Sul pianeta Vegeta       Parte II

 

 

 

Qualcuno bussò alla porta.

Il guerriero si interruppe brusco dalle spinte animalesche che assestava alla donna sotto di lui.

Offrì lo sguardo più torvo e crudele di cui era capace all’individuo dalla lunga chioma che si parò sulla porta:

“Muoviti! Nostro padre mi ha appena comunicato che siamo stati convocati tutti dinanzi al re” annunciò Radish, incurante di aver interrotto qualcosa già terminato da un pezzo e prolungato solo per lascivia.

“Che diavolo avrà di così urgente? Se voleva congratularsi per l’esito della nostra ultima missione, poteva chiamarci quando siamo tornati  tre giorni fa…” disse il fratello alzandosi ed infilandosi i pantaloni, mentre la donna offriva disinibitamente la vista dei suoi seni a Radish, già assiduamente frequentato.

“Vedo che ti sei dato da fare…” commentò il guerriero dalla fluente chioma quando uscirono dalla sua stanza.

“Una sgualdrinella di Quarto Ordine…L’ho sbattuta per quattro soldi…” replicò triviale l’altro.

Il resto del percorso fu compiuto in silenzio, cadenzato da un’andatura rigida e marziale, che dai corridoi scarni del Terzo Ordine seguitò fino a quelli del Primo, rivestiti da pregiati tappeti di porpora.

Due guerrieri di guardia al vestibolo di un’ampia sala lasciarono passare senza riconoscimenti formali i due figli di Burdack. Nessuno dei numerosi astanti notò l’ingresso dei due insignificanti guerrieri di Terzo Ordine ed il brusio di voci continuò incomprensibile e sommesso ancora a lungo.

Radish scorse il padre tra la le prime file e fattosi spazio tra la folla lo raggiunse.

Il trono ancora vuoto palesava l’ intenzione del re di farsi attendere a lungo. L’atmosfera era intrisa di inquietudine ed i volti dei guerrieri presenti erano tesi in una maschera di perplessità e di paura.

Tutti erano coscienti che la convocazione di un seduta straordinaria nel cuore della notte era indice di insoddisfazione e malcontento da parte del sovrano e fonte di disgrazie per chiunque ne fosse stato la causa.

La folla si aprì dispiegandosi lungo i due portici di colonne che incorniciavano la sala.

Nessuno, col capo riverentemente basso, osò guardare l’imponente figura del sovrano, ora signore assoluto di tutte le galassie, che attraversò, con la fierezza del suo regale manto, la navata.

Lo seguiva suo figlio, il principe Vegeta, simile a lui nel portamento, ma superiore in efferatezza e sagacia, stando ad alcune mormorazioni tra gli ambienti del Palazzo.

Si fermò in piedi accanto al trono del padre. Il volto era solcato da un’insolita ombra di opacità e fastidio, qualcuno fra la folla avrebbe detto che era di superbia ed alterigia.

Nessuno sapeva che cosa il principe avesse fatto sulla Terra in quei lunghi anni di assenza, era tornato ed aveva ripreso la vita di un tempo, quella che a lungo fra i terrestri si era ritrovato a rimpiangere, quella fatta di spargimento di sangue, di distruzioni e vendette.

Anche Napa, il guerriero a lui più vicino, ignorava quale vita avesse condotto su quel piccolo pianeta, si era solo sparsa la voce che era ritornato da lì con degli schiavi: una donna con due mocciosi, di cui si era persa ogni traccia, dimenticati forse nelle segrete del Palazzo.

“Mi dispiace…” esordì il re “…trovarmi nella condizione di ricordarvi che è a me che dovete la vostra rinascita, inutili cloni. I lavori su Neo-Vegeta non sono ancora completi, le casse del Tesoro sono quasi vuote…esigo avere delle spiegazioni e che siano esaurienti!”.

La sua voce fu come lo scrosciare di un tuono che risuonò per l’ampia sala, i cuori dei saiyan, dei tamburi battenti sotto le pesanti armature:

“Avol!”.

Il guerriero si fece avanti, col capo chino e in atto di genuflessione:

“Mi sembra che sia a te che ho affidato la sovrintendenza dei lavori su Ulavac? Non è così?!”.

“Sì, Altezza…ma i motivi dei ritardi sono imputati al fatto che la gravità su Neo-Vegeta è alta, la maggior parte degli schiavi non riesce a lavorare a simili condizioni ed il ritmo viene rallentato…e per quanto riguarda le casse del Tesoro…quanto abbiamo guadagnato dall’ultimo pianeta conquistato è stato speso per comperare i pregiati tappeti che lei ha richiesto per l’ornamento della sala del trono”.

Vegeta non sembrò interessato alla prolissa discussione che fece seguito alle ringhiate e alle accuse, con la quale il tiranno stabilì l’occupazione del pianeta Fnaus, sito nella galassia del Sud, ed il prelevamento dell’intera popolazione, adattabile a condizioni estreme di gravità ed adoperabile ad infoltire le folte schiere dei prigionieri.

Guardava semplicemente i sudditi fermi davanti a lui, senza soffermarsi su alcuno in particolare, con la mente occupata da chissà quali pensieri, fino a quando una sagoma, ferma presso una delle colonne in fondo alla sala, quasi in disparte dal resto dell’assemblea, colse la sua attenzione.

Fu il suo cuore questa volta a tamburellare accelerato sotto la pesante armatura: quella sagoma…l’avrebbe riconosciuta ovunque…anche fra centinaia di guerrieri…era inconfondibile nella sua altezza, nella solidità dei suoi muscoli…nella sua tipica chioma…

“Burdack!” la voce del padre lo interruppe dal turbinio dei suoi pensieri.

Il guerriero, tra le prime file, fece un passo in avanti ed attese che l’ordine gli fosse ingiunto:

“Sono soddisfatto dell’operazione che tu ed i tuoi figli avete svolto presso le lontane lande della Galassia dell’Est. Voglio ora che tu e Radish partiate domani stesso. La missione che vi affido è di estrema facilità: occupare il piccolo pianeta Terra. Ciò che guadagnerò dalla vendita, lo investirò per riempire d’oro i fregi del mio Palazzo” impartì e nessuno rabbrividì alla superficialità dello sterile desiderio, neanche il figlio batté ciglio, catturato ancora dalla figura misteriosa in fondo alla sala.

Infine il sovrano si alzò e scomparve in un corridoio della navata laterale.

Vegeta invece si fece largo tra la folla, che si aprì al suo passaggio e si richiuse curiosa intorno a lui e all’insignificante guerriero davanti cui si era fermato:

“Mi fa piacere rivederti…” dichiarò Vegeta, con uno dei sorrisi che meglio gli riusciva, quello beffardo.

L’uomo più alto lo fissò interrogativo, sapendo di non essere mai stato così vicino al suo principe prima di quell’istante e sicuro che lo stesse confondendo con qualcun altro:

“…Uno di questi giorni combatterò contro di te” aggiunse sogghignando.

Burdack si fece largo tra la folla e raggiunse l’oggetto di attenzione degli astanti:

“Vuole combattere contro un guerriero di Terzo Ordine?” era stato il mormorio diffuso che aveva scosso il silenzio in cui era piombata la sala.

“Principe” proruppe mortificato l’anziano guerriero avvicinandosi “se mio figlio ha mancato verso di lei, mi conceda la possibilità che sia io stesso a punirlo”.

“Rilassati, Burdack, voglio soltanto potermi confrontare con lui…” lo chetò il principe senza togliere gli occhi dalla faccia costernata del fratello di Radish.

“Ma a che scopo, principe? Mio figlio non è un combattente del suo livello”.

“Vedremo…”e già assaporò il momento da sempre bramato di quel confronto, quello col rivale più detestato, che pur tanto gli aveva saputo insegnare.

 

* * *

 

Qualcosa non andava…era da troppo che piangeva…e la sua piccola fronte era accaldata all’inverosimile…

La inumidì con un panno bagnato…l’ennesimo gesto ripetuto nella speranza di placarle quel dolore che col pianto solo la piccola creatura poteva esprimere.

