Maria José, 1906 - 2001

regina di maggio

Maria Josè Carlotta, Sofia, Amelia, Enrichetta, Gabriella Sassonia Coburgo Gotha, nata il 4 agosto del 1906 a Ostenda,è la terzogenita di Alberto I di Baviera e di Elisabetta Wittelsback,  (parente di Sissi, l'inquieta moglie di Francesco Giuseppe), sovrani del Belgio dal 1909 al 1934.
Dalla madre ha ereditato anticonformismo,  passione per la musica e forse anche "la vena di pazzia dei Wittelsbach", dal padre tenacia, spirito critico e amore per l'alpinismo. Appena nata i genitori la promettono in sposa all' erede al trono d'Italia, il principe Umberto di Savoia.
Di indole allegra e spensierata, cresce senza tante imposizioni e coltivando molti interessi: suona pianoforte e violino, pratica molti sport e dimostra grande amore per la lettura. A sette anni si esibisce interpretando Brahams al pianoforte. La corte del padre è una delle più libere dell'epoca, frequentata dai migliori cervelli: Einstein a volte vi suonava il violino accompagnato al pianoforte dalla regina Elisabetta (e qualche volta stonava...).
Il primo incontro con
Umberto di Savoia avvenne durante la della Grande Guerra, nel 1918. I reali del Belgio sono in visita al fronte italiano a Battaglia Terme, vicino Padova. Maria Josè ha dodici anni e Umberto quattordici. Secondo cronisti se ne innamorò perdutamente, Maria José scrisse di essere stata allevata ed educata  nell'idea che un giorno avrebbe sposato Umberto.
Maria José  aveva capelli castani crespi e occhi chiarissimi, studiò in Inghilterra dal 1914 al 1917, quando il Belgio fu occupato la prima volta dai tedeschi, poi in Italia, nel Collegio dell'Annunziata di Poggio Imperiale, presso Firenze, con i figli della migliore nobiltà italiana ed europea. Dicono che sul suo comodino ci fosse  una fotografia di Umberto.Maria Josè
Il 7 settembre del 1929, il giovane principe, al quale si attribuiscono innumerevoli storie e che sembra abbia tentato di rimandare più volte il matrimonio, su preciso ordine di Vittorio Emanuele III, chiese ufficialmente la mano della principessa belga. Maria José disse ai genitori: "Et maintenant c'est faite" (E ora è fatta!). Il fidanzamento ufficiale con il futuro Re di Maggio avviene il 24 ottobre del 1929, durante una visita del principe sabaudo in Belgio. Lo stesso giorno Ferdinando De Rosa, un giovane anarchico italiano della Concentrazione antifascista attenta alla vita del principe senza riuscirvi. Sarà condannato a soli cinque anni di carcere per intercessione dello stesso Umberto.
Il matrimonio era stato deciso da tempo  dalle due case regnanti per rinsaldare i rapporti tra il Belgio e l'Italia, ciononostante fu preceduto da un ''romantico fidanzamento.
Malgrado le lettere di dissenso inviate dai suoi sudditi, che non vedono di buon occhio il matrimonio con il principe di una nazione fascista, l'8 gennaio del 1930 si celebra il matrimonio. Tre giorni no-stop di feste costate cinque milioni di lire, ai tempi in cui si cantava "se potessi avere per mille lire al mese!".
La cerimonia si svolse nella cappella Paolina del Quirinale; Maria José indossava un abito disegnato da Umberto, con strascico di sette metri ornato d'ermellino, sul capo un pizzo di Bruges e un diadema dei Savoia che giudicò troppo sontuoso e pesante.
La mattina delle nozze un attimo di panico: le maniche sono troppo strette e le braccia della principessa non entrano. La principessa trova la soluzione: braccia scoperte dalla spalla al gomito e guanti lunghi.
Piove: sposa bagnata, sposa fortunata.  Allo scambio degli anelli un volo di centinaia di colombe bianche. Poi gli sposi sono ricevuti dal papa.
Tre giorni di pranzi, rinfreschi, balli, celebrazioni folcloristiche e poi il viaggio di nozze: una sosta a San Rossore e poi Courmayeur, ospiti dei Marone Cinzano. Nessuna intimità, la villa è piena di amici, Maria José comincia a temere per il suo matrimonio.
Dopo una breve residenza nel Palazzo Reale di Torino, il padre li trasferì a Napoli dove Umberto è promosso generale. (forse anche perché circolavano chiacchiere sulle innumerevoli avventure di Umberto).
