Omar Wisyam (Claudio D'Ettorre)

Lampi (senza temporale)

La lettura del volume "Lampi di Critica radicale", a cura dell'Associazione Culturale Mimesis, uscito nel 2005 e firmato come "Archivio Cesarano", mi permette di riprendere un discorso su Giorgio Cesarano, che non si era esaurito prima e non si esaurirà adesso.

Questa pubblicazione presenta materiali eterogenei su e di Cesarano, ed in particolare dell'ultimo periodo della sua vita.

La prima parte ha come titolo quello del volume, la seconda: "Materiali".

Il primo testo della prima parte è di Giuliano Mesa, "Giorgio Cesarano: ricordando l'utopia radicale" ed è tratto da "Invarianti", n.2-3, estate-autunno 1987. Il testo presenta qualche nodo della riflessione di Cesarano come il rapporto tra poesia e critica radicale, la critica del "pensiero terapeutico", il tema del corpo e dell'utensile, l'alienazione della specie. Infine un suggerimento a leggere l'opera di Cesarano non come un sistema ma come "un punto di vista critico in movimento" e due giudizi: il suo "fallimento" non è un fallimento "sterile" e il suo "anacronismo" non è "inattualità", ma un effetto del progredire dell' "utopia capitale".

Il secondo testo, più esteso, è di Claudio Mutini, ed è tratto da "Invarianti", n.26, primavera 1995. Il titolo è "Autoproduzione linguistica e capitale". La lingua per Cesarano, ricorda l'autore, era "la condizione del valore", e in una prima versione, nel manoscritto della "Critica dell'utopia capitale", era significativamente "la banca dei valori". Il "lavoro linguistico" come "produzione del soggetto", della "persona", dell'Io è oggetto dell'analisi di Mutini.

Costui rimprovera a Cesarano "rigidezza" e semplificazione (Mutini preferisce chiamarla "polarizzazione") - un discorso, quello di Cesarano, "apocalittico" e diffidente nei riguardi dell' "argomentazione scientifica" - da cui sono derivate "scarse possibilità di incidenza" negli anni '70 del secolo scorso e "scarse probabilità di resistenza" per il decennio successivo. Ma, in fondo, la zavorra, nella riflessione di Cesarano, secondo Mutini, consiste nelle "sollecitazioni neo-umanistiche (in senso esistenzialista ed ecologico)".

Il terzo testo, "Con Giorgio", di Jacques Camatte, è la trascrizione del suo intervento all'incontro tenuto a Bologna il 1 luglio del 2000 dal titolo "Dalla diserzione della cultura alla corporeità insurrezionale". Nel suo discorso Camatte rileva la "similitudine", l'affinità del proprio cheminement con quello di Giorgio, la potenza e la profondità della sua "presenza". La lettura e il commento di una pagina (pagina 43) della "Critica dell'utopia capitale" è il mezzo scelto da Camatte per "evidenziare" il suo "comportamento" verso Giorgio Cesarano (ed anche le "contraddizioni" di costui: infatti per Camatte, nella pagina indicata, Cesarano risulterebbe "troppo esigente" verso Marx e "troppo poco" verso Freud). Infine Camatte, a 25 anni dalla morte di Cesarano, segnala che gli sviluppi attuali del suo pensiero (quinta serie di "Invariance"), cioè la teoria dell' "ontosi", sono il risultato, tra l'altro, di una lunga riflessione sul suicidio e sul suo fascino.

Il quarto  testo è la trascrizione di una "Discussione su natura, dominio, tecnica e protesi" tra J. Camatte, E. Ginosa, J. Fallisi, P Ranieri e S. Serrao svoltasi a Bologna il 1 luglio del 2000.

Tuttavia della prima sezione mi ha incuriosito soprattutto il quinto testo, di Piero Coppo, intitolato "Per Giorgio Cesarano", che è stato redatto in occasione dell'incontro bolognese del 2000 (due preposizioni, "con" e "per", nei titoli rispettivi di Camatte e Coppo). In questa relazione si sommano pochi riferimenti ad esperienze personali ad alcuni brani di lettere di Cesarano. La lettura di questi passi, in cui si ritrova integro il pathos della riflessione di Cesarano, invita a sollecitare, se ancora possibile, che si pubblichi almeno una raccolta dell'epistolario di Giorgio Cesarano. Ritornando sulla questione del suicidio, il relatore cita un breve passaggio di un manoscritto inedito, la "Lettera letteraria del $uicida £etterato a T. ma anche agli altri che dormono qui sotto". Coppo sottolinea, in conclusione,  l'importanza fondamentale dello "sforzo teorico" di Cesarano, "svolto in condizioni di isolamento quasi totale e senza mezzi", che ha posto "nella rivoluzione neolitica la discontinuità che aveva proiettato la specie fuori della 'natura',  e quindi le origini dell'economia politica e dell'alienazione". "Un immenso allargamento di campo".

