Giudizi critici
La pittura di Antonini ci riporta indietro nel tempo,
nel sogno di quando eravamo adolescenti ed evoca nel gioco
e nel pensiero macchine fantastiche simili a robot.
Il suo mondo è però contornato da segni di solitudine come
case silenziose, cavalieri erranti, barche di carta, orizzonti
definiti e uomini senza volto.
Tutto sembra portare a questo sogno fantastico, ma il sogno
di talune opere viene distrutto e riportato a materia attraverso
l'inserimento di figure umane, fatte decadenti.
E' il segno, la composizione, il racconto che ci interessa nelle
opere di Antonini, il colore fa parte dell'emozione generale.
Un infinito intreccio di storie che la memoria non ha dimenticato.
Simboli che fanno parte di quel mondo racchiuso nel fantastico,
di cui solo un artista può riappropriarsi e ritrasmettere
attraverso i propri lavori.
Oggi l'artista con la sua opera, la sua fantasia, le sue intuizioni,
la sua sensibilità, elementi essenzialidel suo comportamento pari
alla sua storia che si perde nei tempi,lascia il segno indelebile di uno
spaccato della società passata, presente e futura, anticipando già da
anni il tema della clonazione.
Non può essere nè la moda nè il mercato a distoglierlo da questa
funzione.
Per questo occorre riappropriarsi più che mai del giusto
rispetto e del ruolo che di diritto storico gli appartiene col proprio
lavoro e con la propria testimonianza.
I suoi ultimi dipinti trattano, universi paralleli, situazioni uguali
o diverse della stessa realtà o di realtà diverse in situazioni uguali.
Ogni vibrazioni è un universo a sè. (Giovanni Cappuzzo)
Quando Paolo Antonini per la prima volta deve aver avuto un'idea precisa
della clonazione non ha certamente pensato a quella più propriamente
medico-scientifica ancora oggi in nuce, in embrione, ancora oggi annaspante
nelle solite e vuote e sterili beghe etico-religiose, ma alla forma
duplicativa, risolta in maniera artistica in questo caso, da traslare
agli uomini, alle cose, agli animali e alla natura. E ci è riuscito creando
ex novo un'altra specie di esseri che, però, pur diversa da quella originale
del Creatore, la uguaglia perfettamente sia pure con una insita proprietà
modificante, divuta forse nell'intento dell'autore a un aspirativo
miglioramento delle dotazioni e potenzialità delle creature.
Si può quindi sostenere che Antonini ha creduto subito, secondo noi,
nella possibilità per l'uomo e per altri esseri viventi o inanimati di
avere il suo replicante, il suo doppio, dal momento che come uomo è
destinato a conoscere presto o tardi la fine della sua esistenza.
In quest'ottica Antonini ha capito che la limitatezza, la finitezza per
lui come per tutti gli uomini e gli esseri viventi rappresentano un
handicap da superare, inventando, sia pure solo artisticamente per adesso,
una sopravvivenza del genere umano, sia mentre questo è ancora vivente
sia quando quelli clonati riusciranno a durare negli anni a venire, a
surclassare i progenitori, migliorati nelle potenzialità.
Duplicazione quindi dell'uomo e delle cose e dei vegetali e degli animali,
compagni inseparabili di una vita che deve continuare ad essere tale.
Duplicità umana, animale e cosistica sia per una specie di conservazione
del bello artistico negli esemplari dell'alterego creativo sia un domani per
il godimento fisico e psicologico della dinamica dell'alternatività esistenziale.
E dunque, Antonini, partendo dal presupposto che uomini cose e animali debbano
avere necessariamente una copia di sè, non da mummificare, ma da far vivere
come elementi altri da sè, ha realizzato un gruppo di tavole (numerate
da 1 a 20) tutte con tecnica mista riproducenti la serialità di prototipi
della clonazione sia pure solo per immagini e non in esemplari viventi. E chiaro
appare subito come la robotica o l'umanotica per Antonini diventano maestre
dell'alterego, i sostituti dell'umana specie, il loro imprescendibile surogato.
E pertanto, come possiamo vedere nell'"
Idillio di Esseri ipotetici clonati" (Tav.1 100x70, a.2001) o come in "
Edifici clonati"(Tav.2 70x100, a.2001).
O in "Cavalli clonati" (Tav.17, 100x70, a.2000) o, ancora in "
Natura morta con pannocchie clonate" (Tav.15, 70x100, a.2002) la capacità
imitativa degli archetipi umani, cosistici o animali o naturalistici, in una parola della specie
creata e resa dall'artista al massimo in forme e dimensioni che in una realtà fisica quadricromica
intimamente connubiata con la realtà e la forza materica che dentro vi si respira, vi si sottende,
raggiunge livelli espressivo-strutturali di indubbia valenza. E dove la paritetica somiglianza con
i modelli viventi e inanimati è si rispettata, convalidata ma, a quanto sembra, è anche migliorata
nella misura in cui il desiderio della identificazione organica o materica con essi riesce
persino, egregiamente, per Antonini a superarli fino a raggiungere il traguardo propositivo
di un miglioramento della specie su tutta la terra. (Mario Micozzi)
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