Nel deserto della Tunisia con 6 fuoristrada e una
donna.
Ore due del pomeriggio. Il sole batte forte. Il
caldo e’ quello tipico delle zone desertiche : molto,
ma molto secco. Tutto intorno solo dune, e poi dune, e poi sabbia di un colore
ora rosato ora rossastro e piccoli cespugli di piante arbustive. I fuoristrada sono sparsi
nei dintorni. Francesco, il capo spedizione,
sta girando nel tentativo di ritrovare un punto Gps saltato o errato : non sapremo mai perche’ ce lo siamo perso. Due altri 4x4
stanno lavorando con gli strops, le fasce apposite che
servono per trainare le macchine fuori dagli insabbiamenti, per liberare il
Mercedez SL. Mary, l’unica donna del gruppo, coraggiosa od incosciente a
partecipare a questo raid con sedici uomini sedici, comincia a dare segni di
nervosismo. Guarda l’orologio e ricorda a tutti via
radio che tra poche ore il sole tramontera’ lasciandoci soli nel deserto. Siamo
in Tunisia. Partiti al mattino da Douz, la mitica porta del deserto, abbiamo percorso una pista ben segnata fino al Café’ du
Desert e poi ci siamo diretti attraverso uno sconfinato erg, senza riferimenti
se non la bussola, verso la mitica città di Ksar Ghilane. Trasportiamo
naturalmente bidoni di acqua, taniche di benzina,
pezzi di ricambio, cibarie varie. Prima di partire abbiamo, come da regola del
buon navigatore di mari di sabbia, avvisato la Gendarmerie
di Douz con consegna dell’itinerario e prevista ora di arrivo. A questo punto
ci buttiamo alla ricerca della via migliore per attraversare questa zona di deserto.
C’è da percorrere in direzione sud
kilometri 40 e poi avvistata la Land Rover abbandonata in cima ad una collina proseguire verso est per chilometri
56. E’ tutto filato liscio fino a quando
non abbiamo incontrato questa zona di sabbia molle. Siamo al chilometro 30 del
tratto verso est, e ne restano da fare solo 26.
Probabilmente la situazione e’ aggravata anche dall’orario con il sole allo
zenit che rende ancora piu’ morbida questa polvere impalpabile su cui le
macchine devono galleggiare. Dobbiamo prendere una decisione. Proseguire alla
ricerca di una via per uscire da questa zona insidiosa e poi fare il campo in pieno deserto in attesa della mattina di domani quando
potremo percorrere gli ultimi chilometri che ci separano da Ksar Ghilane o fare
marcia indietro e seguendo i punti Gps tornare a Douz e da li prendere la pista
chiamata “pipeline” ed arrivare a Ksar Ghilane in piena notte. Il capo carovana
decide per questa seconda soluzione. Sono un po’ contrariato e spaventato dalle
ore di guida che mi trovero’ ad affrontare. Spero solo di farcela. Sono l’unico
sfortunato che non ha una seconda guida a disposizione per fare il cambio. Ma tant’e’, non esiste alternativa. Percorriamo, con solo
qualche insabbiamento, la zona di dune e al tramonto riprendiamo la pista che
porta al “Café’ du desert”. Ci fermiamo a fotografare ed ammirare il cielo che
si fa rosso come la sabbia. Una spruzzata di nuvole bianche rende l’atmosfera
ancora piu’ magica. Facciamo la pista a ritroso e siamo in piena notte a Douz dove
ripassiamo alla gendarmerie per informare che il
viaggio attraverso le dune comunicato al mattino e’ abortito. Che non ci
dessero per dispersi !!!
Rifacciamo il pieno di
carburante, a Ras Ghilane non esiste possibilita’ di rifornirsi, e via a tutta velocita’
lungo la “Pipeline”. Essendo una pista
con il “toule ondule’” bisogna mantenere una velocita’ elevata per evitare
impossibili vibrazioni causate da leggeri rialzi della strada provocati dal
continuo passaggio di camion. La pista e’ larga ed il traffico nullo. Quindi
alla luce dei fari si puo’ procedere sui 70/80 kilometri all’ora
con la macchina ai limiti dell’aderenza. Questo provoca una scarica di adrenalina che contribuisce a mantenere l’attenzione
elevata. Devo dire che mi passa tutta la stanchezza, sto guidando dalle nove
del mattino e sono le undici di sera, e che mi diverto molto. Incontriamo solo
due macchine che vengono in direzione opposta durante le tre ore di folle
corsa, ed arriviamo alla mezzanotte in una completamente buia Ksar Ghilane. In
questo villaggio nel bel mezzo del deserto non arriva la corrente elettrica. Solo alcuni generatori producono l’energia per illuminare
due campeggi. Ci si rende poco conto della geografia dell’oasi, tra strade buie
e palmeti da tutte le parti. Ma l’indomani mattina ecco il
posto in tutto il suo fascino. L’oasi non e’ molto grande, ma è piena di
palme irrigate da un sistema di canali di acqua calda.