Bulma era distrutta, dall’impotenza di non poter far altro per curare il male che affliggeva la sua bambina, di non avere le sue medicine, nessuna persona a cui votarsi se non all’arcigna saiyan, che proprio quel giorno tardava a venire.

Avrebbe gridato…sì… avrebbe gridato fino a spezzare le corde melodiose e all’occorrenza anche stridule della sua voce pur di far sentire che aveva bisogno dell’aiuto di qualcuno, e le sue urla avrebbero raggiunto Vegeta, a tormentare i suoi sogni beati di principe, perché sapesse che la creatura che dalle sue carezze e dai suoi baci era stata messa al mondo, adesso stava morendo…

Uno scatto nella porta…forse Fava…

“A quella mocciosa devi tappare la bocca, le sue grida si sentono fin nei sotterranei del Palazzo…è là che vi avrei dovuto far restare!”.

Era decisamente la sua, l’asprezza manifesta nell’intonazione.

“Fava, per favore, ho bisogno del tuo aiuto, Bra ha la febbre altissima!”.

Era la prima volta che la vecchia vedeva la disperazione di una madre e di cinismo puro fu la sua reazione:

“Io ho avuto solo il compito di farvi sopravvivere e di non farvi uscire da qui, non chiedermi nulla”.

“Ti supplico, se sei anche tu una madre…”.

“Qui non esistono madri, le donne sono solo genitrici e nulla più…dei bambini non si ha alcuna misericordia e quelli deboli vengono abbandonati al loro destino verso le rotte di pianeti lontani…”.

“Mia figlia non farà questa fine! Capito?!” l’assalì laconicamente.

Non c’erano più lacrime nei suo occhi, nessun tono implorante, solo dei balenii furenti ed accecanti di un rancore ed un avvilimento repressi ed ormai traboccati:

“Non senti come piange?! Griderò più forte di lei se è questo l’unico modo per attirare l’attenzione di qualcuno! Hai il compito di faci sopravvivere? Bene, mia figlia morirà se non le verranno prestate le cure più urgenti!”.

Fava lasciò che la sua collera esplodesse e scemasse a poco a poco riducendola a ricadere sul ciglio del letto con il volto tra le mani.

“Ad una condizione…” disse infine.

“Cosa… cosa vuoi?” domandò Bulma, ma la vecchia era uscita fuori dalla stanza, facendole cenno di attendere pochi minuti.

Bulma cercò lo sguardo di Trunks, per capire che anche lui ignorava cosa avesse elucubrato la saiyan, che entrò recando tra le mani una piccola vaschetta, fornita di un tubo e ripiena di un liquido sconosciuto:

“E’ una vasca di rianimazione, la usiamo per i bambini appena nati che hanno delle complicazioni. Il liquido in cui verrà immersa, servirà a curare il suo male”.

Bulma, confortata, si era già avvicinata a Bra, sbottonandole solerte la tutina, prima di accorgersi che stava per mostrare quell’attributo che aveva voluto gelosamente occultare per tutto quel tempo.

Fava vide il suo braccio tremare, la sua esitazione vibrare con esso:

“Cosa pensi?” sogghignò la vecchia “che sono così stupida da non essermi accorta che i tuoi figli sono dei saiyan?”.

Il braccio vacillò. Ricadendo lungo il fianco:

“E adesso che conosci la verità…” pronunciò la giovane tenendo gli occhi bassi “…cosa vuoi da me?”.

Fava strappò la tutina che copriva la creatura e con modi spicci la immerse nel liquido benefico:

“Ti ho aiutato terrestre, ma voglio sapere da te una cosa…” e pose la mascherina sulla boccuccia.

Terminata l’operazione si voltò e la fissò dalle cavità scavate dei suoi occhi caliginosi:

“Chi è il loro padre?”.

“Si chiamava Goku”.

Fu repentina quella risposta, fredda, incisiva, ardita, tanto da farla vacillare quando la ebbe pronunciata.

Trunks sollevò di scatto il capo.

Sapeva che sua madre non voleva si sapesse che il loro padre fosse Vegeta, che i rischi a cui sarebbero potuti andare incontro sarebbero stati maggiori, che se lui li aveva rinnegati forse una ragione c’era, ma ad un tratto si accorse che da quella ferita che aveva nell’animo aveva preso a sgorgare sangue di nuovo. Era indicibile la sensazione di sentire sua madre parlare di un altro uomo.

“Era un saiyan cresciuto sulla Terra…” continuò Bulma, sapendo che quella menzogna era la cosa più giusta da raccontarle “…è morto quando io era ancora incinta di Bra…in un combattimento…”.

Non era sicura delle sue capacità istrioniche, ma aveva fatto appello a tutto il suo autocontrollo e Fava la stava ascoltando senza batter ciglio:

“Un saiyan cresciuto sulla terra…” sibilò l’anziana, accrescendo la rugosità della fronte nel cipiglio di riflessione “…ricordo che poco prima della distruzione di Vegeta, il figlio di Burdack fu inviato sulla Terra…il suo nome era Kaarot…”.

“Esattamente…” confermò Bulma “…era quello il nome con cui Vegeta si riferiva a lui…”.

Fava tacque e quel silenzio incrementò la tensione di cui era satura la piccola stanza:

“Questa sì che è una grande coincidenza…” pensò diabolica la vecchia osservando il soffitto significativamente.

“E Vegeta…cosa ha che vedere con voi?” inquisì più incalzante.

Bulma misurò a passi lenti la stanza, stretta tra le sue braccia, apprestandosi ad infarcire ancora di più, con calma e serietà, la menzogna imbastita nell’accesso di fantasia a cui si era aggrappata a volo pochi attimi prima:

“Vegeta viveva semplicemente a casa nostra…mio marito lo ammirava molto sebbene la competizione e la rivalità che il principe sentiva nei suoi riguardi fosse molto forte. Se conosci bene Vegeta, sai certo che lui è un tipo poco socievole e comunicativo…in casa si vedeva molto poco…con lui ho avuto solo qualche breve colloquio in tutto questi anni…” e la voce tremò malinconica sapendo che era qualcosa di molto più profondo ed intenso quello che aveva condiviso con il suo uomo.

“E perché vi ha condotto qui?”.

“Non glielo hai ancora chiesto?” le offrì un sorriso ironico la giovane, che sperava di ricevere risposta.

“Gli schiavi non ardiscono tanto. Eseguono e basta”.

Un  suono intermittente annunciò il termine dell’operazione di rianimazione.

La saiyan trasse Bra dal liquido della vasca e la diede alla madre.

Bulma sorrise felice: la sua bambina era salva…

 

* * *

 

Oltre due mesi…era quello il tempo trascorso.

Trunks fissò l’eterno tramonto che dipingeva il cielo…quel colore cremisi che sul suo pianeta mai aveva visto neanche nei più spettacolari crepuscoli.

Di azzurro intenso doveva essere ora il cielo sulla Terra…pensò…quando il vento primaverile spazzava i foschi nembi dell’inverno e l’aria si riempiva di pollini profumati.

Era bello andare ad allenarsi con Goten tra le montagne in quel periodo…tuffarsi poi nei corsi d’acqua ancora freddi per il disgelo per lavare la povere ed il sudore dei loro combattimenti…sempre che il suo amico non insistesse per andare invece in città e lì fermare ad ogni passo le ragazzine più carine che vedeva.

Sorrise Trunks a quel pensiero e si rattristò voltandosi a guardare la madre, primavera sfiorita  dalla solitudine e dal dolore, inaridita dall’inconsapevolezza del domani, calpestata dall’indifferenza di chi credeva essere la sua stessa vita,  che inquieta camminava per la stanza.

Non era difficile indovinare il corso dei suoi pensieri, conosceva l’ostinazione della madre di voler a tutti i costi parlare con Vegeta, quanto fosse convinta dell’esito positivo che ne sarebbe derivato, ma lui non condivideva il suo ottimismo e tutte le volte che lei aveva provato a parlargli del padre, alla ricerca di una giustificazione della sua condotta o al modo di riuscire ad incontrarlo, sentiva solo il suono sdegnoso delle parole di scherno che quella sera il padre gli aveva detto contro.

