrancarsi presso la Buca degli Adimari, una mescita di
vino nei pressi della Cattedrale.
Le discussioni fra colleghi erano inevitabili e frequenti. Forse per la
stanchezza, forse per il vino, certamente per ignoranza, i compagni di Piero si
lasciavano andare, spesso e volentieri, alla bestemmia del nome di Dio. Piero
che era uomo molto devoto, rimproverava questo comportamento dei compagni senza
però ottenere alcun risultato.
Ebbe l'idea, allora, di proporre ai compagni di istituire il pagamento di una
multa ogniqualvolta uno di essi bestemmiasse il nome di Dio.
La proposta venne accettata, ma, evidentemente, la quantità delle bestemmie non
diminuì tant'è che, dopo qualche tempo, la somma, costituita dal versamento
delle multe, raggiunse una cifra considerevole.
Piero, allora, pensò che se non riusciva a far smettere di bestemmiare i
compagni, poteva almeno fare in modo che la somma, frutto delle multe per quelle
bestemmie, venisse impiegata come pietosa ammenda per la loro pronuncia.
Propose, quindi, ai compagni di comprare, con quei soldi, sei ceste da portare a
spalla, dette zane, con le quali andare a raccogliere i malati della città
accompagnandoli agli ospizi dove sarebbero stati curati. I compagni accettarono
e stabilirono un compenso per ciascuno dei viaggi che avrebbero effettuato. Così,
secondo il sentimento popolare, ebbe inizio la Compagnia della Misericordia. La
prima versione scritta di questa leggenda si rintraccia nella "Storia della
Compagnia della Misericordia" scritta da Placido Landini nel 1779 sulla
base di documenti precedenti.
Contro questa ricostruzione leggendaria e popolare si è levata, a più riprese
ed in modo circostanziato, la critica di alcuni storici che, soprattutto dal
finire del 1800, ne hanno messo in luce le incongruenze e la irreperibilità
dello scritto "in gotico", citato da Placido Landini, accreditando,
invece, la figura di Pietro da Verona, quale fondatore, che, certamente, è più
consona all'immagine della Pia Istituzione rispetto a quella dei bestemmiatori.
Nonostante ciò la Leggenda Popolare di Piero di Luca Borsi continua a
riscuotere un immutato successo fra i Fratelli delle numerose Misericordie che
da allora si sono diffuse in tutta l'Italia e nel mondo: vale la pena di
domandarsene il motivo.
E' innegabile che le Misericordie, nonostante la Santità della loro ispirazione
e degli obbiettivi che si pongono, raccolgono fra i loro iscritti uomini comuni,
con il loro carico di debolezze e di errori, ed è comprensibile che la morale,
che fa da sfondo alla Leggenda, parli al loro cuore con maggiore efficacia di
quanto non possa fare l'indiscutibile esempio del Santo veronese.
Ma a ben guardare, la antica Leggenda popolare appare, sorprendentemente,
moderna e ricca di indicazioni e spunti di riflessione, quasi si trattasse di un
Manifesto del Movimento.
Che dire dei facchini che istituiscono volontariamente la sanzione per i propri
errori ed il servizio al prossimo come ammenda? Non sono simili a quei Fratelli
che cercano nel servizio il rimedio ai propri peccati?
Che dire dello stesso Piero che cerca di correggere i colleghi volgendo le loro
energie al bene? Non è l'atteggiamento richiesto ai responsabili delle
Misericordie?
La tradizione popolare (ma è, qui, forse il caso di parlare di "Saggezza"),
sembra aver disegnato, inconsciamente, attraverso la metafora della Leggenda, il
profilo di cosa voglia dire partecipare all'esperienza delle Misericordie.E' per
questo motivo, forse, che la Leggenda vive, nonostante tutto e nonostante tutti.
WEB Master:
LA TRADIZIONE
Secondo la tradizione la prima Misericordia, quella di Firenze, venne fondata
nel 1244 dal frate domenicano Pietro da Verona, poi divenuto Santo con il titolo
di "Pietro Martire".
