Nel campo della teoria nessun seguace. (Detto imitando Kierkegaard)
Non solo nel mondo degli affari, ma anche in quello delle idee, il nostro tempo sta attuando un'autentica liquidazione: Tutto si ottiene a un prezzo talmente vile, che viene da chiedersi se alla fine ci sarà ancora qualcuno disposto a offrire. Ogni mercante della speculazione che l'importante corso della filosofia moderna mette in evidenza, ogni libero docente, assistente, studente, non si accontenta di fermarsi a dubitare di tutto, ma va oltre. Forse sarebbe avventato e inopportuno chiedere loro dove in fondo se ne stanno andando, ma è cortesia e modestia il considerare come una cosa troppo risoluta il fatto che essi abbiano dubitato di tutto, poiché altrimenti sarebbe anche un discorso strano quello che essi vanno oltre. Kierkegaard - Prefazione a Timore e tremore.
1.
L'epoca della rivoluzione era essenzialmente appassionata; per cui
ha avuto essenzialmente forma. Anche la manifestazione più
violenta di una passione vera ha ricevuto la sua forma dalla
manifestazione stessa. L'epoca della rivoluzione era essenzialmente
appassionata; per cui ha avuto a che vedere essenzialmente con la
cultura. L'energia dell'interiorità è stata infatti
l'unica misura sulla cui base si è potuto dire, in altri
tempi, che un proletario animato essenzialmente da audace risolutezza
era essenzialmente colto.
L'epoca della rivoluzione era
essenzialmente appassionata; per cui è potuta essere violenta,
licenziosa, selvaggia, senza riguardi ad altro che se stessa, ma, pur
nutrendo delle non disinteressate mire esteriori, essendo rivolta
essenzialmente all'interno, non è stata e mai sarà mai
abbastanza rozza da essere sobria. Mentre l'ordine esistente si
marchia ufficialmente della falsità come garanzia di realtà,
non ci si stupisce della violenza, dell'ingovernabilità e
della sregolatezza di cui si occupa la tecnica della direzione dei
movimenti di massa; ma se non c'è alcuna autonomia soggettiva
avremo, in determinate circostanze, solo la brutale rozzezza della
gregarietà soddisfatta, nelle stesse proporzioni che in una
qualunque condizione ordinaria. Giacché nessuno ha qualcosa in
proprio e neanche in gruppo, e nessuno ricorda più i ditirambi
dell'insurrezione che adunavano le masse, surrogato della gioia sono
diventate da tempo le ciance e le dicerie dello spettacolo,
l'importanza illusoria dei rapporti sociali e la fredda invidia.
Nessuna ironia che la rapidità del trasporto e l'urgenza della
comunicazione attuali siano in rapporto diretto alla loro
banalizzazione! Se la logica della falsa coscienza non può
conoscere se stessa, sono le leggi del pensiero dominante, il punto
di vista esclusivo dell'attualità, ciò che viene
riconosciuto da tutti. Il delirio si ricostituisce nella posizione
stessa che pretende di combatterlo. La critica dello spettacolo deve
saper aspettare, mentre la falsità è un momento di se
stessa. L'epoca della rivoluzione era essenzialmente appassionata. La
sua presenza esigeva segretezza, ma con la sua assenza abbiamo subito
meno una disdicevole ingenuità che una fastidiosa assenza di
carattere.
L'epoca della rivoluzione era essenzialmente
appassionata, e in questo senso ha conosciuto l'immediatezza, anche
se provvisoriamente. Sul piano del rovesciamento di prospettiva il
singolo doveva finire con il tradire se stesso. L'immediatezza
dell'epoca rivoluzionaria è stata un ripristino dello stato
naturale in opposizione a una positività indiscutibile e
inaccessibile. Ma l'assenza di forma è assenza di contenuto.
Bisogna ricordarlo specialmente ai nostri giorni, quando nulla ha
importanza vera e tutto ha il sigillo dell'urgenza. L'epoca della
rivoluzione era essenzialmente appassionata; per questo è
stata essenzialmente rivelazione delle metamorfosi e dei tradimenti
di una critica congetturale sulle reali volontà dell'epoca.