“Come vuoi che combatta? L’ho avuto da una terrestre, una femminuccia saprebbe fare di meglio…”.

Era il suono di un ritornello fastidioso, di un andamento melodico funereo, di un preludio di sventura.

Già allora aveva intuito che quell’uomo li avrebbe abbandonati ad un destino che nessuno credeva scritto, ma che lui, nel suo intimo, doveva aver atteso.

Aveva trovato l’occasione finalmente di tornare ad essere quello di un tempo, non importava a che prezzo, considerato che in passato era stato capace di vendere perfino la sua stessa mente pur di ottenere quell’obiettivo.

Era riuscito ad accettare quella realtà cruda molto prima di sua madre, quelle parole avevano aperto una ferita insondabile nel suo animo ed il sangue che ne era sgorgato doveva aver lavato via ogni illusione ancor prima di domandarsi perché gli fosse stata inflitta.

Il dolore e la delusione avevano sottratto la fiducia che un tempo aveva riposto nel padre, gli avevano intorpidito le forze rendendolo stanco ed apatico, incapace di iniziative, anche solo quella di confortare sua madre.

La sentiva piangere la notte, stringersi al cuscino alla ricerca di quel calore che solo un amante può dare: lei amava ancora quell’uomo.

Trunks, invece, non sapeva cosa provasse più per lui, la delusione era tanta da averlo privato anche del pensiero.

Si adagiò sul letto e scivolò nel dolce mondo dell’oblio, quello a cui si era aggrappato fin dall’inizio per non soffrire. Non sentì la porta aprirsi e la vecchia entrare:

“Pensavo che oggi non saresti venuta…” l’accolse Bulma.

Posò sul tavolo il pentolone di brodaglia, la cena quotidiana a cui per fame era riuscita anche lei ad abituarsi.

“Ringrazia il cielo che sia venuta…con quello che oggi ho da fare…” si lamentò e la giovane ebbe l’impressione che volesse proseguire.

“Il re festeggia i suoi cinquanta anni di regno…vuole un banchetto fastoso, con decine e decine di invitati e a me tocca cucinare…”.

“Ti potrei aiutare io…” gettò lì Bulma, captando solo dopo qualche istante l’incredibile occasione che le si poteva presentare.

Vegeta sarebbe stato anche lui fra i commensali…

“Tu vorresti aiutarmi?”.

“Certo…potrei servire a tavola, portare le portate e…”.

“Non se ne discute” fece lapidaria “nessuno deve riconoscerti”.

“Allora potrei cucinare…starei comunque in disparte dal banchetto…nessuno mi vedrebbe” l’assicurò pianificando con sottigliezza il suo progetto “…so preparare dei piatti prelibati…potrai anche prendertene tu il merito…ma di certo faresti molta più figura che presentare una simile brodaglia. Se è così che cucini anche per il re…” indicò la pentola che aveva portato “ faresti passare la fame anche a dei saiyan!”.

La donna le ringhiò contro qualcosa, ma poi uscì dalla stanza facendole cenno di aspettarla.

Il cuore aveva preso a batterle all’impazzata…non poteva perdere un’occasione simile…forse non avrebbe visto Vegeta, ma avrebbe potuto preparare come prima portata il suo piatto preferito, quel risotto che le riusciva tanto bene, e lui non avrebbe non potuto accorgersene e ricordarsi di lei…che era ancora viva… e capire che quello era stato l’unico mezzo per comunicare con lui…

Con la trepidazione di un primo appuntamento corse a guardarsi allo specchio, e decisamente non le piacque l’immagine che vide riflessa: il pallore del volto e la mancanza di qualsiasi garbo nei capelli non la rendeva di certo presentabile nell’ipotesi vaga in cui il principe decidesse di incontrarla.

Fava rientrò. Aveva delle pesanti stoffe tra le mani:                                     

“Devi indossare queste se vuoi venire con me…” disse.

Aveva bisogno per quella sera delle doti culinarie di quella terrestre molto più di quanto volesse ammettere.

“Perché…cosa ha il mio abbigliamento che non va?”.

“Sei decisamente troppo scoperta…devi passare inosservata…non voglio avere grane se qualche saiyan dovesse accorgersi di te e gli venisse la voglia di scoparti…”.

Bulma zittì, non sapendo se essere lusingata per quel complimento o offesa per la volgarità dell’espressione.

“Spogliati, ti cucirò l’abito addosso”.

La giovane uscì dai suoi abiti, restando solo con l’intimo.

Fava fissò i lineamenti gentili delle sue spalle, che proseguivano morbidi verso il petto e declinavano flessuosi in direzione delle gambe.

Si avvicinò a lei, dietro le sue spalle, e prima di procedere alle misure volle toccare la sua pelle per sentirne la consistenza.

Bulma rabbrividì al contatto delle dita rugose, provando un senso di disagio per il modo in cui la stava ispezionando, che crebbe ulteriore quando:

“Togliti questo” le disse, riferendosi al reggiseno.

La donna si voltò scattante:

“Non vedo perché dovrei farlo” fece contrariata.

“Le donne saiyan non usano niente del genere…”.

“Io sono abituata a portarlo da quando ero una ragazzina e non credo che sotto i vestiti qualcuno noti se indosso o meno dell’intimo”.

Era ancora costernata per il modo in cui la vecchia non le toglieva gli occhi di dosso, era come se non avesse mai visto un corpo femminile prima di allora.

Ad un tratto le si insinuò il dubbio che sotto lo spessore di quelle rughe potesse celarsi una natura

tutt’altro che femminile: solo un uomo avrebbe potuto guardarla con simile curiosità ed attenzione quasi morbosa.

La verità era che Fava, in nessuna donna saiyan, aveva mai visto tanta bellezza.

Anche lei, nella freschezza dei suoi anni, non avrebbe mai potuto eguagliare una tale graziosità: le spalle più quadrate, le gambe più massicce, il petto quasi inesistente, erano le fattezze peculiari della razza guerriera cui apparteneva.

Bulma decise di non contraddirla oltre, non ora che aveva bisogno estremo di lei, accertatosi così che il figlio dormisse, si portò le mani dietro la schiena e si sfilò, non senza esitazione, l’indumento.

“Sono tutte così sul tuo pianeta?” le chiese l’anziana, dopo aver trattenuto la vista per qualche istante sui suoi seni rotondi.

“Non lo so” ribatté aspra “solitamente non ho mai chiesto a nessuna donna di spogliarsi davanti a me!”.

Fava cominciò a prendere le misure e, con l’ausilio di uno strumento, il tessuto scuro e pesante fu cucito rapidamente su di lei.

Non avrebbe mai pensato che potessero esistere dei corpi tanto attraenti, avrebbe potuto guadagnarci molto se l’avesse inserita nel bordello che gestiva su quello stesso piano…meditò diabolicamente…

Bulma si osservò allo specchio:

sembrava una monaca, agghindata con quella tunica senza forma, completata da un mantello che le aveva gettato sul capo e le lasciava scoperto solo parte del volto.

Neanche Vegeta avrebbe mai potuto riconoscerla.

“Ma come diavolo mi hai conciata?!”.

Fava non le diede adito di parlare:

“Non fare storie e seguimi” disse con la sua voce gracchiante.

Bulma svegliò Trunks, riuscì solo a spiegargli vagamente il motivo per cui si assentasse e gli raccomandò soprattutto di vegliare sulla sorellina.

Dopo oltre due mesi, varcò quella porta per la prima volta, per ritrovarsi a percorrere, timorosa e allo stesso tempo fiduciosa, i lunghi corridoi e le rampe di scale che conducevano ai vertici del Palazzo, imbattendosi in individui dall’andatura superba e dalla folta chioma, che oltrepassarono le due donne ignorandole.

La lunga tavola impiantata al centro di un’ampia sala era imbandita di piatti e bicchieri, che sfavillavano  alle luci dei candelabri e tintinnavano tra le dita dei commensali, traboccanti di vino pregiato.