Completano la prima parte del libro la "Lettera a L'Espresso" di Nani Cesarano, Piero Coppo e Joe Fallisi in risposta ad un articolo di Valerio Riva  pubblicato sul settimanale (nel n. 22 del 1 giugno 1975), "Una nota squisita" apparsa su "Puzz", numero unico dal titolo "La fabbrica della repressione", del settembre 1975, e una "Bibliografia" compilata da Lalo - individualità Gemeinwesen.

Nella seconda parte, "Materiali", compaiono alcuni brevi testi e qualche lettera.

Tra i testi, "Cronaca di un ballo mascherato" di Cesarano, Coppo, Fallisi, "Ciò che non si può tacere" di Cesarano e Faccioli, "Provocazione" testo non firmato di Cesarano, una nota intitolata "Amsterdam" del 26 settembre 1972, "Apparentemente, l'oggetto d'amore ..." un frammento di testo redatto tra gennaio ed aprile del 1975 ed il cui titolo è dato dalle sue prime parole (pubblicato in appendice a "Psicopatologia del non vissuto quotidiano" di Piero Coppo), "Erotisme ou Barbarie", glosse e note di lettura al "Trattato di storia delle religioni" di Mircea Eliade, e qualche lettera di e a Cesarano.

In "Apparentemente, l'oggetto d'amore" trovo una frase sull'impazienza che conclude la prima parte, dattiloscritta, di questo frammento e che riporto:

"Ma ancora una volta, se l'impazienza è la condizione che accelera il movimento, l'immediatismo è la caduta che lo manda fuori traiettoria. Del pari, non se ne esorcizza il rischio col terrore metafisico della realizzazione, quasi che la furia di mutare il mondo potesse farlo senza misurarvisi. Un'impazienza capace di non rinunciarsi è la qualità che consente al movimento di non cedere tensione a fronte dell'insufficienza manifesta delle sue 'realizzazioni': di non fermarvisi mai, superandole così realmente e materialmente. Essere la situazione è quanto consente di oltrepassare l'angustia delle 'situazioni' che, nel loro cedere alla datità, si fanno prendere entro la riproduzione del passato".  

Ai testi inseriti in "Materiali" si uniscono alcune lettere. Di queste, la prima, del 23 agosto 1974, indirizzata a Joe Fallisi, si riferisce all'elaborazione della "Cronaca" e alle manovre repressive di quel periodo. Segue una lettera di Gianni-Emilio Simonetti del 29 settembre 1974 in risposta a una di Cesarano (non inclusa), una minuta di lettera di Cesarano del 5 novembre 1974 non si sa a chi precisamente destinata, un'altra lettera di G.-E. Simonetti del 17 marzo 1975 ( Simonetti accenna alla rottura dei rapporti "... dopo che ti ho allontanato per insufficente [sic] intelligenza dell'epoca e per il tuo reiterato e continuo uso politico della critica" e  conclude "nella speranza di non doverti mai più incontrare in vita mia"), una lettera a Pier Paolo Pasolini del 14 novembre 1974 scritta in seguito ad un articolo di Pasolini pubblicato sul Corriere della Sera dello stesso giorno dal titolo "Io so" (l'articolo di giornale non è incluso), ed infine una lettera a Mario Perniola del 19 novembre 1974 in cui Cesarano scrive, tra l'altro , che "la mia rottura  (dolorosa, per me) con Simonetti ha provvisoriamente seppellito il progetto comune di editare, col titolo, "Provocazione", quaderni periodici di critica radicale destinati a far conoscere in Italia testi di varia provenienza".

Poche lettere e parecchio lacunose, dunque, che, se stimolano un po' di curiosità verso vecchie questioni, ma non prive di interesse storico e documentario, la lasciano poi cadere nel vuoto.

giugno 2007