L'impeto della passione ne ha segnalato la presenza, la traccia
dell'azione ha marcato gli errori, bisognava decidere, ma ciò
a sua volta è stata la salvezza dell'ordine dell'irrealismo
dominante, giacché l'oggettivazione del dominio sa ricondurre
ogni decisione nello spettacolo. Lo spettacolo non chiede altro che
un'estrema determinazione ai suoi servitori. L'epoca del nichilismo
spettacolare è stata un'epoca rivoluzionaria e lo sarà
ancora.
2.
Se avessimo tabelle sul consumo di materia grigia da
generazione a generazione come le abbiamo per il consumo di qualunque
altra merce, ci stupiremmo a vederne la quantità mostruosa che
viene consumata attualmente. Se dell'epoca rivoluzionaria diciamo che
si perde, dell'attuale dobbiamo dire che non si vuole disperdere, ciò
sta alla base del tergiversare di un'epoca che non vuole essere
dissolta dalla sua stessa fretta. Contrariamente all'epoca
rivoluzionaria che era attiva, la nostra è l'epoca degli
avvisi, l'epoca dei comunicati vari - sembra che non succeda niente,
però segue immediatamente il comunicato in cui si smentisce il
sospetto che tutto stia cambiando. Un'insurrezione oggi sarebbe la
cosa più inimmaginabile di tutte. L'epoca attuale dello
spettacolo con le sue brevi fiammate d'entusiasmo seguite da
un'indolenza altrettanto destinata ad essere consumata rapidamente,
ha molta attinenza con il comico, ma chi comprende il comico vede
agevolmente che il comico non sta affatto dove s'immagina l'epoca
attuale, ma sta proprio nel fatto che un'epoca simile voglia ancora
essere spiritosa. Spassionata com'è non sa cosa farsene del
sentimento e dell'interiorità, anche se finge talvolta di
rimpiangerne la primordialità. Se è sicurissimo che
l'irretito nello spettacolo può nutrire le stesse buone
intenzioni dell'appassionatamente risoluto, all'inverso chi si travia
nella passione può avere le stesse attenuanti di chi è
larvatamente consapevole di lasciarsi ingannare dalla sua
ragionevolezza, mentre l'errore non diverrà mai noto. Il dolo
dialettico interpola privatamente una variante segreta: non c'è
ambiguità laddove sembra che ci sia.
Moralità è
carattere, dunque il carattere è ciò che rimane inciso,
ma anche l'immoralità, in quanto energia, è carattere.
Nell'ambiguità dell'inganno spettacolare non c'è né
l'uno né l'altro. La rivolta della passione è
elementare, in un'epoca appassionata l'entusiasmo è il
principio unificante, in un'epoca spassionata l'invidia diviene il
principio unificante in negativo. Più lo spettacolo prevale,
più l'invidia diviene pericolosa perché non ha
carattere sufficiente a cogliere il proprio significato. L'invidia si
erige a principio della mancanza di carattere. L'invidia della
mancanza di carattere non capisce che l'eccellenza è
eccellenza, non sa di riconoscerla seppure negativamente. L'invidia
diffusa non è che il livellamento della società
spettacolare. La realizzazione più aberrantemente logica della
nichilismo spettacolare è il livellamento quale sintesi
negativa della reciprocità negativa fra gli individui. Il
principio della socialità è il fattore corrosivo e
corrompente in cui il regime dello spettacolo ha rovesciato il
concetto di comunismo. Il principio di associazione, la comunità,
la socialità, al giorno d'oggi, non sono affermativi ma
negativi. La corruzione morale dell'autocrazia democratica e il
declino dei tempi rivoluzionari sono stati descritti spesso, ma il
declino di un'epoca spassionata come quella attuale è qualcosa
che non sarà di sicuro meno funesto, seppure, grazie
all'ambiguità dello spettacolo, non meno vistoso dei
precedenti, ma sicuramente meno compreso.
Omar Wisyam scripsit (2002)