In una cucina attigua, Bulma, tra il tramenio di servitori che si affaccendavano muovendosi da una sala all’altra, poteva sentire il brusio dei convitati crescere e smorzarsi al ritmo delle portate.

Aveva saputo che circa quaranta era il numero degli invitati:

“Sono tutti guerrieri di Primo Ordine?” chiese a Fava, che la teneva sott’occhio, mentre aggiungeva gli ultimi condimenti al suo risotto.

Non aveva mai preparato per tante persone, ma con un calcolo matematico  e conoscendo la fame dei saiyan, non le fu arduo quantificare il riso da preparare:

“Sì, sono tutti di Primo Ordine, donne comprese…” le rispose.

Mancò poco per riversare l’intero barattolo di sale su una porzione abbondante del suo risotto.

Donne…

Guerriere di rango superiore…magari le stesse di cui le aveva parlato un giorno la vecchia, che sbavavano alla vista del loro affascinante principe…e adesso sedevano alla sua stessa tavola…

Tagliuzzò con rabbia le ultime spezie che mancavano alla sua prelibata pietanza: se fosse stato veleno si sarebbe sentita di certo più soddisfatta.

Vegeta sedeva alla destra di suo padre, che tra sorrisi e alzate di calici, festeggiava il cinquantenario del suo regno.

Lui ascoltava, sorseggiando lentamente il vino rosso, i discorsi degli altri commensali, percependone solo frammenti e non prendendo parte a nessuno di essi, in particolare.

Il pianeta Fnaus era stato invaso come stabilito e gli abitanti, facilmente adattabili alle condizioni presenti su Neo-Vegeta, erano stati già sottomesi al duro giogo della schiavitù, riducendosi a soli due mesi l’atteso e definitivo trasferimento sul pianeta.

Nessuno sembrava invece ricordarsi di Burdack e Radish, che partiti da quasi oltre un mese, misteriosamente non avevano fatto ancora ritorno dalla Terra.

Sapeva che suo padre non era realmente interessato al pianeta, non avendo avuto modo di conoscere a fondo le incantevoli qualità del luogo, che era solo uno dei tanti puntini cerchiati di rosso sulla mappa stellare affissa alla parete della sua stanza.

Napa ascoltava distrattamente il racconto di una guerriera circa l’ultimo massacro compiuto su uno sperduto pianeta della Galassia del Nord, tenendosela sulle gambe e facendosi imboccare seducentemente da lei.

Vegeta sorseggiò ancora del gustoso vino, prima di accorgersi che una donna, non distante da lui, lo fissava con i suoi occhi a mandorla e gli abbozzava un malizioso e provocatorio sorriso con le labbra dipinte di rosso.

Chinò lo sguardo quando una nuova pietanza gli fu servita.

Il risotto era fumante e stimolò l’appetito di tutti i commensali, suscitando positivi commenti ai primi assaggi.

Il principe aveva riconosciuto quella pietanza, che già al primo morso seppe di ricordi…

di tante cene consumate alla Capsule Corp., quando affamato si sedeva a tavola con suo figlio, e Bulma preparava loro le porzioni, lamentandosi che non le venisse mai lasciato un po’…

Il suo sapore lasciava l’amaro in bocca…

Non procedette avanti ed alzatosi, senza dir nulla, andò via.

Non aveva ancora raggiunto la sua camera, quando sentì alle spalle l’inconfondibile voce di Napa:

“Qualcosa che non va, Vegeta? Ti sei alzato come se qualcosa ti avesse contrariato…”.

“Sono semplicemente stanco…e non devo dar conto a nessuno delle mie azioni…” precisò.

“Come desideri…” ma non accennò ad andarsene e gli stette dietro con il passo“…hai notato come Zana ti fissava languida? E’ la più bella in assoluto…non c’è che dire…forte nel combattimento quanto esperta sotto le lenzuola. Vuoi che la chiami e resti stanotte con te?”.

“Ora non ne ho voglia…un’altra volta magari…” e gli chiuse la porta diritto in faccia.

Si gettò stancamente sul letto, trovandovi sollievo per alcuni minuti, prima di decidere di alzarsi e trarre da un cassetto dei fogli ed una penna.

Gettò sulla carta alcune parole, quasi con meditazione, ma non sentendosi ispirato, appallottolò il foglio e con rinuncia lo incestinò.

Stava per andare  a coricarsi, quando dei battiti alla porta lo trattennero:

“Ma che diavolo vuole ancora quello scocciatore…” mugugnò, aprendo l’uscio e scoprendo che non si trattava di Napa.

Era un guerriero di statura più bassa, con l’aria decisamente meno minacciosa dell’altro.

Il suo viso sembrava sconvolto e la voce che si apprestò a proferire era trafelata e scossa:

“Chiedo scusa se sono venuto fin qui a disturbarla, principe, ma ho qualcosa da mostrarle nella sala dei computer e vorrei che mi seguisse. Credo sia qualcosa di grave, ma non ho voluto interrompere i festeggiamenti di suo padre, e sono subito corso da lei, quando ho saputo che si era già ritirato…” spiegò.

La sala suddetta era il cervello del Palazzo: qui si elaboravano dati di ogni genere, e si acquisivano informazioni sulle condizioni esterne al pianeta.

Il guerriero digitò rapidamente la tastiera e sulla schermata apparve la mappa spaziale di quella galassia: un puntino intermittente lampeggiava in direzione di Ulavac.

“Era da alcune settimane che tenevo sotto osservazione quel meteorite…” indicò zoomando sull’immagine “ speravo che potesse cambiare rotta o si disintegrasse con l’impatto su un altro pianeta…ma ormai è in direzione di Neo- Vegeta…non ho a riguardo alcun dubbio…l’impatto sarebbe micidiale…principe…il pianeta e quanto c’è sul suo suolo si annienterebbe all’istante…”.

Vegeta studiò con attenzione la mappa, qualcosa si mosse nel suo sguardo, ma era difficile da decifrare.

Non poteva dubitare della parola di quel guerriero, essendo costui l’unico scienziato di cui la sua razza disponesse:

“Tra quanto prevedi l’impatto?”.

“Tenendo conto della velocità a cui viaggia…direi poco più di un mese…” preconizzò senza esitazione “occorre mettere all’erta tutti…i lavori compiuti sarebbero stati solo uno spreco altrimenti…non sarebbe difficile inviare una spedizione nello spazio per disintegrare il meteorite…si tratta solo di riuscire ad organizzarsi in tempo e …”.

“Nessuno deve sapere niente” gli tolse la parola Vegeta.

“Cosa…?”.

Vegeta lo fissò glaciale, attorcigliando la sua lunga coda intorno ai fianchi, simile ad una serpe velenosa che, sinuosa, si torce lungo il fusto di un albero:

“Non dirai niente e per assicurarmi che tu tenga la bocca ben chiusa…io…” e posizionò il palmo della mano lungo la sua direzione “ti farò fuori…adesso”.

Il raggio inceneritore esplose ed il principe abbandonò soddisfatto il corpo esanime.

 

 

* * *

 

Per dieci lunghi giorni, Bulma si era tribolata sul perché Vegeta non avesse voluto mangiare il suo risotto. Fava le aveva detto che si era alzato e se ne era andato via:

“Se le reazioni da parte degli altri dovessero essere simili…ti ammazzo con le mie stesse mani…” le si era rivolta trucemente la saiyan.

“Che ti aspettavi?…Che lui venisse da te a ringraziarti?” era stato il dileggio del figlio.

Anche in quel rifiuto, in quel modo scattante con cui lui si era alzato da tavola, era insito l’effetto di una reazione suscitata.

La questione era penetrare più in profondità e capire cosa fosse riuscita a cagionargli con quella sorpresa.

Fava le aveva raccontato che negli ultimi giorni era strano e frenetico più del solito il suo modo di fare, che addirittura aveva fatto assoldare dei guerrieri mercenari che aiutassero gli schiavi a concludere i lavori su Ulavac.

Anche Bulma aveva ricevuto quel giorno un’insolita sorpresa.

Non pensava che in un intervallo di tempo così breve le si sarebbe presentata la possibilità di uscire una seconda volta dalla sua cella.

