Dal catalogo della mostra Percorsi Paralleli a cura di Claudio Alessandri

Dal caos primordiale scaturì un mondo armonico in forme e colori. Paolo Chirco ha fatto tesoro di questo «sovrumano» precedente e utilizzando oggetti tra i più disparati - vecchi tessuti, sassi, pezzi di ferro e di legno anneriti dal fuoco - libera la sua fantasia ottenendo risultati artistici di grande impatto visivo. Nelle opere di Chirco predominano gli oggetti negletti, destinati ad un anonimato ottuso.E l'artista intravedendo nella loro riscoperta un armonico utilizzo dà vita ad opere culturalmente legate alla ribellione cosciente dalla violenza, dalla cieca ricerca dell'olocausto, ridando al disordine un ordine non vessatorio, ma artisticamente coerente e godibile.


 

Tutto questo ed altro ancora io vedo a cura di Claudio Alessandri

 

Oggetti, un tempo indispensabili alla vita dell'uomo ed oggi negletti, tornano a nuova vita, non più utensili, non più legati ad una realtà contadina, marinara o domestica, ma eletti ad emanazione del più nobile sentire del­ l'intelletto, quello di Paolo Chirco, che traduce in arte coinvolgente, oggetti obliati e destinati, altrimenti, ad una anonima fine, senza lasciare alcun segno tangibile del loro lungo-breve passaggio nella vita incerta e perigliosa di una fragile e contraddittoria umanità. Ed ecco una falce che, perduto il lucore di un'attività diuturna, ricoperta dal bruno della ruggine, si trasforma in oggetto-forma, interpretabile concettualmente, ma non identificabile in una classificazione restrittiva del pensiero e della fantasia.

Un pezzo di legno, consumato, solcato da profonde "rughe" incise dal tempo impietoso, dalle intemperie e dalla indifferenza per tutto ciò che non è fruibile, richiama alla mente un mondo di fatuo splendore che non gli è sopravvissuto, sgretolato nei contenuti più significativi, vittima della sua stessa sufficienza e vacua baldanza. Quegli stracci abbandonati e contorti in sovvertimenti magmatici, sono lembi, in un giorno lontano, di candide coltri malinconicamente "impregnate" di trepidi amplessi amorosi, di languidi sonni ristoratori, di incubi temuti dalla pavida realtà.

Nelle opere più recenti Paolo Chirco, richiuse le ali vivacemente pigmentate, precipita verso il nero della notte. I supporti combusti, "morsi" dal fuoco che distrugge e purifica, fanno da sfondo ad un simbolismo adesso essenziale, drammatico, messaggero di morte, sopraffazione, di fame, non necessariamente legato alle tante guerre, ignorate o subdolamente propagandate, cavalcate da un pacifismo di facciata, che insanguinano il nostro pianeta. Sono forse la violenza di ogni giorno, i morti sul lavoro o chi muore perché il lavoro non lo ha: o ancora la violenza del denaro che ottenebra le menti ed annulla ogni sentimento di quieta bellezza, l'incanto di un fiore che sboccia a primavera.

Anche nelle opere incisorie, Chirco non abbandona quei simboli che hanno pervaso tutto il suo percorso artistico: con una sperimentazione spinta ai limiti del fantastico, ripone il suo pensiero pervaso di violenta protesta, ma anche di umile invocazione. Ed ecco un gelido filo spinato che strangola ogni anelito di vita, una piuma strappata all'incanto del volo, foglie scarnificate dal tempo, tutto ciò con una tecnica raffinata ed intrisa di quell'alone magico che emana da una espressione artistica pervasa da un'atmosfera di antico ricordo, di prezioso ritorno ad un mondo culturalmente puro, emanazione nobile del più sublime sentire la bellezza e ad essa abbandonarsi in un dolce oblio.

Tutto questo ed altro ancora io vedo nelle composizioni di Paolo Chirco, forse dettato dalla mia fantasia, trascinata in un vortice mendace; ma fervidamente spero di essere penetrato nel trepido momento creativo dell'artista e, con esso condividere l'esaltazione di una promessa mantenuta.

Ma i vari elementi che compongono le eleganti e per alcuni certamente "irritanti" realizzazioni di Chirco, divengono opere d'arte nel loro insieme, un comporsi armonico di elementi, l'un l'altro conseguenti, a narrare l'avverarsi di un sogno, qualcosa di intravisto in un nebuloso cammino creativo destinato a deflagrare in concetti, immagini, affermazioni, certamente opinabili, ma innegabile approdo di un'anima che rifiuta il banale, preferendo scegliere alle ottuse certezze, l'esaltante incertezza di gettare lo sguardo e la mente al di là del mortificante e fatuo vivere nel massificante conformismo.


 

... Paolo Chirco traspone nelle opere incisorie il simbolismo a lui caro, ed espresso con disarmante semplicità, con l'utilizzo di oggetti non più graditi ad una umanità tanto opulenta, quanto indifferente al richiamo di una umanità dolente tenuta ai margini da una logica di mercato che, proprio dagli emarginati, trae i maggiori profitti. Ed ecco, quindi, ancora le piume che private, dalla loro magica levità, giacciono immote a simboleggiare lo spegnersi di poetiche fantasie, il cristallizzarsi di concetti banali privi di contenuti, ma graditi ad un mondo che rifiuta il sogno e l'armonia, rifugge tutto ciò che è emanazione del contemplativo osservare, causa dell'affiorare di sentimenti irritanti, immagine rispecchiata di coscienze gravide di menzogna, sopraffazione, lacrime e di dolore infinito.

Quelle incisioni tecnicamente perfette, non raccontano saghe di illusoria armonia, al contrario, accusano con voce tonante una umanità che ha massificato la vita di milioni di uomini nel tentativo, quasi raggiunto, di asservirla ad una logica consumistica che nega il bello e l'armonico quali pericolosi grimaldelli a scardinare una corazza di ignoranza e grandezza, tanto spirituale quanto cerebrale.

Il "discorso" artistico di Paolo Chirco non poteva ignorare la violenza sull'infanzia, ed eccola simboleggiata da una bambola straziata da un filo spinato, sul volto immoto si legge stupore non dolore, ma meraviglia per una realtà che non può e non deve capire: la pedofilia, la guerra, il lavoro infantile "sgorgano" sempre più spesso quale polla putrida, dalle pagine dei giornali, dal lucente video televisivo, dalla voce anonima e, forse per questo, più terrorizzante della radio; Paolo racconta quella immane invocazione e, ancora una volta, la trasferisce nelle sue realizzazioni, una accusa indelebile a svellere l'indifferenza e l'apatia di una umanità che non vede, non sente, non reagisce a mostruosità che uccidono la bellezza universale, colpevolmente chiusa a riccio, a difesa di privilegi conquistati, non importa come, non importa se a scapito di propri simili che, ormai vinti, osservano increduli un mondo che merita una fine di silente ignominia. ...

 


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