GUSTAV KLIMT: L'ARTE E LE DONNE

"... come il frutto di loto che faceva dimenticare agli stranieri la loro patria, così il fulgore della sua bellezza sradicava dagli uomini i giuramenti d'amicizia..."
(Tommaso Marinetti)


L'età della Secessione è "un'epoca di donne fatali", in cui le donne peccatrici, dominatrici, seduttrici non sono più additate alla compassione della morente società borghese dell'Ottocento, ma venerate come dee e idoli di una cultura nuova, più libera e insieme schiava delle sue grandi passioni, in un'Europa che cambia volto. Questa donna così seduttiva, capace di usare il suo fascino per soggiogare l'uomo e sottometterlo, affascina intensamente Klimt e i suoi compagni secessionisti. La femme fatale è un'icona della Secessione e dell'Art Nouveau: avviluppante ed insidiosa, di fronte a lei è impossibile resistere. Le sue movenze ed i suoi sguardi sono allusivi e voluttuosi, l'effetto che produce è quello del vino, delle droghe e dei veleni. La donna fatale ripropone il tipo, ricorrente nella cultura occidentale, della tentatrice sensuale e distruttiva, di una donna pericolosa per l'uomo proprio in virtù del suo potere di seduzione. Bella, affascinante, crudele, bramata e odiata, ella è la personificazione della sessualità, l'emblema dell'amore carnale, della passione e dell'istinto, di un'area dell'anima dove non regna più la ragione, ma l'irrazionalità, e le pulsioni istintuali. Klimt renderà ampiamente omaggio a questa visione della donna nella sua opera, in Giuditta I e II come nel dettaglio delle "forze ostili" del Fregio di Beethoven e nella splendida ninfa protagonista di Pesci d'oro. E' la Donna che si fa gioco dell'uomo, anzi se ne nutre, gareggiando con lui in astuzia e crudeltà e vincendo grazie a un'arma invincibile: quella della seduzione, dello sguardo che avvince e cattura.

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