Fava le aveva fatto visita come ogni giorno, ma questa volta un guerriero l’accompagnava: si trattava di Napa.

Bulma aveva riconosciuto con facilità la sua imponente mole, ricordando di aver avuto modo di vederlo in televisione quando Vegeta era giunto la prima volta sulla Terra.

“Sei tu la scienziata che Vegeta ha portato come prigioniera dalla Terra?” le aveva domandato.

“C’è stato un guasto al computer centrale e nessuno è in grado di rimetterlo in sesto. Seguimi!” le aveva ordinato perentorio.

La donna aveva lasciato la stanza, lanciando un’occhiata al figlio, che si era ritrovato a stringere involontariamente Bra, quando la figura dell’energumeno aveva fatto irruzione.

Era uscita indossando ancora la tunica che le aveva cucito Fava, trovandola calda nonostante l’aspetto funereo che le conferiva. Aveva lasciato dentro il logoro mantello che quella sera la saiyan le aveva messo sul capo e neanche lei sembrò interessata a rammentarglielo questa volta.

Bulma trovò pane per i suoi denti: da tempo non si trastullava con gingilli meccanici e quella sala computerizzata era più sofisticata di quanto avesse pensato.

“Quest’affare è andato in catalessi” le spiegò brevemente Napa, che di scienza e dintorni ne sapeva almeno quanto un sonetto d’amore.

“Il vecchio Vanel era l’unico che ci potesse mettere le mani e da quando è crepato anche il suo computer è andato in tilt…” concluse.

Bulma si sedette e prese a digitare sapientemente la tastiera.

L’uomo osservò le sue sottili e delicate dita muoversi rapidamente sui tasti, i suoi occhi limpidi concentrarsi sulla schermata alla ricerca di dati e codici:

“Te la sai cavare…bellezza …” fu il giudizio che gli venne spontaneo.

“Lo puoi dire forte…” concordò lei a denti stretti, avendo già intuito e risolto il problema e decidendo, data l’ignoranza dei due astanti, di trattenersi ancora un po’ alla ricerca di qualsiasi informazione che sempre utile le sarebbe potuta tornare.

Fava fu alla fine lasciata sola con lei:

“Sei intelligente….” le disse interrompendola dalla sua intensa applicazione “mi chiedo che ne sarà di te quando ci saremo trasferiti tutti su Neo-Vegeta. Ormai il grande esodo è pronto…quasi tutti i saiyan entro stanotte si saranno trasferiti lì…” ed accennò un sorriso maligno quando vide il terrore che le aveva generato.

Che ne sarebbe stato di lei e dei suoi figli quando sarebbe sopraggiunta l’alba di quell’ intramontabile sole?

Ottenebrata dell’interminabile flusso di pensieri che le affluiva al cervello, si accorse solo dopo della luce intermittente che, sulla schermata, si dirigeva alla volta di Ulavac.

Fava vide il suo terrore crescere e alla fine prorompere nell’unica esclamazione che per tanto tempo aveva trattenuto:

“Devo vedere Vegeta!” gridò scattando in piedi “che aspetti? Portami immediatamente da lui!”.

“Non vedo perché dovrei ascoltarti…”.

“Perché è importante…ne va della vita sua e di voi tutti!”.

“Lo puoi riferire a Napa…” propose con insuccesso.

“Voglio parlare con una persona più intelligente!” l’apostrofò senza più alcuna remissività.

Alla fine la vecchia capì di non poter far altro che condurla da lui, che non intendeva combattere con l’ostinazione di quella bisbetica di cui ne aveva già fin troppo i capelli.

Che pensasse il principe a chetare quel suo caratterino viziato e fastidioso!

Lei aveva fatto già fin troppo e non voleva avere alcuna responsabilità se i timori disconnessi di quella terrestre si fossero mostrati fondati.

Sentì il suo cuore tumultuare sotto le pesanti stoffe quando la vecchia si accinse a condurla da lui.

Non poteva ancora credere che alla fine fosse bastato urlare un po’ di più perché l’unico desiderio che le era rimasto venisse accordato.

Percorse i restanti corridoi che la dividevano da lui con le gambe tremanti e l’animo gonfio di emozioni.

Lo avrebbe messo all’erta sul pericolo che incombeva su di lui e poi avrebbe potuto avere il confronto tanto agognato.

Si chiese come fosse diventato in quel tempo ed arrossì alla vergogna che lui la trovasse in condizioni tanto indecorose.

Vaneggiava ancora su quell’incontro, sui possibili risvolti che si sarebbero potuti generare, quando Fava si fermò all’angolo di uno stretto corridoio, coperto di un manto di porpora:

“Aspetta qui” le disse “tra un po’ giungerà la guardia e ti dirà lui se il principe può riceverti. Digli che sono io ad averti mandato” e le diede le spalle per andare via.

“Perché vai via ?” la fermò, accorgendosi che non le faceva piacere restare lì da sola, almeno non fino a quando avrebbe visto Vegeta.

“Perché ho da fare e non intendo perdere altro tempo con te. Se è impegnata, ci potrebbe volere un po’ perché arrivi la guardia che ti accorderà il permesso di accedere…”.

“Quanti convenevoli!” sbuffò Bulma “conducimi tu da lui…”.

Ma lei replicò di non avere il potere per farlo, che doveva già esserle grata di essere la prima schiava, a parte sé stessa, che giungeva fin ai suoi appartamenti, e che il principe non amava essere disturbato se non per le questioni di importanza estrema.

“Se il principe non è impegnato e tu farai alla guardia il mio nome, questa ti farà passare senza problemi e ti annuncerà a lui. E’ così che funziona”.

Bulma, accettando di dover prolungare oltre la sua agonia, la vide infine allontanarsi: non poteva immaginare che quella era l’ultima volta che avrebbe veduto quella vecchia, che nel bene o nel male, era stata l’unico essere su cui aveva potuto confidare.

Appoggiata alla parete e persa negli unici pensieri che in quel momento la sua mente avrebbe potuto connettere, non si accorse del guerriero che uscì da una porta e si arrestò vedendo lei:

“Chi sei?”.

Bulma trasalì: la guardia era giunta prima di quanto credesse.

“Ho urgenza di vedere il principe, è Fava che mi manda…” spiccicò in un miscuglio di timore e trepidazione.

L’uomo la studiò con attenzione:

“Non sei saiyan… il colore dei tuoi occhi e dei tuoi capelli non mentono di sicuro…scommetto che sei quella terrestre prigioniera di cui si è parlato per un pò…”.

“Esattamente…” tremò vedendolo avvicinarsi.

“Ti accontento solo se mi dai in cambio qualcosa…” e si abbassò fino a tenere la sua repellente faccia ad un palmo dalla sua.

Bulma cadde a ritroso, come se di uno schiaffo quelle parole losche, celanti di certo malevoli intenzioni, avessero avuto il suono.

In passato era scesa a compromessi, ma non aveva mai patteggiato con un guerriero di quella stazza che di certo non si sarebbe accontentato di vedere le sue mutandine…

Abbassò lo sguardo sapendo che se avesse accettato le condizioni inevitabili che le sarebbero state dettate, dopo non sarebbe stata più la stessa, e che, nell’ipotesi in cui se ne fosse andata via, di lei e dei suoi figli non sarebbe rimasto ugualmente niente.

“Fava mi ha rivelato una cosa…mi ha detto che sei stata tu a preparare quel famoso risotto…voglio che me ne prepari ancora…” e sorrise melenso, mostrandole la fila sconnessa e spaziosa dei suoi denti.

Lei annuì di stucco, traendo un lungo respiro di sollievo e incominciando a ridere di gioia quasi isterica quando la guardia le disse che sarebbe andato a verificare se il principe fosse impegnato o meno.

Si era messa già in piedi e ricomposta quando lui ritornò dall’ulteriore corridoio che l’aveva inghiottito:

“Mi dispiace…ma al momento è impegnato…”.

“Posso attendere…”.

“Potrebbe volerci molto… è con un’altra donna”.