Basta uscire dalla zona alberata che si vede tutt’intorno, e a 360 gradi, solo
il meraviglioso deserto del Sahara con la sua sabbia rossastra. E poi, posto
magico, all’entrata c’e’ una piscina naturale di acqua
a 40 gradi circondata da caffe’ all’aperto e negozietti.
Intorno, parcheggiati i piu’ belli e strani mezzi meccanici da deserto. Toyota dotate di snorkel, bull bar, fari
supplementari, Gps, radio ricetrasmittenti, e poi Land Rover ugualmente preparate,
camper 4x4 dotati di tutti i confort per affrontare una traversata del Sahara,
quad preparati con Gps, taniche supplementari,
portapacchi e ricetrasmittente. Dentro la piscina un
numero incredibile di bagnanti che rilassati ed al caldo si raccontano le
ultime avventure di viaggio o discutono di piste, mezzi e posti da vedere. E’
una sensazione bellissima stare in questo posto affascinante e lontano dalla
civilta’ pur se circondati da mezzi meccanci all’avanguardia nel campo della
trazione tout terrain. Dopo il bagno un bel thè verde
e camminata per l’oasi. C’e’ il posto
dove si puo’ comperare il
pane appena fatto in un forno a sabbia ed alcuni ristorantini
nei camping. Noi abbiamo tutto il necessario per cucinare la pasta con il sugo
che non puo’ mai mancare in un gruppo di italica provenienza, cibi sott’olio vari e numerose
scatolette da aprire. Sicuramente non si muore di fame. Manca la birra come in
molti paesi mussulmani, pero’ un bicchiere di vino a
pasto e’ previsto. Fa caldo, ma la temperatura e’ sopportabile ed il cielo di un
bel colore azzurro con spruzzi di nuvolette. Notiamo che le nuvole sono rosse perche’ gonfie di sabbia. Infatti
provengono dal sud e sono dirette verso l’Italia. Ecco
spiegata quella pioggia impregnata di sabbia rossa che spesso sporca le
macchine almeno fino a Roma. Nel tardo pomeriggio riprendiamo i
fuoristrada per andare a visitare a soli 6 chilometri il forte. Trattasi dei resti di un’antico
castello, “Ksar” in lingua araba, usato come
avamposto nei confronti dei predoni del deserto. Costruito dai romani e’ stato usato lungamente dalla legione straniera Un numeroso
gruppo di cammelli sta trasportando turisti dall’oasi all’antica
costruzione per vedere il tramonto nel deserto. Scena molto suggestiva
cosi’ come il sole che sparisce dietro questo mare di
sabbia. Un gruppo di camperisti si accampa alla base
della collina e si prepara a passare una notte molto ventosa. Infatti eolo inizia a soffiare sabbia
con molta intensita’.
Nella zona di case di mattoni dove vivono i locali e dove c’e’ una piccola
stazione di pompaggio di carburante prelevato da bidoni posti lungo la strada,
il bellissimo ricordo del Generale Leclerc. Costituito
da un obelisco eretto a memoria di questo eroico
francese che, proveniente dal Chad al comando dei
suoi Francesi Liberi ingaggio’ e vinse in quel luogo
una epica battaglia contro le truppe di Rommel.
Riprendiamo
la “pipeline” e via di corsa verso la strada asfaltata per Douz.
Lungo
il percorso non puo’ mancare una bella pista che
costeggia il lago salato: lo Chott
El Derid che ha una
lunghezza di 250 chilometri ed una larghezza di 20. E' il leggendario lago Tritone,
oggetto di numerose leggende: laguna sacra, culla di numerose storie
fantastiche, conosciuto dagli antichi scrittori che gli hanno tuttavia assegnato
una situazione geografica confusa. E’ citato da Plinio ed Erodoto nei loro libri di storia. Il nome deriva dalla
parola araba “chott” che significa lago
che si asciuga durante la stagione calda. Copre una superficie di 5000
chilometri quadrati e qualche migliaio di anni fa
faceva parte del mare Mediterraneo. La pista e la strada asfaltata che lo
costeggiano offrono delle bellissime viste panoramiche con visioni di cristalli
di sale in superficie che brillano al sole e grandi miraggi che si formano
sulla superficie non appena la temperatura supera i 30 gradi..