Gli sposi vivono gli anni seguenti tra il palazzo reale di Torino, il castello di Racconigi, Napoli e il castello di Sarre in Val d'Aosta. 
Nel 1934, i maligni del tempo dicono grazie all'inseminazione artificiale, nasce la prima figlia Maria Pia, poi arrivano nel 1937 Vittorio Emanuele, nel 1940 Maria Gabriella e nel 1943 Maria Beatrice.
Maria Pia assomiglia moltissimo al padre, Maria Gabriella e Vittorio Emanuele, invece potrebbero essere cloni della madre, e Maria Beatrice ha il volto della madre bambina.
Il suo rapporto con Umberto comunque ha molti problemi. I pettegolezzi sui tradimenti del principe non si contano e non mancano le insinuazioni anche su di lei.
È considerata snob, sofisticata, la chiamano la "belga", "negresse blonde" per quei suoi capelli impossibili, vogliono farle italianizzare il nome in Maria Giuseppina ma si ribella, perciò i giornali la chiamano "Maria di Piemonte".
Tra un figlio e l'altro, Maria José scala il Cervino e il Rosa,  dichiara che se non fosse quello che è, sarebbe contro tutte le dinastie
Nel maggio del 1938 incontra Hitler a Roma. A tavola era seduto accanto a lei,  compassato e glaciale, mangiò un pezzo di cioccolata con forchetta e coltello, e biscotti al posto del pane. Vittorio Emanuele III, non appena Hitler gli voltava le spalle, faceva smorfie di raccapriccio e lei e il marito temevano potessero esser viste dal seguito del dittatore. Anche Pio XI manifestò il suo dissenso per la visita del tedesco non ricevendolo, relegandosi a Castel Gandolfo, facendo chiudere i Musei Vaticani e spegnendo le luci delle chiese quando le città erano illuminate a giorno in suo onore.
Maria José non aveva un cattivo ricordo di Mussolini. Scherzava sul suo vezzo di gonfiare il petto e atteggiarsi a seduttore, lo considerava: "Simpatico, fanatico, ma non cattivo; ingannato da Hitler", e si rammaricava per la sua brutta fine.
Lei stessa ammetteva di aver ottenuto aiuti da Mussolini recandosi a Palazzo Venezia senza farsi annunciare.
Essendo cresciuta in un paese democratico, dove gli ideali di giustizia, di libertà, uguaglianza e difesa dei più poveri, tuttavia, manifestò insofferenza nei confronti delle restrizioni imposte dal regime fascista.
Quando nel 1935 l'Italia dichiarò guerra all'Etiopia, Maria Josè partì per l'Africa come infermiera della Croce Rossa. Il regime approfittando della presenza della principessa ne fece, suo malgrado, la madrina delle camicie nere.
In Libia la futura regina conobbe Italo Balbo governatore della colonia italiana, e gli confidò i suoi dubbi nei confronti del fascismo.
In seguito all'invasione della Polonia da parte di Hitler, la principessa, Galeazzo Ciano (genero di Mussolini) e il marito Umberto, tentarono invano di dissuadere Mussolini dall'alleanza con il Fuhrer.

Nell'ottobre del1940, Maria José andò da Hitler per chiedergli, su richiesta del re del Belgio invaso dai nazisti, grano per la popolazione affamata e libertà per i prigionieri. Venne ricevuta dal dittatore, che la definì "il perfetto modello di una principessa ariana" ma non le concesse nulla. 
Successivamente ci furono incontri con esponenti  antifascisti, tra cui lo scrittore comunista Elio Vittorini,  poco per parlare di contatti e antifascismo dichiarato, sufficienti per irritare, più che preoccupare, il suocero il quale, nel 1943, la spedisce a S. Anna di Valdieri con l'ordine di starsene buona.
Quando la sconfitta le apparve ineluttabile, Maria Josè prese contatti con gli Alleati per far uscire l'Italia dalla guerra, usando come mediatore il presidente del Portogallo, Salazar, in buoni rapporti con la Gran Bretagna. Gli Alleati risposero che finché l'Italia non avesse dichiarato la resa incondizionata non ci sarebbe stata nessuna trattativa.
L'8 settembre del 1943, la sorprese sola con i suoi figli sul territorio occupato dai tedeschi. Riuscì fortunosamente a partire per la Svizzera grazie all'aiuto di un vecchio amico napoletano, il colonnello medico Francesco Arena.