“…cosa?” fu il soffio che emise, gelido come divenne il suo sangue.

“E’ con una donna. Devo forse spiegarti cosa stanno facendo?” e rise di nuovo con quel fare sciocco.

Di quali immonde perversioni si stavano lordando le sue lenzuola?

Al corpo lussurioso di quale femmina stava dispensando i suoi baci e le sue carezze?

Quali mani ardivano a toccarlo come solo a lei in tutto quel tempo era stato concesso?

E il pianto infine proruppe…irrefrenabile…cospargendo di lacrime, nella concitata corsa verso la sua cella, quei corridoi deserti che a ritroso furono solo di disperazione.

 

* * *

 

Trunks la vide sbattere la porta alle sue spalle:

“Dobbiamo andare via da qui…” disse senza fiato sua madre.

“Cosa ti è successo?” volle prima capire, vedendo il volto rigato dalle lacrime e lo sconvolgimento puro che l’avviliva.

Gli spiegò che i saiyan entro la notte si sarebbero trasferiti tutti su Ulavac, che quel posto sarebbe divenuta la loro tomba se non avessero pianificato al più presto un piano di fuga, gli parlò della scoperta fatta nella sala dei computer e del vano tentativo di mettere all’erta suo padre:

“E’ evidente ormai che di noi a lui non importa più nulla…sono stata solo una sciocca a volermi illudere…” continuò amaramente “…ma adesso dobbiamo pensare solo a noi. Si tratta di procurarci una navicella…” tirò su col naso, asciugandosi le lacrime che ancora uscivano, col dorso della mano “…io ho avuto modo di vedere dove atterrano tutte le lo capsule. E’ una costruzione antistante quella torre che dalla finestra è ben visibile. Per te non sarebbe difficile giungerci…ormai fuori è quasi deserto, potresti riuscire a muoverti indisturbato e…ma mi stai ascoltando?”.

Trunks teneva lo sguardo basso, quello di chi non intende obbedire.

Bulma non riusciva a comprendere cosa lui stesse pensando, perché l’idea di poter scappare e ritornare a casa lo lasciasse così basito:

“Figlio mio…” gli strinse le spalle, scuotendole teneramente “io lo so che tu hai sofferto tantissimo, che il comportamento di tuo padre è stata una ferita che non si è ancora riuscita a rimarginare…ma devi reagire…devi uscire da quel baratro in cui sei stato ingiustamente fatto cadere…lo devi fare per me e per tua sorella…”.

Ma Trunks non ebbe ancora la forza di risalire.

Era difficile accettare l’idea di aver avuto ragione, che fosse palese ormai che suo padre li aveva cancellati dalla propria esistenza, eppure quella fuga improvvisa, l’idea appena partorita di poter tornare di nuovo a casa senza più lui, era come ugualmente morire:

“Dannazione, Trunks!” urlò Bulma disperata e scappando via dalla cella.

Se la sarebbe cavata da sola…non era la prima volta che affrontava rischi simili…avrebbe recuperato lei una navicella.

Percorse il labirinto di quel Quarto Ordine, digitando codici che le aprirono nuovi accessi, coprendosi col mantello quando percepiva il rumore di passi, trovandosi più volte sul punto di partenza, raggiungendo infine i sotterranei in cui era stata la prima volta confinata e riuscendo a trovare l’ampio deposito in cui era atterrata allo sbarco su quel pianeta.

Non c’erano navicelle, ma ad ogni modo sarebbe stato opportuno raggiungere il magazzino che si era prefissata, dove un’astronave in meno non avrebbe dato nell’occhio.

Era gelida l’aria che la colse fuori e sapeva di metallo, nonostante non riuscisse a classificare quale questo fosse quando l’annusò.

Dopo tanti giorni era fuori, ma non restò a contemplare il tetro paesaggio imporporato, né l’enorme pianeta che si stagliava nel cielo, dove le ultime navicelle saiyan si dirigevano a trovarvi la morte.

Percorse l’irto pendio su cui sorgeva il Palazzo, incespicando più volte e altrettante rialzandosi, attingendo la forza da quell’unica fonte di rancore e disperazione a cui un uomo l’aveva costretta ad abbeverarsi.

Era più vicina la costruzione di quanto le fosse sembrato da dietro le sbarre della finestra: A32 c’era scritto sul portale metallico.

Non era certa che fosse proprio quello l’edificio che intendeva raggiungere, ma sbirciando da dietro i vetri poté vedere il deposito di cui aveva bisogno.

Sotto le sue mani esperte, l’ennesimo accesso le fu consentito.

Non le restava che l’imbarazzo della scelta, quelle navicelle sembravano essere state lasciate incustodite appositamente per lei.

Ne incapsulò una, complimentandosi per la veloce riuscita della prima parte della sua operazione, ma la felicità durò poco quando il portale si aprì e fu presa dal panico.

Non ci fu il tempo di nascondersi: le due donne che entrarono l’avevano veduta già.

“E tu chi saresti? Cosa ci fai qui?” le chiese una.

Non erano schiave come Fava. Indossavano delle armature ed i loro corpi erano agili e giovani.

Le cose incominciavano a mettersi male…

“Io…veramente sono stata mandata qui dalla vecchia Fava…” improvvisò balbettando incomprensibilmente.

La circondarono, abbozzando un sorrisetto che non prometteva nulla di cordiale e scrutandola dalla testa ai piedi.

“Tu vieni dalla Terra…non è così? Non sei forse quella prigioniera che il principe portò con se?” le si rivolse la stessa ragazza, col naso adunco ed una cicatrice sulla spalla.

“Era meglio che anche lui se ne restasse lì…” parlò una nuova voce, frattanto sopraggiunta.

Due occhi a mandorla…una bocca tinta di rosso…i capelli corvini e corti…due braccia conserte…

Sembrava che fosse la nuova venuta ad avere più autorità tra loro, lo si denotava dalla sua posa, dal modo brusco con cui si era frapposta alla domanda della compagna.

“Cosa c’è Zana? Qualcosa non è andato come speravi? Allora…non ci tenere sulle spine…com’è il nostro principe a letto?” le fu impunemente chiesto.

Bulma sussultò…

Era quella la femmina con cui stava Vegeta…lei che si era presa il suo uomo…che le aveva oscurato ogni barlume di fiducia…ma…cos’era quel risentimento che nutriva verso di lui…?

Era forse il caso di ascoltarla prima di avventarsi al suo collo, come le suggeriva l’istinto più indemoniato che potesse avere.

“Mi ha profondamente umiliata…” si accinse a raccontare, con le nocche delle mani sbiancate tanto erano serrate e con gli occhi che parevano voler lanciare dardi.

Raccontò di essere stata convocata dal principe in persona, il quale, accoltala nell’anticamera della sua stanza da letto, le aveva dato delle disposizioni circa l’esodo su Neo-Vegeta.

Voltatosi di spalle, le aveva detto al termine del breve colloquio di andarsene:

“Ma io non mi sono mossa…non mi si era mai presentata un’occasione simile…volevo averlo già da tempo…come giusto che fosse dato il rango superiore cui appartengo. Così ho preso a denudarmi…”.

Ma lui aveva continuato a tenergli le spalle, consapevole di quello che stesse facendo al rumore della pesante armatura che cadeva a terra.

“Rivestiti e vattene via!” mi ha detto.

“Voltati almeno…” le aveva detto lei suadente “vedi se vale la pena rifiutarmi…”.

“Non è necessario. Non mi interessi. Non sei bella abbastanza…le donne saiyan non potranno mai piacermi…” ha osato rivolgermi.

Bulma sentì qualcosa di infinitamente caldo e carezzevole avvolgerle l’animo e sciogliere il gelo che aveva dentro.

Non poteva ancora credere che lui avesse pronunziato simili parole, che al suo orecchio assumevano un’unica  ed inequivocabile interpretazione.

“Ma come è possibile? Mai un uomo ha osato rifiutarti…” affermò una delle due.

Zana si fece avanti, sembrava che solo ora si fosse accorta veramente di Bulma.

