Nato a Rivoli il 12 gennaio 1562 da
Emanuele Filiberto e Margherita di
Savoia.
Allevato dalla madre, che colmava la mancanza d’affetto dimostrata dal
marito con un attaccamento morboso al figlio, ebbe un’educazione molto
accurata.
(Ho trovato il soprannome “Il Grande” sull’enciclopedia
britannica ma non conosco il motivo del soprannome… Forse per lo
sfarzo che portò nella sua capitale e per la grandiosità delle feste?)
Sposò nel 1585 la figlia di Filippo II di Spagna, Caterina d'Asburgo.
Piccola, bruttina, col viso butterato dal Vaiolo.
Ebbe 21 figli, di cui 11 naturali e 10 legittimi:
Filippo Emanuele, morto a 18 anni, Vittorio
Amedeo I, suo successore,
Filiberto, abate di San Michele della Chiusa, priore d’Oneglia
e vice -re di Sicilia, Margherita, che sposò un Gonzaga, Isabella,
moglie di Alfonso III di Modena Este, "il cardinale" Maurizio,
che sposò sua nipote Luisa, Maria e Francesca Caterina
, terziarie francescane, Tommaso,
capostipite dei Savoia Carignano, e Giovanna, nata morta.
Carlo Emanuele imitò lo sfarzo e l’etichetta della corte di Spagna.
Ambizioso, intelligente, amico delle arti e delle lettere, grintoso ma
non molto coerente e prudente, riuscì inizialmente ad estendere il
predominio sul Piemonte (1588 marchesato di Saluzzo), ma perse una parte
dei possedimenti d'oltralpe.
Sotto di lui iniziò una nuova fase di declino del ducato.
Nel 1589 il naviglio ducale e quello dell'ordine Mauriziano
parteciparono alla battaglia di Lepanto, contro i Turchi.
Reclamò il Trono di Francia proclamandosi erede di Francesco I. Non vi
riuscì e fu assalito sulla via del ritorno, nel 1591, mentre i Ginevrini
depredavano il Chiablese.
Ma il Duca tornò nei suoi Stati, dove fece prigioniero il maresciallo
Crequi.
Nel 1600 fu poi coinvolto con esito negativo nelle guerre del
Monferrato, che era alleato coi francesi.
Col trattato di Lione del 17 gennaio 1601 perdette la Bresse, il Bugey,
la Valromey e il paese di Gex ma conservò Saluzzo.
Il risultato fu la crisi, politica, demografica ed economica, aggravata
da altre guerre.
Contro
Genova.
Nel 1614 si impadronì con la forza del feudo di Zuccarello, sulla via
per il mare, ma fu costretto a venderlo a Genova dopo un paio d'anni.
Dopo qualche anno, nel 1625 Carlo Emanuele tentò tramite, una complicata
rete di alleanze, di prendere Genova: l'impresa fallì specialmente
perché la Francia, pur alleata dei Savoia, che erano favorevoli alla
vendita della Corsica, non aveva interesse ad ingrandire gli stati
confinanti.
Ci fu anche un grande atto di eroismo dei Genovesi: 8000 soldati Sabaudi
sarebbero stati messi in difficoltà da 1000 contadini genovesi. Sul
luogo della battaglia fu eretto un santuario.
Nel 1628, dopo la caduta della Rochelle, iniziò l’invasione francese
della Savoia.
Nello stesso anno a Genova fu scoperta una congiura, ordita
dai Savoia con l’aiuto di un genovese, di nome Giulio Cesare Vachero. I
congiurati furono scoperti e giustiziati.
La casa del Vachero fu rasa al suolo e al suo posto fu eretta una
"colonna infame", a perenne memoria del tradimento. Credo che la colonna
sia ancora al suo posto.
Suo padre
si era dedicato con successo alla politica estera ed all’acquisizione di
terre, lui fu più abile nella trasformazione e defeudalizzazione del
ducato.
Sul modello spagnolo fece una vita molto dispendiosa, si fece prestar
soldi perfino dai suoi camerieri. (Va detto, però, che prestargli soldi
era molto conveniente…)
Promosse il restauro del palazzo ducale e del castello degli Acaja
(Palazzo Madama) ad opera del Vitozzi e del Castellamonte, e la corte si
riempì di artisti: pittori, poeti, intellettuali… Tutti avevano il
compito di decantare la magnificenza dei Savoia (e guai se facevano
altro).
Torino divenne una capitale sfarzosa, sede di feste memorabili e si
arricchì di splendidi edifici: le ville del Valentino e della Regina e e
la raggia di Mirafiori, la “vigna" del cardinal Maurizio, in collina.
I castelli dinastici di (Racconigi, Rivoli, Giaveno…) divennero sfarzose
residenze estive.
Morì di una strana malattia a Savigliano il 26 luglio 1630 durante una
delle sue tante, infruttuose, sconsiderate campagne militari. Di lui
scrisse un poeta:
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