Fonte: http://www.usatoday.com/usafront.htm
Data:
24.11.03
L’Ossario di Giacomo apre un vaso di
Pandora circa i sospettati falsi.
ATLANTA – Sei mesi dopo che
l’ossario di Giacomo è stato dichiarato un falso, l’antica cassa sepolcrale
di pietra, recante un’iscrizione menzionante Gesù, continua a tenere banco
nel mondo dell’archeologia biblica.
Gli studiosi sono ora alla ricerca
di più possibili contraffazioni e s’interrogano sul ruolo che i loro colleghi
hanno giocato nell’autenticazione di reperti in seguito rivelatisi falsi.
“L’ossario di Giacomo mostra che
Gesù vende” ha dichiarato l’archeologo Alexander Joffe, un esperto di
Antichità del Vicino Oriente.
Nel corso del meeting
dell’American School di Ricerche Orientali, tenutosi la scorsa settimana,
l’archeologo Amir Ganor dell’Autorità per le Antichità Israeliane, ha
dichiarato che l’indagine sull’ossario di Giacomo si è spinta a considerare
tutti gli artefatti dell’era biblica, raccolti negli ultimi 15 anni dal Museo
Israeliano di Gerusalemme.
I primi rapporti sull’ossario, lo scorso anno, sulla rivista Biblical Archaeology, hanno generato frenesia attorno alla reliquia che recava l’iscrizione aramaica “Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello di Gesù”.
Folle di curiosi hanno visitato il Royal Ontario Museum per vedere la cassa di pietra.
Gli studiosi, comunque, s’interrogano non solo sull’autenticità dell’oggetto, ma sulla legalità della sua provenienza: se sia stato cioè dissotterrato illegalmente, un problema crescente in archeologia.
In Giugno, l’Autorità Israeliana ha dichiarato falsa l’iscrizione sull’ossario. Le analisi chimiche hanno rivelato che il riferimento a Gesù è stato sbalzato in tempi moderni e ricoperto con una patina antichizzata, replicando così il cosiddetto caso “James Bond” dell’archeologo di Yuval Goren della Tel Aviv University.
Nella presentazione della conferenza, Goren ha descritto la “Sindrome di Gerusalemme” dei reperti falsificati, in riferimento ad una patologia mentale di nome simile che affigge i turisti che visitano Gerusalemme e si convincono di essere personaggi della Bibbia. Focalizzandosi su quattro casi di artefatti dubbi, incluso l’ossario di Giacomo, ha individuato le caratteristiche comuni di falsi dello scorso secolo:
- la pubblicazione o l’annuncio della pubblicazione del reperto su Biblical Archaeology Review
- l’autenticazione dell’età del reperto da parte degli scienziati del Servizio Geologico di Israele, e dell’iscrizione da parte del paleografo Andrè Lamaire, dell’Università della Sorbona di Parigi.
- i commenti degli esperti secondo cui “sarebbe troppo bello per essere vero”
“La nostra disciplina può essere contaminata per numerosi fini differenti da più falsi simili” ha ammonito Goren. Le falsificazioni del passato, accettate come reali, suggeriscono come la paleografia sia una sorta di ‘paradiso degli sciocchi’”ha dichiarato, “utile per autenticare qualsiasi contraffazione”.
Nella sua presentazione, l’archeologo Neil Silbermann, che scrive spesso contributi su Archaeology Magazine, suggerisce che la vicenda dell’ossario insegna che gli studiosi devono riuscire a separare la professione dalle richieste dei collezionisti. Ha richiamato i suoi colleghi, invitandoli a non accettare di collezionare artefatti saccheggiati, in quanto socialmente inaccettabile, né più né meno della caccia di animali in via di estinzione.