“Io penso che debba essergli accaduto qualcosa negli anni in cui ha vissuto sulla Terra…un maleficio forse…o semplicemente ha dimenticato così tanto la razza cui appartiene che gli sono finite per piacere le donne di quel pianeta…”.

Bulma la vide farsi spazio tra le due ed accostarsi a lei intimidatoria:

“Forse può spiegarci lei cosa sia potuto accadere a Vegeta…”.

“Quello che lui faceva sulla Terra non era affar mio” riuscì a dire la povera donna le cui gambe avevano preso a tremare.

“Cos’ hanno le femmine del tuo pianeta che io, guerriera di rango superiore, non abbia?” e la studiò con maggiore ispezione.

“Sono alquanto gracili e smilze, non ti pare Zana? Cosa potrebbe trovarci in un corpo simile?…”

“Eppure scommetto che, con questo visino innocente, eri proprio tu a portartelo a letto…” insinuò spingendola ad indietreggiare contro una delle navicelle depositate lì.

“Io…”.

“Da brava…sono curiosa di vedere cosa nascondi di tanto interessante sotto questi logori vestiti da schiava…sarei capace di recarmi appositamente sulla Terra per ridurre a brandelli la pelle di ognuna di voi. Sarebbe un vero divertimento incominciare proprio da te e mostrare la mia opera a  lui…” rise malvagia.

“No!! Lasciatemi in pace!” urlò lei, nell’ultimo tentativo di resistenza.

“Vediamo…potrei incominciare dal tuo faccino candido…” le mise il palmo della mano contro il naso, producendo una sfera di energia.

“Falla finita!”.

Una nuova voce…

Giunta in soccorso appena in tempo…tanto familiare e gradita…tanto grintosa e risoluta…

“Trunks…” mormorò la madre.

C’era qualcosa di così diverso nell’espressione dei suoi occhi cerulei, rimasti per tanto tempo nel buio della propria agonia.

Era una rabbia furente che stava per conflagrare in una furia indomita, troppo a lungo repressa.

Era giunto il suo momento…Trunks aveva risalito il precipizio in cui era caduto ed ora qualcuno avrebbe pagato caramente il prezzo del male che a loro era stato fatto. Niente più poteva fermarlo…

“E tu cosa vuoi…moccioso? Chi sei?” gli si era rivolta Zana.

Era intaccabile quell’aria seria e severa, insostenibile lo sguardo iracondo ed ostile. La guerriera non riuscì ad aggiungere altro.

Era identico a suo padre…pensò Bulma trasecolata, non avendolo mai veduto così.

“Sono il figlio di Vegeta” rivelò mentre una potenza sconosciuta gli faceva sollevare le ciocche di capelli e lampeggiare gli occhi “ed ero orgoglioso di esserloooooo!!!” urlò a squarciagola avvampando di luce indorata.

Zana ebbe solo il tempo di sgranare per la sorpresa  e per la paura gli occhi, prima che qualcosa di invisibile e scattante la sollevasse e la scagliasse contro una di quelle navicelle facendola saltare in aria.

Bulma, rifugiatasi in un angolo, assistette all’assalto rabbioso del figlio contro le tre guerriere.

Non avrebbe mai creduto che un ragazzino mite potesse riuscire a diventare per collera tanto impietoso e spietato. Il sangue di suo padre gli stava ribollendo nelle vene e non gli importò di continuare ad infierire anche quando la sua superiorità fu dimostrata.

Poco più tardi, qualcuno, attirato dalle esplosioni e dai terribili tumulti, mise piede in quello che restava dell’edificio A32.

Osservò le navicelle disintegrate ancora fumanti, ne calpestò i rottami, e vide i corpi uccisi di due guerriere:

“Zana…” si avvicino al terzo corpo che scorse poco distante.

“Napa…” sussurrò lei rigurgitando un rantolo di sangue.

“Ma cosa è accaduto? Chi vi ha ridotto così?” si inginocchiò accanto per sentirla.

Passò qualche istante prima che la saiyan prendesse il respiro per un’altra parola:

“Qu…quel mo…ccioso…terres…”.

“Cosa hai detto? Parla più chiaro…hai detto il terrestre? Il figlio di quella donna che Vegeta portò con se dalla Terra?”.

Lei annuì con una smorfia agonizzante. Le sue labbra insanguinate tremavano e nei suoi occhi c’era ancora orrore :

“Io…non…ho mai visto…” tossì ancora “nulla di simile…era…era una furia…scatenata…Napa…è un saiyan”.

Napa, scoperto quello, si avvicinò di più alla sua bocca per sentire l’ultima parola:

“E’ il figlio di…” e spirò.

 

 

* * *

 

Bulma osservava il figlio ancora con incredulità. Lui continuò a tenere l’espressione tesa ed irata anche quando fecero ritorno nella propria cella. Quasi ebbe timore di rivolgergli la parola:

“Sono riuscita a prendere questa navicella…” gli diede tra le mani la capsula “…conservala  tu”.

Se la rigirò a lungo tra le dita e riuscì solo ad infilarsela nella tasca, prima che la porta bruscamente si aprisse ed irrompesse Napa:

“Vieni con me!” ordinò al ragazzo.

“Dove intendi portarlo?” si fece avanti la madre, intuendo che la strage compiuta dal figlio già doveva essere stata scoperta.

“Non preoccuparti…donna…non intendo fargli del male” e con quella frase, che non aveva il sapore di nessuna promessa, lo portò via.

“E così tu saresti un guerriero?” domandò Napa al ragazzino con lo sguardo basso e con la bocca decisa a non aprirsi.

Si trovavano in un’ampia stanza, era vuota e la voce dell’uomo risuonò ancora più cavernosa.

Gli aveva già chiesto a chi fosse figlio, ma non aveva ottenuto risposta.

Alla fine decise che a dirglielo sarebbero state le sue capacità combattive:

“Sono curioso di vedere se sei quella furia scatenata che mi ha detto Zana…” e fatto cenno ad un uomo vicino ad un ingresso, furono fatti entrare sei ragazzini della sua stessa corporatura ed età.

“E’ una squadra di giovani guerrieri che io personalmente sto allenando. Intendo misurare la tua forza con la loro…anche se so già che ti ridurranno a brandelli…” lo sfidò.

“Uno contro sei? Non mi sembra giusto” furono le prime parole che pronunciò.

“Il nemico non è mai giusto…”.

Trunks guardò ad uno ad uno i suoi rivali, che sghignazzavano e lo insultavano.

Sentendo che il suo sangue ribolliva ancora e la sua sete di vendetta non era stata ancora placata accettò la sfida.

Il ghigno sulla bocca di Napa prese a ridursi ad una fessura di stupore ed una folla di curiosi si fece avanti per assistere agli assalti rapidi e decisi di un ragazzino dai capelli color glicine.

Due dei giovani guerrieri erano stati già messi al tappeto ed un terzo giaceva a terra con il torace dolorante. Combatteva accecato dalla rabbia, come ad un vero saiyan si addice. I suoi movimenti erano sincronizzati e scattanti, frutto di un insegnamento che solo da un esperto poteva essere stato impartito.

Fu bloccato alle spalle ed una raffica di pugni fu assestata nel suo stomaco, prima di urlare e raggiungere lo stadio di super-saiyan, che fece sbalzare in aria i suoi assalitori.

Questo gli concesse un minuto di tregua, che non fu sufficiente a smorzare il respiro ansante e a riprendere l’equilibrio.

Cadde a terra e solo per poco un colpo da parte di un altro avversario riuscì a schivare.

Il peso dei giorni trascorsi nell'inerzia, senza più allenamenti, senza più la luce del sole, senza più i sostanziosi piatti cui era abituato, cominciarono a gravare insostenibili sulle sue spalle.

Tuttavia trovò ancora l'energia di sferrare attacchi ulteriori, di resistere agli assalti, di asciugarsi il sangue che aveva preso ad uscire abbondante dal labbro inferiore, invigorito solo dal rancore e dalla rabbia che urlavano dentro, fino a quando Napa non li interruppe bruscamente.

Era giunto un uomo nella sala ed era accorso verso di lui.