Siamo negli anni in cui il confronto fra la Chiesa e l'Impero si fa più aspro.
Il Papa esige obbedienza perchè l'Imperatore è tale per "volontà divina"
e la sua autorità è legittimata dal Trono di Pietro che ne è la
manifestazione terrena.
L'Imperatore, rappresentando il vertice del sistema feudale, pretende invece di
intervenire negli affari interni della Chiesa che è ormai diventata una
componente importante nella amministrazione di vaste aree dell'Impero.
Il conflitto, protrattosi, con varia intensità, per oltre due secoli, riesplode
violento, nei primi decenni del XIII secolo allorquando Federico II di
Hohenstauffen, incoronato Imperatore nel 1220 in San Pietro dal Papa Onorio III,
intende restaurare l'autorità imperiale.
In un crescendo di polemiche nel 1239 Federico II esorta i Cardinali a
disobbedire al Papa Gregorio IX, insediato nel 1227, accusato di interferire per
ragioni personali negli affari interni dell'impero: la risposta del Papa è la
scomunica per l'Imperatore ed i suoi seguaci accusati, a loro volta, di non
volersi piegare al volere apostolico.
Federico II reagisce tentando la presa di Roma nel 1240.
Nel 1241 una flotta armata dai pisani, fedeli a Federico II, attacca al largo
della Meloria le navi genovesi che recano i prelati convocati a Roma dal Papa
per il Concilio fissato per la Pasqua di quell'anno.
Federico II accompagna le azioni militari ad una politica che mira ad indebolire
l'autorità della Chiesa Romana sostenendo tutti coloro che mostrano di esserne
insofferenti.
Per questa ragione, nonostante le durissime leggi contro l'eresia da lui stesso
emanate, favorisce e protegge, di fatto, i seguaci della eresia "patarina"
particolarmente attiva in alcune zone dell'Impero.
Il conflitto diventa totale e si combatte tanto sul terreno degli ordinamenti
civili e delle autonomie comunali, quanto su quello dei principi religiosi e
della osservanza ai precetti di fede.
Pietro da Verona giunge a Firenze sul finire del 1244, sotto il pontificato di
Innocenzo IV.
La sua presenza a Firenze è richiesta dallo stesso Inquisitore della città, il
domenicano Ruggero Calcagni, che non riesce ad ottenere dal Podestà, di fede
ghibellina e di simpatie patarine, l'applicazione dei provvedimenti contro
l'eresia emanati dallo stesso Imperatore.
Nello stesso anno, sull'esempio di quanto aveva già fatto a Milano nel 1232,
costituisce la "Società della Fede" organizzando i fedeli su base
territoriale, come veri e propri "Miles Fidei" posti sotto il comando
di dodici Capitani.
Questa intensa attività di Fra Pietro, che rafforzava la posizione della Chiesa
cittadina, non poteva passare inosservata al Podestà imperiale facendo
precipitare gli eventi.
Nel giorno di S.Bartolomeo un gruppo di uomini armati, fiancheggiatori del
Podestà e di fede patarina, attacca i fedeli, riuniti nella cattedrale di Santa
Reparata per ascoltare Fra Pietro, provocando grande spargimento di sangue.
Poco dopo, in due nuovi attacchi, al Trebbio ed a Santa Felicita, i patarini
vengono respinti, armi in pugno, dai "Miles Fidei" ed il gruppo dei
ghibellini eretici è costretto ad abbandonare la città.
Fra Pietro da Verona lascia Firenze, ritenuta ormai monda, verso la fine del
1245.
La "Società della Fede", da lui creata, perde la sua funzione e
sciogliendosi da vita a tre Compagnie: la Compagnia della Vergine poi detta di
San Pier Martire, la Compagnia del Bigallo e la Compagnia della Misericordia.
Fra Pietro verrà ucciso, nei pressi di Seveso, da eretici patarini nel 1252.
Viene dichiarato Santo nel 1253.