Sul suo rientro in Italia ci sono almeno due versioni:
una dice che tornò dopo la liberazione di Roma, nel giugno del 1944, quando Umberto divenne Luogotenente del Regno, secondo l'altra versione tornò a piedi nel castello di Sarre e da lì gli alleati la scortarono al Palazzo Reale di Torino, sede del comando inglese il 28 maggio 1945.
In quei giorni Maria José incontra anche Palmiro Togliatti e successivamente dichiarerà di simpatizzare per Saragat e il socialismo.
Il 9 maggio del 1946, d'accordo gli Alleati e De Gasperi capo del governo, il vecchio re viene finalmente convinto a passare i poteri al  figlio. Un referendum deciderà il passaggio dell'Italia alla forma repubblicana.
Va detto che Umberto e Maria José si batterono abilmente per la causa monarchica ricorrendo perfino ad esperti di pubblicità americani. Il Quirinale si riaprì alle feste, ai ricevimenti, il nuovo re viaggiò in lungo e in largo per l'Italia in un'autentica campagna elettorale con conseguente grande ricupero di consensi, che, tuttavia non furono sufficienti.
Molti studiosi concordano che se Vittorio Emanuele avesse abdicato prima forse le cose non sarebbero andate così.
Il 13 giugno 1946, Umberto lascia l'Italia a bordo di un Savoia Marchetti e vola verso il Portogallo. Maria José, invece, è partita con i ragazzi il 6 giugno da Napoli, a bordo del Duca degli Abruzzi, destinazione Sintra passando per Lisbona. Il loro regno è durato ventisette giorni, resteranno nella storia come il "re e la regina di maggio".
Nel '48 la XIII norma transitoria e finale della Costituzione italiana stabilì il divieto di ingresso e di soggiorno sul territorio nazionale per gli ex re d'Italia, le loro consorti ed i loro discendenti maschi.
La nuova situazione libera definitivamente maria José e Umberto dall'obbligo di fingere di essere una coppia unita.
Lui resterà a Cascais, a Villa Italia, per ripercorrere le orme di Carlo Alberto,  lei compera il castello di Merlinge, in Svizzera, e continueranno la loro vita separati, incontrandosi solo nelle occasioni ufficiali.
Passano gli anni, i figli crescono e danno non poche preoccupazioni con le loro
Maria Josèesuberanze, Maria José è afflitta da guai alla vista, ma questo non le impedisce di vivere freneticamente. È una gran viaggiatrice e un'accanita fumatrice, conduce una vita sportiva, continua ad occuparsi di opere filantropiche ed umanitarie, coltiva la passione per la musica e la letteratura. Brava pianista, istituisce vari premi musicali. Da scrittrice pubblica con la Mondadori uno studio su Amedeo VIII.
Rimane molto legata all'Italia e prima del sì al suo rientro in Italia disposto dal Consiglio dei ministri il 23 dicembre 1987, i giornali danno più volte notizia delle sua presenza clandestina sul territorio nazionale.
La sua prima visita legale in Italia avviene nel 1 marzo 1988: un viaggio ad Aosta per assistere ad un convegno storico, dedicato alla figura di Sant'Anselmo. Nel luglio 1990 Maria Josè chiede allo Stato italiano la pensione come vedova di un ufficiale dell'esercito. Nel 1992 si trasferisce in Messico, per poi ritornare nel 1996 presso la figlia Maria Gabriella a Ginevra.
La morte la coglie a Ginevra, il 27 gennaio del 2001. Per suo espresso volere viene sepolta nella storica abbazia di Altacomba, in Alta Savoia, dove dal marzo del 1983 riposa anche la salma del marito Umberto.
Di lei Elio Vittorini ha detto: "Era Maria Josè l'uomo di famiglia".
Dopo la sua morte i mass media si sono scatenati e i coccodrilli si sono sprecati: "regina di maggio, l'ultima sovrana d'Italia, donna ardita, ribelle, intelligente, colta, antifascista, dedita alle buone azioni ed alla beneficenza, regina repubblicana, partigiana, picconatrice, capitata nella famiglia sbagliata."
Ma c'é anche chi afferma che non la si può considerare amante della libertà perché ha fatto visita al comunista Mao, che la beneficenza era l'attività che garantiva la fama delle precedenti regine, e, addirittura che un'educazione troppo liberale ne ha fatto una capricciosa irresponsabile ribelle..."
Per saperne di più:
Michele L. Straniero "MARIA JOSE’. L’ultima regina d’Italia."  Peruzzo. 2001.
Giovanni Gigliozzi "Le regine d'Italia" - Newton & Compton - 2003
Link:
http://www.grandinotizie.it/dossier/005/fatti_perche/017.htm
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