Sembra sempre che all’orizzonte ci sia una quantita’
di acqua che mano mano che ci si avvicina si allontana
sempre piu’. E’ estremamente
pericoloso tentare i percorsi fuori pista perche’ il
rischio di affondare nel fango e’ altissimo. La crosta di terra e sale della
superficie appare resistente ma non e’ cosi’. Il
nostro compagno Turi Palla, (nickname naturalmente), è infatti rimasto
intrappolato brutalmente, in un tentativo di fare l’originale, e ci sono volute due macchine con strops per riuscire a tirarlo fuori dalla penosa situazione
in cui si era cacciato. La pista e’ intersecata da numerosissime strade
secondarie ed è impegnativo tenere la giusta rotta. Qui si vede l’utilita’ del GPS. Solo in inverno il lago si copre
parzialmente di acqua che poi evaporando libera il
sale sottostante creando effetti ottici di luccichio della superficie. Nei
dintorni si trova la rosa del deserto , formazione pietrosa
dalle sembianze di un fiore, che si forma per un fenomeno di evaporazione di
vene di gesso umido causa la penetrazione del calore solare. Il gesso risale
verso la superficie ed ecco formata la “rosa” pietrificata. Sempre nei
dintorni, si fa per dire, le “Oasi di montagna”. Questi villaggi sono un luogo magico, incantato,
per raggiungerli bisogna percorrere piste e strade che rimontano i contrafforti
della catena che separa la Tunisia dall'Algeria,a
sud-ovest. I villaggi berberi di Tamerza, Mides e Chebika erano parte della
linea difensiva costruita dai romani che si chiamava Limes Tripolitanium. Il fascino
di questa zona e’ costituito dai corsi di acqua e
dalle cascatelle che si formano lungo i percorsi
degli uadi (torrenti). La zona e’ in mezzo a canyon bellissimi alcuni dei quali
veramente grandiosi e spettacolari. I villaggi sono abbarbicati sui lati delle
montagne ed il confine algerino e’ a pochi chilometri. Anche
qui e’ divertente tentare nuove piste tra queste montagne selvagge e
abbandonate. Capitale
di questa zona è Tozeur, che ha pure l'aeroporto e
una sfilza di alberghi, quasi sempre vuoti data
l'eccessiva offerta rispetto alla domanda ma costruiti a ritmo costante perché
la mano d'opera e le aree costano meno di un quinto di quelle italiane. Si puo’ andare a Chebika, dove sono
stati girati innumerevoli film d'epoca romana e dove c'è un bellissimo palmeto,
poi alle splendide cascate, poco prima di Tamerza,
nelle quali i temerari possono anche fare il bagno. Poi più su fino al
villaggio di Mides. Quest'ultimo edificato a picco su
un canyon che divide la parte vecchia, abbandonata dopo un terremoto, da quella
nuova, dove un piccolo campeggio accoglie turisti poco esigenti e dove, se
avete tempo e pazienza, potete farvi cucinare del cus
cus. Il ritorno a Tozeur
può essere fatto attraverso una pista di difficile individuazione che parte da Redejef e discende nella piana prima di Metlaoui
per poi prendere la strada che riporta a Tozeur.
Nell’ultimo
tratto, per ritornare a Tunisi a riprendere il traghetto per l’Italia, una
sosta a Matmata non puo’
mancare. E’
una zona di basse colline con rare macchie verdi formate da palme spelacchiate.
La caratteristica sono le case Berbere, etnia maggioritaria
nella zona, scavate nel terreno. Costruite scavando un pozzo centrale che
raggiunge anche i 12 metri di profondita’, e che fa’
da cortile e da presa d’aria, hanno intorno numerosi ambienti, come stalle, stanze di
abitazione, magazzini, e depositi. In questo modo possono godere
della frescura dello strato di terra che ricopre l’abitazione. Gli
sbalzi di temperatura vengono attenuati facendo vivere
gli abitanti di queste case, i famosi trogloditi, freschi d’estate e caldi d’inverno. Un bel
risparmio di energia. Purtroppo le poche case rimaste
sono abitate per finta e tenute ben in ordine solo per i turisti che numerosi
visitano la zona. In questa citta’ sotterranea sono
state girate numerose scene del film “Guerre stellari” la piu’
famosa delle quali e’ la scena della discoteca. A questo punto una veloce corsa
verso Tunisi, il disbrigo sempre molto lento delle pratiche di
imbarco e la partenza. I giorni sono stati certamente pochi e rimane la
voglia di tornare per andare nel deserto ancora piu’
a sud verso i confini con la Libia. Con la cartina davanti mentre navighiamo
facciamo nuovi progetti per l’anno prossimo. A presto con un nuovo raid !
Paolo M. Macorig