Dall'andatura affrettata era chiaro che aveva qualcosa di importante da annunciare ed attirò l' attenzione dei presenti e di Trunks, che intanto recuperò fiato:

“Napa, il sovrano è tornato pochi minuti fa dal pianeta Lutron, che ha conquistato con successo, ed ora ha chiesto di te. Hanno fatto ritorno anche Burdack e Radish con un ricco bottino: la Terra è stata conquistata e la sua popolazione già sterminata”.

Un colpo di sferza...

Tale l' impatto micidiale di quelle parole che tolsero ogni vigore residuo nel corpo del ragazzo, che si piegò in due cadendo in ginocchio.

La Terra...Goku...Goten...tutti...la sua casa...possibile che più nulla fosse rimasto?

Un calcio violento lo scaraventò contro il muro.

Napa aveva fatto riprendere il combattimento e lui nemmeno se ne era accorto. Ormai, in balia dei suoi assalitori, precipitava di nuovo in quel baratro che già a lungo lo aveva tenuto inghiottito.

Napa lo vedeva rialzarsi a tentoni, vomitare sangue, ricadere di nuovo ai colpi micidiali degli avversari. Non poteva ammettere che fino a pochi minuti prima aveva combattuto con grinta e con infallibile tecnica, che quel mezzosangue, con allenamenti più ferrei e pasti più sostanziosi, sarebbe divenuto un impeccabile guerriero di Primo Ordine, feroce e spietato nella maniera debita.

Era un peccato che gettasse il suo ultimo sangue in quella sala, meritava di certo una morte più gloriosa:

“Adesso basta!” al suo imperativo i ragazzini arrestarono la sfera già pronta tra le mani e furono fatti ritirare.

Il ragazzo restò inerme a terra, ma Napa vedeva il suo corpo percosso ancora da fremiti, nel tentativo di rimettersi in piedi.

Si domandava ancora a chi potesse essere figlio. Indubbio che Vegeta l'aveva condotto con se, ma non poteva appartenere a lui...non c'erano ragioni del perché avesse dovuto nascondere la sua figliolanza...soprattutto quando ce n'era da essere orgogliosi...

Trunks intanto era riuscito a riassestare il proprio equilibrio. Nei suoi occhi, il fuoco della rabbia aveva consumato quello del dolore fisico arrecatogli, ancora tuttavia vivo sotto i tizzoni ardenti che ancora sentiva sulla pelle della spalla sanguinante.

Napa fissò bene lo sguardo di quel viso ansante, studiando con attenzione il profilo degli zigomi e delle sopracciglia  inarcate in un cipiglio di collera e di astio.

Era incredibile quanto somigliasse a...

No...non poteva essere...eppure era identico a Vegeta...

“Io non ho ancora finito” pronunciò Trunks, sentendo il sangue del labbro inferiore mescolarsi alla saliva.

“Intendo ancora combattere...”.

“E contro chi vorresti combattere?” Non vedi come sei ridotto?" rise Napa alla sua patetica ostinazione.

Trunks respirò forte, il sangue ancora si mescolò nella sua bocca:

“Voglio combattere con Vegeta” disse.

Il fragore di una risata generale inondò la sala. Napa fu l'unico a non lasciarsi coinvolgere:

“E perché vorresti combattere contro di lui?” chiese assalito da dubbi maggiori.

Ma il ragazzo non rispose.

“Sei solo un moccioso...ed i mocciosi non possono contendere con un guerriero del livello del nostro principe”.

“Voglio combattere contro di lui!” urlò a squarciagola mettendo a tacere l' ilarità degli astanti.

Ma lo sforzo fu eccessivo: Trunks ondeggiò per alcuni metri, prima di cadere a terra e restare privo di sensi.

 

* * *

 

“Esattamente…quel ragazzino è il figlio di Vegeta, insieme a quell’inutile essere che ha ancora solo pochi mesi di vita…” spiegò il re a Napa, mentre si liberava dell’armatura imbrattata dell’ultimo sangue che aveva fatto versare.

“Vegeta ha voluto tenere nascosta la vergogna di aver messo al mondo delle creature tanto deboli…”.

“Ma io ho visto combattere con i miei stessi occhi quel moccioso, ha ucciso tre delle nostre migliori guerriere e se si fosse allenato di più in questi ultimi mesi, avrebbe potuto compiere una strage di proporzioni ben più immani…” replicò Napa, suscitando sorpresa e stupore nel sovrano.

“E’ molto strano…” si grattò il mento barbuto “chiederò spiegazioni più chiare a mio figlio…”.

Perché aveva mentito nascondendo la sorprendente forza di quel moccioso?

Napa continuò ancora a parlare della tecnica precisa del giovane e della forza immane di cui era fornito:

“Io credo, Altezza, che dall’unione di un saiyan con una terrestre nasca un individuo dotato di forza anche superiore a quella di un purosangue”.

“Forse è così…” concordò il re, rimasto alquanto impressionato dal racconto dell’altro ed interessato alla questione.

“E’ un peccato che la razza umana sia stata sterminata, creando lì una colonia, sarebbe stato possibile fecondare molte di quelle femmine e realizzare una razza superiore a quella pura” immaginò Napa facendo volare la fantasia.

Il re sorrise, incrociando le braccia:

“Non è detto che nulla più sia possibile…c’è quella terrestre…quella prigioniera che Vegeta portò con se dalla Terra…qualche figlio sarà ancora in grado di metterlo al mondo e questi potrebbero venire clonati…” ed alzò un calice di vino per brindare all’ultima, blasfema idea che la sua mente perversa aveva generato.

Napa lasciò gli appartamenti del sovrano, seguitando ad elucubrare sul geniale proposito che aveva suggerito al re.

I pianti provenienti dal nido degli ultimi saiyan venuti alla luce gli segnalò di esser giunto a destinazione.

Sorrise soddisfatto, accorgendosi di non essersi sbagliato e di aver trovato proprio lì l’uomo che cercava.

Era fermo costui a guardare dietro un vetro i cuccioli saiyan che si dibattevano nel pianto o dormivano placidi, ancora ignari del destino di implacabili guerrieri che li attendeva.

“Ero sicuro di trovarti qui…” gli disse Napa poggiandogli una mano sulla spalla “tuo fratello Radish e tuo padre Burdack hanno fatto ritorno poche ore fa dalla Terra…”.

L’uomo non disse nulla, fissando tenebroso i neonati.

“Qual è il tuo? E’ nato oggi?”.

“Ha il livello più basso di combattimento di tutti glia altri. Zero…non vale neanche spedirlo sul pianeta più lontano che possa esserci. Fino ad ora ho avuto per discendenza solo spazzatura!” digrignò, sprezzante, i denti.

“Non prendertela…” rise Napa “anche tuo padre pensava la stessa cosa quando fosti generato. Ma qualche passo in avanti lo hai fatto anche tu…sebbene…sia chiaro…resti sempre un guerriero di infimo livello…”.

“E’ un marchio che incomincia a bruciare la pelle…” parlò il giovane con rabbia e sconforto “…neanche un figlio abbastanza forte da riscattare la mia condizione…”.

“Se tu lo volessi, potresti averne uno tale da superare anche la forza combattiva del sovrano…”.

Una terrestre nel Quarto Ordine…una prigioniera…un figlio mezzosangue…un fenomeno forse imbattibile…

L’uomo ascoltava con attenzione crescente quanto Napa gli stava offrendo:

“Perché proprio io?” volle sapere alla fine.

“Perché lei è una schiava ed io, guerriero di livello superiore, non intendo insudiciare le mie lenzuola. Ecco perché sono venuto da te. Tu puoi farlo…sbattertela per un po’ non ti farà male e non lederà di certo il tuo onore. Entro stanotte saremo tutti su Neo-Vegeta, ma lei resterà qui, appositamente per questo. Potrai ritornarci, se necessario, ma prima ti muoverai, prima la feconderai e meglio sarà…”.

Il giovane si trattenne ancora lì quando Napa si fu ritirato, poi, presa la sua decisione, diresse i passi verso il corridoio del Quarto Ordine.

 

Continua…

 

 

Lilly81