Questa ricostruzione dei fatti che, secondo la tradizione, dettero vita alla
prima Misericordia purtroppo non dispone dei documenti originari, perduti,
sembra, a causa della rovinosa alluvione del 1557, ricevendo una conferma
postuma soltanto dai documenti amministrativi del secolo
successivo.("Documenti inediti o poco noti per la storia della Misericordia
di Firenze", Ugo Morini, 1940)
L'assenza degli Atti di Fondazione o di una specifica storiografia dell'epoca
non consente, oggi, di stabilire con certezza la data di nascita della Compagnia
soprattutto alla luce del fatto che tale mancanza di documenti sembra accomunare
tutte le quattro Istituzioni cittadine che si ritengono fondate dal Santo.
Una di queste, l'Ordine dei Servi di Maria, approfondendo le proprie origini,
suggerisce interessanti spunti per nuove indagini. ("Alle Origini dei Servi
- Atti della Settimana di Spiritualità"t;, Montesenario 1979).
Secondo questi studi i Servi di Maria e la Compagnia del Bigallo avrebbero
origine comune dai Laudesi di S.Reparata, già attivi nel 1230 ("Legenda de
Originis", Fra Pietro da Todi dell'Ordine dei Servi di Maria,
1317).Seguendo questa traccia la figura di fra Pietro assumerebbe un ruolo
diverso nella storia delle Compagnie.
Nelle vesti di "Coadiutore dell'Inquisitore", ha il compito di
verificare (inquisire) la fedeltà alla dottrina della Chiesa dei fedeli e delle
loro associazioni che, all'epoca, avevano perlopiù carattere informale.
Fra Pietro comprende bene le potenzialità offerte dall'associazionismo
spontaneo dei fedeli, ma l'informalità, l'assenza di Statuti redatti in
conformità ai principi stabiliti della Chiesa, espone al rischio di eresia
queste forme di aggregazione, tantopiù che il IV Concilio Lateranense del 1215,
voluto da Papa Innocenzo III per contrastare l'eresia patarina, aveva fissato
limiti precisi all'associazionismo laico. Come Coaudiutore suggerisce, quindi, a
queste associazioni spontanee di adottare Statuti ed Ordinamenti più consoni.
Nel caso dell'Ordine dei Servi di Maria, costituitosi informalmente nel 1233, ciò
avviene certamente nel 1244 ("Legenda de Originis", Fra Pietro da Todi
dell'Ordine dei Servi di Maria, 1317) aprendo l'ipotesi di una anloga vicenda
per le altre Compagnie che affermano di essere state fondate nello stesso anno
ricevendo gli Statuti da San Pietro Martire. Perfino l'assenza della
documentazione originaria troverebbe una qualche spiegazione alla luce di quanto
avvenuto nell'Ordine dei Servi di Maria. In questo caso pare che i più antichi
documenti relativi ai Servi siano stati metodicamente distrutti od occultati
dallo stesso Ordine per sfuggire ai rigori dei canoni fissati nel 1215 dal IV
Concilio Lateranense e nel 1274 dal II Concilio Lionese.("I Frati Servi di
Santa Maria dalle origini alla approvazione", F.A. Dal Pino, Louvan 1972)
Altrettanto, per motivi anche diversi, potrebbe essere avvenuto nelle Compagnie
se è vero che il primo documento conosciuto in cui si cita la Misericordia
risale al 1321 ed attesta che, in quel momento, la Compagnia dispone dei
capitali necessari per l'acquisto di una casa davanti al Battistero.
Come si è formato quel capitale? Chi aveva amministrato la Compagnia? Come mai,
oltre ai documenti interni andati perduti nella alluvione 1557, non esistono
altri atti negli archivi civili del Comune che attestino, se non altro,
l'attività economica della Compagnia?
Sono interrogativi a cui sarà possibile rispondere solo con la scoperta di
nuovi documenti, ma che lasciano intatta l'importanza del ruolo tradizionalmente
attribuito a San Pietro Martire che, qualora risultasse non esserne il fondatore,
è certamente colui che ha dato alla prima Misericordia la solidità
dell'istituzione.